N-nani?! I Reincarnated as a Dungeon Maiden and I am SO Totally Out of Place (And There's a Butterfly Too???)!

Role - Rei Okazaki & Kimama Evans

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    Kimama Evans
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    Voler diventare un'eroe è una scelta a cui molti aspirano, specialmente in tenera età tanti sono i bambini che guardano notiziari ed interviste fatte a seguito di incidenti che richiedono l'intervento di un Hero e indicano eccitati lo schermo immaginandosi loro ad aiutare gli innocenti e a combattere i villain. Lo schermo si limita a mostrare solo la gloria, la vittoria, lo schermo nasconde tutto ciò che molti non vorrebbero mai vedere e che rimuoverebbe l'idea di diventare un'hero dalle menti di molti di quei chiassosi bambini. Kimama aveva capito che gli istituti come la UA erano qualcosa di più di un semplice luogo d'apprendimento, erano dei filtri per dividere chi aveva la convinzione e la disciplina per poter davvero diventare un Hero da chi invece aveva solo una visione idealizzata di quel mestiere e solo in quel momento comprendeva tutto ciò che si nascondeva dietro costumi colorati e altisonanti frasi ad effetto. L'unico vantaggio di Kimama è che la scelta di quel suo insolito idolo e la lettura della sua biografia le aveva permesso di capire almeno in parte alcune delle difficoltà di quel ruolo, così come le difficoltà di essere una mutant in un mondo dove tutto ciò che era diverso poteva spaventare, soprattutto ora che il diverso poteva cambiare da quartiere a quartiere e da casa a casa. Essere un Hero era un mestiere spaventoso, forse non tutti ma buona parte dei villain non si facevano problemi ad annientare gli Hero per i loro contorti ideali o semplicemente perché dimostrarsi più forte di chi si ergeva come guardiano dei deboli li divertiva. E a queste paure si aggiungevano quelle personali che ogni Hero portava con se, il peso dell'essere un esempio di ciò che era buono al mondo andava ben oltre il rischio di farsi del male o di morire. C'erano cose che semplicemente rimanevano con te, è già così nella vita ma quando la tua vita ti porta a situazioni tremende e pericolose il carico si fa ben più pesante della normale, e a volte le paure e i dubbi possono schiacciare un'hero ancor prima che questo divenga tale. E sicuramente Rei aveva i suoi pensieri a cui render conto.
    "Oh." Kimama non sapeva certo cosa apesantisse i pensieri di Rei in tal modo, ma sapeva riconoscere quando qualcuno aveva bisogno di un aiuto, anche se piccolo. Abbassa lo sguardo sul tavolo e sulle mani di Rei, poi lo solleva per guardarla e solo dopo tutto questo allunga le mani superiori verso quelle di lei per cingerle in un soffice abbraccio come quello di un peluche appena lavato."Non c'è bisogno di essere un'Hero per essere eroici, Rei-senpai."

    Toccare qualcuno così direttamente in Giappone era una sorta di taboo, Kimama lo sapeva bene, ma sapeva anche che alle volte il contatto umano era uno dei modi migliori per bucare quella bolla di isolamento in cui ci si rischiava di intrappolarsi con pensieri grigi e pesanti come la melma. C'erano stati anche i corsi a scuola, quelli avevano aiutato molto ma erano solo stati un modo per raffinare qualcosa che Kimama aveva sempre avuto e che la vita la aveva già aiutata a sviluppare. Empatia, l'istinto primordiale di guardare un altro essere vivente e riuscire a capire quel che prova, prerogativa più o meno sviluppata in quasi ogni essere umano che a volte permettere a leggere le persone così bene da farla sembrare quasi un quirk. Kimama non sapeva praticamente nulla di Rei al di la di quello che si erano dette in quella conversazione, quei piccoli gesti quando aveva parlato della propria famiglia, quella tristezza ed incertezza mascherata come determinazione. Kimama era certa che Rei facesse di tutto per apparire sempre forte, ma anche il materiale più forte del mondo è destinato a spezzarsi se tenuto sempre in tensione. Ma quando si parla delle persone il materiale può passare dall'acciaio al burro in uno schiocco di dita, indistruttibili sino a che non si trova quella minuscola apertura da cui parte la rovina.
    "Ormai pensano quasi tutti che gli unici eroi sono quelli che indossano dei vestiti buffi e spendono anni ed anni a prepararsi per quel ruolo, ma l'eroismo è esistito nella storia dell'umanità da quando se ne ha memoria! Alle volte un'eroe è quella fantasia di un guerriero che difende le porte di una città per proteggere le persone al suo interno, ma non è un'eroe anche chi rimane così vicino al pericolo per curare le ferite di quel guerriero? Non è eroe il fabbro che aggiusta la sua armatura o lo stratega che lo aiuta a trovarsi nel punto giusto al momento giusto? E per noi... non sono stati eroici i paramedici e i volontari che sono rimasti ad aiutare ed assistere chi è stato colpito da quell'orribile gas? Non sono stati eroici quei negozianti che hanno portato il cibo sigillato nel retro dei loro negozi ai campi per assicurarsi che la gente non soffrisse la fame finchè non sono arrivati i soccorsi dall'esterno? Non è detto che ne io ne te diventeremo veramente delle Hero, Rei-senpai, forse succederà qualcosa che ci farò capire che questa non è mai stata la nostra strada ma... ma non avremmo potuto saperlo per certo senza provare!" E le mani si stringono appena attorno a quelle di Rei, senza violenza, senza costrizione, il viso di Kimama che mai si sporca di tristezza o di rassegnazione. Anzi, sorride, continua a sorridere come nulla di male fosse stato detto. "E poi chissà, magari un giorno qualcuno vedrà una delle tue opere e sarà ispirato a tentare, a fare qualcosa... di eroico! A volte non ci è dato sapere a cosa porteranno le nostre azioni, ma questo non significa che non ci sono, e se il tuo futuro è quello di creare sculture o dipinti in grado di ispirare forti emozioni nei cuori degli altri invece di dover fare a botte con un Villain allora non c'è nulla di male!"

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    "L'importante è provare, fallire non è la fine, ma solo una parte di un viaggio molto lungo!"




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    Nonostante avesse un'ottima considerazione di sé, almeno per quanto riguardava la sua frequentazione della UA Rei non aveva mai cercato di mentire a sé stessa. Sapeva di trovarsi per così dire nel posto sbagliato, lo aveva saputo sin dal primo momento in cui sua madre le aveva comunicato di averla iscritta lì e di certo le cose non erano cambiate col tempo. Non che pensasse che quella scuola servisse solo a sfornare nuovi e strabilianti eroi, così come un liceo artistico non diplomava solamente artisti e un liceo scientifico non promuoveva solamente futuri premi Nobel. Sapeva di non essere l'unica là dentro che non aveva intenzione di diventare un'eroina così come era certa a tanti altri mancassero invece le capacità, l'intelligenza, la forza o il talento per portare a termine quel percorso di studi che avevano scelto. Lo aveva sempre dato per scontato e nonostante tutto riusciva a convivere con l'idea di aver potenzialmente rubato il posto a quello che sarebbe potuto diventare il futuro eroe numero uno del Giappone. Poco male, pensava: la vita è fatta di privilegi, di fortune e di sfortune, a volte le cose vanno così e lei non poteva farci molto di essere nata in una posizione privilegiata.
    Da qualche tempo, però, non riusciva più a sentirsi così in pace con sé stessa. Forse era stato l'attacco che aveva messo in ginocchio la città, forse la rigida disciplina del tirocinio, forse erano stati proprio Naru, Takeru e tutti gli altri compagni che sembravano volersi davvero impegnare così tanto per raggiungere il loro sogno o, più semplicemente, per aiutare le persone.
    Si parla sempre di Rei, quindi da un lato la questione era semplicemente molto egoistica. Si sentiva inadatta ed odiava il fatto di sentirsi in quel modo, quasi come fosse qualcosa in meno rispetto agli altri. Meno empatica probabilmente, o forse meno altruista. Quale che fosse la questione, non importava: il fatto di sentirsi in qualche modo nel torto le faceva attorcigliare lo stomaco. Odiava sentirsi in quel modo e quando succedeva era estremamente suscettibile ed aggressiva, il che non era assolutamente un bene. Per buona parte della sua vita, comunque, riusciva semplicemente ad ignorare quei pensieri, fare finta di nulla e rigare dritto.
    Doveva però esserci qualcos'altro, qualcosa che la aveva spinta ad impegnarsi davvero, recuperare tutte le materie, passare d'anno, iscriversi al tirocinio e - parlando di lei non era così scontato - farglielo persino proseguire senza pensare di abbandonarlo. Forse aveva iniziato a pensare di poter davvero fare qualcosa per gli altri e questo la faceva imbestialire ancora di più. Mettersi in pericolo per delle altre persone, per degli sconosciuti, lei che non aveva mai capito gli altri e non veniva mai capita. L'idea di voler anche solo dare una mano le faceva accapponare la pelle.
    U-umh... - tentennò un attimo sentendo le mani di Kimama poggiarsi sulle sue. Neanche a dirsi, Rei apparteneva ovviamente a quella frangia di popolazione decisamente poco avvezza al contatto fisico e la sua naturale timidezza non poteva che peggiorare il tutto, ciononostante decise di non divincolarsi da quel contatto.
    Le parole della compagna canadese suonavano circa come tutto quello che non avrebbe voluto sentirsi dire. Avrebbe preferito sapere di essere una stronza ed egoista e che anche volendo, comunque, una come lei non sarebbe mai stata in grado di salvare nessuno. Con quel fisico gracile ed un'unicità buona solo a fare dipinti e statue, cosa mai avrebbe potuto fare? La ragazza aveva deciso di non lasciare andare la metafora collegata al gioco di ruolo ma in quel momento anche una ragazza ingenua come Rei non poteva non capire i chiari parallelismi con la vita reale. E per quanto il discorso della compagna le sembrasse eccessivamente idealizzato e buonista - Rei era comunque estremamente cinica - lì per lì non riuscì a contraddirla in alcun modo. Si stava dando così tanto da fare per rincuorarla nonostante fossero quasi delle complete sconosciute: se c'era una cosa di cui Rei era certa era che Kimama sarebbe davvero diventata una splendida eroina a differenza sua. Ogni sua parola era melodiosa e dolce e si poggiava sull'animo altrui leggera e soffice come un piccolo fiocco di neve... o qualcosa del genere, insomma.
    K-Kuwaaaaaah. - iniziò a strillare per poi strozzare la voce in fondo la gola e zittirsi, ricordandosi di essere ancora all'interno di un locale frequentato. Le sue iridi tremavano e gli occhi sembravano umidicci, quel discorso doveva averla toccata per davvero. Non che non fosse comune per lei terminare una discussione in lacrime, ma questa volta era un discorso diverso - Come fai ad essere sempre così dolce e comprensiva, Kimama? - le chiese quindi in maniera più informale, divincolando la mano destra dalla sua stretta solo per passare il dorso sotto gli occhi umidicci per asciugarli - Sei davvero una persona straordinaria. - aggiunse in tutta onestà, era probabilmente la prima volta che diceva ciò che pensava a qualcuno, perlomeno la prima che non si trattava di insulti - Tutti coloro che ti hanno nella loro vita sono fortuna-a-ahem. - diede un colpo di tosse e distolse lo sguardo, arrossendo. Non era proprio da lei fare così tanti complimenti ad una persona, per quanto li ritenesse onesti. Kimama sembrava davvero una brava persona e glielo stava dicendo senza secondi fini. Forse una delle persone migliori che aveva incontrato nella sua vita, sebbene il suo giudizio non fosse proprio tra i più imparziali al mondo.
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    Rei Okazaki
     
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    Kimama Evans
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    Si dice che il troppo storpia, una piccola perla di saggezza popolare che non va necessariamente applicata solo a ciò che c'è di più ovvio come il troppo mangiare o simili comuni concetti. Esercitarsi troppo rischia di causare danni al proprio corpo se non si rispettano i limiti dello stesso, persino bere troppa acqua rischia di portare problemi nonostante rimanere idratati sia uno dei punti cruciali del rimanere in salute. Ma quando si va a cadere nella sfera dell'emotività c'è il caso nel cui essere troppo buoni può causare problemi, in più di un modo. C'è chi nell'essere troppo buono finisce col divenire malleabile e servile verso gli altri, chinando sempre di più il capo sino a dimenticare cosa significhi guardare negli occhi qualcuno con la falsa promessa che un giorno semplicemente quelle persone vedranno la bontà di chi gli sta davanti e diverranno buone a loro volta. Oppure c'è chi semplicemente non è certo di come rispondere a quella bontà, venendo sommersi o messi alle strette sino ad arrabbiarsi o ad intristirsi. Kimama sapeva che a volte quel suo modo di essere poteva portare alla seconda di queste spiacevoli situazioni, ma l'esperienza le aveva imparato che a volte le persone hanno bisogno anche di questo, di essere messe a confronto a quella purtroppo non comune incapacità di essere non propriamente capaci di risponderò ad una bontà genuina. Chi è cinico semplicemente non crede che esista, chi ha sofferto abusi psicologici la percepisce come una trappola e c'è chi semplicemente vede debolezza in essa. Kimama non era sicura se Rei appartenesse alla prima o alla seconda categoria, ma era sicura che non per questo avrebbe cambiato il suo atteggiamento verso di lei. Essere se stessi alle volte può essere davvero costoso, ma anche estremamente remunerativo e non in termini monetari.
    "Oh!" Kimama non si aspettava però che avrebbe potuto portare Rei sul punto di essere quasi in lacrime, ma prontamente infila la mano libera nella sua borsa e ne tira fuori un fazzoletto di seta pulito e mai utilizzato, li cuciva per passatempo quando voleva solo rilassarsi senza dedicarsi a forme più complicate, un semplice quadrato con l'unico dettaglio di una minuscola falena stilizzata in uno degli angoli. Lo porge a Rei, annuendole come ad invitarla a prenderlo. "Scusa, forse sono stata troppo sfrontata, è un po' difficile adattarmi a certe piccolezze della cultura Giapponese!"

    E forse non ci sarebbe mai riuscita, non fino in fondo, ma fortunatamente i Giapponesi o almeno una buona parte di loro sapeva dimostrarsi comprensiva verso gli stranieri quando non riuscivano a riprodurre alla perfezione ognuna delle minuzie presenti nella loro società. Questo non le dispiaceva, anzi trovava quei contrarsi persino intriganti, se a lei piaceva comprendere di più su quella nazione che sembrava quasi un piccolo mondo a se stante era certa che molti di loro dovevano essere altrettanto curiosi di come fossero i paesi di quell'occidente così lontano dal grande arcipelago divenuto nazione. Le parole di Rei però avevano portato un moto di felicità in Kimama, non riusciva mai a non essere contenta di poter dare qualcosa di buono agli altri, anche qualcosa di semplice come le sue parole. Le antenne si rizzano e poi ammorbidiscono di nuovo, la mano che aveva offerto il fazzoletto va alle labbra di Kimama che per un'istante abbassa lo sguardo pensando a qualcosa di importante, un dibattito interno con se stessa e su se stessa. Anche il fiore più bello nasce sporco dalla terra, ed ogni vita seppur bella può nascondere spine o aver trovato la sua bellezza strisciando fuori dalla sporcizia. Se c'era un pregio ed un difetto che Kimama aveva era il non vergognarsi di ciò che era, nel bene e nel male.
    "Rei-senpai, sono davvero contenta di quello che pensi, ma il motivo per cui sono quello che sono oggi è perchè non molto tempo fa ero una persona davvero molto diversa. Sai, quando ero piccola non ero ne grande, o forte, non avevo nemmeno le mie ali! Ero come un larva in effetti, tutta marroncina e anche grassoccia... ed essendo parte Inuit e anche una mutant erano molte le persone che mi odiavano solo per quello che ero. Ma poi, poco dopo i miei sedici anni la mia mutazione ha cominciato a manifestarsi con grande rapidità, secondo i medici il motivo per cui sono sempre stata così grassa e golosa prima di quel momento era perché il mio corpo stava accumulando grassi e quindi energie perchè istintivamente si stava preparando a quella improvvisa crescita. In poco più di un anno sono diventata quello che vedi adesso, ma allora realizzare di essere diventata più di molte di quelle persone che mi hanno sempre presa in giro o fatto del male per ciò che ero mi ha reso aggressiva. Io ho... fatto loro del male, gli ho fatto quello che facevano a me perché ero forte e loro non potevano fermarmi, la mia famiglia ha rischiato di finire nei guai per questo e seppur per un solo anno pensavo che quello che facevo fosse giusto." E per la prima volta in quella conversazione il viso di Kimama è incredibilmente sobrio, serio, un velo di tristezza e di rammarico. Ma la voce non trema, le parole non si spezzano e non c'è mai esitazione nel suo racconto. "Era una bella sensazione all'inizio, loro mi guardavano con lo stesso timore con cui io li ho guardati per anni, l'idea che potessero avere quello che meritavano mi elettrizzava, mi faceva sentire forte. Ma dopo un po' ho cominciato a pensare a come mi sentivo io quando erano loro i miei aguzzini e... beh... ho pensato a quanto li odiavo, e che forse il motivo per cui ero sempre così arrabbiata era perché mi odiavo senza rendermene conto. E forse se avessi cercato di capire perché facevano quel che facevano magari avrei potuto avere molti più amici, perché al mondo le persone che nascono con indoli maligne sono davvero poche... ma se non c'è nessuno a dargli la possibilità di essere diversi allora vivranno tutta la loro vita pensando di essere solo la versione peggiore di loro stessi. E non ho capito tutto questo da sola, mi hanno aiutato in molti: mia madre che ha dovuto passare quel periodo di transizione proprio come me, mio padre che parlava con me ogni giorno anche quando facevo finta di non ascoltarlo, i miei nonni che mi hanno insegnato ad usare la mia seta e molti costumi della cultura Inuit anche se questo li rendeva malvisti da molti membri del Popolo... e poi c'erano tutti i miei amici. Per questo sono così dolce e comprensiva, anche con qualcuno che forse vedrò solo una volta in tutta la mia vita, perché per me è servito un'intero anno per capire chi voglio essere davvero... ma per alcune persone un giorno, un'ora, forse persino un minuto passanto a scambiare parole con una compagna di classe o una perfetta sconosciuta potrebbero cambiare per sempre la loro vita."

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    E poi quel sorriso carico di speranza ritorna, più vispo di prima.
    Poteva essere tutto o nulla.
    Però valeva sempre la pena di provare.

    "Non so cosa il futuro abbia in serbo per te, Rei-Senpai."

    "Ma se dovessimo diventare entrambe delle Hero, sarei davvero molto felice di aiutare le persone assieme a te!"




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    Senza pensarci su due volte vista la situazione imbarazzante afferrò il fazzoletto offertole dalla compagna canadese in tutta fretta, portandolo agli occhi per asciugarsi le lacrime, rendendosi conto solamente dopo che anche quella era stata una mossa imbarazzante. Non era un normale fazzoletto di carta, era in stoffa, il che significava che era suo personale e lei gliel'aveva semplicemente rubato - sì dietro offerta, ma senza neanche esitare un attimo. Accorgendosene si irrigidì leggermente con la schiena, ma poi cercò di mettersi a suo agio pensando che se la ragazza glielo aveva offerto era perché voleva lo utilizzasse e che, comunque, le parole che aveva detto a Kimama erano veritiere: la ragazza era così gentile e dolce, probabilmente non avrebbe neppure riflettuto su tutte quelle paranoie che lei si stava facendo in quel momento.
    N-no, n-non preoccuparti... - borbottò quindi alle scuse dell'altra, agitando le mani in fronte a sé come a volersi discolpare a sua volta - No-non sei stata i-indelicata, se-semplicemente... - le sue dita sottili si avvolsero attorno a quel fazzoletto di stoffa leggermente umidiccio, ora stretto tra entrambe le mani, mentre il suo sguardo si abbassava sul tavolo - No-non sono mo-molto abituata a-a parlare co-con le persone, tu-tutto qui. - ammise con un sospiro, prima stringendo ancora di più il fazzoletto per scaricare la tensione e poi porgendolo con entrambe le mani tese alla sua legittima proprietaria. A conti fatti poteva ipotizzare (se non ammettere) che tutte quelle paranoie, quegli inciampi, che tutta la sua goffezza e il suo imbarazzarsi così facilmente derivassero se non altro dalla sua mancanza di esperienze. Non le piacevano molto gli altri e spesso non li trovava interessanti, ma avrebbe potuto scommettere che si trattasse di un sentimento reciproco. Pur avendo imparato molte cose nuove non poteva certo dire di essere stata interessatissima alla discussione precedente riguardo ai giochi di ruolo eppure - doveva ammetterlo - non si era neppure annoiata, né era stata infastidita dalla chiacchiere di Kimama, anzi. Lei, poi, era davvero una persona estremamente gentile e brava a mettere a proprio agio le altre persone. Forse, alla fine, la vita in società era proprio quello: non ci si può aspettare di divertirsi o parlare dei propri interessi per tutto il tempo, ma non per questo si finisce per annoiarsi o voler scappare da ogni situazione... cosa che comunque le era capitata spesso.
    Tempo di scusarsi, la ragazza dalla peluria bianca era tornata a parlare e già dalle prime parole Rei aveva capito si trattasse di un discorso decisamente serio. Forse in molti non lo avrebbero preso come un interesse positivo, magari le avrebbero dato della razzista o cose del genere, ma l'Okazaki era in realtà sempre stata interessata alle persone mutant e alla loro vita. Come nasce un bambino mutante, è come tutti gli altri e sviluppa i tratti della sua unicità in gioventù oppure è già una piccola pallina bizzarra? Tutti gli esseri umani erano unici, i mutanti erano solo un po' più unici degli altri e questo non poteva che attirare l'intelletto e la fantasia di Rei, interessata come ogni artista a rappresentare ogni sfaccettatura della vita e della natura.
    Era strano, insomma, pensare alla giovane Kimama come si descriveva, bassa e tarchiata. Pur essendo la ragazza una sorta di ibrido con una falena la giovane giapponese non avrebbe mai pensato ad uno... stadio larvale, semmai che le fossero uscite le braccia e le ali o che avesse avuto un improvviso botto nella crescita. Anche lei ne aveva avuto uno attorno ai dieci anni ma... beh, si era esaurito molto in fretta. Ascoltò il discorso della ragazza corrugando la fronte: non capiva perché le stesse raccontando proprio quelle cose e proprio in quel momento, ma forse aveva semplicemente bisogno di sfogarsi.
    Dal canto suo, Rei non aveva la minima intenzione di farle la paternale sottolineando le sue azioni sbagliate o anche solo di giudicarla: lei stessa era la persona più cattiva, meschina e vendicativa che conoscesse, di certo non aveva intenzione di dirle che ciò che aveva fatto era sbagliato, che lo fosse o meno. Se ne avesse avuta la possibilità, e con possibilità si intendono ovviamente due e passa metri d'altezza e un paio di braccia in più, forse anche lei avrebbe fatto lo stesso e con molte meno provocazioni ricevute. Tutto ciò che faceva invece era rimuginare sopra i torti subiti, bruciarli dentro e realizzare statuette in inchiostro di tutti quelli con cui aveva un conto da salvare come fossero delle sorta di bambole vudù per tenere fresca la memoria delle sue ferite. Detta in questo modo, forse aveva bisogno di un paio di sedute a settimana con un bravo psicologo, possibilmente per un bel po' d'anni.
    Umh... - le unghie dei suoi indici picchiettarono l'una contro l'altra per qualche secondo. Non sapeva bene cosa dire, non era mai stata brava a confortare le persone o cambiare discorso a differenza della sua interlocutrice - I-io... - strizzò gli occhi, come se il suo cervello fosse uno spremiagrumi da cui tentare di tirar fuori quel poco di succo ormai rimasto in una zucca vuota - So-sono certa che sia stata dura per te... Ma l'importante è che ora tu sia una persona nuova... In tutti i sensi... - le sue labbra si accartocciarono su sé stesse per un paio di secondi, dopodiché alzò il mento e guardò la compagna dritta negli occhi cercando di scioglierle in un sorriso - Io... prometto che diventerò una buona eroina anche per te! - aggiunse stringendo i pugni per darsi la carica. Ci credeva davvero? Difficile a dirsi, quello era un periodo davvero difficile della sua vita. Per la prima volta si sentiva smarrita, ad ogni passo che muoveva avanti i dubbi e i pensieri la facevano ritirare indietro di altri due. Le parole di Kimama però le sembravano sincere e voleva sperare di poter credere che anche le proprie lo fossero.
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    Kimama ricordava di aver letto su alcuni tratti e modi di fare bizzarri che sembravano manifestarsi con una certa consistenza soprattutto negli artisti, non importava se fossero compositori di grandi composizioni musicali, pittori, scultori o attori. Forse era qualcosa che accomunava le persone che possedevano una grande creatività e che la utilizzavano attivamente nelle loro vite, quelle eccentricità e quegli insoliti modi di percepire il mondo che li circondava. Rei voleva diventare un'artista, ora forse un'eroina, ma quando il tuo quirk si basa sulla tua immaginazione e sulle forme che puoi dare ai tuoi strumenti allora l'artista esiste e persiste anche nel suo eroismo. Kimama si sofferma molto su quanto le aveva detto Rei, sul fatto che non parlasse molto con gli altri, su come non molto tempo fa fosse lei quella che non parlava molto con gli altri fatta eccezione per la sua famiglia ed un piccolo numero di amici d'infanzia. Ma questo le fa venire in mente le lezioni nelle classi, in particolare quelle dove le era stato detto che è compito di un'eroe sapere sempre cosa dire, non importa se stia cercando di rassicurare la vittima di un disastro o il pubblico che la guarda attraverso le lenti di una telecamera. Rei forse non aveva ancora deciso del tutto se voler essere o meno una Hero, ma Kimama era ora certa che aveva bisogno di imparare a parlare, che figura avrebbe fatto se si fosse trovata a balbettare davanti ad una telecamera? Kimama non poteva permettere che si arrivasse a questo, non se Rei voleva essere coraggiosa e intraprendere quella strada a cui all'inizio non aveva nemmeno dato pensiero.
    "Oh, puoi tenerlo, li faccio quando ho troppa seta messa da parte per passare il tempo e tenere le dita in movimento." Risponde Kimama al gesto di Rei, annuendo senza riserbo, ne aveva almeno una dozzina di quei morbidi fazzoletti messi da parte. "E se vuoi diventare davvero un'eroina in tutto e per tutto allora non puoi parlare con così poche persone e tenerti tutto dentro!"

    Ma non poteva certo aspettarsi che le narrasse la sua vita come farebbero due avventurieri in una taverna destinati a combattere il male dal filo invisibile del destino, o dalla volontà di un DM. No, cercare di trascinarla in quel genere di conversazione sarebbe stato un atto di crudeltà seppur puramente sul lato sociale, ma soprattutto avrebbe finito col farla chiudere di nuovo come Kimama immaginava dovesse essere una sua abitudine. Essere un'Hero è probabilmente una delle carriere più impegnative che ci sono al mondo con ogni probabilità, ma la strada per diventare tale e tutto fuorché priva di avversità, anzi Kimama era certa che queste fossero li appositamente per tarare e decidere chi poteva affrontare il pieno peso di quella scelta e di chi avrebbe dovuto accontentarsi ad una vita non meno piena ma sicuramente non altrettanto impegnativa come quella di qualcuno che metteva la propria vita in prima linea contro quello che veniva definito il peggio del peggio della società. Kimama non era molto convinta sull'ultima parte, per lei c'era sempre una via prima della violenza, ma si era ripromessa che questo non l'avrebbe fermata se quella via fatta di pacifica comprensione non fosse stata attraversabile. Se lo ripeteva ogni giorno, e sperava che sarebbe stato davvero così non se ma quando quel giorno si sarebbe presentato. Ma quel giorno era lontano, o così sperava, ed il presente le aveva dato qualcosa per cui sarebbero servite molte parole. E le stava bene, le piaceva parlare e le piaceva imparare, non importava cosa.
    "Rei-senpai, ora che ci penso... come mai hai deciso di venire proprio qui?" Era così ovvio che non ci aveva pensato per nulla, ma dopo aver parlato con lei Rei non le aveva dato l'impressione di qualcuno con quel tipo di interessi. "Oh! Se vuoi potresti raccontarmi della tua giornata! O magari dei tuoi cibi preferiti? O... oh, ora che ci penso in classe ci hanno consigliato di cominciare a pensare ad un nome da Hero, magari potremmo pensare a questo?"

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    "Quando ero piccola pensavo di usare Murder-Moth, ma... non ha davvero nulla di eroico, un Hero non dovrebbe essere ricordato per essere un killer! Probabilmente dovrei pensare a qualcosa legato al mio retaggio Inuit... tu cosa ne pensi, Rei-Senpai?"




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    C-capisco... - rispose istintivamente alla questione del fazzoletto senza rifletterci troppo, solo per poi farlo un paio di secondi in ritardo come faceva sempre. In che senso "quando aveva troppa seta messa da parte"? Acquistava stoffe e materiali come una sorta di cosplayer? Forse anche lei era come molti altri in quel locale, avvezzo a farsi armature o altro per giocare a quei bizzarri giochi? No, la falena le aveva spiegato pocanzi che quello si chiamava "LARP" o qualcosa di simile e che lei non era solita praticarlo. Cioè, non lo aveva detto esplicitamente, ma era quello che Rei aveva dedotto dalle sue parole. Solo dopo qualche secondo realizzò che le sembianze della compagna canadese erano probabilmente quelle di una bombice del gelso - la falena del baco da seta insomma. Rei se ne intendeva abbastanza di animali ed animaletti vari, specialmente se erano carini, e doveva ammettere che la bombice rientrava certamente tra di essi, specie se posta a confronto con altri insetti del suo tipo come ad esempio la Creatonotos gangis, che da sempre considerava come l'ibrido orripilante nato tra un insetto e Love.
    Insomma, tornando alle questioni importanti, Kimama aveva appena ammesso di produrre seta? Forse non si sarebbe dovuta stupire più di tanto avendo di fronte a sé una ragazza con quattro braccia, un paio di ali, la pelle bianca e tutto il resto ma onestamente non pensava la sua unicità mutant influisse anche su quel tipo di cose. Arrossì lievemente al pensiero dei possibili orifizi da cui la ragazza sarebbe stata in grado di produrre la filamentosa fibra, scuotendo poi la testa nel tentativo di lanciare via quel pensiero il più lontano possibile. Per il momento, almeno.
    U-umh... - le parole successive della compagna sembravano quasi un'ammonizione e, anzi, probabilmente lo erano - Su-suppongo tu abbia ragione... - si ritrovò di nuovo ad abbassare lo sguardo pensierosa, ma questa volta senza troppo tempo per riflettere sugli errori della propria vita. La canadese iniziò infatti a farle delle domande: era davvero interessata alla sua vita o lo stava facendo solo per cortesia? D'altronde, non poteva negarlo, Rei era effettivamente convinta di vivere una vita decisamente più interessante della maggior parte dei propri compagni sebbene non lo ritenesse necessariamente qualcosa di positivo. Anche una persona con una maledizione sulle spalle, in fondo, vive una vita più interessante di molti altri, certamente non una felice.
    Vo-volevo... provare qualcosa di nuovo... - rispose così alla domanda riguardo il perché si trovasse lì, straordinariamente decidendo di non mentire. Non era mai andata in un posto simile perché sua madre, pur essendo una donna molto aperta, non lo riteneva un posto alla loro altezza. Rei non era in realtà riuscita a farsi un'idea a riguardo essendosi subito messa a parlare con Kimama ma in tutta onestà non le sembrava malaccio. Certo, forse il bubble tea non era tra le migliori bevande al mondo e lì c'erano troppe persone ed erano troppo rumorose, ma non era poi così male - Do-dopo quello che è successo alla città ho capito che non ha senso s-sprecare tempo dietro paure e-ed insicurezze... - e questa, invece, era una mezza bugia, un po' perché quello che era successo alla città non l'aveva davvero impattata così tanto e un po' perché, nonostante stesse cercando di fare del proprio meglio, non poteva certo dire di aver abbandonato quelle paure e quelle insicurezze. Ci stava provando, questo era certo, ma Rei non era spesso il tipo da continuare a sbattere la testa sulle cose se non vedeva risultati immediati, complice l'essere cresciuta molto viziata.
    U-umh... I-io ce l'ho u-un nome! - aggiunse con entusiasmo, alzando lo sguardo verso la ragazza e stringendo i pugni. Ovviamente, essendo già in Tirocinio aveva dovuto pensare ad un nome per le proprie attività da eroina... fallendo, ovviamente. La sua responsabile aveva preso l'iniziativa e aveva cambiato il nome da lei proposto... un evento che sembrava decisamente ricorrente nella vita di Rei in tutta onestà - Il mio nome è Lovecraft, la fusione tra Love e to kurafuto, perché la mia unicità consiste nel produrre oggetti tramite Love... - iniziò a spiegare con forse troppo entusiasmo - Po-poi ho anche scoperto che è uno scrittore famoso, m-ma non saprei... - aggiunse titubante, conscia che Kimama vista la sua provenienza ne avrebbe probabilmente saputo più di lei a riguardo.
    Co-comunque M-Muruderu-mosu è troppo spaventoso! - le diede ragione, scuotendo la testa - B-bisogna cercare u-un nome che ti rappresenti e sia f-facile da ricordare... M-magari se vuoi u-utilizzare tipo u-un vestito tradizionale come costume puoi u-usare qualcosa di collegato a-alla tua etnia, sì... - aggiunse senza però spingersi troppo oltre, perché onestamente non ne sapeva nulla riguardo gli Inuit e non avrebbe saputo cosa dire.
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    Perdonami ancora il ritardo avvisato e dovuto alle feste :**:
     
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    Provare qualcosa di nuovo, Kimama poteva comprendere molto bene quel sentimento. Non era stata completamente una scelta di Kimama, ma non era nemmeno insoddisfatta di essa, in fondo venire in Giappone le aveva dato modo di vedere e comprendere delle realtà che in Canada non avrebbe mai compreso se non vivendole. Quando guardava gli Hero in televisione sembravano tutti così sicuri di se, così determinati ed ineluttabili nel loro compito, ben diverso da quello che vede in Rei o in altri suoi compagni di classe. Non c'era nulla di strano nell'avere dei dubbi o delle perplessità, decidere di diventare un Hero a tempo indeterminato era uno stile di vita dal quale è been difficile uscire e che può richiedere il più alto dei sacrifici. Le viene alla mente uno di quei documentari senza filtri che aveva deciso di guardare quando aveva circa sedici anni, il primo in particolare fece riferimento al noto scontro tra l'eroina Americana Brightbolt ed il Villain di presunte origini Inglesi Toxine. Nelle notizie ufficiali l'eroina si era ritirata a seguito delle ferite riportare nello scontro che aveva visto la morte del Villain, ben diverso fu vedere una persona come Brightbolt agonizzare a terra con la carne sciolta via dal ginocchio in giù. C'erano cose peggiori della morte, quella fu la prima cosa che Kimama pensò nel vedere quelle scene, e nessuno meritava di essere giudicato per non voler diventare Hero anche se a disposizione dei Quirk più impensabili e micidiali.
    "Non è tempo sprecato, ignorare le proprie paure e le proprie incertezze non le cancella, rischi solo di trovarti costretta ad affrontarle nel momento sbagliato! Ah... in realtà non credo si possano cancellare, semplicemente si impara a convivere con esse un pochino alla volta, ma è sempre più facile e salutare quando non si è da soli a farlo." Kimama annuisce con un sorriso, in fondo l'unione fa la forza e quella era una verità che l'umanità si portava dietro dai tempi del nomadismo e delle caverne. "Uh? Oh, si! Howard Philips Lovecraft! Ho letto un paio dei suoi libri, è un famosissimo scrittore che trattava temi di orrori cosmici e ha gettato le fondamenta dei generi di fantasia e fantascienza! Però nel tuo caso credo faccia fede di più il nome stesso come hai detto tu, perchè... crei cose con amore! Credo sia davvero un messaggio bellissimo per una Hero."

    Ed annuisce di nuovo, era davvero un bel nome, e non c'era alcun bisogno di dire a Rei di cose meno importanti del famoso scrittore come le sue discutibili visioni culturali ed il suo gatto. Però questo la portava a se, aveva davvero bisogno di pensare ad un nome che fosse adeguato ad una futura Hero e che soprattutto non fosse difficile da comprendere. Non poteva usare la sua lingua d'origine, le serviva qualcosa che trasmettesse l’idea del suo retaggio mantenendo una lingua franca che ben o male tutti potessero comprendere. Le vengono in mente i titoli dei capi tribali del passato come Sitting Bull e Crazy Horse, ma quelli non erano propriamente nomi da Hero e poi lei non era ne un bufalo ne tantomeno un cavallo. Mothra sarebbe stato un ottimo nome non fosse già stato preso dalla nota creatura mostruosa o definita tale, Kimama l'aveva sempre trovata adorabile ma probabilmente era di parte in materia di falene mostruose. E poi era già palesemente una falena, metterlo anche nel nome sarebbe stato ridondante e pigro. No, aveva bisogno di qualcosa che la legasse alla cultura del suo popolo e qualcosa che la legasse all'altra metà, quella di suo padre. Ed il Canada era tanto Inghilterra quanto Francia, quindi le serviva qualcosa che le due culture avessero in comune oltre alla triste storia di colonizzazione del quale gli Inglesi avevano la maggior parte delle colpe.
    "Oh!" Ed il viso di Kimama si illumina di luce propria, un'epifania la coglie al punto che sembra aver trovato la risposta al segreto della vita stessa. "Forse ho un nome!"

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    Era bizzarro come nella persona di Kimama sembrassero equilibrarsi perfettamente il carino e il saggio: in un certo senso la compagna canadese era probabilmente la persona più intelligente con cui avesse mai intrattenuto una conversazione ma, allo stesso tempo, riusciva sempre a non far pesare le sue considerazioni e anzi, a farle sembrare sempre un consiglio benvoluto. La paranoia e la poca fiducia che era solita dare alle persone di Rei le facevano pensare che indubbiamente dietro a tutta quella maschera di dolcezza dovesse per forza trovarsi uno dei serial killer più brutali al mondo. Chiaramente non era così - almeno lo sperava - e doveva piegarsi all'accettazione che a volte le persone erano semplicemente buone, senza alcun motivo e alcun secondo fine. Anche Naru da quel punto di vista le sembrava così... solo decisamente meno intelligente, con tutto il rispetto. Forse era la diversa maturità, forse la provenienza da una cultura totalmente diversa, ma a conti fatti c'era qualcosa di quasi mistico in ogni parola che la falena proferiva, quasi fosse una sorta di incantesimo.
    Mh-mh. - annuì mugunando - I-immagino tu abbia ragione... M-ma ero semplicemente gi-giunta al punto di non ritorno. - rispose alla sua frase riguardante le paure e i timori - A-avevo bisogno di affrontarle e andare avanti. P-provarci, almeno. - spiegò quindi. Ed era vero, perché a conti fatto il suo "progetto di maturazione" era quanto di più artificioso ed artificiale potesse esistere. Una sorta di auto-maturazione imposta, come una terapia d'urto contro le proprie paure. Forse non era il metodo migliore per farlo, forse ne sarebbe uscita più danneggiata che guarita, ma le sembrava l'unico modo logico per farlo. Per quanto non si addicesse ad una signorina educata e posata come lei, la forza bruta era l'unica risposta che riusciva ad applicare alla maggior parte degli enigmi e delle sfide che il mondo le poneva.
    Ascoltò le parole della canadese riguardante quel misterioso scrittore a lei "omonimo", capendoci il giusto. Non doveva essere facile per una ragazza cresciuta in una cultura che aveva sempre visto divinità, demoni e creature come immanenti e coesistenti all'uomo sin dalla sua nascita concepire che uno scrittore di solo un paio di secoli prima potesse avere inventato il genere fantastico, ma in fondo non era neanche necessario comprenderlo a fondo. Che avesse creato anche lui quelle creature e quei manuali e quel mondo che fino a poco prima la compagna le stava mostrando? Improbabile, dovevano esistere centinaia di migliaia di scrittori in occidente e in ogni caso dubitava che qualcuno potesse avere il copyright sugli elfi tanto quanto qualcuno potesse averlo sui kappa. Quelle parole che aveva usato, "orrore cosmico", avevano un suono così affascinante ma al contempo era abbastanza sicura di non voler approfondire la questione per evitare di rovinarsi il sonno. Le scappò un genuino sorriso al complimento che l'altra le fece riguardo al nome che aveva scelto... Beh, viste le varie vicissitudini "scelto" era un parolone, ma tant'è.
    Penso sia proprio un bel nome. - le sorrise battendo leggermente le mani, sentendo la sua idea - E' fa-facile da ricordare e anche da pro-pronunciare, anche per noi. - disse, riferendosi ovviamente ai madrelingua giapponesi - Se si spo-sposa bene con ciò che sei so-solo tu puoi dirlo... Ma-magari con un qualche co-costume a tema, ma non è ma-male. - annuì. Non era un complimento di cortesia, per quel che poteva valere il suo parere pensava davvero che fosse un nome niente male. Era particolare, ma era il classico nome che qualcuno si aspettava da un Pro-Hero, probabilmente molto più del suo. Non avrebbe saputo spiegarlo, ma certe cose semplicemente si sentono, come se alcuno nomi fossero più vicini all'archetipo dell'eroe di altri.
    Oh, umh... - si scrollò, come se un brivido le avesse percorso la schiena - Cre-credo sia il caso che io rientri a casa. - sospirò abbassando lo sguardo - Umh... E' sta-stata una piacevole sorpresa i-incontrarti, Kimama. - le sorrise - Ti ringrazio pe-per il bel pomeriggio passato insieme... - aggiunse, per poi abbassare di nuovo lo sguardo mentre le sue gote si tingevano di rosso - Se ti va po-possiamo rifarlo in futuro, m-magari puoi farmi ve-vedere come si gioca davvero a... quel gioco. - se n'era già dimenticata il nome anche se era composto da tre semplici lettere, due si ripetevano e la terza era una congiunzione? Sì.
    E... - mosse quindi le mani alla ricerca del portafoglio - La-lascia che offra io, ti prego. - chiese indirettamente il permesso, per non voler sembrare una gradassa o per non far sentire Kimama in difetto, come se le stesse dicendo che non era in grado di pagare per sé - E' il mi-minimo che possa fare, se non fo-fosse stato per te probabilmente sa-sarei scappata fuori dal locale do-dopo mezzo minuto. - le sorrise un po' imbarazzata.
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    Kimama si sofferma per più di qualche cortese secondo su quella frase, quel punto di non ritorno che Rei aveva detto di aver raggiunto, e quel soffermarsi aveva spinto la mente della falena su concetti quantomeno cupi. Kimama era stata molto diligente da quando era arrivata in Giappone, e nella sua diligenza non si era limitata ad imparare solo di quello che era ma anche di quello che è, e c'era un problema tristemente comune nell'arcipelago che colpiva spesso le fasce giovani a causa delle grandi aspettative che la società e le loro famiglie ponevano sulle loro spalle. Le antenne vibrano e si muovono un paio di volte come mosse da un vento che non era li mentre Kimama mette una mano nella sua borsa e ne estrae un semplice blocco notes dal quale ritaglia un rettangolino di carta passandoci sopra la punta dell'indice, tirando fuori una penna con la mancina superiore per scriverci sopra qualcosa. Certo ne aveva parlato al passato ma Kimama semplicemente non aveva l'abitudine di lasciare le cose al caso, e le persone ancora di meno. Non può non sorridere però al complimento di Rei in merito a quel nome così semplice, però le piaceva e forse sarebbe stato giusto darle il motivo dietro di esso.
    "Hm! L'ho pensato perche Shaman significa Sciamano, individui che nella cultura Inuit e generalmente del Popolo detengono una posizione come guide Spirituali e non solo, molti di loro in passato erano anche i curatori del Popolo e adesso ci sono molti Sciamani che cercano di prendere lauree in medicina per potter rimanere al passo con i tempi! Per Queen..." E pone via la penna, sollevando di nuovo i suoi grandi occhi neri per guardare Rei, annuendole. "... ai tempi delle colonizzazioni le grandi potenze europee avevano Re e Regine, e sono titoli che ancora oggi esprimono un certo potere anche se arcaici-... ah, si, Queen significa Regina, credo sia una buona scelta per rappresentare la mia metà... europea!"

    Forse Queen era davvero un pochino arrogante, ma le piaceva come suonavano assieme le due parole. Però era presto per le certezze, aveva ancora esami e licenze provvisorie a cui dover far conto prima di poter arrivare al punto di vedere quello o un altro nome su una qualsivoglia classifica. E poi ora aveva qualcosa di più importante di cui doversi preoccupare, per questo allunga quel rettangolo di carta versi Rei. Non c'era nessuna frase saggia da biscotto della fortuna su di esso, semplicemente un numero di telefono mobile ed un contatto per quella piattaforma di chat online del quale le sfuggiva il nome. Non poteva certo aspettarsi che Rei si aprisse come un fiore a primavera, ma darle la scelta di poterle parlare se ne avesse avuto bisogno sicuramente l'avrebbe aiutata. O almeno di questo era convinta Kimama, che annuisce verso Rei. Non esprime rimostranze quando Rei si propone di pagare il conto, per quello che le aveva insegnato la vita non c'era quasi mai motivo di rifiutare un dono, non importa quanto semplice nella sua natura.
    "Oh! Hai ragione, siamo rimaste qui a parlare per un po', ma sono contenta ti sia divertita. E non preoccuparti, la prossima volta potremmo andare ad uno di quei chioschi di Ramen e te ne offrirò una ciotola!" Esclama prontamente, facendo muovere appena le ali come dovesse aprirle per stiracchiarle, ma trattenendosi vista la natura del locale. "Se vuoi posso inviarti il PDF del Player's Handbook, anche se... non sono sicura ce ne siano in Giapponese, però controllerò online per una traduzione indipendente nel caso!"

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    "Però si, mi piacerebbe passare un altro pomeriggio così, la prossima volta!"




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    Hello,
    Nulla di particolare da segnalare. Avete fatto più di 22 post quindi prendere il bonus.

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    Chiudo ~
     
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