Changes - (Black Sabbath)

Role libera tra Günter Wolff e Akemi Kurokawa

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    Nonostante il clima caldo e dilaniante di giugno molte persone sono disposte a indossare pantaloni lunghi durante tutto l’anno per puro senso estetico, ignorando le possibili sudate date da un simile abbigliamento e arrivando perfino a abbinare delle scarpe invernali se non addirittura stivali o simili. Günter era proprio una di queste persone che assieme ai suoi amati anfibi portava dei pantaloni della tuta non esattamente leggeri, comodi ma comunque abbastanza eleganti da essere portati in giro, tutto ciò accompagnato da una maglietta nera che metteva abbastanza in evidenza le sue spalle moderatamente larghe: avendo più di qualche anno in realtà quella maglietta era un po’ piccola per lui, ma al momento dell’acquisto l’aveva presa come capo d’abbigliamento street-wear, era infatti abbastanza lunga da arrivare a poco sopra la metà delle cosce del tedesco. Da quel momento a ora però era cresciuto sia in altezza sia in muscoli, tanto che la fine del capo toccava giusto le anche e la parte superiore dello stesso era abbastanza tirata da evidenziare la muscolatura abbastanza rispettabile del biondo, rimanendo però sobria e indossabile tranquillamente senza che a qualcuno potesse sembrare strana.
    Günter, per l’appunto, era seduto sul tavolo esterno di un bistrot di sua conoscenza ammirando la medesima maglietta sul riflesso di una vetrina del locale pensando a quanto fosse stato fortuito comprarla, un pensiero frivolo che lo aiutava a staccare la mente dal lavoro che stava svolgendo:
    La Etruscan Record infatti lo aveva informato che nel suo nuovo album molto probabilmente avrebbe dovuto performare assieme a un’altra cantante abbastanza amatoriale e che, nonostante la stessa non avesse ancora ne accettato ne declinato la richiesta inviata dalla casa discografica, il tedesco avrebbe dovuto già buttare giù una base e un testo che potesse suonare bene con la metrica complicata della sua musica.
    Le direzioni a lui date potrebbero sembrare abbastanza semplici a una prima lettura, ad esempio la cantante chiamata per il featuring doveva cantare per circa due terzi della canzone, ci potevano essere solo due o massimo tre ritornelli uguali, la canzone doveva avere una durata minima di cinque minuti e una massima di sette, doveva comprendere un assolo e, ultimo ma non meno importante, il tema del testo doveva avere come soggetto “il cambiamento”. In effetti inizialmente anche il biondo le trovava abbastanza normali, ma dal momento in cui si era seduto in quel bistrot per gustarsi un buon té freddo e scrivere le lyrics di questa fantomatica canzone aveva realizzato quanto in realtà i tratti che doveva avere si discostavano completamente dal suo stile, soprattutto l’avere ben due ritornelli per di più uguali, certo, la maggior parte delle canzoni vantano questa caratteristica, ma componendo brani strumentali il tedesco evitava la monotonia provando a non metterci nessun ritornello o parte ricorrente.
    “Come faccio a fare un testo del genere che suoni bene con il mio stile se non mi lasciano fare la canzone stessa nel mio stile!? Dannazione, non ci si mette nulla a fare la canzone in uno stile lontano dal mio ma non posso fare una canzone troppo diversa dalle altre nel MIO album, sarebbe stupido e in mezzo alle altre ci starebbe troppo male... spero davvero che la tizia rifiuti”
    Gli era già capitato di fare una canzone con un artista che l’aveva poi cantata, ma in quell’occasione non gli si presentavano caratteristiche così limitanti da seguire e in oltre il testo lo aveva scritto l’altro artista sulla base dello stile di Günter, quindi qualunque esperienza acquisita da quell’evento non sarebbe stata utile in questo caso, cosa che rendeva Günter ancora più frustrato.
    Erano più o meno le cinque del pomeriggio, questo segnava due ore da quando il ragazzo entrava nel locale e solo ora si era preso una piccola pausa per pensare a altro, finendo tutto d’un fiato il té auto-convincendosi di averlo fatto per evitare che le gocce di condensa formatesi sul bicchiere bagnassero qualche foglio e non perché ormai era diventato fin troppo caldo per essere considerato té freddo. Aveva sicuramente voglia di ordinare qualcos’altro da bere, ma al contempo non aveva voglia di alzarsi per entrare e chiedere qualcosa al bancone, quindi avrebbe aspettato che un cameriere si avvicinasse per prendere qualcos’altro:
    “Uhh, ultimo bicchiere e me ne vado” - Pensava tra se e se considerando di andare in qualche posto dove avrebbe potuto trovare un po’ di ispirazione, ormai il bistrot dov’era seduto era pieno, dubitava che sarebbero potute arrivare altre persone nuove che poteva scrutare da capo a piedi in cerca di qualche particolare che facesse scattare una scintilla… nonostante quanto lo considerasse improbabile però la speranza è sempre l’ultima a morire.
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    Akemi Kurokawa
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    Uno dei pregi che il lavoro di Akemi aveva, erano i lunghi periodi di tempo libero che potevano esserci tra un'attività e l'altra. Anche se bisognava ammettere che l'altro lato della medaglia era l'opposto del pregio.
    C'erano giorni infatti, dove una singola registrazione gli portava via decine di ore, soprattutto in caso di progetti più grandi, come serie tv o film.
    Il pregio si basava sulle pubblicità, che erano ovviamente di tutta un'altra pasta. Alcune volte aveva la fortuna di fare una singola registrazione, di forse due orette, e poi aveva il resto della giornata per sé stessa. Anche se da un punto di vista puramente economico, quella non era poi una così grande fortuna.
    Più registrava, più guadagnava. E viceversa.
    Però le piaceva prendersela comoda, fin da piccola aveva preferito giornate lente e tranquille, rispetto a quelle più frenetiche e piene di cose da fare.
    Nonostante lavorasse già da anni infatti, nelle giornate più movimentate la sua paura di sbagliare aumentava, visto che non voleva costringere lo staff a lavorare più del dovuto a causa sua. Questo quindi, aumentava la sua tensione, e l'aumentare della tensione gli metteva più ansia da prestazione. Il più delle volte però, riusciva a riequilibrarsi abbastanza in fretta. Essere altamente volubile era una fortuna in questi casi, anche se poteva facilmente diventare una disgrazia.
    Le preferenze personali della castana però, non avevano alcuna influenza su come le sue giornate si evolvessero. Era la sua agenzia alla fine che accettava e rifiutava offerte, e nonostante da contratto Akemi dovesse avere l'ultima parola, il più delle volte lasciava quella responsabilità al suo manager, dovendo decidere solo in caso di due o più attività contemporanee.
    In quella calda giornata estiva per esempio, aveva dovuto registrare per una famosa azienda di elettronica.
    Per l'esattezza, una pubblicità per un orologio smart, con una scena che durava poco più quindici secondi. E proprio per questo motivo, non ci avevano messo molto a registrare, poco più di sessanta minuti. La cosa più bella? Avrebbe avuto il resto della giornata libera, se non per una breve - o almeno così immaginava - registrazione serale.
    E visto che non aveva di meglio da fare - se non provare a ripetere le brevi linee del copione - decise di andare a prendere un pezzo di torta nel suo locale preferito, a Shibuya perlomeno. Si muoveva così tanto per Tokyo che aveva almeno una top 3 in quasi tutti i quartieri di Tokyo.
    Era un piccolo bistrot, con pochi posti sia all'interno che all'esterno, ma dopo aver provato il loro Montblanc svariati inverni passati, si era totalmente innamorata.
    Non era una persona incredibilmente golosa però, nonostante grazie al suo quirk potesse mangiare con più libertà delle sue colleghe, era solo incredibilmente infatuata dai sapori particolari. Gli piaceva provare cose nuove, anche al costo di mangiare cose che non gli piacessero. E questo la portava spesso in locale particolare o stranieri.
    Sia chiaro però, questo non vuol dire che non gli piacessero i dolci o le cose tradizionali. Il suo piatto preferito rimaneva comunque un piatto tipico di Hiroshima, piuttosto che altri cibi più esotici ma altrettanto buoni.
    Una volta arrivata lì però, Akemi poté assistere ad una brutta sorpresa. I posti del locale erano quasi tutti pieni, sia quelli interni che quelli esterni.
    L'unica soluzione a questo problema, o perlomeno l'unica offertagli dallo staff del locale, era quella di unirsi al tavolo di qualche altro solitario cliente, sperando di non disturbare l'eventuale seconda persona.
    La solitaria persona scelta dal cameriere per trovare un posto a sedere per la castana, fu proprio il biondo, che si era accaparrato un tavolo esterno, e stavo lavorando lì da quasi due ore, bevendo bicchieri su bicchieri di tè freddo. La ragazza - che stava seguendo rapidamente il lavoratore, nonostante il locale non fosse così grande da potersi perdere - che Günter poté squadrare, era a poco più di un metro dal cameriere.
    "Scusi il disturbo signore, per lei sarebbe un problema condividere il tavolo con quest'altra cliente? Come può vedere siamo pieni, ma ci sembrerebbe poco educato mandare via un cliente." - la voce del lavoratore era calma ed educata, facendo intuire che quello non era poi un evento così raro, ma d'altronde le dimensioni del locale non erano equiparabili alla qualità di ciò che offrivano.
    La ragazza - che ora il tedesco poteva squadrare dalla testa ai piedi - era vestita in modo non troppo elegante, ma nemmeno sciatto.
    Una paio di jeans grigio chiaro, a vita alta ma non troppo aderenti, una blusa nera con le maniche larghe, che veniva completamente rimboccata nei pantaloni, ed infine degli stivaletti con plateau neri, che la facevano sembrare più alta di quello che davvero era.
    Ad accompagnare il tutto, c'era anche una borsetta grigio scuro, che pendeva con profondità dalle spalle della giapponese. Non aveva gioielli o altro, se non per dei piccoli orecchini dorati in entrambi i lobi delle orecchie, le quali oltretutto, erano decisamente poco normali. Erano più lunghe ed affusolate, superando di 5 o 6 cm la lunghezza di orecchie più normali.
    Parte di esse però, era nascosta dietro ai suoi lunghi capelli castani, che erano raccolti in una treccia morbida, che appoggiava sulla spalla che non teneva la borsetta.
    Inoltre, non era nemmeno pesantemente truccata, un po' di fondotinta, del correttore ed un po' di eyeliner, per accentuare il taglio degli occhi.
    Le pallide guance della ragazza erano illuminate cremisi , probabilmente per l'imbarazzo di dover chiedere ad uno sconosciuto di condividere il tavolo, però non sembrava avere troppi altri problemi.
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    Another day comes and goes in vain


    CITAZIONE
    Ho editato per correggere il nome nel layout, visto che per qualche motivo l'avevo scritto male


    Edited by DualSlayerBlade - 4/8/2021, 20:51
     
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    Aveva provato a riconcentrarsi di nuovo sul foglio lasciando perdere per un istante i suoi dintorni e lasciandosi trasportare dalla melodia che provava a immaginarsi sforzandosi di non mischiarla accidentalmente alle canzoni con cui era fissato in quel periodo, esse gli ronzavano fastidiosamente in testa e i loro testi sembravano quasi apparirgli di fronte come la fastidiosa filigrana di un immagine stock, cosí trasparente ma al contempo cosí impossibile da ignorare.
    Un rumore sordo, basso e screpitante lo aveva fatto sobbalzare leggermente facendogli levare la penna dalla bocca e avvisandolo che l'aveva stretta troppo forte tra i denti, normalmente un avvenimento come questo lo avrebbe distratto per una manciata di secondi prima di tornare a lavoro, ma in quel caso distogliere lo sguardo dai fogli gli aveva fatto notare del movimento nel locale:
    Una donna veniva scortata da un cameriere che con fare piuttosto rapido si stava dirigendo verso il suo tavolo, non nella sua direzione generale, precisamente verso di lui. Questo dettaglio lo aveva fatto irrigidire sul posto quasi come se dovesse approntarsi a difendersi, non perché o il cameriere o la donna avessero qualcosa che li facesse sembrare loschi, ma perché dopo il pedinamento a cui aveva assistito qualche tempo prima qualsiasi movimento brusco o inaspettato che vedeva mentre si trovava in un locale era abbastanza per farlo reagire cosí, era un riflesso condizionato che piano piano stava svanendo ma che era ancora presente in quel periodo, soprattutto considerando che il locale dove stava trangugiando té freddo si trovava proprio a Shibuya come il music-bar da cui era scaturita tutta la catena di eventi resi indimenticabili da una bella cicatrice su una coscia. Lo stato quasi pietrificato in cui si trovava aveva piano piano iniziato a scemare quando il cameriere, parlandogli con un tono calmo, gli aveva chiesto se un altra cliente poteva sedersi al tavolo con lui ed erano proprio casi come questi che lo facevano sentire strano per aver creduto che un semplice cameriere avesse qualche intenzione omicida nei suoi confronti, d'altronde quella serata era stata un vero e proprio strappo alla norma in tutti i sensi per lui e accusarne per un paio di settimane era normale.
    "Certo che no, la faccia pure accomodare! - aveva detto queste frasi mostrandosi piú accogliente ed educato possibile e ora che era tornato a uno stato completamente normale e calmo poteva ammirare meglio la donna che si sarebbe seduta al tavolo con lui:
    Una bellezza a dir poco stregata, una modella? Chi lo sa, sicuramente una di quelle persone che come primo impatto non lasciavano altro che un grande "WOW" impresso nella mente del tedesco. Non stava indossando nulla di fuori dal comune, ma tutti i capi che aveva addosso sembravano fatti su misura per lei ed erano in oltre abbinati molto bene tra loro, sfoggiava in oltre un aspetto ben curato e il connubio tra questo e i suoi vestiti la rendevano oggettivamente attraente, se non soggettivamente stupenda per il tedesco.
    Mentre impilava tutti i fogli nel minor spazio possibile per rendere ancora più l’idea che fosse benvenuta nel suo tavolo il tedesco non poteva fare a meno di notare le sue orecchie, l’unica cosa all’apparenza anormale in quel corpo normale, ma che in qualche modo funzionava quasi come una ciliegina sulla torta e dava quel tocco in più di personalità alla simil modella che aveva davanti. Günter aveva notato anche che le sue guance erano arrossate, probabilmente era imbarazzata per la situazione, le frasi del cameriere e la velocitá con cui era arrivato potevano anche far pensare che la donna fosse stata quasi "trascinata" al tavolo del biondo proponendole l'idea senza darle una vera e propria chance di controbattere, per questo motivo se avesse deciso di sedersi le avrebbe chiesto - “Posso offrirti qualcosa?” - com’era educazione fare almeno nel suo paese dove il primo che si siede a un tavolo generalmente paga per tutti.
    Chissà se parlando a quella donna avrebbe ricevuto qualche spunto in più per il testo della canzone o più in generale se si fossero messi a parlare, probabilmente era troppo timida per cominciare una conversazione con uno sconosciuto, o forse sarebbe stata proprio lei a cominciare una qualsivoglia discussione: a Günter non importava molto l’argomento, aveva solo bisogno di parlare con qualcuno e sentire il suo punto di vista su un tema a caso, tante volte gli era utile per uscire da qualche blocco dell’artista, altre volte ne traeva concetti o pensieri che volente o nolente si portava dietro per mesi se non anni.
    Il tedesco era sempre estasiato da incontri di questo tipo, la sua seconda passione più forte dopo la musica infatti erano proprio le persone, una passione non proprio così scontata come può sembrare di primo impatto, la stessa passione che gli lasciava riconoscere il valore e il talento nelle altre persone e che chissà che emozioni gli avrebbe portato con questo nuovo incontro.
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    Akemi Kurokawa
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    La modesta sfortuna di Akemi aveva trovato una rapida conclusione, infatti, lo straniero dai capelli biondi aveva rapidamente accettato la proposta del cameriere, invitando la ragazza a sedersi.
    La castana non si aspettava una risposta così rapida e tranquilla a dire il vero, forse anche a causa della sua poca esperienza con gli stranieri, forse più amichevoli di quel che si aspettava. La sua mente era già pronta ad un rifiuto, o comunque ad una risposta più imbarazzata, e non troppo convinta.
    L'accogliente educazione del biondo invece, l'aveva lasciata di stucco per qualche secondo, dandole la possibilità di superare quel silenzioso imbarazzo che l'aveva fatta arrossare nei secondi passati. Chissà, magari il fato gli avrebbe fatto fare la conoscenza di una persona particolarmente piacevole, d'altronde avrebbe sicuramente provato ad instaurare una conversazione.
    Non tanto perché fosse incredibilmente interessata nello straniero, ma più per evitare l'imbarazzo che poteva formarsi se entrambi fossero rimasti in silenzio, un'esperienza che aveva vissuto decine di volte nel suo passato, quando ancora le sue capacità sociali dovevano svilupparsi adeguatamente.
    "Bene, si accomodi pure signorina!" - con un rapido cenno con la mano sinistra, il cameriere indicò la ben visibile sedia alla ragazza castana, dandole la possibilità di sedersi, ed iniziò poi ad allontanarsi, senza aspettare il possibile e probabile ordine da parte del biondo.
    Akemi, vedendo quella moltitudine di fogli sul tavolo, aspettò che lo straniero li riordinasse, così da non dargli ulteriore fastidio.
    Una volta seduta, dopo pochi secondi, l'educazione del ragazzo la colpì nuovamente. Le aveva chiesto cosa potesse offrirle, stupendola non poco. Forse era una tradizione del paese da cui proveniva, ma l'attrice non si aspettava tale rispetto dopo tutto il casino che aveva creato, ma non per questo non avrebbe preso la palla al balzo.
    "Ma che galantuomo. Un tè caldo, ma solo se posso offrirle qualcosa anche io." - aveva provato a ribattere l'offerta, sperando di risultare almeno un minimo meno fastidiosa. D'altronde lo aveva disturbato nel mezzo di quello che - almeno così immaginava - era il suo lavoro, vista la quantità di fogli che aveva messo da parte. E poi non gli piaceva ricevere e basta, preferiva dare anche.
    "Ho notato il gran numero di fogli comunque, è per caso un musicista o uno scrittore?" - quella di Akemi era onesta curiosità, unita anche alla voglia di mantenere viva la conversazione.
    Nella sua vita lavorativa aveva avuto a che fare con una buona dose di entrambi, e quindi aveva una conoscenza abbastanza superficiale di entrambi i lavori. E poi erano mestieri particolari, come tutte le competenze creative, quindi magari avrebbe scoperto qualcosa di interessante o bizzarro.
    "Sempre se vuole e può dirlo ovviamente" - gli accordi di non divulgazione giapponese erano… particolari, così come le varie legislazione sul fair use, perlomeno per gli standard occidentali. Era un altra delle tante cose che aveva appreso grazie al suo lavoro, anche se in questo caso non era un qualcosa di poi così gradevole - "Comunque, se le posso effettivamente offrire qualcosa, le consiglio l'éclair al té verde, l'ho provato in precedenza ed è semplicemente fantastico."
    Non era sicura di quali potessero essere i gusti dell'uomo, tantomeno se gli piacessero i dolci, però - ignorante delle sue conoscenze - aveva provato comunque a consigliargli qualcosa che a lei piaceva parecchio. Era un dolce particolare, visto che univa un pasticcino francese ed il matcha, un qualcosa che in Giappone andava fortissimo. E funzionava, o perlomeno lo faceva secondo Akemi.
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    Una leggera e rapida inclinazione della testa del tedesco annunciava una sorta di curiosità rispetto alle parole della signorina che aveva accettato di sedersi al suo tavolo, un tono grato, elegante ed educato, amava quando una persona mai incontrata prima articolava le sue risposte come aveva fatto quella donna piuttosto di usare i soliti monosillabi da sconosciuto come accadeva il più delle volte.
    In questo particolare caso, oltre alla cordialità dimostrata, la cosa che stampava di più il sorriso in faccia al biondo era la contro-offerta fatta dalla stessa donna, gli era capitato solo altre due volte che qualcuno di sconosciuto si sedesse al tavolo con lui per un motivo o per l’altro e in nessuna di queste due volte chi si era seduto con lui aveva offerto qualcosa in ritorno: si può dire che, tra il suo aspetto fisico e il fare gentile con cui si stava rapportando, quella che aveva lasciato era un ottima prima impressione.
    “Può pure darmi del ‘tu’ se lo desidera, il mio nome è Günter.” - Era sempre la prassi per il tedesco dare il permesso di esprimersi in un modo più colloquiale visto che, sebbene adorasse chi si rivolgeva a lui in modo più formale e rispettoso, voleva sempre far stare chi si trovava davanti a lui più rilassato possibile, soprattutto chi gli stava già simpatico a pelle come la corvina a lui innanzi.
    “Musicista comunque, stavo scrivendo il testo di una canzone e… diciamo che sono qui per un po’ di ispirazione: Magari ne troverò un po’ con lei o con il dolcetto che mi ha proposto.” - concludendo questa frase con un sorrisetto quasi beffardo, si era poi girato alzando il braccio con la mano pigramente aperta per fare cenno a un cameriere nei paraggi di avvicinarsi al tavolo in vista di un ordine.
    Non aveva mai provato il pasticcino che gli era stato consigliato che dal nome sembrava francese, un tipo di cucina che non faceva esattamente impazzire Günter, ma, almeno secondo le sue esperienze, non si può evincere la nazionalità di un piatto solo dal suo nome visto i molteplici termini internazionali presenti nel mondo della cucina di cui lui ignorava molti aspetti, così aveva deciso di fidarsi della sconosciuta anche se principalmente per educazione: Lui non era esattamente tipo da pasticcini, gli piacevano i dolci ma preferiva una bella e consistente fetta di torta consapevole che lo avrebbe riempito piuttosto di una pastina che, per quanto buona, lo avrebbe lasciato con quella leggera e punzecchiante sensazione di volerne un altro po’… ma come declinare un’offerta così cortese?
    Gli occhi di Günter avevano nuovamente incontrato il foglio per qualche istante, non per qualche particolare fretta di continuare, ma per non dare l’impressione di star fissando la donna troppo insistentemente prima dell’arrivo del cameriere che aveva chiamato, non voleva nemmeno sembrare troppo indaffarato o distaccato però, per questo sfruttava le occasioni in cui alzava gli occhi per vedere se sui vestiti della mora ci fosse qualche etichetta o qualche logo che gli potesse far capire se erano o meno indumenti di marca. Il cameriere, ben presto dopo il cenno del tedesco, si presentava al tavolo chiedendo che cos’avrebbe dovuto portare:
    - “Siete pronti per ordinare?” - Il biondo rispose - “Certo: per la signorina un té caldo, per me un… éclair al té verde” - facendo poi scherzosamente finta di asciugarsi del sudore dalla fronte per sottolineare la sua difficoltà nel pronunciare anche il più semplice tra i termini francesi senza mettere troppe C o marcare troppo le R. Si era preso la libertà di parlare anche per la sconosciuta visto che sapeva quello che voleva ordinare e anche perché in fondo si trattava di una sua offerta, era abbastanza sicuro che non sarebbe stato un problema per la donna.
    “Do per scontato che non abbia mai sentito una delle mie canzoni, non sono molto conosciuto come artista, ma probabilmente conosce la canzone “Dead Butterflies” che girava non molto tempo fa nelle radio giapponesi, quella fatta da svariati artisti per raccogliere fondi da usare per sistemare Shinjuku: ho contribuito maggiormente alla creazione della base.” - per evitare di usare una delle sue canzoni vere e proprie, il tedesco, usava questo appiglio per parlare della sua vita da musicista visto che aveva collaborato nella realizzazione del pezzo come Günter Wolff e non usando la sua identità da ghost artist, mantenendola quindi un segreto. Le uniche persone che sapevano veramente chi era non erano altro che la sua famiglia, il suo maestro e gli artisti con cui aveva collaborato in passato, in totale due o tre se si conta anche la maledetta canzone che stava scrivendo in quel locale.
    “Che mi dice di lei invece? Azzarderei l’ipotesi che lavora come modella da qualche parte, ma se se la sente può dirmi lei di cosa si occupa.” - forse un ipotesi di troppo da esternare, che tenerla come domanda vagante nella sua testa sarebbe stata una scelta migliore? Günter non era di certo la persona più eloquente del mondo e ai suoi occhi una frase del genere non aveva nulla di sbagliato, era molto probabile che non desse fastidio nemmeno alla sconosciuta ma non si sa mai.
    Il biondo era almeno curioso quanto la corvina di scoprire più a fondo chi fosse il suo interlocutore, sembrava in oltre abbastanza invogliata a parlare, chissà che discorsi sarebbero potuti scaturire dai due, chissà se l’ottima impressione che aveva lasciato la donna di primo impatto sarebbe rimasta anche durante i loro discorsi, in fine, chissà qual’era il suo nome che molto probabilmente avrebbe rivelato presto.
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    Akemi Kurokawa
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    Il ragazzo dal nome tedesco ricambiò l'educazione di Akemi, dandole la possibilità di parlargli direttamente in seconda persona, rimuovendo quello strato di serietà e distanza che usare la terza persona creava.
    E per quanto la castana non ci trovasse nulla di strano, più per abitudine che per reale convinzione, poteva immaginare quanto difficile potesse essere per uno straniero. Un madrelingua aveva avuto tutta la vita per adattarsi alla fine, non come chiunque imparasse il giapponese come seconda o terza lingua.
    Spesso infatti, il lungo e faticoso percorso scolastico creava differenze allucinanti, che erano difficili da colmare usando solamente l'esperienza e qualche anno di studio.
    "Scusami, sono una maleducata. Il mio nome è Kurokawa Akemi." - dopo qualche secondo dalla presentazione del tedesco, la ragazza ricambiò imbarazzata, seguendo anche con un parziale inchino. L'iniziativa del biondo e la situazione particolare le avevano fatto dimenticare le fondamenta delle discussioni con persone sconosciute.
    In ogni caso però, la ragazza aveva appena scoperto qualcosa di particolare, ricevendo conferma diretta alle sue intuizioni.
    Il biondo era un musicista, e per di più, era in quel locale per trovare l'ispirazione giusta per la sua canzone. Una cosa abbastanza normale in realtà, che poteva accomunare grossomodo tutti i lavoratori creativi.
    Di solito infatti, c'erano due tipi di artisti, quelli che usavano il mondo esterno come medium per le loro idee ed opinioni, e quelli che si separavano completamente da esso, per evitare il possibile inquinamento dei loro pensieri.
    C'erano scrittori che trovavano nell'introspezione l'unica risposta accettabile, mentre c'erano pittori che facevano di tutto per dipingere la realtà del mondo che li circondava, ignorando la singola riflessione personale.
    E per quanto il lavoro di Akemi non fosse uno sfogo creativo paragonabile, anche la mora aveva il suo personale punto di vista, che era relativamente simile a quello che il tedesco aveva mostrato. Aveva una vera e propria necessità di stimoli esterni, che fossero diretti o meno.
    Ma la necessità era probabilmente diversa, d'altronde l'attrice non doveva "creare" un contenuto, a differenza del biondo. La sua recitazione infatti, doveva essere un modo per trasmettere al meglio ciò che altri hanno creato, dando occasionalmente anche un suo personale tocco, per rendere ancora più forte qualsivoglia scena.
    Dopo aver ordinato per entrambi, il ragazzo iniziò a spiegarle con più precisione chi fosse, citando una canzone di beneficienza uscita nella primavera passata. Era una canzone effettivamente famosa, ma Akemi non usava quasi mai la radio, quindi l'aveva sentita solo un paio di volte, senza darci mai troppa attenzione.
    Alcune volte però, una bugia bianca è l'opzione migliore, così da evitare del futile imbarazzo, che avrebbe rischiato solo di interrompere forzatamente la conversazione.
    "Oh, ho presente sì! Che tipo di musica fai in generale però? Seguo alcuni artisti parecchio underground, quindi magari ti ho già sentito. Per quanto improbabile sia." - dipendeva tutto da quello alla fine, la mora ascoltava effettivamente tanta musica - quasi unicamente sul suo telefono - quindi non era impossibile.
    "Heh, ci sei andato vicino comunque. Faccio l'attrice, anche se non ho ancora avuto ruoli esageratamente importanti." - un giorno sarebbe stata in grado di fornire una sfilza di film, dove in tutti brillava come personaggio protagonista, ma purtroppo era ancora presto. Aveva avuto ruoli importanti in produzioni famose, ma dal suo punto di vista non erano ruoli abbastanza importanti per renderla pubblicamente riconoscibile, anche se questo non era poi così vero.
    E poi non sapeva nemmeno se il biondo fosse totalmente straniero. Il suo nome era tedesco sì, ma poteva sempre essere nato in Giappone. D'altronde era completamente sicura di essere totalmente sconosciuta oltreoceano, quindi le possibilità si potevano solo abbassare.
    "Günter è un nome tedesco giusto? Sei di quelle parti?" - era una domanda comprensibile, d'altronde sia l'aspetto che il nome avevano tutte le carte in regola per non essere giapponesi. E poi la quantità di stranieri che si trasferivano nel paese del Sol Levante era di anno in anno più alta, quindi non era nemmeno niente di troppo strano o mai visto prima. Era certamente particolare però, visto che forse il ragazzo si era trasferito per motivi musicali - e quindi lavorativi - più che per semplice casualità.
    Era un po' come Hollywood per gli attori, moltissimi dilettanti si trasferivano lì, con la speranza di trovar lavoro più facilmente e diventare ricchi e famosi nel giro di pochi anni, ma questo sogno purtroppo, si realizzava molto raramente. Il più delle volte finivano a far la fame, a causa dei costi di vita esagerati che le grandi città avevano.
    Chissà se la situazione del biondo era simile, anche se nel mondo moderno non esisteva una vera e propria capitale per la musica.
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    Il nome della donna risuonava piacevolmente nella testa di Günter per il semplice fatto che conteneva principalmente suoni duri e secchi, di conseguenza era capace di dirlo senza particolari difetti di pronuncia, si sentiva molto meno a disagio quando riusciva a pronunciare bene il nome di chi gli stava davanti, in caso contrario gli sembrava quasi una forma di maleducazione nei confronti del suo interlocutore.
    Akemi insisteva per sapere davvero chi fosse il tedesco nel panorama della musica, non era la prima volta che un dialogo simile accadeva, nel tempo per lui era quasi diventata un arte sviare i discorsi o mutarli in modo da tenere nascosta la sua identità, era forse un abile manipolatore? Davvero, no, solo in contesti come questi riusciva a portare le conversazioni dove voleva lui, in più lo faceva senza mentire nemmeno un po’, spostava solo l’attenzione della persona con cui parlava su altre cose.
    Anche in questo caso la domanda della corvina non avrebbe trovato risposta visto che, sia per girare il discorso sia per liberarsi di un suo pensiero dicendolo ad alta voce, aveva detto - “Che tipo di musica faccio? Sicuramente nulla che piaccia a questa gente.” - Lo aveva detto sfilando da sotto la piccola risma sotto i suoi occhi il foglio che descriveva dettagliatamente le caratteristiche che doveva avere la canzone e guardando il logo della Sumerian Record in alto a destra della pagina, tenendo la pagina davanti a se come se non l’avesse già letta abbastanza volte da saperla a memoria e con una presa abbastanza flebile da far si che la corvina potesse tranquillamente sfilargliela dalla mano senza difficoltà nel caso avesse voluto leggerla, tanto il suo nome d’arte non era presente in nessuna riga o facciata dello stesso: Da esso si poteva solo evincere che il tedesco faceva qualche genere di metal e che sicuramente il suo modo di suonare era relativamente poco commerciale.
    “Grazie a loro è da un anno e più o meno 7 mesi che non faccio una canzone veramente mia, ma quella che sto scrivendo ora è l’ultima che devo fare prima di finire l’album a cui sto lavorando! Questo significa che appena l’avrò finita potrò intascarmi i soldi e cambiare casa discografica.” - Una pausa e una leggera risatina precedevano la sua prossima frase: - “Forse è anche per questo che non riesco a concentrarmi bene sul testo, sto già pensando a come mi sentirò dopo.”
    Nel suo mondo ideale piuttosto di cambiare casa discografica gli sarebbe piaciuto tornare a suonare da solo, ma dentro di se aveva la certezza che guadagnare completamente da soli e senza l’aiuto di un etichetta era tanto difficile quanto sconveniente: c’è poco da dire, per quanto una persona possa essere brava avere un etichetta e i contatti che derivano da essa può incrementare sensibilmente gli introiti di un musicista e soprattutto gli da una sicurezza in più sul copyright delle proprie canzoni e licenze varie.
    La sicurezza nelle sue frasi sarebbe risultata perplimente per molti, ma era anche giustificata, lo stesso aveva infatti messo da parte un bel gruzzoletto che, senza contare i soldi che sarebbero poi derivati dall’album, era più che sufficiente per mantenersi per un bel po’, anche nell’evenienza piuttosto probabile in cui avrebbe cominciato a vivere da solo dopo il tempo passato nella casa del suo maestro.
    La faccia del tedesco emanava un certo tipo di stupore alla risposta di Akemi alla domanda sul suo lavoro, infatti trovarsi davanti a un attrice, per quanto poco conosciuta, era sempre qualcosa di nuovo per Günter, tra tutti i tipi di artisti che aveva conosciuto non gli era mai capitato nessuno che si occupasse effettivamente di recitazione sia nel teatro o nel grande schermo, lo divertiva in oltre il modo in cui entrambi si erano descritti: Un musicista poco conosciuto che parla a un attrice poco importante, due persone apparentemente noiose che però erano interessate l’uno all’occupazione dell’altra, quale incontro fortuito!
    La successiva domanda era una delle più frequenti che gli veniva fatta dagli sconosciuti, ma gli faceva sempre piacere rispondere visto quanto amava la sua terra di provenienza: - “Precisamente! Sono un tedesco del nord, dalla città di Dresden, il mio cognome è Wolff, scusa se non l’ho specificato prima.”
    “Ecco a voi, buona continuazione.” - Per quanto calma la voce di un cameriere aveva fatto destare il tedesco che si era accorto di come si era inconsciamente messo per ascoltare e parlare alla donna di fronte a lui: un braccio disteso sul tavolo parallelo al suo busto e l’altro che faceva da appoggio alla sua testa con il labbro inferiore leggermente nascosto dall’indice che faceva spazio al mento appoggiatosi tra lo stesso dito e il pollice. Era inevitabile mettersi così per lui in alcuni casi e quando si accorgeva di essere in quella posizione sperava sempre e solo di non aver guardato troppo insistentemente negli occhi la persona che gli si trovava davanti, rimediava semplicemente guardando da altre parti sperando di non essere sembrato troppo inquietante e in questo caso distogliere violentemente i suoi occhi dalla donna aveva portato la sua attenzione al pasticcino sospettoso consigliato dalla nuova conoscente: esattamente delle dimensioni che si immaginava, non era comunque abbastanza grande per i suoi gusti ma sicuramente era meglio che corrispondesse alle sue aspettative piuttosto che fosse addirittura più piccolo. Aveva un aspetto lungo, fatto probabilmente di pasta frolla e coperto con una glassa verdognola, tipico colore che si associa al gusto del té verde, strano a vedersi, sicuramente un aspetto che incuriosiva il tedesco a provarlo. Sotto i suoi occhi, con un semplice morso, metà di quel tronchetto era sparito mentre sperava che non fosse abbastanza buono da desiderarne ancora: Il sapore era molto delicato, una pietanza molto sfiziosa e dolce, sicuramente era qualcosa di strano unire una pasta così rigida a un sapore così fine e sebbene non fosse esattamente apprezzato dal tedesco gli dava comunque un idea del palato raffinato di Akemi e dei gusti particolari che avrebbe potuto avere, il tipo di persona che troveresti in un bel ristorante a mangiarsi qualche piatto prelibato dal nome impronunciabile piuttosto che in un semplice fast-food o locali simili fatti per sfamarsi a poco prezzo.
    - “Curiosità da straniero: I miei genitori mi hanno chiamato così in onore di Günter Eich, un poeta tedesco… tu invece? Cosa significa il nome Akemi? I nomi giapponesi hanno sempre un significato ma è la prima volta che trovo qualcuno con il tuo nome”
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    A discapito dei pensieri del biondo, la ragazza non voleva risultare troppo insistente ed intrusiva. Aveva chiesto una risposta più specifica da parte del tedesco, solo perché c'era effettivamente una possibilità che lo avesse già sentito in precedenza, per quanto magra essa fosse.
    La risposta relativamente scocciata da parte di Günter però, le fece intuire che non avesse la minima intenzione di andare più a fondo di quello che aveva già detto.
    Con una risata breve e leggera quindi, lasciò perdere quel suo interesse, e continuò ad ascoltare il ragazzo straniero. Gli dispiaceva? Sì, l'aria di mistero che il ragazzo metteva non faceva altro che renderla più curiosa alla fine, però non voleva nemmeno sembrare fastidiosa. Il biondo era stato particolarmente gentile nei suoi confronti - sebbene in ambiti diversi - e quindi si sentiva in dovere di ricambiare.
    E poi, pensandoci per più di due secondi, c'era probabilmente un motivo al suo non volerlo specificare. Forse voleva mantenere la sua identità segreta, o magari creava contenuti di cui non andava esattamente fiero. C'erano davvero tante possibilità.
    Il breve monologo del tedesco era in parte comprensibile da Akemi. Se c'era qualcosa di brutto che poteva capitare alle persone creative, era avere una valvola di chiusura al proprio rubinetto creativo. Avere delle manette che ti impediscono di fare quello che vuoi, e che anzi ti obbligano a fare qualcosa di specifico, volente o nolente.
    Nel caso del tedesco, queste manette erano sia la casa discografica che i soldi. E similmente la castana, che doveva invece seguire gli ordini del suo manager. Per sua fortuna però, quest'ultimo era parecchio accondiscendente, quindi non aveva mai avuto grossi problemi, a differenza del biondo.
    "Per fortuna il mio manager mi lascia abbastanza libertà, ma posso immaginare il fastidio. Hai già pensato a qualche casa discografica che potrebbe essere interessata comunque?" - purtroppo, quando non si è stupidamente famosi, le offerte non cadono dal cielo, ma vanno appositamente e meticolosamente cercate. E a meno che il biondo non avesse spudoratamente mentito, poteva scommettere che non fosse poi così conosciuto, perlomeno non in Giappone.
    C'era sempre la possibilità di auto-prodursi poi. Era un suicidio monetario, però poteva essere una soluzione temporanea più che valida.
    Chissà, forse la castana avrebbe effettivamente aiutato Günter a finire quel suo testo. Dubitava, visto che non si riteneva minimamente così interessante, ma era comunque possibile.
    Aveva anche scoperto una nuova curiosità sul biondo. Veniva effettivamente dalla Germania, più precisamente dalla Sassonia. Purtroppo Akemi non aveva mai viaggiato molto fuori dal Giappone, però sapeva che era una grande città d'arte, sia per i musei che per l'architettura. D'altronde - per quanto non viaggiasse - aveva una conoscenza abbastanza accurata della geografia. Insieme alla storia infatti, erano due delle materie di studio che più la intrigavano. Non era troppo sicura del motivo però, era sempre stato così, fin da quando andava alle elementari.
    Forse era un puro interesse antropologico, che la portava a collegare le persone che vivono in una determinata zona del mondo, con una storia ben precisa, e che li va a formare in modo diverso rispetto ad altre persone in altri continenti. O forse le piaceva solo equiparare passato - con la storia - e presente - con la geografia- vedendo come il mondo cambia di decennio in decennio.
    Qualche istante dopo l'affermazione del tedesco, un cameriere arrivò con quello che era stato ordinato pochi minuti prima. Un èclair per il biondo, ed un tè bollente per la mora. Purtroppo però, lo sguardo dello straniero non sembrava troppo soddisfatto alla visione del piccolo pasticcino. Forse si aspettava qualcosa di più grande, o magari non era un grande amante dei dolci, fatto sta che Akemi era troppo imbarazzata per chiederlo direttamente, ed avrebbe quindi ignorato quell'espressione leggermente desolata.
    Lo aveva consigliato perché amava il connubio della pasta choux - la stessa che si usava per i bignè - ed il leggero ma invasivo sapore di tè verde. La prima era abbastanza neutra da non bloccare il resto dei sapori, ed il secondo non era così intenso da rendere inapprezzabili altri pasticcini, ma comunque abbastanza presente da poter rinfrescare la bocca.
    "Dresden eh, non so moltissimo purtroppo. So solo che ci sono dei gran bei musei d'arte, però la mia conoscenza finisce lì. Magari hai qualche particolare curiosità che puoi raccontare? - chissà, magari il biondo - avendoci effettivamente vissuto - sapeva qualche piccolo segreto che normalmente i turisti e gli stranieri ignoravano.
    Il tè che aveva ordinato comunque, era un Houjicha, un tipo di tè giapponese dove le foglie vengono arrostite, rendendole quindi decaffeinate, una cosa che apprezzava molto nelle bevande di quel tipo. Doveva prendere della melatonina a causa di una leggera insonnia, e quindi ingerire caffeina non aiutava certamente il suo corpo.
    Era un buon tè caldo comunque, niente di incredibile, visto che quel Bistrot si specializzava in miscele straniere, ma comunque più che decente.
    E poi, la costituzione particolare del suo corpo la rendeva abbastanza fresca da non aver problemi a bere una bevanda bollente nel torrido caldo di Tokyo. Altre persone avrebbero forse fatto fatica, ma lei non aveva nemmeno caldo. Una vera e propria fortuna mascherata.
    "So che significa Lucente Bellezza, e mi hanno chiamato così in vista di un futuro analogo." - dopo aver risposto al ragazzo, la castana prese qualche secondo di pausa per pensare, mettendosi drammaticamente l'indice sulle labbra, per poi continuare - "Non penso lo abbiano dato in seguito a qualche personaggio storico però, dovrei chiederglielo forse."
    La domanda del tedesco era una classica domanda che gli stranieri ponevano, consapevoli di quanto - grazie ai kanji - i nomi potessero avere un significato preciso. In occidente invece, era più comune vedere del citazionismo, o magari dei significati profondi da parole arcaiche.
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    Lo sguardo di Akemi dopo le prime parole del tedesco lo lasciava immaginare che avesse inteso qualcosa rispetto alla sua intenzione di tenere nascosto il suo nome d’arte, sperava di non essere parso troppo scortese ma il fatto che chi gli stava di fronte aveva capito questo dettaglio voleva dire che non sarebbe stato costretto a sviare ulteriori discorsi.
    Il commento della ragazza sul manager ampliava leggermente il suo sorriso, almeno lei lavorava con qualcuno che le stava simpatico, Günter in realtà non sapeva quanto la creatività di un attore potesse essere ristretta, non essendo particolarmente informato di quell’arte era da sempre convinto che bisognasse semplicemente dare del proprio meglio per interpretare un dato copione, non che sminuisse un tale lavoro, semplicemente non se ne intendeva abbastanza per immaginarsi la cosa.
    “Hmm veramente no, avevo in programma di cercarne una appena concluso questo testo.” - Guardando il vuoto e sforzando la sua memoria il più possibile aveva poi detto - “L’unica pista che ho è un nome che mi è stato fatto piuttosto recentemente: Castiel, Castiel… Lebon? L’agenda dove l’ho segnato è a casa in questo momento” - facendo spallucci e alzando lievemente le mani a far intendere che prima o poi gli sarebbe venuto in mente.
    Piano piano si stava facendo un idea della persona davanti a lui che ora gli chiedeva qualche curiosità in più sul suo luogo di provenienza, non le solite cose che si sanno facendo anche una veloce ricerca su internet, cose più precise che solo lui in qualità di abitante poteva sapere, domanda che non gli era mai stata fatta da uno sconosciuto: la donna continuava a rompere un aspettativa dopo l’altra, al contrario di come la stessa si considerava era un individuo interessante agli occhi del tedesco che in un breve mugugnio di riflessione pensava a come rispondere.
    “Ti racconterò qualcosa che potresti sapere solo da me o dai miei vecchi amici tedeschi: Vedi, io vivevo in un paesino di nome Klotzsche, ma quando ero piccolo per i ragazzini che vivevano vicino a me era solito giocare in uno dei due lati dell’inizio della ‘Langebrücker Strasse’ strada che connetteva Klotzsche a Langebrück. Da un lato c’era una coltivazione di alberi che si estendeva per svariati ettari in cui potevamo giocare a nascondino finché non si faceva troppo buio, dall’altro un grande prato e poco dopo lo stesso ci si poteva imbattere una collinetta non troppo grande ma che comunque marcava l’unica altura nel raggio di parecchi chilometri: Chi non andava su quella collina da bambino per giocare con gli amici ci andava per gustarsi il panorama che offre...” - Provando quasi d’istinto a gesticolare per rinforzare le sue parole proseguiva con - “… era a un altezza perfetta, si potevano vedere tutti i tetti del mio paesino e di altri luoghi vicini allo stesso, anche del Museo di Storia Militare nella vicina città di Neustadt, ma essendo comunque abbastanza bassa gli stessi si vedevano a un angolazione che faceva sembrare tutte le città molto più grandi di quello che i realtà erano e lo stesso vale per gli alberi dall’altra parte della strada, credo fossero noci ma in realtà non mi sono mai informato… Tsk, un infanzia passata in quei posti e non ho ancora idea di che alberi coltivassero.” - Aveva raccontato tutto ciò senza guardare un punto in particolare ma comunque girando la testa durante le sue spiegazioni, come se stesse effettivamente visualizzando quei posti ignoti a tanti turisti come a tanti compaesani visto il luogo relativamente poco importante dove viveva, quel punto panoramico in particolare inoltre era a lui molto caro come punto dove poteva andare e stare da solo per ore per pensare o per comporre qualcosa. Questo discorso gli aveva fatto riaffiorare delle memorie care che in qualche modo lo avevano aiutato col testo, pensare a dov’era allora e dov’era adesso, le differenze più importanti di questo cambiamento… procedeva infatti appuntandosi qualche parola chiave in più sul foglio imbrattato di schemi sul quale stava elaborando la canzone.
    Sembrava davvero scorretto non dare una propria opinione sul pasticcino consigliato da Akemi, ma aveva tardato a farlo perché non voleva ne deluderla dicendo la sua vera opinione sullo stesso ne mentirle dicendo che gli era piaciuto, dopo qualche tempo gli era venuta in mente una perfetta via di mezzo: - “Hai un palato molto raffinato, Akemi” - annuendo e mangiando la parte restante dell’èclair in segno di approvazione, senza necessariamente dire la sua opinione sul dolcetto stesso mentre nella sua testa tirava un gran sospiro di sollievo per com’era volta la faccenda.
    Il nome della donna ora acquisiva un senso e per quanto il tedesco fosse tentato di rispondere con frasi come “Direi che il nome è azzeccato” si limitava a annuire in segno di interesse, aveva appena conosciuto quella persona e per quanto fosse bella doveva limitare i suoi apprezzamenti per evitare di essere troppo insistente o di far pensare alla donna che in qualche modo ci stesse provando con lei: probabilmente non le sarebbe dispiaciuto un complimento in più, ma meglio non rischiare.
    Si chiedeva poi se i suoi genitori le avessero dato il nome basandosi su qualche personaggio storico, anche se non lo avessero fatto almeno il suo nome centrava qualcosa con lei, al contrario di quanto potesse dire Günter: Anche la scelta del suo nome era in vista di un futuro analogo, durante la sua infanzia i suoi genitori lo facevano partecipare a varie attività al fine di fargli intraprendere la strada del padre, un poeta appunto, ma dopo la scoperta del suo quirk e quello che ne è conseguito era ovvio che la sua strada sarebbe stata la musica… dentro di se ogni tanto si domandava se i suoi genitori fossero, almeno inizialmente, delusi da lui nonostante fossero comunque in generale estremamente fieri lui.
    “Sai, ho un amico che ha più o meno gli stessi problemi con la sua etichetta, troppo restrittiva e assolutamente non comprensiva nei suoi confronti, l’ultima volta che ci ho parlato è stato poco tempo fa e lui si è… dimenticato chi è? Non saprei come spiegarlo meglio, tra tutti i miei consigli non so più cosa digli per farlo stare bene, ha fatto per così tanto tempo quello che gli dicevano di fare che per poco non si ricorda più il suo stile. Non so se può succedere anche nel campo della recitazione ma in ogni caso immagino tu capisca cosa intendo.” - Era da un po’ che aveva in testa questa cosa, per quanto sperava che il suo interlocutore non lo capisse una persona abbastanza empatica poteva intendere che stava parlando di se stesso, forse una versione molto esagerata di se stesso, una specie di visualizzazione di quello che aveva paura di diventare. Perché ne aveva parlato proprio a Akemi? Nulla più che un impulso, qualcosa che lo aveva spinto a tirare fuori questo discorso dopo aver scritto quei nuovi appunti sul foglio, atto che lo aveva inizialmente fatto sentire come un genio ma che lo aveva successivamente colpito con l’amara realizzazione che, tra tutte le frasi fatte e i pensieri commerciali a cui pensava, aveva tratto l’ispirazione migliore da una sua memoria a cui fino adesso non aveva pensato, anzi, che una sconosciuta aveva dovuto ricordargli. Non aveva certo l’intenzione di autocommiserarsi, anche per questo aveva imputato quello di cui aveva parlato a un suo presunto amico piuttosto che a se stesso, sperava semplicemente di ottenere qualche consiglio o in generale di parlare e condividere i propri pensieri con qualcun’altro, chissà, probabilmente affrontare un discorso di questo tipo poteva essere utile a entrambi.
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    Akemi doveva essere sincera. Inizialmente era restia a condividere il tavolo, per quanto socievole infatti, non voleva disturbare gli altri clienti.
    Nessuno va in un locale tanto rilassante solo per condividere il tavolo con una sconosciuta, e provare poi vago imbarazzo a causa di essa. Una cosa del genere avrebbe semplicemente invogliato il rispettivo cliente a lasciare il tavolo più velocemente, andando persino a rovinargli la giornata magari, o a fargli passare la voglia di ritornare.
    Il tedesco però, aveva demolito quelle sue aspettative, ed anzi, aveva reso quella pausa incredibilmente più interessante e godibile.
    Forse era grazie al fatto che entrambi fossero artisti, forse era la personalità del biondo, che ben intrecciava con quella della castana, o magari era semplicemente una casualità voluta dal fato, ma doveva ammettere che stava avendo un'esperienza decisamente migliore di quella che aspettava.
    E nonostante Günter facesse il misterioso, rendendo l'interesse per la sua identità artistica solo più alto, l'attrice era più che capace di rispettare quella sua scelta, sia a livello personale che a livello artistico. Mantenere la propria identità nascosta non era qualcosa di così raro per gli artisti infatti.
    Creava sia interesse nel pubblico, che poteva unire le opere prodotte con la propria immaginazione per crearsi un'immagine unica ed inimitabile della persona "dietro la maschera", e proteggeva anche la propria privacy, una cosa che le persone famose dovevano essere disposte ad abbandonare nella maggior parte dei casi.
    "Castiel Leroy? Lo ascoltavo quando ero più giovane e so che ora ha un agenzia di qualche tipo, non so quanti altri Castiel ci siano qui in Giappone poi." - non era esattamente una fan sfegatata, però non poteva negare di aver comprato un paio di suoi dischi. Una voce incantevole ed una caramella per gli occhi, un qualcosa che non faticava a trarre l'interesse di un Akemi universitaria.
    Ascoltando il monologo del biondo su ciò che la sua città natale potesse offrire, l'attrice si poté finalmente fare un'idea più chiara della persona che aveva davanti.
    Un uomo emotivo e romantico, che trova ottimismo e bellezza anche nelle piccole cose. Ma che allo stesso tempo fatica a trovarlo in ciò che gli sta davanti, alla stessa altezza dei suoi occhi. Per la maggior parte delle persone infatti, una magnifica memoria passata non era niente di più che una fonte di nostalgia, ma il biondo sembrava completamente assorto nella bellezza visibile da "tutti" che stava raccontando.
    Allo stesso tempo però, faticava a vedere positività nel presente, come si poteva immaginare dalla sua incapacità di finire una canzone, per quanto non esattamente affine al suo stile personale.
    E sia chiaro, non c'era nulla di male in ciò.
    Secondo Akemi infatti, era meglio essere consapevoli di non saper fare molto al di fuori delle proprie capacità, piuttosto che essere futilmente orgogliosi per poi fallire miseramente.
    "Wow... ora ho voglia di visitare Dresden" - lo scorcio che Günter aveva descritto suonava oggettivamente magnifico, ed aveva perfettamente soddisfatto la curiosità della castana, in modo quasi inaspettato oltretutto - "Purtroppo io sono nata qui a Tokyo, quindi il miglior scorcio che posso offrire è... lo skyline che si può vedere dal tetto del vecchio appartamento dei miei genitori, soprattutto durante l'alba. Non è romantico ed idilliaco come il tuo, però vedere una gigantesca giungla di cemento tinta in colori sia caldi che freddi, e da un condominio abbastanza alto da rendere la visuale ampia, è qualcosa di particolarmente speciale. E' un po' come leggere il proprio libro preferito dopo averne discusso con altri, riuscendo a vedere altri punti di vista che normalmente avresti ignorato, non so se ti è mai successo."
    Per quanto gli piacesse l'idea di vivere in periferia, lontana dal caos della città, dai milioni di abitanti e dall'aria difficile da respirare, Akemi era nata e cresciuta come una ragazza di città, abituata a standard di vita diversi da quelli di cittadine più piccole, che non possono offrire infrastrutture dello stesso livello, e tantomeno un simile ambiente lavorativo e creativo. Probabilmente non si sarebbe mai spostata da Tokyo, nemmeno in vecchiaia.
    "Non so se prenderlo come un complimento od un insulto~" - quello del biondo era un commento oggettivamente vago, ma come si poteva capire dalla risata - nascosta dal dorso della mano destra della donna - la sua era chiaramente una battuta - "Non lo definirei raffinato però. Direi che è esigente, si annoia facilmente con sapori simili, ed ha sempre bisogno di unicità e freschezza. Mi piacciono sia le cose semplici, che le cose raffinate, che le cose particolari. Hai mai provato lo Shirako? Molte persone lo trovano disgustoso prima ancora di provarlo, però una volta superate le apparenze è delizioso. Un po' come il Pitan, che nonostante non mi faccia impazzire ho comunque provato molteplici volte."
    La castana aveva sempre visto nel cibo una possibilità per esplorare la creatività altrui, sia in cose semplici che in piatti più complessi. Chi era stata la prima persona a provare il Natto, un'alimento fondamentale della cucina giapponese. Ma soprattutto, come e perché? Con il sapore non poteva trovare una risposta, ma poteva farsi un'idea, che fosse corretta o meno non importava.
    L'ultima domanda che Günter aveva posto comunque, colpiva estremamente vicino al cuore della mora, in modo quasi spaventoso.
    Poteva facilmente relazionarsi con l'amico da lui descritto, nonostante la differenza tra i due fosse come il giorno e la notte. L'identità del musicista sconosciuto era scomparsa in modo costante, ogni giorno sempre di più, a causa delle catene che il mondo esterno gli metteva sul collo.
    La Kurokawa invece, aveva voltato la medaglia, abbandonando volontariamente il suo vero sé, spaventata da delle catene che non sarebbero mai arrivate, se non per sua scelta personale.
    Per entrambi però, una variabile rimaneva costante. Era il mondo esterno ad esigere un cambiamento, e non importava se esso fosse attivo o passivo, era abbastanza forte da costringere le persone ad agire.
    "Beh, se non puoi fare niente per aiutarlo, la miglior opzione è trovare il lato positivo nella negatività. Magari il fato a voluto sopprimere il suo stile per dargli la possibilità di farlo rinascere con più vigore di prima, come un fenice che diventa cenere quando muore e rinasce più forte di prima." - la ragazza non voleva far trasparire i suoi problemi personali in quella conversazione, però quello che stava dicendo era quello che pensava il più delle volte, delle false verità che si raccontava per non cadere nel vuoto, per convincersi che ci sia un motivo dietro al suo nascondersi, e che non sia stato un errore troppo grande da risolvere anni dopo - "O forse il fato non c'entra nulla, ed è semplicemente la riaffermazione che ogni artista affronta un percorso personale e diverso. Magari una volta risolti questi suoi problemi interiori, la sua musica si evolverà in qualcosa di diverso ed ancora più unico, e troverà una nuova felicità nel non essere sprofondato nella disperazione. Sempre se riesce a risolverli, non è certamente una passeggiata al parco."
    Ottimismo contro cinismo, due lati della personalità della castana, che si specchiavano quasi perfettamente. Una parte si ostinava a vedere un futuro luminoso, mentre l'altra affrontava la fredda realtà. Le due parti avevano solo una cosa in comune, entrambe volevano scappare dall'inevitabile passato, l'unica parte della propria vita che era impossibile da cambiare.
    "Devo andare al bagno, torno subito." - la ragazza, che a causa dei suoi pensieri stava iniziando ad iperventilare, scelse di alzarsi dal tavolo e "scappare" in un posto privato ed isolato prima che il peggio potesse succedere.
    Non era la prima volta che succedeva infatti, e per quanto volesse essere ottimista, era ovvio che non fosse neanche l'ultima. Pensare alla brusca realtà della sua situazione, alla triste verità che doveva nascondere al mondo esterno, la faceva stare male.
    Ogni volta che quei maledetti pensieri entravano nella sua testa, il suo cervello reagiva con un attacco di panico, era come un riflesso condizionato, dove Akemi non poteva far nulla se non rilassare la propria mente ed ignorare ciò che parte del suo cervello gli infilava forzatamente in testa, come un'anatra per foie gras che viene cibata contro la sua volontà.
    Non ne faceva una colpa al tedesco, non poteva averne la minima idea. Se doveva incolpare qualcuno, era lei la colpevole. Doveva imparare a controllarsi, per quanto rari ed imprevedibili i suoi attacchi di panico fossero.
    Non ne faceva una colpa al mondo esterno, il resto delle persone non potevano averne la minima idea. Se doveva punire qualcuno, era lei quella da punire.
    Non era scappata in bagno per paura di far vedere la sua debolezza al mondo esterno, ma per non coinvolgere le altre persone nei suoi problemi.
    Gli sarebbe bastato fare qualche respiro profondo, pensare alle onde del mare che colpiscono gentilmente gli scogli e cercare un collegamento solido tra sé stessa ed il mondo reale.
    Sperava però che il biondo potesse scusarla per qualche minuto, e che soprattutto non curiosasse tra la sua roba, visto che aveva lasciato sia il suo telefono sul tavolo che la sua borsetta sulla sedia.
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    Scusa per il ritardo! Se Günter volesse curiosare tra le cose di Akemi mentre lei è in bagno comunque, mandami pure un MP!
     
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    La correzione che Akemi aveva fatto, puntualizzando che l’artista di cui aveva sentito parlare si chiamava Castiel Leroy, era più che ben accetta visto che gli dava un idea più concreta della fama dello stesso, in più aveva anche confermato che aveva un’agenzia, c’era sempre la possibilità che non stessero parlando dello stesso Castiel ma, come aveva proseguito la donna, quante persone potrebbero mai esserci in Giappone con quel nome?
    A quanto pare il fatto che aveva raccontato sulla sua terra natale era piaciuto a chi gli stava davanti, non tutti apprezzano un monologo di quel tipo: c’è chi si annoia o chi, come aveva fatto Akemi, piuttosto di sentire le parole le ascoltava, qualità che non tutti dimostrano. Ascoltare un racconto di questo tipo vuol dire aprire la propria mente a ricevere le emozioni che chi sta parlando prova a trasmettere e non semplicemente apprendere delle informazioni su un luogo o un evento descritto dall’interlocutore.
    Salvo alcune particolari eccezioni come il caso in cui si trovava quel giorno, il biondo componeva solo pezzi strumentali, ma persone come la donna di fronte a lui gli facevano venire davvero voglia di provare a scrivere qualche testo per i suoi lavori futuri, le uniche due cose che lo fermavano erano un incertezza riguardo a quale potrebbe essere stata la risposta dei fan - già leggermente diminuiti nel periodo passato con l’attuale etichetta – e soprattutto il non avere idea di chi poi li avrebbe cantati quei pezzi.
    “Beh, per uno come me che per mooolto tempo ha vissuto in un paesino in mezzo alla natura un panorama come quello che hai descritto sarebbe incantevole da vedere. Certo, non sarà naturale come quello che ho descritto io, ma è proprio questa caratteristica a regalargli una varietà di colori inimitabile… chissà un giorno potrò vedere lo stesso panorama” - Provava a immaginarselo eppure non ci riusciva, il modo di parlare di Akemi in qualche modo incantava il tedesco, era come se non riuscisse a capire chi fosse davanti a lui ma che al contempo quella persona gli piacesse, era solito per lui riuscire a identificare piuttosto in fretta il tipo di persona che si trovava davanti e adorava quando persone come la castana di fronte a lui si discostavano dalla norma e dal generico.
    Purtroppo tutti i piatti citati dalla donna erano completamente sconosciuti dal biondo, non ci voleva molto a tirare fuori il nome di un prodotto edibile che lui ignorava, poteva solo ammettere che il suo palato non era esageratamente esigente e che quando andava in un ristorante o in un supermercato basava le sue decisioni su cosa comprare principalmente sull’estetica del cibo, era anche questo uno dei motivi per cui adorava il sushi, un estetica perfettamente in linea con i suoi semplici gusti estetici con un gusto che varia dal neutro al buono.
    “Hmm purtroppo no, non ho mai provato nessun piatto tra quelli che hai detto, a dir la verità non sono nemmeno sicuro di cosa siano… beh sono sempre cose nuove da provare! Di che si tratta? Sempre se non vuoi tenerla come una sorpresa per quando li proverò.” - Günter preferiva sempre scoprire le cose al momento, “senza spoiler”, quindi in situazioni come queste dava sempre l'opzione di non rivelare nulla per chi la pensava come lui.
    Le successive parole di Akemi lanciarono il tedesco in una montagna russa di emozioni con una partenza lenta in costante accelerazione, prima su e poi giù, poi un bel giro della morte e alla fine un arrivo che evidenziava solo quanto travagliato fosse stato il percorso: Ascoltava il discorso della donna che all’inizio sembrava implicare che se non poteva fare nulla per aiutare questo suo “amico” doveva semplicemente lasciare perdere e vedere i lati positivi del suo stato, affermazione che inizialmente incontrava un forte muro di disaccordo nel tedesco, ma che in pochi secondi riacquistava un senso diverso che dimostrava come anche un semplice cambio di prospettiva può rendere una situazione migliore, che non tutti i cambiamenti accadono in uno schiocco di dita ma spesso necessitano una specie di periodo transitivo, probabilmente quel periodo per lui era cominciato dal momento in cui aveva cominciato a lavorare per la Sumerian Record e sarebbe finito alla conclusione del corrente pezzo. Il fatto che probabilmente il suo stile sarebbe cambiato comunque riempiva il cuore dello stesso con del leggero rammarico, ma pensava anche a quanto inconsciamente lo aveva fatto cambiare nel corso degli anni, anche prima di rendere alcune delle sue canzoni pubbliche… e se quello che stava vivendo ora fosse in qualche modo già successo? Solo che quello che lo faceva sentire triste e perso in un presunto altro episodio simile sembrava qualcosa di apparentemente non collegato alla musica. Quello che ascoltava con una faccia tranquillamente interessata e un leggero sorriso che andava inconsciamente scemando, dentro di se veniva recepito come un concetto forte e che per quanto a qualcun’altro potesse sembrare ovvio non era assolutamente scontato per Günter che in qualche modo ne stava facendo tesoro. Espandendo il discorso che aveva cominciato, la castana, era seguita in modo sempre più affascinato dal tedesco che si sentiva terribilmente stupido per non essere giunto a una conclusione simile prima, o forse ci aveva pensato, ma non riusciva a elaborare un suo plausibile cambio di stile come una cosa positiva al contrario di come gli veniva mostrata da qualcuno con un punto di vista diverso o più incontaminato del suo. Inizialmente, il biondo, quasi non sapeva cosa dire al termine al termine dell’intervento di Akemi, voleva ringraziarla ma farlo subito forse avrebbe potuto farla sospettare che l’amico di cui parlava era in realtà se stesso, forse lo avrebbe fatto più tardi. Quando la donna aveva terminato di parlare, al tedesco venne in mente qualche idea per continuare il discorso, ma proprio quando stava per aprire bocca la stessa si era alzata piuttosto frettolosamente dicendo di dover usare il bagno con un fare e un tono di voce nettamente in contrasto a come si era comportata fino a quel momento.
    Questa era la fine della montagna russa descritta prima, dopo le innumerevoli piroette che aveva fatto la sua mente il vagoncino era arrivato alla fine del tracciato, ma a differenza della lenta frenata di un roller-coaster normale questo aveva improvvisamente inchiodato lasciando al biondo un inaspettato e forte colpo di fursta che oltre a una sensazione non esattamente gradevole lo lasciava ben poco consapevole di quello che era appena successo.
    Poco ma sicuro aveva detto qualcosa di sbagliato o semplicemente mal recepito, qualcosa che aveva provocato in Akemi quella reazione forte, non sapeva se stesse andando a piangere o semplicemente a prendere un respiro, poco ma sicuro doveva rimediare al suo errore anche se non sapeva bene quale fosse… o forse si? Fino ad ora, per quanta passione avessero messo in alcuni interventi, avevano parlato solo di cose normali, l’unico argomento veramente emotivo tirato fuori dai due era quello del tedesco riguardante il suo finto amico e subito dopo aver dato la sua opinione la stessa si era alzata e se n’era andata.
    Ebbene si, il tedesco speculava che il caso gli avesse presentato una persona con un problema molto simile al suo, o quanto meno che lo avesse avuto in passato, almeno a una prima riflessione era l’unica cosa che poteva giustificare una reazione simile, l’osservazione più presente nella mente del tedesco riguardava il fatto che lui non si metteva a piangere quando per qualche motivo intraprendeva un discorso simile con il suo maestro o con altri e questo lo lasciava pensare che quella della donna poteva essere una crisi d’identità molto più grave della sua, o perché la stessa aveva un carattere più debole del suo o perché nel suo caso andava avanti da più tempo.
    Mere teorie che incontravano una sola soluzione, doveva rimediare, anche se lo stesso aveva quasi voglia di pagare il conto e scappare da quel tavolo lasciando un biglietto di scuse per averla trascinata nei suoi problemi facendola in qualche modo stare molto male, ma questo era completamente fuori discussione: non solo se ne sarebbe pentito tutta la vita, ma la ragazza aveva lasciato borsa e telefono al tavolo e sicuramente se se ne fosse andato qualche malvivente avrebbe approfittato della cosa. Le avrebbe chiesto scusa, ma solo dopo essersi accertato che non si sarebbe sentita in imbarazzo per qualche motivo, rendendo la situazione più leggera e anche facendola tornare piacevole per quanto possibile:
    “Scusi, può portare un altro éclair? Lo metta pure nel posto di fronte a me.”- L’ordine del tedesco venne ascoltata e in poco tempo il pasticcino era arrivato al tavolo, momento in cui il gentile cameriere che li aveva serviti fino adesso in modo piuttosto scortese si era fatto spazio spostando il bicchiere di té e il telefono di Akemi per mettere il pasticcino relativamente centrato al suo posto: quando sarebbe arrivata vedendo il dolcetto offerto dal tedesco lui avrebbe detto:
    “Avevi detto che lo trovavi ‘semplicemente delizioso’ no?” - sorridendo e sperando di strappare a sua volta un sorriso alla donna.


    CITAZIONE
    Perdonami se edito solo adesso, mi é stato fatto notare che ho accidentalmente lasciato l'ultimo pezzettino di parlato in grigio. Ora é tutto come dovrebbe essere!

    Non ti preoccupare. Comunque ho reputato abbastanza scortese come azione frugare nella borsa di una signorina/guardarle nel telefono mentre è in bagno, quindi ho concluso che Günter non lo avrebbe mai fatto. Però visto che il cameriere ha spostato il suo telefono per mettere il pasticcino puoi farle sospettare che in realtà qualcosa l'ha toccato se volevi usare la cosa come plot point!


    Edited by XamHell - 29/8/2021, 00:42
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    Per quanto strano potesse sembrare, Akemi amava ascoltare altre persone parlare.
    Aveva scelto il lavoro di attrice proprio perché amava quell'abilità che molti attori avevano, riuscendo a raccontare una storia - o in alcuni casi anche un'idea - in modo incredibile, rendendola superiore ad una semplice lettura. Sì, non era una cosa facile da fare, erano molti gli attori che non avevano mai avuto bisogno di recitare un monologo, od una scena con un alto carico emotivo, però questo non voleva dire che non ci fossero.
    E sì, aveva scelto quel lavoro per la possibilità di diventare qualcuno che può far amare una storia ad altri, solo grazie ad una narrazione meticolosa e cullante. Per il momento però, non si considerava ancora abbastanza capace, nonostante il commento positivo del biondo gli desse buona speranza per il futuro.
    Erano due persone diverse, e questo significava anche che la loro esperienza di vita fosse diversa. Una cosa che poteva sembrare banale e semplice per il primo, poteva essere maestosa e difficile da immaginare per la seconda. E viceversa, una visione bellissima ma comune poteva sembrare unica, rendendola ancora più pura a livello concettuale.
    Non era sicura di come rispondere a quel complimento riflesso, che andava ad elogiare un ricordo semplice - per quanto magnifico - della sua infanzia. Complimentare a sua volta la visione descritta da Günter sarebbe stato ripetitivo, d'altronde aveva già ammesso il suo interesse verso di essa, quindi si limitò a condividere il pensiero con un cenno di capo, una risposta sottile ma abbastanza chiara da non risultare fredda.
    Era particolare come due persone diverse possano trovare la bellezza in cose fondamentalmente simili. Dato che lo erano, nonostante la purezza della natura che si fonde con la città e la durezza della città che si fonde con la natura fossero concetti diametralmente opposti. Erano due facce della stessa medaglia alla fine, che purtroppo non potevano essere viste contemporaneamente, perlomeno non da una singola persona.
    "Ti lascio la sorpresa, che gusto ci sarebbe altrimenti. La vita è bella anche per questo tipo di cose, no?" - sarebbe stato come svelare il regalo di compleanno ad un bambino, prima ancora che iniziasse a scartarlo. Fare sorprese era fondamentalmente inutile sì, però era uno dei pochi modi che le persone avevano per rendere la vita più interessante. Duravano poco sì, ma erano quelle scintille di mistero che rendevano le giornate meno monotone. Anche se allo stesso tempo andavano dosate con precisione, troppe sorprese diventavano noiose, rovinando l'idea stessa che una sorpresa doveva portare avanti. Era un concetto particolare e probabilmente unico agli esseri umani.
    Tutti quei pensieri però, non erano più importanti per la mente frammentata di Akemi. Normalmente si sarebbe goduta al massimo un'esperienza come quella, cercando di confrontarsi il più possibile con il tedesco, e riflettere di conseguenza. Gli piaceva esplorare idee diverse dalle sue, visto che poteva sempre imparare qualcosa di nuovo ed assimilare nuovi concetti od opinioni.
    Erano bastati pochi minuti infatti, per far completamente crollare le aspettative positive che la ragazza aveva. Non era colpa del biondo, sia chiaro, il ragazzo era semplicemente andato a toccare un argomento particolare, collidendo con la bacata mentalità della castana. Era a malapena riuscita a rispondere al ragazzo, ed il suo cervello l'aveva già costretta a rifugiarsi in un posto sicuro per un po', così da evitare un vero e proprio crollo psico-fisico.
    Sembrava un esagerazione sì, ma purtroppo non lo era. Affrontare la realtà dei fatti era fondamentalmente più difficile quando il nemico era te stesso. E non lo diceva per sentito dire, lo aveva sperimentato sulla sua pelle, rendendosi conto di quanto arduo fosse andare contro il proprio subconscio. E' difficile controllare una parte di sé che normalmente rimane nascosta, specialmente quando esce in momenti di vulnerabilità.
    Cosa voleva fargli realizzare la parte più profonda di sé stessa? Che la personalità che sbandierava a destra e a manca non fosse davvero sua? Che era infinitamente più debole di qualsiasi persona che affrontasse le giornate con onestà? Che prima o poi le sue menzogne sarebbero crollate, e sarebbe arrivato il momento di confrontarsi con quella sua personalità che aveva ormai modificato troppo per ricordarsi?
    Erano tutte cose che la mora comprendeva ed accettava, ma che non era ancora pronta a portare a termine.
    Quando ti fai un tatuaggio e ti penti a metà ad esempio, è più facile finirlo ed accettare la realtà che fermare il tatuatore e scappare con uno schizzo non finito. Semplicemente perché è troppo tardi per tornare indietro, volente o nolente. Ed era così anche per quel collage di personalità che Akemi era. Non era facile tornare sui propri passi, abbandonando pezzi che dopo anni era diventati parte di sé. Era molto più facile ignorare la necessità di farlo, e continuare ad avanzare facendo finta di niente.
    Il problema con ignorare quelle difficoltà però, era il panico che incontrarle creava. Non è difficile far finta di non aver problemi, ma lo diventa nel momento in cui qualcuno tocca quei problemi da cui vuoi scappare, accidentalmente o meno.
    Il musicista era anche stato molto largo, non andando a toccare in pieno la ragazza, ma era bastato quello per darle un senso di panico e paura. La situazione del suo amico era simile, per quanto diversa fosse. Entrambi erano "costretti" ad indossare una maschera, o nel caso dell'attrice un'intera collezione di esse, solo per preservare sé stessi, e non per un puro bisogno evolutivo.
    Alcune volte le persone avevano bisogno di escapismo, e non c'era nulla di male in ciò. Il problema era quando l'escapismo diventava la realtà da cui bisogna scappare, costringendo ad una scelta fatidica ma tanto necessaria.
    In ogni caso, la situazione di Akemi non era ancora così drastica. E nel modo più sbagliato di tutti, avrebbe continuato a tergiversare - evitando di fare una scelta - fino all'ultimo momento possibile. Non era ignava, aveva delle opinioni chiare, ma aveva paura delle conseguenze che potevano colpirla in entrambi i casi.
    Da un lato rischiava di perdere l'unica frazione di sé stessa che le rimaneva, ma dall'altro rischiava di perdere tutto quello che aveva con sé, diventando fondamentalmente qualcuno che non riconosceva, nonostante fosse la versione più reale di sé stessa. Un giorno avrebbe dovuto fare quella scelta, non potendo più scappare, ma quel giorno era ancora lontano, o almeno così sperava.
    In quel caldo pomeriggio estivo però, alla ragazza era bastato rifugiarsi nel primo bagno libero, chiudendosi a chiave ed iniziando a respirare profondamente, e provando a sentire il suolo pavimentato sotto alle sue scarpe, usando le punte dei piedi. Non era ancora andata da un medico per parlare di questi suoi problemi, però aveva letto che quello era il modo migliore per evitare un attacco di panico, e riconciliarsi con sé stessi. Non era sicura che la sua condizione rientrasse in quella sezione, però le poche volte che aveva provato a seguire quei consigli era riuscita a riprendersi rapidamente.
    Dopo un minuto di respiri lenti e profondi, il cervello della castana era riuscito a calmarsi nuovamente, ritornando ad uno stato dove non faticava a pensare, a differenza di quando era scappata dal tavolo con gli occhi lucidi. Non osava immaginare cosa potesse pensare il tedesco, ora che i suoi pensieri erano tornati ad essere tranquilli. Magari si era imbarazzato a sua volta e se ne era andato, non aveva nessun obbligo per rimanere lì alla fine, visto che si erano trovati lì per caso.
    O magari era rimasto profondamente confuso dalla reazione dell'attrice, e quindi ora avrebbe provato a capire quale fosse il problema.
    Erano entrambe possibilità probabili, ma la mora sperava con tutta sé stessa che il ragazzo ignorasse semplicemente quella reazione, facendo finta di non aver visto niente, o dando per scontato che fosse un semplice bisogno personale della donna.
    Con il trucco leggermente rovinato ai lati degli occhi quindi, la ragazza tornò in sala, vedendo come un piccolo eclair al tè verde fosse stato messo sul suo lato del tavolo.
    Era un gesto carino da parte del tedesco, ma la metteva anche leggermente in imbarazzo.
    "O-Oh, grazie! Posso ordinarti un tè freddo, visto che ne stavi bevendo uno?" - l'imbarazzo era doppio alla fine, sia perché non gli piaceva essere in debito, che per un più semplice imbarazzo di situazione. D'altronde era scappata verso il bagno correndo, poteva immaginare che il ragazzo lo aveva preso per provare a confortarla, nonostante non volesse ficcare il naso nei suoi affari, ed apprezzava il gesto.
    Il problema però, era come riprendere la conversazione. Un'interruzione così brusca e particolare non era esattamente il modo più bello per prendersi una pausa, specialmente non tra due sconosciuti. Tra amici era più facile capirsi, e nonostante si sentisse in sintonia con Günter, non erano ancora così vicini. Chi lo sa però, magari quello era il primo passo di una relazione platonica importante.
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    “Uh, attenta, hai un po’ di trucco fuori posto.” in un modo molto calmo aveva appoggiato vicino alla meta di tavolo della donna un pacchettino di fazzoletti aperto lasciandole la possibilità di prenderne uno nel caso in cui avesse voluto sistemarsi gli occhi dal trucco.
    Akemi era tornata dal bagno e le sue condizioni non erano le migliori, il fatto che la stessa non mostrasse una bella cera incitava ancora di più il tedesco a non dire altro riguardo all’argomento che aveva tirato fuori per non peggiorare ulteriormente la situazione da lui creata, l’eyeliner malmesso metteva una strana sensazione nel tedesco: un misto tra la tetra consapevolezza che in un modo o nell’altro era colpa della sua loquacità e una grande curiosità rispetto al processo mentale che aveva portato la donna a reagire in quel modo brusco.
    Per quanto il tedesco avesse voluto rispondere con un si alla proposta della mora sinceramente non ci riusciva, di fatti la stessa aveva ragione, il biondo stava bevendo del té freddo prima che arrivasse, ma ne aveva già bevuto davvero troppo e pensare di prenderne un altro era davvero follia:
    “Non preoccuparti comunque, davvero, non sei in debito, volente o nolente hai già ripagato questo éclair… e anche il fazzoletto!” - aveva concluso con quella leggera battutina mostrando per una manciata di secondi un foglio occupato da parole scritte con passione e fretta, quasi complici di una realizzazione che aveva colpito il tedesco, un foglio nuovo che fino a prima che la ragazza andasse al bagno non c’era e che ora sovrastava quella pila di fogli già sopra il suo tavolo, aveva finalmente deciso cosa scrivere per la Sumerian Record, quello a cui si riferiva dicendo quella frase a Akemi era proprio l’ispirazione che grazie a lei aveva colpito il tedesco.
    Probabilmente chiunque, anche senza un approfondita conoscenza musicale, si sarebbe potuto accogliere di una stranezza nel foglio che Günter aveva mostrato alla mora, ossia il fatto che non sembrava scritto in versi, sembrava piuttosto la struttura di una comune prosa, tutta in riga da un capo all’altro del foglio: poteva voler dire tutto come nulla, il fatto che non sembrasse il testo di una canzone non escludeva che potesse essere una semplice strategia per consumare meno carta ma non c’era modo di saperlo se non chiederlo direttamente al tedesco che torreggiava sopra il foglio scribacchiando con il suo solito sorriso adornato questa volta da una soddisfazione palese per quanto camuffata il più possibile.
    Anche provando a strizzare gli occhi, leggere quello che c’era nel foglio del biondo era quasi impossibile, la sua scrittura veloce era disordinata e quasi riconducibile all’alfabeto stenografico visto che, non solo scriveva in corsivo, ma alcune volte quando riteneva una parola “troppo impegnativa” da scrivere per intero la iniziava per poi concluderla con linee a caso a zig-zag per ricordarsi di un eventuale desinenza al momento della rilettura. Per scrivere quello che stava scrivendo aveva pensato al discorso che avevano appena fatto, alla sua situazione attuale, non solo quella emotiva, anche quella economica, prima dell’arrivo di Akemi infatti aveva fatto qualche calcolo con il suo smartphone prima di scegliere se fosse una buona idea posare o no la penna sul foglio scrivendo quello che aveva in mente.
    Crogiolando nei suoi pensieri il tedesco aveva preparato una domanda per la donna per quando si fosse ripresentata al tavolo: - “Ho una domandina: Suonare, disegnare, cantare, scrivere… hai mai provato una di queste arti oltre alla recitazione? Anche semplicemente come hobby, non con lo scopo di renderla una professione.” - Era sinceramente curioso della risposta che avrebbe ricevuto, tante volte sfogarsi con una di queste attività può aiutare molto qualcuno a affrontare i suoi problemi, ironicamente Günter per rendere più leggeri i suoi problemi con la casa produttrice occasionalmente suonava nel tempo libero… buttare fuori le proprie emozioni solcando la carta o suonando uno strumento è un toccasana per tutte le menti, e fare più di un attività basata sulla propria creatività non poteva fare altro che giovare di più, era stato proprio questo insegnamento da parte del suo maestro a fargli intraprendere la tanto agoniata carriera musicale.
    Se Akemi non avesse praticato nessuno di questi hobby avrebbe provato a trasmetterle proprio la stessa nozione, senza farglielo passare per un consiglio su come stare meglio, ma come un semplice suggerimento amichevole dato a una persona che, almeno a detta sua, aveva sempre voglia di provare cose nuove, probabilmente avrebbe scoperto un hobby nuovo con questo discorso.
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    Ascoltando le educate parole del biondo, un vago e leggero senso di terrore si fece spazio nel cervello della mora. Se prima il ragazzo tedesco poteva avere dei dubbi, ora aveva la certezza che Akemi era scappata in bagno per piangere, o comunque qualcosa di simile.
    Günter però, non era gentile solo a parole, ma anche con i suoi gesti. Senza fare troppi commenti infatti, aveva appoggiato un pacchetto di fazzoletti aperto a metà tavolo, come ad invitarla a prenderne uno e sistemarselo. Era un rispetto nei suoi confronti che non si aspettava, non perché lo straniero fosse un curioso o un maleducato, ma perché la maggior parte delle persone, in situazione come quelle, cerca subito di dare supporto morale, senza sapere la radice dei problemi.
    Sia chiaro, non ne faceva una colpa alla gente, era giusto preoccuparsi degli altri, in particolar modo quando ti rendi conto che non sono a proprio agio, però questo non voleva dire che non la mettesse ancora più a disagio di quanto già fosse.
    Quel delicato gesto invece, che implicava comprensione, senza ficcare però il naso, era perfetto. La metteva comunque a disagio, visto che non gli piaceva assolutamente quel tipo di situazione, ma era certamente meglio di altre possibili risposte.
    "Oh, devo averlo sbavato mentre mettevo a posto le lenti a contatto" - una chiara menzogna, una piccola bugia bianca per provare a stemperare quella situazione. D'altronde non era impossibile che l'attrice avesse delle lenti a contatto, non era qualcosa di così inusuale per quel lavoro, e molte persone le preferivano di gran lunga agli occhiali. Era una scusa valida poi, anche perché spiegava i suoi occhi lacrimanti quando stava "scappando" dal tavolo.
    Ma era comunque una menzogna imperfetta, d'altronde - se davvero erano messe male - il dolore non sarebbe dovuto apparire casualmente a metà conversazione. Stranamente dopo un argomento particolarmente pesante.
    In ogni caso, preferiva fornire quelle piccole menzogne, per almeno provare a dissipare leggermente la vaga aria d'imbarazzo che rischiava di formarsi, e che in realtà si stava già formando. Alla fine non facevano male a nessuno, se non ad Akemi stessa.
    La ragazza quindi, prese un fazzoletto e si pulì leggermente le sbavature attorno agli occhi, nonostante l'assenza di struccante rendesse il tentativo praticamente inutile. Era riuscita a pulire leggermente in alcuni punti, ma il trucco era danneggiato permanentemente. Non era così importante però, non sarebbe morta per un po' di trucco fuori posto, nonostante le desse un po' di fastidio.
    Alla risposta del biondo, la ragazza diede una breve risata di cortesia. Era chiaro che avesse fatto quella neutrale battuta per allontanarsi dall'aria imbarazzante che l'attrice aveva creato, e probabilmente anche per semplice cortesia, magari averla vista scappare verso il bagno lo aveva messo in imbarazzo, e sentiva la responsabilità di "ripagare" la ragazza. E questo la faceva sentire un po' in colpa, il ragazzo non aveva motivo per sentirsi a disagio, d'altronde non era colpa sua se Akemi aveva avuto una crisi di quel tipo.
    "Da piccola suonavo il violoncello, ed ultimamente sto provando a riprenderlo. Non ho molti altri hobby però, probabilmente leggere ed ascoltare musica sono le due cose che faccio di più" - era già qualche mese che prendeva lezioni di violoncello, e - per quanto lentamente - stava notando dei miglioramenti. Per il resto però, la sua vita era abbastanza triste. Quando tornava a casa dal lavoro accendeva lo stereo, un paio di candele e si metteva a leggere libri, web-novel, manga o testi amatoriali fino a tarda serata. Non guardava nemmeno la televisione nonostante fosse un'attrice. Gli piacevano i film, sì, ma il più delle volte li guardava singolarmente, e non sulla televisione nazionale. Aveva molti dvd d'altronde, e non era raro che li comprasse in digitale. Anche se preferiva non comprare film dove aveva recitato, visto che la metteva leggermente in imbarazzo.
    In ogni caso, la maggior parte della sua giornata era spesa fuori, alcune volte in locali ed altre girando semplicemente per Tokyo, un giorno per un parco ed un altro per il centro di Shibuya. Si può dire che anche quello fosse un suo hobby, ma non lo aveva mai fatto con quella idea in testa.
    "Ho notato che ti è venuta l'ispirazione comunque, non posso leggere molto da qui ma non posso dire di non aver notato la tua foga" - come fece poco prima il ragazzo, finì anche lei con una leggera risatina, era vero quello che aveva detto però. Il biondo aveva ricominciato a scrivere come se qualcuno si fosse impossessato del suo corpo, e purtroppo dalla distanza Akemi non riusciva a leggere nemmeno una lettera di quello che il tedesco stesse furiosamente trascrivendo. Non era nemmeno sicura di che lingua fosse, d'altronde il tedesco conosceva molto probabilmente più di due lingue.
    Chissà che cosa gli aveva donato tanta ispirazione, sperava che non fosse la sua fuga, ma una parte di sé era abbastanza sicura di quale fosse la risposta.
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    Che fosse una bugia? Le lenti a contatto si mettono negli occhi, secondo l’immaginario di Günter era possibile qualcuno potesse lacrimare mettendole male, ma era pur sempre l’immaginario di qualcuno che non ne sapeva letteralmente nulla non avendone mai portate o non avendo mai avuto un parente che ne avesse bisogno. Per quanto fosse comunque abbastanza convinto che fosse una piccola bugia innocente dentro di se sperava che in qualche modo fosse effettivamente quella la causa della fuga della donna che, ora che era tornata, sembrava apprezzare il modo che aveva il tedesco di reagire alla situazione, modo di agire gli era venuto praticamente spontaneo: in fondo lei era stata abbastanza rispettosa da non fare nessuna domanda insistente sulla sua identità da artista e avere lo stesso rispetto nei suoi confronti era il minimo che il tedesco potesse fare per ricambiare la sua gentilezza, soprattutto in una situazione simile dove era palese che Akemi era restia a rivelare informazioni su qualunque cosa fosse appena successa.
    Questo aveva avvolto quell’incontro in un alone di profonda peculiarità, due stranieri che dopo essersi incontrati sembravano andare stranamente d’accordo ma che in qualche modo combattevano per tenere qualche tipo di segreto nascosto, entrambi aperti e pronti a parlare dei propri gusti e delle proprie esperienze, ma anche pronti a difendersi da qualsiasi frase o domanda che toccava qualunque cosa tenessero celata nei loro animi… una situazione ansiosa? Non dalla prospettiva di Günter e lo stesso sperava che non lo fosse nemmeno per Akemi visto che il suo obiettivo principale in quel momento era metterla a suo agio.
    Una risposta che lo aveva sorpreso non poco glie l’aveva data parlandogli del suo hobby, il violoncello:
    “Wow, è uno strumento davvero difficile sai? Come il resto degli archi del resto, sei coraggiosa. Ho conosciuto un uomo che suonava il violino e le sue parole sono state abbastanza per convincermi che la chitarra e un infarinatura di basso per me sono abbastanza! Che sai suonare di bello?” - Un attrice e una musicista, si sentiva così monodimensionale davanti a quella donna, oltre alla musica e alla mente degli altri quali erano le sue vere passioni? Certo, era un momento della sua vita che reputava abbastanza noioso, per quanto la musica gli sembrasse abbastanza per colmare la sua vita sentiva il bisogno di una piccola svolta in più, chissà se finire il manoscritto che proseguiva con tanta passione gli avrebbe lasciato qualche spunto, sicuramente in qualche modo quello che stava scrivendo avrebbe cambiato la sua vita per un po’, non mancava molto perché anche il tedesco se ne rendesse veramente conto, qualche correzione qui e li e una firma, completamente superflua ma sentita dal suo scrittore.
    Era proprio su quel foglio imbrattato che si posava l’attenzione di Akemi che con la sua ultima frase aveva detto di notare la foga che il biondo impiegava nella sua scrittura, come darle torto, quella sottospecie di arabo semplificato poteva comprenderlo solo lui, dicendo quelle frasi la donna avrebbe potuto assistere per la prima volta dopo gli svariati minuti di conversazione a un cambio netto di espressione da parte di Günter: Lo stesso innocente individuo che fino ad ora aveva mostrato solo espressioni curiose e sorrisi scaldanti si era mutata per un paio di secondi in un ghigno a metà malefico e a metà compiaciuto mentre guardava il suo tanto amato foglio, leggere quelle parole lo faceva sentire bene, non sapeva se quel tipo di testo poteva essere considerato oggettivamente “arte”, ma lo stesso aveva la netta sensazione che contenesse più peso artistico di una buona parte dei testi scritti per conto della Etruscan Record, un insieme di parole da un significato quasi mondano per molti, ma un puro concentrato di potere agli occhi del tedesco che a livello emotivo ne gioiva intensamente.
    Ora la sua faccia era tornata normale e parlava dando un ultima e veloce occhiata a ciò che aveva scritto:
    “Già, non sono bravo a nascondere questi improvvisi impeti di ispirazione, anche perché nei miei anni da musicista ho imparato che se credi di sapere cosa scrivere devi buttarlo giù immediatamente senza chiederti da dove viene l’ispirazione, prima metti tutto quello che senti su carta e solo poi ti chiedi come o perché l’hai fatto, e ora… beh ora ho finito” - il suo tono era soddisfatto e quasi sereno, sapeva che quello che aveva scritto avrebbe sorpreso anche Akemi, d’altronde anche senza dirle il suo nome d’arte le aveva detto tutto quello che le serviva per meravigliarsi, almeno in parte, di quello che aveva scritto: e fu così che schiarendosi leggermente la voce annunciava la sua lettura prestando la sua voce moderatamente calda all’inchiostro impresso sulla carta
    “’Spettabile signor Tokugawa, rispetto con sincerità la sua posizione quale direttore e manager degli artisti nel reparto Metal dell’etichetta Etruscan Record, detto ciò mi duole segnalare alcuni problemi nell’ambiente di lavoro: sicuramente tra questi mi piacerebbe farle notare la poca professionalità con cui viene frequentemente trattato il talento di noi musicisti vista la percentuale cospicua che, in quanto casa discografica, trattenete dalle vendite degli album e del merchandise, per non parlare delle forti limitazioni imposte allo stile di ognuno e delle deadlines imposte per la conclusione dei nostri album.
    Visti i sopra citati problemi mi vedo costretto a chiedere un licenziamento pur essendo vicino alla conclusione del nuovo album da voi richiesto, come da contratto sono libero di ritirarmi quando voglio dalla creazione di un qualsiasi materiale richiesto e rinunciare ai diritti dell’etichetta, ma che rinunciando in questo stato per me non è prevista nessuna quota di liquidazione: non ho intenzione di litigare o combattere legalmente per ottenerla, detto ciò non mi risulta che nel contratto ci siano clausole che riguardano i diritti di copyright delle canzoni negli album ancora da concludere, di conseguenza vi lascio la libertà di utilizzare/modificare i pezzi da me creati a vostro piacimento visto il pesante intervento dell’etichetta stessa nella loro produzione e realizzazione. Passerò, durante quello che dovrebbe essere il mio normale orario in studio, a compilare qualsivoglia documento sia necessario per completare questa procedura e discutere di persona i dettagli. Distinti saluti, Günter Wolff’” -
    Ebbene si, tutto quello che gli aveva dato ispirazione, tra le varie situazioni sue e non a cui aveva pensato e i calcoli fatti pensando ai soldi messi da parte, lo aveva spinto con tanta veemenza a scrivere questa mail che avrebbe poi scritto e inviato alla Etruscan Record… Una mossa insensata? Ora si trovava senza un etichetta, quindi si, tecnicamente era insensata, ma stava pensando alle parole scambiate con Akemi riguardo l’oppressività delle linee guida della casa, e a che reazione quel discorso aveva provocato in lei, una reazione che aveva fatto immaginare al tedesco che stando anche un secondo di più nel luogo di lavoro dov’era avrebbe rischiato di finire proprio come la donna di fronte ai suoi occhi, visto che oramai non aveva più molte incertezze sul motivo della sua reazione.
    La verità è che si era ripromesso di chiedere il licenziamento già dalla produzione del terzultimo album, non lo aveva mai fatto per paura che seguire il suo sentiero da artista lo avrebbe portato sotto un ponte o quanto meno a essere troppo dipendente dal suo maestro, ma quel giorno con quel fortuito incontro la vita gli aveva dato tutta la motivazione che gli mancava: Girandosi verso la donna mentre piegava il foglio per farlo stare in tasca coronava quel suo volto colmo di gloria quanto di incertezze - “È un testo un po’ di nicchia, non piacerà molto al mio direttore, ma sicuramente piace a me... beh, pare che dovrò provare a contattare il signor Leroy molto prima del previsto!” - senza dire nulla su cosa di preciso lo aveva ispirato poteva solo sperare che la sua interlocutrice non facesse pensieri strani, come che lo stesso stesse giovando delle sue angoscie, sperava di inibire qualunque pensiero la stesse momentaneamente turbando con il sentimento di sorpresa che poteva generare sentire una cosa del genere, ammesso che effettivamente la prendesse come si aspettava il tedesco.
    Leggere ad alta voce quello che aveva scritto lo aveva messo in uno stato quasi confuso e incredulo di se stesso, era felice ma al contempo quasi contrariato dalle sue azioni, non era nemmeno certo di aver fatto la cosa oggettivamente più giusta, la cosa che sapeva per certo è che aveva fatto quello che gli veniva più naturale, quello che il suo carattere gli imponeva, aveva fatto quello che avrebbe fatto Günter, meglio un giorno in piedi che una vita in ginocchio no?


    CITAZIONE
    Mi scuso sentitamente per questo altro edit ma rileggendo mi sono accorto che ho scritto "Sumerian Record" in tutto il post invece di "Etruscan Record", ora ho corretto tutto, è appena iniziata scuola e sto già dando i numeri!


    Edited by XamHell - 14/9/2021, 14:14
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