N-nani?! I Reincarnated as a Dungeon Maiden and I am SO Totally Out of Place (And There's a Butterfly Too???)!

Role - Rei Okazaki & Kimama Evans

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    Quindi un Maid Café non era un posto dove andare vestite da maid, e il Café Fantasia non era neppure effettivamente un Maid Café. Il bello della vita, in fondo, è che si impara qualcosa di nuovo ogni giorno.
    Per partito preso più che per effettiva mancanza di fiducia nei suoi confronti, Rei aveva deciso di non credere a sua madre quando la signora Okazaki le aveva cercato di spiegare che quel tipo di locali non funzionava in quel modo e, anzi, che generalmente erano indirizzati verso un pubblico maschile e avrebbe semmai dovuto cercare un Butler Café. Ma facciamo un passo indietro.
    Era ormai da qualche mese, più precisamente dai fatti accaduti a San Valentino, che Rei aveva deciso di aprire un po' la sua visione riguardante il mondo circostante. Nonostante qualche incidente, come con quel compagno di classe mentre un giorno stava riordinando l'aula per il Club Artistico, era straordinariamente riuscita a mantenere più o meno stabile il suo proposito. Neanche a dirlo, la giovane ereditiera dell'impero di D&B non era mai stata una persona particolarmente sociale e, quelle poche volte che usciva di casa, soleva perlopiù frequentare ristoranti di classe come il Kura Sushi oppure musei. Non aveva stretto particolari rapporti coi suoi compagni, né all'accademia artistica né alla UA, quindi non era solita frequentare i posti d'aggregazione dove si trovavano spesso i suoi coetanei e, essendo una persona che tendeva ad isolarsi molto e con interessi quantomeno peculiari, molti di quegli spazi erano fondamentalmente degli enigmi per lei.
    Aveva fatto richiesta di Tirocinio presso il Dojo Saotome senza particolare voglia, obbligata dal percorso scolastico: aveva scelto un'agenzia così poco affine al suo stile di vita proprio per cercare di perseguire quella ricerca di sé stessa e aperture a nuove esperienze che si era quasi imposta, ma come risultato non aveva fatto particolari amicizie neppure lì. Fondamentalmente le uniche persone con cui aveva contatti erano i pochi membri del Club Artistico, in particolare Takeru Himawari, e Naru Narusawa, la ragazza conosciuta proprio a San Valentino. Erano praticamente le sue uniche due conoscenze e, quasi ironicamente, era in dubbio su chi dei due la imbarazzasse maggiormente. Il ragazzo le scatenava strane sensazioni e, come al solito, trovava estenuante conversare col sesso opposto. Se in linea teorica si sarebbe dovuta trovare più a suo agio con Naru, quindi, in realtà non era ancora venuta a capo di quanto accaduto la sera che si erano conosciute e non sapeva bene come comportarsi nei suoi confronti, cercando persino di evitare i suoi messaggi quando possibile (cosa che, comunque, faceva praticamente con la maggioranza delle persone). La ragazza non le stava antipatica, tutt'altro, ma Rei era solita gestire così le sue conoscenze... non facendolo ed evitando il problema, insomma.
    Accorciamo la questione: Rei voleva visitare un Maid Café e aveva ordinato uno splendido vestito da cameriera, probabilmente fraintendendo il funzionamento di quei locali. Aveva adocchiato il Café Fantasia nei pochi minuti che trascorreva sui social, un giorno, e le sembrava un posto interessante: era totalmente incapace di conoscere nuove persone ma adorava vedere nuovi individui e quel posto sembrava poter pullulare di persone esteticamente interessanti... non comprendendo che, pur essendo un caffé a tema, non era effettivamente un Maid Café.
    La realizzazione era giunta pochi secondi dopo essere scesa dal taxi e aver varcato la soglia del locale, notando che c'erano sì i mutant, che erano sì vestiti in modo non convenzionale, ma anche che era praticamente l'unica vestita in quel modo, attirando gli sguardi di tutta la clientela. A livello tecnico, volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, era andata bene considerando che se fosse entrata così in un qualunque altro posto avrebbe probabilmente attirato ben più occhiate e forse anche delle risatine, mentre lì erano comunque quasi tutti in cosplay e la cosa contribuiva a stemperare la tensione. Stemperare, sì... per chiunque tranne che per Rei.
    Il suo labbro inferiore iniziò a tremare leggermente e, se non fosse stata ormai una ventenne, si sarebbe probabilmente messa a piangere lì in mezzo a tutti prima di scappare via in preda al panico. Il suo atteggiamento, ironicamente, non poteva che peggiorare il tutto: era rimasta in piedi al centro della stanza, stringendo con entrambe le mani velate da guanti neri il manico in legno della scopa - sì, aveva acquistato un costume completo - che per qualche motivo aveva deciso di portarsi dietro. Doveva essere fantasiosa, indossavano quasi tutti armature, vestiti antichi e cose simili, poteva fingere di essere una qualche strega-infesta-e-pulisci-casa o qualcosa di simile... ugh, che imbarazzo, che razza di situazione.
    A dire il vero, il resto della clientela aveva smesso di fissarla quasi subito - quella visione non era poi così tanto interessante. Erano tornati tutti a gustare la propria bevanda rinfrescante, a giocare a qualche bizzarro gioco di carte collezionabili in un tavolo e giochi di ruolo da tavolo in un altro, tutte cose che Rei non conosceva e non poteva dire di aver avuto il piacere (o il dispiacere) di aver provato. Lei, invece, rimaneva in piedi fissa come uno spaventapasseri mentre una presenza minacciosa - che poi non era altro che un cordiale membro dello staff - si avvicinava per cacciarla fuori... o più probabilmente per accompagnarla ad un tavolo o al bancone. Strinse di più la scopa: era in disperato bisogno di una via di fuga.
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    Rei Okazaki
     
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    Kimama Evans
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    Posti curiosi i Maid Cafè, quel genere di posti che ha la facoltà di essere davvero vicino alla visione esterna e straniera dettata da prodotti di animazione e documentari. Quella però è la visione generale, un posto pieno di ragazze giovane in vestiti tipici da cameriera dei tempi andati e con tavoli pieni di uomini che andavano li più per quello che vedevano che per quello che consumavano. Quello che in molti non sanno è che quel genere di luoghi può avere dei temi a se stanti, una pratica comunque per rendersi unici e distinguersi tra i competitori locali. Il Fantasia era un luogo che risaltava su tutti gli altri proprio per quel tema singolare, ma soprattutto per il modo scaltro in cui era stato eseguito: un tema fantasy con mutant che rivestivano le parti di creature fantastiche, e neanche a farlo a posta il proprietario sembrava a tutti gli effetti un drago che a fine giornata ammucchiava il suo sonante tesoro. Kimama a volte si chiedeva se avesse una montagna di Yen in monete e ci dormisse sopra di notte, o se forse avesse una buffa filosofia tutta sua e vedesse i suoi dipendenti come i suoi tesori più preziosi. O forse a forza di leggere tutti quei libri e quei regolamenti per giochi di ruolo aveva cominciato ad intessere dei paralleli ovunque potesse senza nemmeno essersene resa conto. Il motivo per cui si trovava li, però, era di gran lunga più semplice.
    "Buongiorno!" C'era andata la prima volta sapendo di quel tema di fiaba, non del fatto che fosse un luogo di ritrovo per Mutant. E ci volle davvero poco perchè diventasse una abituè del locale, nonostante quasi tutti pensassero che i suoi vestiti da nativa americana fossero un cosplay. "Hmmm...?"

    Non conosceva davvero nessuno in quel locale, non a livello personale, ma era davvero brava a ricordare i volti, fosse stata arrogante se ne sarebbe persino vantata. E li dentro i non mutant risaltavano, era tutto un po' al contrario, ma non per questo venivano guardati male ed anzi era sicura che quel punto di contatto non avesse fatto che del bene ai rapporti tra Mutant e non-mutant.Un posto con tanti piccoli tavoli per poter parlare, proprio come disse non così tanto tempo fa a quell'Elfin che la ammise nell'UA, e neanche a farlo apposta quel luogo che lei aveva immaginato esisteva e faceva anche un ottimo cappuccino. Ma quel giorno c'era qualcosa di diverso nel locale, o meglio qualcuno, una faccia nuova per l'appunto! Se ne stava li in mezzo alla sala come un chiodo che spuntava fuori da un'asse di legno, si guardava attorno ma non sembrava fare davvero nulla. Nel vedere al scopa Kimama pensò si trattasse del cosplay di una strega, ma vedendo il vestito invece sembrava una cameriera e non riusciva a capire se fosse una Strega delle Pulizie o una Cameriera Magica o ancora magari qualche oscuro personaggio di qualche manga di cui lei non conosceva l'esistenza. Gli ci volle qualche secondo per rendersi conto di quanto fosse effettivamente spaesata, e se qualcuno le avesse dato buca ad un appuntamento? O peggio se i suoi amici l'avessero presa in giro e fosse stata l'unica a presentarsi? Inaccettabile, KImama non avrebbe permesso ad una tale tristezza di consumarsi davanti ai suoi occhi. E così allunga l'indice dell'arto superiore destro, dandole una lieve toccata sulla spalla destra.
    "Va tutto bene?"" E si mosse alla sua destra, ad una distanza appena inferiore a quello che era socialmente accetabile nella cultura locale, sorridendole come a volerla rassicurare. "E' la prima volta che vieni qui, vero?"

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    Eek! - uno stridio quasi più simile al verso di un qualche rapace che ad un gemito umano le sfuggì dalle labbra, sentendo una presenza a fianco a sé. Come al solito, sebbene stesse cercando di migliorare e di diventare un animale un po' più sociale del solito, Rei aveva i nervi a fior di pelle e la tendenza a perdersi nei propri pensieri (o, meglio, nelle proprie preoccupazioni) ignorando qualsiasi segnale esterno finché non era ormai troppo tardi. L'approssimarsi frontale della cameriera era stato intercettato da qualcun altro, e vedendo quella presenza avvicinarsi alla giovane vestita da maid la dipendente aveva deciso di attendere, giusto in caso le due si conoscessero, per evitare di disturbare.
    Urletto a parte, l'Okazaki si voltò verso la direzione da cui una voce l'aveva appellata, vedendo di fronte a sé solo un'enorme distesa di bianco che la lasciò onestamente confusa per un paio di secondi dopo i quali, alzato il mento e poi alzatolo di nuovo, riuscì a riconoscere un volto ad un'altezza decisamente superiore al normale e senz'altro ben superiore alla sua. Stringendo ancora di più la scopa con le fragili dita velate dai guanti neri e arancioni, con una velocità quasi da specialista di arti marziali Rei mosse un piede indietro, trascinandovi poi l'altro, per allontanarsi da quella presenza. Un movimento d'istinto - la giovane era profondamente rispettosa dell'etichetta giapponese, almeno quando non era arrabbiata - ma utile anche per inquadrare meglio l'enorme persona che si trovava davanti.
    In alcune culture il defunto, una volta compiuto il trapasso, viene condannato oppure elogiato in base a ciò che ha compiuto in vita, spesso dovendo scontare una pena correlata al male che ha fatto nel periodo passato in vita. Un concetto molto semplice ma al contempo molto diffuso che prende il nome di contrappasso. Molto ironicamente, la giovane ereditiera stava pagando i suoi peccati proprio in quel momento: per una volta, finalmente, era lei a riconoscere un compagno di classe ma non essere riconosciuta a sua volta, probabilmente sin troppo normale per essere distinta da tante altre coetanee quando non c'era Love ad accompagnarla e renderla più peculiare. Certo, ammesso che il piccolo polipo potesse effettivamente renderla più riconoscibile della sua splendida idea di andare in un locale vestita da maid senza alcuna ragione.
    Difficilmente Rei riconosceva i propri compagni e ne aveva data dimostrazione in molteplici occasioni, ma era decisamente difficile non riconoscere qualcuno come Kimama, un po' per l'altezza spropositata e un po' per le sue altre peculiarità fisiche, specialmente dopo quella specie di incubo farfalloso che aveva colpito la città. Di recente la giovane Okazaki era riuscita a superare gli esami di recupero e a passare al secondo anno e non svolgeva quindi più le lezioni assieme alla canadese ma il ricordo non era certamente per questo svanito. In ogni caso, come di consueto, non è che la giovane avesse mai stretto amicizia con la falena, anzi, difficilmente si erano mai parlate (così come col resto della classe, d'altronde).
    E-Evans-san! - sbottò con un tono forse superiore al dovuto per la realizzazione, portando poi la mano destra alle labbra come per volersi zittire - U-umh. - borbottò - Ch-chiedo scusa per la mia reazione, ma ero sovrappensiero e mi sono spaventata. - afferrata di nuovo la scopa con entrambe le mani, si esibì in un profondo inchino per chiedere scusa alla compagna di scuola. Se c'era un modo per peggiorare la sua situazione, beh, ci era probabilmente riuscita senza troppa fatica.
    S-sì, è la prima volta... - aggiunse con un sospiro, guardandosi freneticamente attorno per cercare di capire se qualcuno la stesse osservando o meno. Era la prima volta e, in tutta onestà, non era per nulla sicura ce ne sarebbe stata una seconda visto l'imbarazzante disastro di quella prima visita. Forse, però, era tutto nella sua testa: sì, era arrivata lì ormai, avrebbe provato a prendersi qualcosa da bere e avrebbe cercato di rilassarsi, forse le cose non erano poi così tanto male quanto la sua mente paranoica cercava di dipingerle con il suo ormai classico pessimismo.
    So-sono Okazaki Rei, una tua vecchia compagna di classe... umh... - disse quindi, dubitando fortemente che la compagna l'avesse riconosciuta, considerato anche che ormai era più di un mese che era stata promossa all'anno successivo - Non so se ti ricordi di me... umh, dubito importi... - abbassò lo sguardo. No, non andava bene, non poteva iniziare ad andare nel pallone anche dialogando con le ragazze, tutto quel lavoro non poteva portare ad un peggioramento invece che ad un miglioramento - Co-cosa ci fai qui di bello...? - non la miglior domanda possibile in un'occasione simile probabilmente, ma quantomeno era un inizio di conversazione quasi accettabile.
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    Rei Okazaki
     
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    Kimama Evans
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    Lo si poteva definire un vizio, o forse un'errore di forma, era qualcosa che le veniva naturale quando voleva attirare l'attenzione di qualcuno. Una toccata sulla spalla, per attirare l'attenzione della persona, un gesto tipicamente comune quando non si conosce il nome della persona. In Giappone era una pratica leggermente malvista vista la cultura locale ma Kimama davvero odiava dover alzare la voce e preferiva quel lieve contatto fisico, nulla di insolito non fosse per il fatto che voltarsi e trovarsi alle spalle due metri e venti di donna-falena non era esattamente all'ordine del giorno visto che non tutti i Mutant erano così toccati dalle loro mutazioni. E povera Kimama dall'udito fine come quello di una falena, che sente le voci e gli spostamenti d'aria, che si ritrova dalla quiete borbottata di quel locale allo stridio di Rei che ai suoi senso è come avere un chiodo piantato nel timpano. E quale può essere la reazione che un'enorme falena può avere ad uno stimolo così improvviso nel bel mezzo di un locale affollato? Ovviamente rizzare ogni forma di peluria che avesse in corpo ed emettere uno stridio che suonava più di un qualche mostro insettoide che non di un'essere umano.

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    "Wriiiiiii!"



    Dura poco più di un secondo, quel tanto che bastava per far probabilmente voltare ogni persona nel raggio di cento metri, a detta del suo dottore se avesse sviluppato le corde vocali con dei dovuti esercizi sarebbe stata in grado di emettere dei suoni dannosi per l'udito umano nelle sue immediate vicinanze. Non quel giorno, quel giono era soltanto uno stridio dettato dalle sorpresa e dalla paura, che le aveva fatto gonfiare tutta la pelliccia attorno al collo. Guarda la figura umana con occhi sgranati, ed è solo quando le dedica uno sguardo più approfondito che si rende conto di chi fosse. Vuoi il vestito o vuoi la presenza di quell'adorabile polipetto non l'aveva riconosciuta, o forse era solo perché l'aveva vista di spalle. In quei secondi che usa per sgonfiare la sua peluria è però lei a riconoscerla per prima, scusandosi nonostante con tutta probabilità era Kimama che doveva scusarsi con l'intera popolazione del quartiere per aver fatto tintinnare i loro timpani. Sospppira poi Kimama, muovendo le mani superiori per rimettere a posto la pelliccia attorno al collo, e poi sorride con una certa timidezza alla sua compagna di scuola.
    "Rei-sa-... no, no... hmmm... oh! Adesso è Rei-Senpai visto che sei al secondo anno, giusto?" Chiese Kimama dopo dovute considerazioni, aveva letto per un buon anno sulla cultura Giapponese ma come sempre la teoria e la pratica sono cose ben distinte e per buone ragioni. "Certo che importa! Mi ricordo di te, solo... ero così presa dall'imparare tutte quelle regole e a seguire gli allenamenti che non avevo tempo di parlare con nessuno! E... vengo qui perchè mi piace il loro cappuccino e le loro ciambelle, ma soprattutto per scrivere la mia campagna! Ci sono molti DM che vengono qui, quando ho dei dubbi su qualcosa chiedo sempre a loro per dei consigli."

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    "Se vuoi puoi sederti con me, posso dirti quale sono le cose più buone sul menù."




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    Se c'era qualcosa che certamente Rei non si sarebbe aspettata doveva certamente essere un urlo in risposta al suo urlo, sembrava di guardare un qualche documentario sulle abitudini di caccia di qualche strano animale oppure una scena molto buffa di qualche film d'animazione per bambini. Anche se alla giovane Okazaki quelle urla uscivano spesso, sin troppo malamente abituata a perdersi con la testa tra le nuvole, la compagna di scuola sembrava gareggiare su un livello completamente differente, forse aiutata dalla sua ben più ampia cassa toracica o persino dalla sua unicità mutante. Per quanto a Rei piacessero gli animaletti e anche gli insetti carini si fermava spesso al loro aspetto esteriore e non aveva la minima idea di cosa Kimama potesse aver ereditato o meno dalla sua mutazione oltre a ciò che era ben visibile a tutti.
    Allo spavento subentrò l'imbarazzo, ancora più potente rispetto a prima. Se poteva sperare di essere ignorata in fretta per il suo gemito difficilmente l'urlo quasi da banshee della canadese sarebbe passato in sordina nonostante il naturale rumore del locale. Sentendo lo sguardo di tutti addosso Rei non poté che tremare per qualche secondo, terrorizzata più che dall'urlo, ma fortunatamente i clienti decisero di ritornare alle questioni di loro interesse molto in fretta, forse più preoccupati che potesse essere successo qualcosa di grave piuttosto che spaventati o infastiditi dal rumore provocato.
    U-umh... suppongo di sì... - venendo riconosciuta dalla compagna, Rei borbottò tra sé e sé confermando la correttezza dell'appellativo. Era probabilmente un borbottio compiaciuto: era contenta di essere riconosciuta visto che non aveva chissà quali tratti particolari e non ci teneva a mettersi particolarmente in mostra durante le lezioni e le esercitazioni. Per una volta, per qualche strano motivo, l'idea di aver lasciato l'impressione su qualcuno la rese talmente felice che il suo cervello non si preoccupò neppure di vagliare l'ipotesi che la canadese potesse ricordarsi di lei per il suo cognome o per il suo denaro. Non conosceva molto Kimama, non ci aveva praticamente mai interagito, ma l'aspetto e le forme della ragazza la avevano sempre interessata e per questo la aveva un po' tenuta d'occhio: la ragazza non le sembrava decisamente il tipo da prestare attenzione a quelle questioni, anzi, le era sempre sembrata con la testa tra le nuvole al pari se non più di lei.
    Di... emme...? - borbottò nuovamente, un po' confusa dall'esuberanza della compagna. Forse per mantenere la sanità mentale o forse con un minimo di fierezza per essere finalmente riuscita a passare al secondo anno ed essere in Tirocinio il suo cervello decise quasi di ignorare la parte riguardante gli studi e le lezioni, volendole risparmiare i sensi di colpa per essere così pigra e disinteressata in quel percorso scolastico da quando aveva ottenuto la Licenza Provvisoria. La seconda parte del discorso invece la incuriosiva perché, forse il modo in cui era andata vestita al Café ne era un buon manifesto, Rei non aveva la minima idea di cosa fosse una campagna o cosa fosse un DM.
    Mh-mh. - annuì alla proposta di Kimama, decidendo quindi di seguirla al tavolo. Nelle sue più corrotte e arrovellate speranze era andata lì con lo scopo di fare conoscenze, non c'era alcun motivo di rimanere da sola ad un tavolo, ammesso ce ne fosse ancora qualcuno libero visto che la clientela non sembrava certo scarseggiare. Ok, effettivamente non si poteva certo dire che la canadese fosse una nuova conoscenza ma visto quanto Rei era riservata sui banchi di scuola era poco più che una persona che aveva visto... per molti giorni. Era comunque un progresso, i piccoli passi portano a grandi distanze.
    U-umh... - una volta accomodatasi cercò di poggiare l'ingombrante scopa al lato della sedia, sperando non cadesse in testa a qualcuno. Era decisamente curiosa di cosa si potesse bere o mangiare in un posto simile ma, prima di tutto, c'era un'altra cosa che aveva attirato la sua curiosità - E-Evans-san... Cos'è una campagna...?
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    Kimama Evans
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    Le poltrone di quel locale erano davvero ampie, una scelta appurata per un locale dove venivano spesso Mutant e che per l'appunto potevano richiedere un certo spazio per sedersi. Non solo quello, c'eera anche uanr agionevole distanza tra i diversi tavoli tanto per il passaggio delle cameriere quanto per permettere ad ali, code o altre estensioni tipiche dei Mutanto di poter essere comodamente presenti senza rischiare di essere calpestate o colpite accidentalmente. Era uno dei luoghi preferiti di Kimama, e c'era ogni valida ragione per il quale lo fosse. Kimama si siede frontale a Rei, poggiando la borsa accanto a se sul punto libero della poltrona ed aprendola per produrne un paio di quaderni, un semplice astuccio nero con una piccola cucitura bianca a forma di falena su di esso, fatta da Kimama stessa. Poi un paio di libri da tozze copertine, ed infine
    "Mi è dispiaciuto non aver fatto conoscenze durante il primo anno, ma... mi ci è voluto un po' ad abituarmi al Giappone." Esordisce Kimama mentre spulcia con i suoi grandi occhi il menù, conscia che probabilmente avrebbe comunque ordinato il suo tipico cappuccino con ciambella alla fine. "Hm? Oh? OH!"

    Fu come guardare un fiore fiorire all'improvviso, contro ogni regola che la natura gli avesse imposto. La corona di pelliccia attorno al collo che si gonfia, le maestose antenne tremano e si gonfiano in risposta alla forte eccitazione che Kimama aveva mostrato a quella che doveva essere una semplice domanda, un grosso sorriso e guance colorate di rosso come se fosse sul punto di esplodere di gioia. Ma prima che apra bocca e risponda sembra calmarsi, lentamente le antenne si abbassano tornando a quella posizione tra l'attenzione ed il risposo passivo, e la prima cosa che Kimama fa è mostrare la copertina di uno di quei grossi libri che aveva tirato fuori dalla sua borsa con sopra il disegno ben curato di un gruppo di individui in chiari abiti fantasy che stavano combattendo contro una grossa creatura umanoide da occhi di brace e elmo fatto dal teschio di una belva altrettanto grande.
    "E' un gioco da tavolo ed una campagna è... come una storia in un certo senso, ma non è solo raccontata bensì' vissuta dai personaggi fatti dai giocatori! Il DM--- ah, si tratta di un'abbreviazione per Dungeon Master che sarebbe la persona che segue le indicazioni della storia e pianifica le avventure che il Party deve affrontare, dal semplice incontro di PNG fino ai combattimenti! Ci sono molti mondi noti con nemici e mostri preesistenti, ma un DM può anche crearne di nuovi seguendo alcune indicazioni!" La felicità nella voce di Kimama nello spiegare tutte quelle minuzie era palpabile dal semplice tono della sua voce, ma cercava di mantenere una sorta di contegno per non sembrare troppo espansiva. "Ma io sto cercando di scrivere una storia mia, con un mio mondo ed alcune mie creature... è una cosa che facevo spesso quando ero piccola, ci ho giocato molto ma da quando sono arrivata in Giappone ho avuto molte cose da fare e non ho potuto ricominciare fino a qualche mese fa!"

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    "Posso spiegarti un po' più nel dettaglio, se ti interessa."




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    L'idea di apparire a disagio più che di sentirvicisi per davvero era ciò che più la terrorizzava. Per questo motivo, dopo aver seguito la compagna di scuola ed essersi seduta al suo tavolo su una grossa poltrona in fronte a lei, cercò di imitarne per quanto possibile le movenze afferrando anche lei un menù e provando a leggerlo. Quella era ovviamente la parte più semplice di quello strambo rito, perché nonostante avesse sempre vissuto nell'agiatezza Rei non aveva gusti particolarmente sofisticati e per quanto apprezzasse un buon sushi o della buona cucina era comunque abbastanza aperta a tutto. L'esplorazione della lista di vivande offerte dal posto venne però introdotta quasi sul nascere dalla reazione decisamente sopra le righe di Kimama, la quale sembrava in procinto di esplodere quasi come fosse un palloncino riempito un po' troppo di aria, quasi da chiedersi se fosse forse in pericolo.
    La ragazza le sporse uno dei libri e quaderni che aveva tirato fuori da una borsa poco prima. La copertina mostrava delle persone vestite buffe come molti presenti in quella stanza intenti a combattere con una persona decisamente più grossa e minacciosa di loro. Rei era esperta di arte giapponese e avendo frequentato l'Accademia se ne intendeva anche abbastanza di arte occidentale ma doveva ammettere di non essere molto pratica di quel tipo di iconografia, strabuzzando gli occhi per cercare di capirci qualcosa. Era la prima volta che vedeva qualcosa di simile e non sapeva bene come interpretarlo finché non le vennero parzialmente in aiuto le parole della compagna di scuola.
    Prima del senso della spiegazione in sé, Rei notò quanto la ragazza fosse entusiasta di parlare di quella questione: non parlava molto spesso con le persone delle loro passioni (o meglio, non parlava molto spesso con le persone punto) ed era quasi strano vedere tutta quell'eccitazione e quella passione in un altro essere umano, non le era capitato spesso nella vita. Era una reazione totalmente diversa da quella di Takeru che, invece, durante la loro discussione sull'arte si era sempre mantenuto elegante, distaccato, quasi pensieroso. In un certo senso la reazione della canadese le infondeva sicurezza ed allegria.
    Dungeon... Master... - ripeté le parole della ragazza a bassa voce e con una pronuncia non certo delle migliori. Anche il nome per esteso non è che le dicesse chissà che cosa e quelle altre parole strambe - PNG, Party e quant'altro - le facevano sorgere più dubbi che altro: quando si parlava di giochi da tavolo Rei poteva dirsi moderatamente esperta in shogi, go e mahjong, le era capitato qualche volta di giocare a Monopoly e Cluedo ma l'idea di un gioco da tavolo con una trama e forse delle regole sempre varie (da ciò che aveva capito almeno) la confondeva alquanto. Forse sì, Cluedo era ciò che poteva avvicinarsi di più nella sua mente visto che ogni partita, in fondo, era un po' una storia diversa.
    Non accadeva spesso ma per una volta anche se non riusciva a capire di cosa si stesse parlando non sembrava intenzionata a cambiare discorso, anzi, perché da ciò che aveva detto Kimama sembrava comunque un atto creativo. Rei non era molto brava a creare storie, era però brava a dipingere e scolpire e tutto ciò che coinvolgeva la mente umana per cercare di produrre qualcosa di inesistente fino ad un minuto prima la affascinava molto.
    Umh... - inclinò la testa leggermente verso destra. Un po' la totale ignoranza a riguardo la metteva imbarazzo, principalmente perché non sapeva cosa dire e aveva paura di stancare la compagna con la poca interazione, ma si era offerta lei di spiegare e sembrava decisamente appassionata dalla questione e di divertirsi a parlarne, quindi doveva forse solo scacciare quei pensieri, chiudere la spina e fare un po' come aveva fatto a San Valentino... molto meno, però. Decisamente molto meno.
    Ti ascolto volentieri. - annuì timidamente con un cenno del capo - Sono felice che tu stia riuscendo a ritrovare i tuoi tempi nonostante ciò che è successo. Il nostro è un Paese bellissimo, sono sicura che ti piacerà. - per quanto potesse odiare sua madre, o almeno volersi convincere di farlo, il patriottismo lo aveva preso direttamente da lei.
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    Kimama avrebbe capito se tutte quelle informazioni fossero state troppe per Rei, o se semplicemente quel tipo di hobby non fosse qualcosa in grado di ghermire il suo interesse. Non era qualcosa di comune, anzi quando ci giocava da piccola imparando da suo padre ed i suoi amici c'era persino chi li scherniva per lo spendere ore ed ore facendo finta di essere qualcun'altro o qualcos'altro, affidando i destini dei loro alter ego a dei semplici dadi come incalliti giocatori d'azzardo. Eppure a lei piaceva, soprattutto quando era piccola e prima di diventare quello che era adesso quel buffo hobby le dava modo di essere felice, e le aveva dato modo di scoprire il suo amore per la lettura. Ma Rei non si dimostra disinteressata ne stranita da quelle spiegazioni, anzi sembra mostrare ulteriore interesse nelle spiegazioni di Kimama, che di tutta risposta gonfia inconsciamente la collana di peluria attorno al collo e sorride ancora di più.
    "Beh, qui si va un po' nei tecnicismi, ma per farla breve ci sono tre grandi pilastri in cui si divide il gioco: il combattimento, il roleplay e l'esplorazione! Sono le attività più comuni in cui il party -che sarebbe il gruppo formato dai personaggi dei vari giocatori- si dedica tipicamente. C'è chi preferisce più una cosa rispetto alle altre, quindi un buon DM deve saper bilanciare questi tre aspetti ed imparare a riconoscere le preferenze dei suoi Player per assicurarsi che tutti si divertano! Ah-..." E si ferma, rendendosi conto che forse avrebbe dovuto spiegare a Rei cosa significasse essere una giocatrice, e non una DM. Apre il libro ad una pagina iniziale, con tutte le dovute attenzioni per non danneggiarne la carta, mostrandolo a Rei e poi spingendolo verso di lei. "Hm, su questo libro ci sono delle sezioni con elencate le razze e le classi giocabili. Ci sono libri che espandono aggiungendone altre, ma è sempre consigliato cominciare con questo per capire bene le fondamenta del gioco come giocatore! C'è un'ambientazione di base che piace a molti, fantasy con tanti tipi di elfi, nani e altre creature oscure e misteriose!"

    E la spiegazione va avanti per un bel po', abbastanza che Kimama decide di ordinare un ricco e variopinto Bubble Tea dai molti colori che sul menù stava sotto il nome di Prismatic Wall, consigliando a Rei di provarlo. Le spiegazioni di Kimama sono sorprendentemente accurate e calme, spesso attende che sia Rei a voltare la pagina del grosso manuale ed indica ogni sezione da lei spiegata con precisione, come sapesse a memoria ogni paragrafo ed ogni frase di quel considerevole libro. Un gioco fatto di numeri e di fortuna, di creatività e confronto, una storia dettata un lancio di dado alla volta. Se Kimama avesse dovuto spiegarle tutto al dettaglio ci sarebbero volute intere ore, per questo anche presa dall'effervescente soddisfazione di poter condividere tutte quelle informazioni con qualcuno di nuovo decide comunque di non dilungarsi, anche per timore di spaventarla.
    "Oh-... e c'è chi dice che cominciare con un personaggio umano sia una cosa noiosa, ma non dargli retta, è il modo più semplice per capire il mondo in cui giocare e per capire meglio le interazioni con le altre razze! Non c'è cosa più importante della libertà di essere ciò che si vuole, ne limiti del buonsenso!" E un pensiero la raggiunge, si sofferma su una memoria lontana, una memoria in una casa calda ed accogliente dove una piccola larva curiosa guardava grandi libri con occhi di chi aveva appena scoperto come sognare, ed una domanda che le era stata posta. "Rei-Senpai."

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    "Se potessi essere qualcuno -o qualcosa- diverso da te, chi o cosa vorresti essere?"




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    Mmmmmh. - gli occhi di Rei si chiudevano pian piano come due fessure sempre più strette ascoltando le parole della compagna canadese. Le piaceva definirsi una persona intelligente ma certamente non era la più perspicace al mondo, e proprio per quello per quanto le bruciasse doveva ammettere di non star capendoci molto. Il libro venne se non altro in suo aiuto, perché di parole come roleplay e party non ci capiva onestamente molto. Rei non aveva neanche mai toccato un videogioco in vita sua, sua madre li considerava diseducativi e sin da piccola il suo tempo libero era dedicato al disegno, la danza e la musica come si confaceva, diceva la signora Okazaki, ad una signorina del suo calibro. Le mancavano, molto probabilmente, le basi stesse necessarie a concepire un intrattenimento di quel tipo. Una cosa, però, l'aveva capita: era tipo il wrestling ma meno divertente, o almeno così le sembrava.
    Sarebbe forse stato strano immaginarlo a guardarla ma, da piccola, Rei era stata una grandissima fan del wrestling, che guardava spesso assieme a sua cugina Kei. Se alla ragazza dai capelli bianchi la passione era rimasta, però, per quanto riguardava la padrona di Love tale amore era andato via via sfumando col tempo. Se però tra le sue conoscenze doveva trovare qualcosa di simile a ciò che le stava raccontando Kimama doveva trattarsi proprio del wrestling: un mucchio di persone intende ad impersonare un personaggio - appunto - con una propria storia che si evolveva sopra il ring... ma senza le botte, che erano appunto la parte che per qualche strano motivo anche una ragazza pacata e fragile come Rei trovava divertente. Osservando la questione in quell'ottica il tutto diventava magicamente quasi comprensibile persino per lei.
    Ordinò lo stesso che le aveva consigliato Kimama: non le piaceva particolarmente il bubble tea ma preferiva risparmiarsi l'imbarazzo di dover scorrere in fretta il menù con la cameriera al tavolo perché si era distratta e, soprattutto, ora era maggiormente interessata al libro che la compagna le aveva allungato. Se tutta quella questione così su carta le suonava comunque stramba e poco interessante, ad attirarla al momento erano i disegni e le illustrazioni che adornavano quel manuale. Di fattura chiaramente occidentale, erano ben diversi dal tipo di disegno a cui era abituata sia per quanto riguardava ovviamente la tradizione giapponese che per ciò che aveva studiato all'Accademia riguardo l'arte occidentale. Viene da sé che in campo istituzionale vengono studiati grandi pittori e quadri famosi e non le illustrazioni d'uso ma, ciononostante, le sembravano egualmente degne di rispetto. Era comodo riuscire ad associare un'immagine all'elfo, al nano e così via, perché Rei conosceva al massimo gli yokai e i draghi per lei erano quegli esseri serpentiformi, dotati di corna di cervo e privi di ali che vivevano nei fiumi o in cima alle montagne e così via.
    Mentre osservava le pagine del manuale, la domanda di Kimama la colpì come un fulmine a ciel sereno. Ci aveva riflettuto spesso in realtà: se avesse avuto la possibilità di essere un'altra persona, chi sarebbe voluta essere? Fino a non molto tempo prima, pur cercando di mantenere sempre la dignità necessaria a dire "nessuno, sono perfetta così", la sua risposta era sempre stata "Kei Okazaki". Sì, la cugina del wrestling. Si erano allontanate col tempo e la ragazza era diventata sempre più insopportabile ma per quanto le desse fastidio Rei non riusciva a non ammettere di ammirare sua cugina. Era iscritta anche lei alla UA ed era decisamente più brava di lei. Migliore nei voti e brava nei rapporti sociali, era una ragazza abbastanza popolare e che non aveva paura di avvicinare e farsi avvicinare dagli altri. Era brava, era bella, era muscolosa ed era decisamente più capace di lei.
    Col tempo però qualcosa era cambiato. La sua risposta a quella domanda ora era probabilmente Takeru. Le sarebbe piaciuto essere il ragazzo, riuscire a capire cosa gli passava per la testa. Anche se era rimasta offesa dal suo comportamento quella sera al Kura Sushi avevano continuato a vedersi a scuola - era più o meno stato il suo sprono a recuperare gli esami e passare al secondo anno - e non era riuscita a mantenergli il broncio. Si chiedeva solo cosa quel desiderio significasse. E poi, dopo essere arrossita come un peperone al solo pensiero, si rese conto che molto probabilmente non era quello il senso della domanda di Kimama visto ciò di cui stavano parlando.
    U-umh. - tossì dopo un lungo sospiro che le fece andare di traverso la saliva - M-mi piace questo. - disse indicando l'illustrazione di un drow, un elfo oscuro il cui aspetto con ogni probabilità avrebbe dovuto mostrare il genere di nefandezze ed atrocità che quella razza era in grado di compiere ma il cui simbolismo, a conti fatti, risultava così estraneo a Rei da risultare incomprensibile. Trovava estremamente interessante però l'accostamento tra la loro pelle rilucente d'ebano e i lunghi e sottili capelli bianchi, per non parlare della loro altezza che si sarebbe potuta solamente sognare (o almeno così pareva da quelle illustrazioni così longilinee, probabilmente sarebbe rimasta delusa dallo scoprirne la vera altezza).
    Sembrano... carini? - aggiunse inclinando la testa, comunque conscia di non capirci molto. Forse le ricordavano semplicemente Love per il colore della pelle, ma se doveva scegliere una razza tra tutte quelle che aveva visto sfogliando il manuale avrebbe certamente scelto quella. La loro regina o divinità o cosa diavolo era, poi, sembrava egualmente bella. Sì, non era riuscita a capire cosa fosse ma, come detto, non era molto perspicace.
    E tu, Kimama? - le rigirò la domanda con un sorriso, chiedendosi se per caso quelle parole riguardo agli "umani" non lasciassero trasparire in un certo senso un suo desiderio nascosto di essere più conforme alla norma. Insomma, immaginava fosse difficile essere così grandi, avere quattro braccia e tutto ciò che comportava l'unicità della compagna di scuola. Chissà se aveva mai desiderato di essere anche lei qualcos'altro e in che modo quel gioco poteva averla aiutata a rendere vero quel pensiero. Non aveva ancora capito molto del gioco in sé, ma forse qualcosina riguardo alla canadese sì. In fondo, pensava, è sentendo le persone parlare delle loro passioni che si riesce a scoprire davvero ciò che pensano.
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    Kimama non ridacchia ne canzona Rei per quella singolare scelta, anzi quando indica il Drow tra tutte le razze e sottorazze presenti nel libro sembra quasi estasiata di quella scelta così singolare. dettata non dalla comprensione della storia dietro quella specie ma dal puro e semplice istinto. Kimama non ne aveva mai giocato uno personalmente, ma ne aveva visti molti ed apprezzava come spesso chi li scegliesse lo facesse per affrontare lo stigma che quella specie portava con se e andare contro le tipiche preferenze indicate dalla maligna maggioranza della stessa. Kimama aveva un debole per i racconti fatti di difficoltà e redenzione, facilmente dimostrato da quello che era il suo Pro-Hero preferito in Canada nonché fonte di ispirazione. Beve il suo Bubble Tea con lentezza, ripensando al giorno in cui fu introdotta ad una precedente edizione di quel libro dal suo master preferito, ergo suo padre. La peluria sul collo si gonfia mentre le memorie vanno a quel lontano giorno d'inverno in cui una tormenta particolarmente feroce aveva costretto tutti a rintanarsi nelle proprie case, il vento che ruggiva come un branco di lupi fuori dalla finestra e l'accogliente fuoco del camino che colorava la stanza assieme a molte candele a seguito di un guasto di grandi proporzioni sulla griglia elettrica nazionale. Sospira, pensando a quanto le manchi sentire quel vento spietato soffiare fuori da casa, qualcosa di raro in quel punto del giappone dove c'era spesso neve ma non quei venti selvaggi ed inclementi. Rinsavisce poi, decidendo che fosse opportuno rivelare la verità su quegli elfi dalla pelle d'ebano.
    "Si chiamano Drow, sono una sottorazza di Elfi che vive in un luogo chiamato Underdark, un'enorme complesso di gallerie, fiumi sotterranei e caverne grande quasi quanto un continente, al punto dall'essere uno strano e alieno ecosistema a se stante! Non c'è la luce del Sole nell'Underdark, quindi i Drow vedono al buio meglio di moltri altri, ma per lo stesso motivo non vedono bene alla luce del sole e inoltre crescere senza di esso li rende molto piccoli comparati alle altre sottorazze elfiche!" Kimama non si fa problemi a spiegare le minuzie di quella specie, continuando sulla loro storia oscura e contorta, sulle origini della loro divinità e su quella che era la vita per una buonissima parte della loro specie. Alle volte esita quando si trova a parlare di tematiche forti come lo schiavismo e la stuttura crudele e matriarcale della loro società, ma mai si ferma nello spiegare. "Però non è così per tutti loro, anche se molti alla fine rimangono legati alla loro origine fino alla fine alcuni rispondono al richiamo della superficie e riescono a vedere oltre l'indottrinamento che gli è stato imposto, riuscendo ad essere le anime buone e gentili che forse desideravano sempre essere anche quando facevano finta di essere come tutti gli altri. E' una sccelta molto audace, sulla superficie quasi nessuno ha simpatia per un Drow e bisogna dimostrare ai suoi abitanti di essere diversi dagli altri se si vuole guadagnare la loro fiduc-... oh?"

    Si interrompe bruscamente a quella domanda di ritorno, e porta un indice sulle labbra ripensando a quello che era stato effettivamente il suo primo personaggio, ritornando di nuovo a quella sera di tanti anni fa colorata dalle timidi luci di candele e dal danzare pigro del camino. Ricorda come spese una buona mezz'ora guardando più le immagini che leggendo, soffermandosi si quello che sembrava uno strano bambino dal fisico particolarmente tozzo e dal viso così buffo che non avrebbe non potuto attirare le attenzioni di una bambina. Ed in quell'età la verità viene fuori quasi senza filtri, con la stessa naturalezza con cui si racconta una storia di cui non si fa parte, e la mente comprende non per conoscenza ma per istinto. E si trova a sorridere davanti a Rei mentre gli occhi vanno sul libro e movimento molto attenti e delicati delle dita muovono il libro avanti di poche pagine, fermandosi su un'immagine simile ma ben più pulita di quello strano bambino che sembrava giocare a vestirsi come una persona adulta.
    "Si chiamava Lily, il mio primo personaggio intendo! Era una Halfling, sono chiamati mezzi-uomini e la loro storia non è complessa come quella degli Elfi. Non hanno mai avuto grandi regni o grandi guerre, vivono in tantissimi villaggi sparsi un po' in tutto il loro mondo e pensano principalmente a proteggere le proprie comunità ma hanno anche spiriti temerari e pieno di curiosità, per questo molti di loro si allontanano da questi villaggi per avventurarsi " Sembrava ben felice di condividere quella confortevole e lontana memoria con Rei, muovendo la pagina per indicare quello che sembrava un tipico villaggio di quella razza di piccoli uomini, con strane e rustiche case scavate sotto verdi colline. "Lei era un Rogue-... ah, sarebbe un Lado. Era molto brava a muoversi di soppiatto, a tirare con l'rco e a passare inosservata! Ricordo una volta durante la mia prima Campagna in cui la feci travestire da bambina mendicante per far avvicinare un messaggero e sfilargli dalla cinta dei documenti per-...! Ah, comunque si, fare un Drow è una scelta molto importante. Sai in passato ogni razza aveva dei punti abilità fissi a parte gli umani e le mezze specie, ma adesso si possono mettere dove vuoi quindi non hai limiti in tal senso! E queste-..."

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    Fa scorrere le pagine senza fretta, dandole modo di vedere il resto delle razze.
    La fretta era cattiva consigliera, soprattutto quando c'era da spiegare qualcosa.
    Ancora di più quando si voleva far capire qualcosa.
    E poi con l'ultima pagina c'è un nuovo capitolo, che comincia con un burbero uomo ed una grande ascia sulla sua spalla.
    "-... sono le classi!"




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    Rei ascoltava il racconto di Kimama mentre sorseggiava il bubble tea che aveva ordinato replicando semplicemente l'ordine della compagna canadese ora impegnata nel descriverle quella razza di elfi oscuri chiamati Drow. Per una ragazza che non aveva quasi neppure il coraggio di ordinarsi qualcosa dal menù per non ammettere di non essere ancora riuscita a leggerlo quelle avventure fantastiche sembravano decisamente irraggiungibili e irreplicabili. Quel pensiero, forse, sarebbe stato meglio dirigerlo alla carriera che stava poco volenterosamente inseguendo rispetto a delle avventure fantastiche narrate in un bar a tema ma lì per lì la sua mente non fece neppure il collegamento. Nonostante la minuziosità del racconto della compagna, Rei non era una persona molto perspicace e faticava ancora a comprendere quei concetti, ma doveva darle atto che il modo in cui parlava era decisamente coinvolgente e in grado di creare la giusta atmosfera. Percepiva ancora quel distacco che le impediva di inserirsi in quel racconto, sentendola ancora come la narrazione di qualcosa di avulso dalla sua vita e dalla realtà, ma è innegabile che Rei avesse sempre avuto una grande fantasia e un grande interesse per i mondi fantastici sebbene si fosse sempre dedicata all'immaginario orientale. Le grandi leggende, l'aldilà, artisti su artisti avevano cercato di rappresentare paesaggi fantastici per renderli credibili nel passato. Quei Drow erano forse delle specie di yokai o qualcosa di simile. Ciò che maggiormente aveva attirato la sua attenzione, comunque, era quell'Underdark che Kimama aveva detto essere la loro casa. Chissà com'era la vita sottoterra, magari i loro edifici erano scavati in stalattiti e stalagmiti di gigantesche dimensioni, magari dormivano a testa in giù come i pipistrelli. Solitamente quando doveva immaginarsi qualcosa Rei lo faceva sempre utilizzando il mezzo grafico e ora nella mente le fioccavano immagini di quella città (o regno? o impero? Kimama non era stata specifica a riguardo) dove si ritrovavano rinchiusi.
    In un certo senso, con le ultime parole della canadese, le sembrava di aver fatto la scelta giusta: lei stessa non attirava molte simpatie, quelle poche che le riuscivano finiva comunque per allontanarle, e in generale si era sempre sentita incompresa dagli altri. Du-row, suonava bene come parola anche se le veniva difficile pronunciarla con la stessa accuratezza con cui lo faceva la compagna madrelingua. Magari più tardi le avrebbe fatto ripetere un elenco di yokai e divinità giusto per metterla in difficoltà a sua volta. Sì, Rei aveva questo tipo di problemi.
    Le sue labbra, avviluppate attorno alla grossa cannuccia per bere quella bevanda fino a poco prima sconosciuta al pari di quell'ambiente magico che la canadese stava descrivendo, si accartocciarono leggermente in un sorriso impercettibile: stando alla passione con cui la ragazza stava parlando di Lily doveva proprio aver fatto la domanda giusta. Generalmente Rei non amava particolarmente sentir parlare le persone di cose che non conosceva o non le interessavano ma c'era qualcosa di stranamente magico in quel posto e soprattutto la passione con cui Kimama descriveva quelle cose era così travolgente che anche per una ragazza come Rei era difficile non cadere nella trappola. Ad una certa, però, si grattò il capo.
    U-un ladro... - corrucciò lo sguardo, ascoltando le parole di Kimama - M-ma non va bene, rubare è sbagliato! - aggiunse portando le mani, entrambe strette in dei saldi pugni, all'altezza del petto. Sì, forse non aveva ancora capito appieno il gioco e in ogni caso anche nel wrestling Rei era sempre stata il tipo da disprezzare le gimmick dei cattivi e tifare sempre per i buoni. Insomma, se in quel piccolo corpicino viziato c'era anche solo una cosa che poteva anche solo lontanamente accomunarla ad un eroe doveva essere il senso di giustizia... che poi non considerasse necessario metterlo in pratica su sé stessa, beh, era tutto un altro discorso da affrontare.
    Mmmmmh... - borbottò sfogliando le nuove pagine che Kimama le aveva proposto, osservando cavalieri in armatura e con enormi spade, gente vestita di pelliccia e con un'ascia in mano, uomini saggi dalla lunga barba e con strambi scettri di legno in mano e chi più ne ha più ne metta - ... Quindi dovrei scegliere anche io un nome...? - si chiese picchiettando con l'indice destro sul mento, ripensando alla storia che Kimama aveva raccontato su Lily, che dubitava certamente essere il suo secondo nome. Oddio, poteva essere. In effetti, come mai si chiamava Kimama se era canadese? Kimama Evans era un nome bizzarro. Forse glielo avrebbe chiesto più tardi.
    E... - aggiunse socchiudendo con attenzione gli occhi mentre guardava quelle pagine, per poi alzarli e guardarsi attorno, osservando le varie persone in costume lì presenti, e poi di nuovo sul foglio - Se fai questo... - puntò una donna vestita di pelle e con un'ascia in mano presente su una pagina del manuale - Devi usare un'ascia...? Io ho tre spade a casa, ma... - il borbottio divenne mano a mano più incomprensibile svanendo in un nulla di fatto in attesa della risposta della canadese. Forse stava cercando solo un modo per giustificare meglio l'essersi presentata lì con quel bizzarro vestito ed una scopa ma sembrava che sarebbe stata dura visto che tra "Guerriero" e "Mago" la classe "Maid" non sembrava figurare sulle pagine di quel libro bizzarro. Più tardi forse avrebbe anche chiesto dei punti abilità, ma per ora l'estetica aveva precedenza.
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    Chiedo scusa per il ritardo pur avendo avvisato, d'ora in poi non dovrei più aver problemi in teoria. :neko:
     
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    Kimama sapeva quanto potesse essere disarmante approcciare qualcosa di nuovo e completamente sconosciuto, ricorda ancora quando cominciò a cercare di imparare il Giapponese ben prima di muoversi nella nazione del sol levante. C'erano così tante cose che doveva imparare e non aveva idea da dove cominciare, per i primi due mesi fece appena qualche progresso prima di capire la radice del problema. Il Giapponese era più di una semplice lingua, era una lingua orientale i cui punti comune con quelle occidentali erano pressoché inesistenti. Apprendere richiede metodo, e per Kimama che nell'apprendere era particolarmente lenta ci volle un buon metodo ed una tabellina di esercizi degna di un'insegnante privato per cominciare davvero a comprendere. E per Rei non doveva essere poi tanto diverso con davanti tutti quei concetti così occidentali ed insoliti. Per questo si fermava così tanto su ogni concetto, era importante non sommergerla di nuove informazioni o si sarebbe spaventata e avrebbe rinunciato ancor prima di comprendere le basi di quel curioso gioco. Quella sua risposta al fatto che Lily fosse un rogue porta un'importante nota di chiarezza nella mente di Kimama, che sorride e solleva un dito indice come a voler sottolineare quell'importante punto.
    "Oh, non fati trarre in inganno dai nomi! Vedi le classi come la base meccanica su cui costruire il tuo personaggio! Il Ladro per esempio si base sull'essere talentuoso in molti campi e sull'utilizzare armi leggere e aprire serrature o disarmare trappole. Lily per esempio era un'archeologa che cercava e catalogava antichi manufatti dei regni elfici ed aveva bisogno di essere agile e scaltra per poter far fronte ai pericoli di antiche rovine e trappole magiche! Quindi non lasciare che il nome di una classe ti limiti da quello che può essere davvero il tuo personaggio!" Il brio presente nella voce e nei movimenti di Kimama non cala mai di tono durante quelle spiegazioni, la felicità che stava provando era palese e lei non sembrava fare davvero nulla per nasconderlo. "E soprattutto non aver paura di creare personaggi che siano anche molto diversi da te in futuro! Rubare è concettualmente sbagliato, ma per esempio potresti creare un personaggio come Robin Hood che ruba soldi a persone malvagie per darne a chi ne ha bisogno per sopravvivere! Ci sono molti modi di creare il tuo personaggio, ma ciò che è più importante alla fine è che ti piaccia giocarlo e che ti diverta farlo!"

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    Kimama di personaggi davvero cattivi non ne aveva mai fatti, non che non ci avesse provato ma semplicemente persino fare qualcosa di maligno in un modo di fantasia riusciva a metterla di cattivo umore, il massimo che si fosse mai concessa era una burbera nana paladina che poi finiva puntualmente ad aiutare tutto e tutti nonostante abbaiasse imprecazioni ad ogni nemico. Era la sua natura, cosa poteva farci infondo? La sua espressione muta però in confusione quando Rei chiede quale arma possa far utilizzare al proprio personaggio, sottolineando come avesse tre spade in casa. Non per un secondo Kimama sembra sorpresa da quella nozione, in fondo anche lei aveva gli strumenti da guerra del suo popolo in camera, probabilmente in Giappone doveva essere un tema abbastanza comune avere uno strumento di quel genere da usare per l'autodifesa o la pratica di qualche arte marziale. Gli ci vuole qualche secondo prima che la realizzazione di quello che stava immaginando Rei la colga, mostrata dall'improvviso rizzarsi delle sue grosse antenne come se qualcosa l'avesse messa in allarme.
    "Oh no! Il gioco non deve essere fatto in LARP-... Hm, quello che stai immaginando tu si chiama LARP, abbreviazione per Live Action Roleplai, ovvero quando ci si veste come i propri personaggi e si utilizza un regolamento come questo per giocare. Ma no, normalmente si gioca su di un tabellone divisio in quadrati, dove un quadrato normalmente indica uno spazio di cinque piedi per cinque visto che le velocità dei personaggi sono sempre calcolate in multipli di cinque. Per giocare basta un tavolo di queste dimensioni, un Dungeon Master che dirige la storia e almeno tre giocatori! Non che non si possa giocare in due... ma di solito un Party di almeno tre persone è l'ideale per poter fare un sacco di cose!" Ed annuisce serenamente a Rei mentre le antenne si rilassano nuovamente, osservando le pagine davanti a se ed attendendo che fosse Rei a sfogliarle mentre indicava le varie immagini ed i nomi, esibendosi in spiegazioni che illustravano l'essenziale per ognuna di esse. "Il Barbaro per esempio è un combattente che usa armature medie e si basa interamente sulla sua Strength -o forsa fisica- per poter attaccare, combinandolo con il potere fondamentale della sua classe, la Rage o rabbia. Quello dopo invece è il Bardo, utilizzano il Charisma -ovvero l'espressione della propria persona- per utilizzare una gran varietà di incantesimi per supportare il proprio Party e come suggerisce il nome della classe sono dei talentuosi artisti! Questo invece..."


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    Mmmmmmmmmmh... - quella discussione sembrava offrirle più grattacapi che altro. Le risultava difficile concepire l'idea di un ladro buono, anche perché non aveva idea di chi fosse quel Robin Hood di cui parlava la compagna canadese. La figura più affine a cui riusciva a pensare partendo dalle sue parole era il famosissimo Ishikawa Goemon, protagonista di numerosi spettacoli di teatro kabuki e migliaia di rappresentazioni pittoriche che soleva rubare ai ricchi per dare ai poveri. Come si può probabilmente immaginare a differenza di molti Rei non riusciva ad empatizzare con la sua figura appartenendo lei proprio a quella classe di ricchi che erano soggetto delle sue rapine. Forse sebbene non volesse ammetterlo a sé stessa il gene dell'avarizia era germogliato in lei tanto, tanto tempo fa per il semplice fatto di appartenere ad una famiglia estremamente facoltosa.
    Riusciva comunque a capire, almeno fino ad un certo punto, il discorso fatto dalla ragazza: essere un ladro non significava essere un ladro, descriveva semplicemente delle caratteristiche collegate a quel personaggio, un po' come quando si cercava di definire un personaggio complesso nella sinossi di un libro o di un film, scadendo spesso in descrizioni che lasciavano molto a desiderare una volta terminata la visione o la lettura. Quanto ad interpretare un personaggio diverso da sé stessa, quello doveva probabilmente essere l'ostacolo più grande per Rei. Cosa significava "interpretare"? Faceva estrema fatica anche solo a sostenere una conversazione, figurarsi improvvisare fingendosi qualcun altro. Non era mai stata particolarmente timida col suo corpo, aveva fatto danza e danza teatrale per anni, ma quando aveva provato a recitare aveva fallito miseramente. Non riusciva a non balbettare, la gola diventava più secca di un deserto in estate e le parole le si aggrovigliavano nella testa generando degli orribili aborti senza senso. Insomma, era evidente che la conversazione non fosse il suo forte.
    La parola LARP suonava al contempo bizzarra e divertente, come fosse una sorta di onomatopea emessa da un bruco intento a masticare una foglia o qualcosa di simile. LARP, decisamente buffo. Per la cronaca, le spade a cui Rei si riferiva erano quelle che il reparto di Ricerca e Sviluppo della D&B le aveva prodotto per utilizzare la sua unicità, tessute in una fibra leggerissima e prive di qualsivoglia lama. Chiaramente a casa possedeva anche innumerevoli katane di pregevole fattura - un vezzo di sua madre che la quantità sconfinata di soldi poteva certamente comprare - ma non le sarebbe mai passato per la testa di portare quelle ad una sorta di gioco di società: pazza sì, incapace di muoversi in contesti sociali pure, ma a tutto c'era un limite.
    Oooooh... - la questione del tabellone risolse buona parte dei suoi dubbi ad essere sinceri. Quindi sì, in fondo era un po' tipo Cluedo, solo con moltissime chiacchiere in più e forse dei tiri di dadi in meno? Kimama non aveva ancora parlato dei dadi e Rei non poteva certo immaginare l'universo che si celava dietro quei manuali così dettagliati. Pur non capendo buona parte dei termini utilizzati dalla compagna con quattro braccia anche la questione sulle classi venne risolta con tutto sommato una buona comprensione da parte dell'Okazaki.
    Come ti trovi in Giappone, Kimama-san? - le chiese quindi sorseggiando il bubble tea, una scelta d'impeto che solo pochi secondi dopo le fece spalancare gli occhi pensando che forse alla ragazza avrebbe dato fastidio cambiare argomento così repentinamente. Come detto, Rei non era proprio una maga del dialogo - U-umh... Hai parlato del... paruty... Suppongo tu abbia lasciato degli amici indietro... - aggiunse, cercando in qualche modo di collegare i due discorsi - Sei... umh... sei qui per restare... o solo per frequentare la UA...? - concluse, per poi tornare a sorseggiare la bevanda un po' in imbarazzo per la gaffe che aveva fatto. Le sembrava giusto però chiederle qualcosa su di lei, anche solo per... "fare amicizia", quel concetto che a lei in fondo risultava ancora completamente estraneo. Magari un giorno le sarebbe anche piaciuto giocare assieme a lei, ma qualcosa nel fondo del suo petto le sussurrava che era così stanca di recarsi tutti i giorni in un edificio dove non conosceva nessuno per frequentare lezioni di cui le importava ben poco, la situazione era così critica che ironicamente si sentiva quasi più a suo agio al Dojo sotto le torture di Saeko Saotome che tra i banchi di scuola, il che voleva dire molto.
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    Rei Okazaki
     
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    "Mors mea, tacci tua."

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    Kimama Evans
    «Le falene non bevono il caffè»



    Kimama rimase visibilmente interdetta a quella domanda che sopraggiunge proprio mentre era sul punto di presentare lo strumento di vita morte e -a volte- resurrezione di ogni personaggio, il dado. Tutto viene ad un’interruzione improvvisa e Kimama si trova a fissare Rei per qualche secondo di troppo, guardando poi in basso come volesse collezionare i suoi ricordi. Erano due anni ormai, col suo modo di vivere spensierato ed aperto al mondo che la circondava certe volta non si rendeva quasi conto del tempo che passava se non con il passare delle stagioni. Le viene in mente la sua prima estate a Tokyo, i giorni torridi in cui poteva trovare rifugio soltanto sotto il getto clemente e misericordioso dell'aria condizionata, la scoperta di quanto potesse essere fresco e silenzioso il sottobosco delle fitte foreste d'acero per sfuggire alla calura ed al caos della megalopoli. Fu difficile per lei, il primo anno a malapena trovò il tempo o forse il coraggio di fare amicizia con qualcuno, concentrarsi solo sugli studi e immergersi nel suo mondo fatto di amici lontani con cui parlava sul web tutti i pomeriggi, che per loro era la sera, i primi giorni con il jetlag conti fatti furono gli unici giorni veramente brutti che aveva vissuto in Giappone. Ma trovava divertente e non preoccupante come alcune persone la guardassero mentre finalmente aveva cominciato ad uscire durante il suo secondo inverno, anche se alcune di quelle attenzioni non erano proprio a fin di bene, ma a quello ci era già abituata in Canada quindi la cosa non l’aveva davvero toccata come avrebbe dovuto. Ma le mancava il Canada? Si e no, non era quella la domanda corretta.
    "Credo che sia un posto davvero affascinante e insolito, ma lo vedo così perchè l'occidente e l'oriente sono simili eppure profondamente diversi! Certo il Giappone sa essere molto moderno, ma buona parte del territorio è ancora rurale e anche se le foreste non sono tante come quelle in Canada e lo sciroppo d'acero non è buono come quello che c'era li. Ho lasciato qualche amico, si, ma... non erano molti, e comunque ci sentiamo ancora tramite web e vado in visita a Sawlog almeno un paio di volte all'anno quindi non li ho persi di vista come capita in quei strani film drammatici e tristi!" E non era come vederli tutto il giorno, come tirarsi le palle di neve o come mangiare assieme al loro ristorante preferito. Erano pochi ma le mancavano tutti, dal primo all'ultimo, ma questo non significava che non avesse dei nuovi amici anche in Giappone. "Ho seguito papà, sai lui ha sempre avuto un hobby per l'animazione, ma a quanto pare era davvero bravo e qualcuno lo ha notato tramite i suoi video su YouTube e gli hanno offerto di lavorare ad una di quelle grosse case d'animazione che ci sono qui in Giappone! All'inizio c'era solo lui, era il suo sogno ma voleva essere... sicuro! Ho cominciato ad imparare il giapponese un'anno prima che io e mamma decidessimo di raggiungerlo, perchè sarebbe stato triste e crudele vederlo solo poche volte all'anno mentre stava qui in Giappone tutto da solo! Per l'UA ho sempre pensato che fosse bello fare l'eroe, quindi ho fatto il test d'ingresso e sono passate e-... e sono un po' lenta ma credo che riuscirò a prendere la licenza provvisoria entro l'anno prossimo!"

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    E si fa poi pensierosa Kimama, parlare così tanto di se stessa le aveva fatto realizzare che in fondo non sapeva poi molto di Rei. Certo aveva capito che le piacciono le spade, e che probabilmente è brava ad usarle e sicuramente quando diventerà un'eroe a tutti gli effetti se ne porterà dietro almeno un paio. Ma in fondo questo era quanto, da qualcuno aveva sentito che facesse parte di una famiglia ricca ma a Kimama quel genere di cose davvero non importavano. SI rende però conto che aveva speso tutto quel tempo a spiegarle di quel gioco e di quelle regole mentre davvero non le aveva chiesto nulla di lei come Rei, come sua compagna di classe ora al secondo anno. Lo aveva percepito come una scortesia? Era stata Rei a chiederle di cosa stesse facendo, quindi forse semplicemente si erano entrambe talmente concentrate sull'argomento dal dimenticarsi che nessuna sapeva davvero molto dell'altra. Kimama distoglie lo sguardo dal grosso libro, dando i suoi occhi solo a Rei e chiedendosi perchè qualcuno di una famiglia ricca avesse deciso di fare l'eroe. Certo, c'era chi lo faceva per reputazione, eppure Rei non le dava la sensazione di qualcuno che si dava all'eroismo soltanto per un semplice stunt pubblicitario.
    "Ma si, resterò, almeno finchè papà avrà il lavoro dei suoi sogni a cui affidarsi. E poi mi piace stare qui, prima di raggiungere il Giappone ho letto libri dis toria e cultura, e anche alcuni libri di cucina per capire come sarebbe stato vivere qui. Il Popolo mangia molto pesce, quindi non p stato poi particolarmente strano abituarmi alla dieta Giapponese, ma qui c'è molta meno carne rossa di quanta non ce ne fosse in Canada! Però mi piacciono molto i templi e i vecchi villaggi rurali, basta spostarsi di pochi kilometri e sembra quasi di essere in due nazioni completamente diverse a volte!" EEd inclina la testa appena a sinistra, congiungendo le mani superiori assieme sul tavolo e guardando Rei con uno sguardo inquisitivo e curioso. "Rei-Senpai, come mai ha deciso di voler diventare una Hero?"


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    Rei ascoltò con molta attenzione la risposta di Kimama alla domanda che le aveva posto. Poteva sembrare una cosa normale ma in realtà per l'Okazaki era decisamente straordinario: aveva una soglia dell'attenzione e in linea di massima le interessava davvero poco delle altre persone quindi in una situazione normale avrebbe semplicemente smesso di ascoltare dopo le prime due frasi. C'era però qualcosa di stranamente confortevole e rassicurante nel modo di parlare della giovane canadese, un po' come se fosse un batuffolo di gentilezza cristallizzata, che proprio le impediva di ignorarla.
    La giovane giapponese non sapeva molto del Canada ma, allo stesso tempo, non era una completa ignorante. Aveva studiato geografia e sebbene la storia si concentrasse più sulle questioni collegate all'oriente e in generale quella nazione non sembrasse aver giocato un ruolo maggioritario in alcun evento globale sapeva un po' come funzionavano le cose. Qualcuno parlava francese, lì vicino c'erano le cascate del Niagara, c'era Toronto e tutte quelle cose lì. Nonostante questo, si trattava comunque di un posto molto lontano e sebbene non facesse fatica grazie alla televisione e ai vari film ad immaginarsi lo stile di vita occidentale (non che comunque ne consumasse molti), le sembrava quasi un mondo a sé stante e non troppo dissimile da tutte quelle fantasie di cui avevano parlato fino ad adesso.
    Capisco, sì... - disse tra sé e sé stringendo il bicchiere contenente il bubble tea con entrambe le mani, lo sguardo basso sul tavolo - Beh, questo è bello. - aggiunse riferendosi al fatto che era ancora in contatto coi suoi amici. Ancora una volta, Rei non era molto esperta sull'argomento. Non aveva avuto molti amici neppure in infanzia, i più erano semplicemente giovani figli di famiglie ricche come lei che inevitabilmente non le stavano molto simpatici. Faceva fatica a riuscire a mantenere un rapporto in carne ed ossa quindi figuriamoci uno telematico ma anche lei riusciva a trovare le parole di Kimama come molto carine. Era contenta che si mantenesse in contatto con le sue conoscenze in Canada anche se non sembrava poi così intenzionata a ritornare.
    Arricciò le labbra sentendo la motivazione della sua presenza lì. Non è che la colpisse particolarmente, aveva passato ormai tutta la sua vita così e non aveva mai provato il contrario, ma ogni volta che sentiva le persone parlare del proprio padre qualcosa in lei sembrava proprio non riuscire a trovare pace. Kimama e sua madre dovevano provare un sentimento proprio forte per quell'uomo per essere disposte a rivoluzionare la propria vita per lui. Suo padre, invece, se l'era svignata ancora prima che lei nascesse. Sua madre non ne parlava mai... letteralmente mai. Non aveva la minima idea di che faccia avesse, come si chiamasse, di chi fosse in generale. Proprio per questo motivo, Rei non aveva semplicemente mai conosciuto una vita diversa: aveva capito che quella non era una vita normale solo quando vedeva i suoi zii a cena o che gli altri bambini a scuola venivano presi anche da degli uomini e non solo dalla mamma. Col tempo aveva scoperto che molte persone non avevano neppure questa gioia e aveva capito che non doveva essere triste per non avere un padre, ma certe volte l'idea di essere stata completamente rifiutata senza alcuna possibilità di redimersi era troppo anche per lei. Chissà, forse se avesse avuto un padre sarebbe stata una persona completamente diversa, capace di relazionarsi, con meno impulsi distruttivi...
    U-umh. - staccò le dita, che nella tensione avevano leggermente accartocciato il bicchiere di plastica del bubble tea, portando la mano destra alla fronte - N-no... è no-normale. - cercò di riprendere il filo della conversazione, scacciando quei pensieri - E' giusto che ognuno si prenda il proprio tempo, Evans-san. Non sei lenta! - strinse i pugni a fianco al volto, come per farle forza. Più che un tentativo di supporto sembrava una sorta di autogiustificazione, ma tant'è.
    U-umh... I-io...? - la domanda conclusiva la prese alla sprovvista, principalmente perché lei non voleva proprio diventare un'eroina. O, almeno, quella era la giustificazione per la sua ignavia. "Non mi interessa, voglio solo usare l'unicità, non importa se non studio". Ma... era davvero ancora così? Tutti quelli attorno a lei sembravano davvero motivati, Naru, Takeru, si sentiva quasi una sporca approfittatrice ad occupare senza alcun merito il posto che avrebbe potuto occupare qualcuno di loro. Eppure era lì. Possedeva una licenza provvisoria. Si recava ogni giorno al Dojo e svolgeva i suoi compiti. Questo non le impediva in alcun modo di inseguire il suo sogno di diventare una grande artista assieme a Love... ma se davvero invece fosse stata in grado di salvare le persone?
    Quando il dottor Hanzo Takashi aveva minacciato di coprire l'intera città con quel gas mortale lei era fuggita senza pensarci due volte, mentre tutti erano rimasti lì. Takeru aveva messo la sua vita in gioco senza alcun motivo, senza neanche ricevere un ringraziamento o un premio in denaro. Era davvero quello che significava essere un eroe? Lei era disposta ad esserlo? Fino a quel momento la sua risposta era sempre stata no e da molto tempo aveva semplicemente smesso di chiederselo. Forse, a differenza degli altri, non aveva semplicemente mai avuto nessuno da proteggere. Ora era diverso? Quel nome continuava a rimbombarle nella testa, quasi come avesse voluto essere al suo fianco in quella stupida missione mortale solo per assicurarsi che stesse bene, che non fosse a rischio.
    Non ho ancora trovato la mia risposta Kimama-san, mi spiace. - rispose quindi picchiettando con gli indici sul tavolo - Sono proprio una pessima persona. Mi sono iscritta alla UA perché volevo solamente la licenza per dipingere e scolpire usando l'unicità, eppure ora sono qui a fare il Tirocinio... - aggrottò le sopracciglia, alzando lo sguardo verso il soffitto del locale - Senza una motivazione... Forse pronta a darmela a gambe alla prima occasione... - il suo volto si contrasse ancora di più, facendole inclinare anche le labbra - Sono sicura che diventerete tutti dei bravi eroi, ma io non so proprio cosa ci faccio qui.
    Era la prima volta che era così brutalmente onesta con sé stessa e con qualcun altro riguardo la questione dell'iscrizione alla UA e, in tutta onestà, forse in tutta la sua vita in generale. Non sapeva proprio cosa volesse sentirsi dire in quel momento, forse una conferma del suo becero egoismo o forse un incoraggiamento. La verità era molto semplicemente che, in quel momento, si sentiva veramente meschina, ed era la prima volta che le succedeva.
    the best seller brand new isekai that shocked the world, on shonen jump!
    DOJO SAOTOME
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    Rei Okazaki



    Ti chiedo scusa per l'ennesimo ritardo ma ho avuto molte cose gestionali e irl a cui badare e sapendo da altre fonti che potresti avere qualche problema a postare ho immaginato non fosse un problema aspettare un poco. :sadbunny:
     
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24 replies since 30/7/2021, 14:53   695 views
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