Ricalcolo destinazione

ROLE | Yoshito Amaterasu & Miyasato Oshima

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    YOSHITO AMATERASU
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    Ginza. Uno dei tanti centri commerciali di Tokyo in cui è possibile acquistare tutti quegli oggetti lussuosi o tecnologici che piace tanto sfoggiare ai ricchi. Dai gioielli all'abbigliamento, dai veicoli all'ultimo telefono o accessorio in voga in quel momento, c'era tutto quello che il denaro può permettere di comprare, ma Yoshito Amaterasu non era lì per fare shopping quel giorno.
    Brr~ Che freddo.
    Armato di maglia in pile e giubbotto imbottito, il ragazzo girava per il quartiere mentre rientrava a casa dal suo tirocinio giornaliero a Lifeline.
    Il suo era un abbigliamento molto comune, troppo comune per uno come lui; per chi lo conosceva, abiti come quelli apparivano quasi anomali se addosso al giovane, usualmente saldo e fedele agli usi e ai costumi degli antichi samurai. Ma il gelo invernale di quel periodo dell'anno, aveva un po' dettato gli indumenti da indossare se non si voleva rischiare un raffreddore o l'assideramento; inoltre, era già da un certo periodo a questa parte, sin da prima dell'inizio del suo tirocinio, che il ragazzo aveva tentato un cambio di guardaroba.
    Ancor mi riempio di meraviglia ad osservar la maestosità di questo lato della città!
    Stette per un po' a camminare con la testa puntata verso l'alto, ad ammirare i maestosi grattacieli che lo circondavano; a differenza di Asakusa dove abita il ragazzo, qui le costruzioni s'erano sviluppate parecchio in altezza e ancora non s'era abituato a quella differenza.
    Mi chiedo che aria si respiri lì in alto.
    Pensò mentre osservava la torre dell'orologio del Wako Honkan.
    Forse... Potrei concedermi una deviazione...
    Solo una... Solo per oggi...

    Di solito tornava dritto a casa non appena finiva col tirocinio; con tutto ciò che c'era sempre da fare al dojo del padre e le varie commissioni che aveva sempre da sbrigare, non poteva permettersi del vero tempo libero. Tuttavia quel giorno aveva staccato prima da Lifeline e a casa non aveva particolari impegni da portare a termine, non con urgenza se non altro, quindi una piccola deviazione non poteva far male.
    Potrei fare una piccola ronda qui in zona, caso mai sia necessario l'intervento di un Eroe da qualche parte. Beh... Aspirante Eroe perlomeno.
    Abbozzò nella sua testa anche una scusa abbastanza credibile, non per giustificarsi coi genitori o qualcun altro, ma per poter sopprimere un po' di quel senso di colpa che lo tormentava quando si permetteva qualche svago.
    Yosh! Iniziamo con questa strada.
    Passeggiò per uno dei tanti viali pieni di negozi che si può trovare a Ginza, passando davanti parecchi di essi senza però mai soffermarsi troppo a lungo su nessuno in particolare; erano tutti negozi che vendevano articoli o accessori che non gli interessavano o non si poteva permettere. Col misero stipendio da tirocinante con cui si ritrovava, non poteva di certo permettersi spese pazze. Anzi... Quasi non si poteva permettere alcuna spesa.
    La maggior parte dei suoi fondi finivano investiti in attrezzature ed equipaggiamenti che gli permettessero di aumentare la sua efficienza in missione e sul campo; qualcosa andava alla famiglia ed il resto -solitamente- in un fondo di risparmio. I soldi spendibili che gli rimanevano vizi vari erano al pari di una paghetta di un liceale al suo primo anno.
    Tuttavia la cosa non gli pesava.
    Nel suo vagare senza meta però, qualcosa attirò la sua attenzione. Era un bene decisamente fuori dalla portata delle sue tasche ma che gli fece esclamare uno spontaneo: Cavolo che bella!
    Lo disse a bassa voce ma un linguaggio del genere era inverosimile pensare che fosse uscito dalla sua bocca, ma in quel momento era così rapito da ciò che vedeva che nemmeno si accorse d'aver tradito l'etichetta.
    Era giunto davanti ad una concessionaria di motociclette, la Kawasaki ad esser precisi, ed il suo occhio era stato rapito dal nuovo modello della H2R in esposizione nella vetrina del negozio.
    Una cavalcatura degna di un samurai.
    Contemplò tra sé e sé fantasticando su sé stesso a cavallo di quella moto.
    Tra poco compio anche 18 anni. Pensò. Ma non penso che un simile veicolo sia alla portata di un mero apprendista come il sottoscritto.
    Con entrambe le mani nel giubbotto, fermo davanti a quel vetro con lo sguardo ipnotizzato come un serpente davanti ad un incantatore, Yoshito rimase a contemplare e viaggiar con l'immaginazione per qualche altro minuto...
    Solo qualche altro minuto e torno ad incamminarmi verso casa.
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    < Miyasato >
    — ❈ —
    < N-No, aspetta, devi trascinare– >

    ( Sto trascinando! Guarda, guarda e dimmi che non è trascinare questo!! )

    < Puoi darmelo un attimo– >

    ( Voglio sapere chi ha inventato ste schifezze. )

    L'odio di Kaworu per quegli abomini non aveva fondo. Maneggiava lo smartphone del nipote come un arcano marchingegno dai misteri indecifrabili, e mai avrebbe perdonato il ventunesimo secolo per averli resi così integrali alla vita moderna.

    Sentimenti che portavano chiunque a dargli del vecchio decrepito quando iniziava a lamentarsi di come nessuno riuscisse a vivere senza un telefono in tasca. Ebbene sia! Meglio "boomer" che rimbambiti, a che potevano mai servire tutte quelle app?? E per le poche davvero utili, chiunque le avesse ingegnate s'era preso cura di imboscare tutto in mille menu impossibili da navigare.

    Quell'oggi lui e Miya avevano seguito Maps per far pellegrinaggio di vari concessionari, funzionalità decisamente molto utile, ma con cui perdeva facilmente la pazienza anche se il ragazzo lì vicino provava a dargli una mano. Le mappe cartacee non gli erano mai implose in mano al minimo tocco fuori-centro di qualche icona minuscola.

    Giza di suo non era semplicissima da navigare già "ai suoi tempi", e nel nuovo mondo si era fatta solo più densa e quasi-labirintica. Non aiutava che Kaworu e le sue compagnie si fossero sempre sentiti fuori luogo nelle zone di quel tipo, turisti nella loro stessa città, potevano guardare, salivare, sognare, ma non toccare.

    Quello era privilegio di chi non era nato squattrinato... Qualcuno come Miya. E per estensione, adesso, lui stesso. A tratti si sentiva un traditore, lo stesso figlio di papà che con gli altri ragazzi avrebbe deriso in adolescenza. Nemmeno poteva consolarsi reclamando i frutti del suo seme – letteralmente – siccome quella famiglia discendeva in parte da lui... Ma a quanto sembrava, in vita non aveva contribuito proprio un bel niente a ciò che Gendo aveva fatto di se stesso.

    Cos'avrebbero pensato i Noraneko a vederlo girare per negozi con un budget talmente vergognoso tra le mani? I genitori di Miyasato erano determinati a coprire l'acquisto della sua "prima moto", scambiando la passione del nonno per un nuovo hobby del loro pargolo. E Kaworu era praticamente stato costretto dal nipote ad accettare!

    In vita le sue moto erano state regali, o vincite di scommesse, per un periodo guidò anche scassoni a basso prezzo perché di seconda o terza mano... Oppure otteneva veicoli migliori tramite metodi poco consoni, e poco legali. In ogni caso ciò gli andava più che bene, ingegnarsi per superare la mancanza di Yen aveva un certo fascino, siccome anche un catorcio era il tuo catorcio, guadagnato di fatica in un modo o nell'altro.

    Quella fame gli era estranea da quand'era ospite nella vita comoda di uno studente della UA. D'un tratto sembrava tutto... Troppo facile.

    Per quanto fosse una persona a cui socializzare veniva naturale, doveva ammettere che le circostanze difficili erano un toccasana per saldare i legami, non era un caso se il suo circolo di amicizie si era fatto sempre più stretto man mano che si allontanava dal suo squallido quartiere d'origine.

    E adesso infatti, per quanto non fosse davvero cambiato, non riusciva a trovare lo stesso senso d'appartenenza. Non era più un poveraccio, ma nemmeno era un prodotto del benestare, anzi ancora aveva dello sprezzo verso i fortunati.

    < Magari la Kawasaki sarà quella buona! Fanno delle buone moto... Beh... Credo. Non sarebbero così famose senza essere tra le migliori, no? >
    Kaworu sbuffò e si portò le dita intrecciate dietro la nuca, continuando a camminare con ben poco entusiasmo verso la destinazione. Anche con Miyasato – nonostante avessero stabilito una convivenza tranquilla – non riusciva davvero a trovarsi. C'erano diverse barriere, evidente fra tutte la sua ignoranza in campo motociclistico.

    Era patentato ormai da un paio di mesi, eppure la ricerca per un partner da strada degno aveva prodotto solo delusioni, e Miya non riusciva a coglierne i motivi. Al suo occhio inesperto forse sembravano tutte uguali, se non per la velocità massima a cui la gente dava fin tropo peso.

    No, Kaworu cercava qualcos'altro.

    Qualcosa che a colpo d'occhio dubitava avrebbe trovato dentro quell'edificio tutto vetrate e spigoli, un'architettura in linea con l'estetica sterile sfoggiata dalle vetture all'interno. Era un concessionario o l'ambasciata di Cybertron?

    Nell'approcciare le doppie porte d'entrata soffermò lo sguardo su un ragazzo dalla capigliatura fiammeggiante, in trance sotto l'incantesimo di una mostruosità metallica il cui design ricordava un incidente stradale.

    « Pff. Non farti intortare, sarà bella in un'esposizione ma le manca un cuore. ​»

    Si mise al suo fianco aprendo un discorso senza annunciarsi o presentarsi, come i due già si conoscessero. Il suo approccio tipico, quindi. Anche lui però teneva lo sguardo alla merce in vendita, seppur i suoi occhi fossero molto meno dolci nei suoi riguardi.

    Magari aveva attaccato bottone giusto per lamentarsi con qualcuno che potesse capirlo un po' più di Miyasato.

    « Bell–a... Giacca, comunque. ​»

    Si salvò all'ultimo secondo, quella frase era cominciata come "belle sopracciglia".

    « Se ne dicono di cose in giro, ti prendono in giro, ti prenderò in giro, fammi fare un altro giro. »Scapestrato ✧ Deceduto ✧ Noraneko ▸▸▸ SCHEDACRONOLOGIA » © CODE

     
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    YOSHITO AMATERASU
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    Fermo davanti a quella vetrina per più tempo avrebbe mai voluto ammettere, gli occhi di Yoshito eran persi a catturare quella moto in ogni suo dettaglio; fu il suo stesso riflesso in quella lucida vetrina trasparente, quando le pupille si strinsero per mettere a fuoco l'ennesima finitura, a spezzare l'incanto di cui era prigioniero e a tornare alla realtà.
    Sarà meglio che vada.
    Si disse subito senza pensarci due volte.
    Direi che per oggi abbia avuto abbastanza distrazioni.
    Era pronto a riprendere il proprio cammino quando un rumore di passi ed un voce al suo fianco, attirarono la sua attenzione e gli fecero voltare il volto verso destra.
    Era stato affiancato da un ragazzo, un suo coetaneo o un po' più grande: viso pallido, capelli bruni ed occhi che gli ricordavano un cielo notturno.
    Mmh... Mugugnò pensoso osservandolo.
    Conosco quel viso.
    Pensò continuando a studiarlo.
    Era un viso che gli era familiare ma lì su due piedi non gli sovvenne immediatamente dove l'avesse già incontrato.
    Huh...?
    Il filo dei suoi pensieri fu spezzato ancora prima di arrivare a destinazione dalle parole del nuovo arrivato.
    Le manca un cuore? Cosa intendeva dire?
    Yoshito rispose a quell'affermazione, mostrandosi incuriosito e sfoggiando un sorriso, ma non al momento non vi furono commenti verbali da parte sua se non un semplice Grazie col tono di chi è confuso e preso alla sprovvista e non sa come rispondere.
    Seguirono brevi attimi di silenzio...
    In questi momenti di quiete del giovane, lo sguardo tornò a fissare la vetrina davanti a sé ma stavolta gli occhi non guardavano la moto in esposizione, puntavano oltre e ancora più in fondo perdendosi nel vuoto dei suoi pensieri pensando dove avesse già visto quel volto.
    Miyasato Oshima. Disse all'improvviso senza aggiungere altro e con un'espressione sorridente e soddisfatta poiché se n'era ricordato.
    Secondo anno, sezione B. Continuò col tono di chi legge un fascicolo -mentale- durante un colloquio e tornando a guardarlo.
    M'era sovvenuta l'impressione d'aver già osservato il vostro volto in passato.
    La Yuuei era grande ma Yoshito aveva un'ottima memoria. Era un acuto osservatore ed aveva a grande linee memorizzato volti e nomi di tutti i suoi compagni di scuola anche se con essi non aveva mai avuto un'interazione e, con Miyasato, era proprio questo il caso.
    Sono Yoshito Amaterasu, un vostro senpai al terzo anno.
    Nonostante fosse Oshima il più grande, era comunque un kohai rispetto al giovane samurai; questo se ci si vuol fermare ai tecnicismi e alla burocrazia scolastica, poiché ovviamente era Kaworu il vero "senpai" in quel piccolo teatrino, ma forse "boomer" sarebbe la parola più adatta se vogliamo restar fedeli ad un linguaggio giovanile e più moderno.
    Vaticino che siate qui per piacere e non per conto della nostra istituzione. Disse riferendosi alla scuola. Beh, un po' come il sottoscritto dopotutto... Concluse con tono più basso.
    Ricalò il silenzio, lasciando spazio all'altro di commentare le sue parole oppure ignorarlo. Poi, spinto da curiosità e dalla voglia di metter su conversazione con un suo kohai, Yoshito si voltò sorridente verso il giovane e col volto innocente di chi è genuinamente interessato all'argomento, gli chiese:
    Mi sovviene un dubbio Oshima-san... Cosa intendevate poco prima quando dicevate che questo veicolo è privo di "cuore"?
    Sottolineò quella parola con spontanea confusione, dopotutto Yoshito non sapeva praticamente niente di veicoli in genere e ancor meno di motociclette; tuttavia era curioso di sapere di più su quel mondo e poi doveva togliersi quel dubbio.
    Che intendesse il "motore"? Ma come farebbero a vendere un veicolo privo di motore? Da quel che so questi mezzi non possono funzionare senza. Che intenda sia venduto a parte o possegga un differente mezzo per la locomozione?
    Si, era parecchio profano a riguardo.
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    Modificato leggermente il post. È stato eliminato il riferimento di Miyasato che esce dal negozio poiché in realtà non è mai accaduto; tutta colpa della mia lettura frettolosa :zizi:


    Edited by ReЙ - 2/3/2022, 11:18
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    Perdonami il ritardo :capra:

    Kaworu Oshima Narrazione
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    < Miyasato >
    — ❈ —
    L'approccio diretto di Kaworu spesso lasciava le "vittime" disorientate per qualche momento. Se una persona sta vivendo tranquillamente e solitariamente la sua vita e d'un tratto viene coinvolta nella socializzazione, è normale si ritrovi spaesata e risponda d'istinto con un "eh?" anche se ha capito benissimo, giusto per guadagnarsi un attimo di più per elaborare il nuovo contesto.

    Ma – sfortunatamente – la pausa riflessiva del biondo aveva anticipato ben altro.

    Anche se il Miyasato lì al suo fianco era soltanto una proiezione, invisibile e intangibile, ancora era in grado di sbiancare sedutastante al sentire il proprio nome invocato da quello sconosciuto.

    I due coinquilini si scambiarono uno sguardo d'intesa, e altrettanta preoccupazione, mentre Yoshito confermava che si fossero infilati in una situazione alquanto ostica. Solitamente era Miya a curiosar troppo per i corridoi e riconoscere gente che di lui ignorava l'esistenza, eppure adesso in quella posizione c'era lui, o meglio loro.

    Ed era un bel problema.

    < ...A questo punto possiamo andare prima alla Honda, e tornare più tardi. >
    Si erano accordati su diverse questioni prima d'incominciare quella strana convivenza, la più importante era che i due non potessero varcare nella vita sociale reciproca. Kaworu evitava i compagni di scuola, Miyasato si teneva al largo da certi posti che l'albino frequentava.

    Tra queste regole avevano pattuito che in situazioni di bisogno, in cui la vita di uno diveniva rilevante nelle giornate dell'altro, la prassi era cedere temporaneamente il controllo o defilarsi il più discretamente possibile.

    Kaworu sbuffò.

    ( Non pensi sia una zona grigia, questa? )
    Comunicò al nipote silenziosamente, intanto da fuori incalzò Amaterasu, non poteva restare imbambolato mentre discutevano come uscire dall'inghippo.

    « Ahahah, mi piace come parli! Dove le hai imparate certe parole? È figo. Piacere incontrarci "ufficialmente" comunque, se già mi conosci! ​»

    Ridacchiando gli scagliò anche un pugnetto scherzoso al braccio. Rispettava chi aveva un suo stile, e nel caso dello studente aveva scelto un lessico quasi solenne, che però in quel contesto così rilassato aveva un che di buffo. In senso buono, ovviamente.

    < Kaworu! Ne abbiamo già parlato! >
    Interruppe il nipote, che con ogni frase scambiata fra i due si sentiva attaccato personalmente. Teneva molto al distanziare la sua identità dalle gesta del nonno, preservare una certa reputazione agli occhi dei coetanei per evitare lo scambiassero con l'individuo caotico che invece era Kaworu.

    ( Ma non ti conosce! Non hai un'immagine da proteggere con lui. Se non sa chi sei, che problema c'è a conoscere me? )
    La parlantina del biondo già di per se lo metteva in difficoltà, seguirlo assieme ad un'altra conversazione stava provando seriamente le sue capacità di multitasking.

    Alla sua domanda seguì con una pausa, come se stavolta fosse lui a dover ragionare su qualcosa. Gli dava un buon pretesto per voltarsi a Miya grattandosi il capo, e cercare una via d'uscita in quella discussione.

    < Studia alla UA. In questo momento sei "Miyasato" ai suoi occhi! Per favore... >
    A volte lo sguardo di Miya era difficile da interpretare. In quel momento c'era più frustrazione, o più delusione? Sembrava Kaworu volesse rinnegare i loro patti, ma così non era, avevano sancito dei limiti ed entrambi tenevano fossero mantenuti... Eppure ogni confine ha ambiguità.

    ( Vuoi ancora essere un Hero, o ti sei già arreso? )

    < E–Eh? Cosa c'entra– >

    ( C'entra! Pensi sarà l'ultima volta che qualcuno sa di te senza tu li conosca? Dovrei girare al largo da chiunque ti abbia visto salvare un gattino da un albero? )

    Anche gli eroi più pezzenti godevano necessariamente di un profilo pubblico. C'erano intere liste dedicate a metterli in ranking, dove ovviamente i più bassi erano i meno rinomati, ma comunque qualche occhio addosso lo avevano.

    < Questo è–... È totalmente diverso! >
    Il moro si strinse un po' più in se, nonostante già da prima fosse messo in modalità tartaruga per l'ansia della situazione. Fissava le punte dei propri piedi... E Kaworu sapeva riconoscere quando il ragazzo era indeciso.

    Non erano scuse tirate fuori per accaparrarsi più controllo sulla loro vita condivisa, era la verità. Finché come obiettivo aveva diplomarsi per una carriera simile, problemi come quelli erano inevitabili. Se ciò non gli andava a genio avrebbero fatto bene a discuterne adesso.

    Lui non voleva imporsi su tale decisione... Ma si sarebbe sentito inscatolato da un limite simile. Specialmente oggi, dato che Yoshito sembrava una persona divertente con cui spendere un po' di tempo.

    < ...Okay, va bene. Ma! Non prenderti troppe libertà, ecco... >
    Kaworu esalò un altro sospiro, stavolta di sollievo. Ancora Miya non pareva troppo sicuro di una mossa simile, ma col tempo si stava aprendo passetto-passetto alle incertezze dell'ignoto.

    Dopo un cenno affermativo riconsegnò tutte le proprie attenzioni al ragazzo da lui approcciato.

    « Uff, spiegartelo a parole è difficile. Che ne diresti di una dimostrazione? ​»

    Lo aggirò con un paio di balzi energici, avvicinandosi alle porte scorrevoli d'entrata e invitandolo a seguire. Accettando i due si sarebbero tuffati nel fulcro vero e proprio della concessionaria, raggiungendo con pochi passi l'altro lato della vetrata, così che soltanto una delimitazione in corda rossa li separasse dal podio su cui si ergeva il veicolo.
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    YOSHITO AMATERASU
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    Sorrise, com'era sempre solito fare, ma anche per cortesia com'era richiesto in genere da queste situazioni. Non gli capitava spesso di aver a che fare con i suoi compagni d'accademia; nonostante fosse all'ultimo anno e gli pareva di conoscere quasi tutti quelli che la frequentavano, la cerchia di persone con cui aveva stretto un qualche tipo di relazione si contavano sulle dita di una mano. Era quindi molto elettrizzato all'idea di scambiar due chiacchiere con una faccia nuova di tanto in tanto.
    Forse gl'impegni a casa possono attendere un altro po'.
    Dopotutto quanto tempo avrebbe potuto rubargli una semplice conversazione? Pensò.
    Miyasato inoltre gli sembrava anche una persona molto interessante con cui interagire; gli dava l'impressione d'essere una persona solare, sicuramente molto energica, lo intuì da pochi segnali: come si muoveva, come parlava, e quel pugnetto sulla sua spalla gli dava conferma che non fosse una persona che avesse problemi a prendersi confidenza.
    Oh~ Non penso che con costui ci sarà d'annoiarsi.
    Al buffetto sul braccio non replicò se non con un sorriso e storcendo un sopracciglio. Non sapeva come interpretare o rispondere a quel gesto; come detto prima, le sue interazioni sociali era un minimo già da un po' ormai, sempre chiuso nel dojo di famiglia o a sbrigar commissioni per il padre o Lifeline, e di certo non voleva sbilanciarsi ed offendere una persona appena conosciuta. A differenza di Miyasato, Yoshito era decisamente più cauto, quasi formale, quando stringeva nuova amicizie; tendeva ad essere cordiale ma cauto, come se volesse studiare chi avesse davanti, per capire fin dove si potesse spingere.
    Optò dunque per il silenzio come risposta a quel gesto, continuando a sorridergli come se niente fosse accaduto; con le persone così vispe, non sapeva quasi mai quale tipo di approccio adottare.
    Non passò quindi inosservato il cambiamento di condotta nell'altro, specie dopo la battuta, così l'aveva interpretata, sulla sua parlata.
    È una tradizione di famiglia.
    Gli rispose sintetico e sempre con un sorriso, ben conscio che il suo lessico troppo forbito fosse inusuale per molti, ma era un qualcosa a cui s'era abituato e si potrebbe anche dire... "Rassegnato".
    Seguì un silenzio insolito dopodiché.
    Il comportamento di Miyasato aveva subito una drastica modifica all'improvviso, o così l'aveva percepito; furono i suoi occhi a suggerirgli ciò: confusi, un po' persi, come se in quel momento stesse cercando di metter ordine nella sua mente. Conosceva quello sguardo, era lo stesso che aveva il padre dopo che assumeva troppo alcol...
    Oshima-san, tutto bene?
    Gli chiese spontaneamente e con genuina preoccupazione.
    Che abbia qualcosa che lo tormenta?
    Preoccupazione che non trovò molto spazio nei minuti seguenti, poiché poco dopo Miyasato sembrò ritrovare il proprio vispo animo.
    Il ragazzo fu criptico nel rispondere alla domanda di Amaterasu, forse perché non così semplice era la domanda. Invitò Yoshito a seguirlo all'interno ed il giovane samurai non obiettò in merito; una dimostrazione, così la chiamò, ma non comprendendo il significato dietro quelle parole, l'unica cosa che il giovane pensò fu:
    Chissà cosa mi vuol mostrare?
    Varcarono l'ingresso attraverso le porte automatiche del locale. Una volta dentro Yoshito si diede una bella occhiata attorno, aveva gli stessi occhi di un bambino curioso, dopotutto non era frequentatore di posti di quel genere, anzi, era un frequentatore di veramente pochi locali in genere. Fu così che gli nacque spontanea la domanda.
    Oshima-san, investite notevoli quantità di tempo in questo genere di attività commerciale?
    Una domanda lecita frutto d'ingenuità e curiosità, non sapeva se Miyasato potesse sentirsi offeso da quel genere di quesito.
    Il locale comunque era come se lo immaginava: moderno, pulito e con quell'aria di "troppo costoso" che saturava la stanza. Si fermarono difronte all'oggetto del desiderio di Yoshito, con solo una nastro rosso a separarli.
    Cosa stiamo guardando?
    Gli chiese senza troppe formalità o giri di parole, osservando quel veicolo con occhio confuso e non capendo dove volesse andare a parare l'altro.
    Ha parlato di un "cuore", ma non capisco dove debba essere.
    Aveva interpretato troppo letteralmente le parole di Kaworu.
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    Kaworu Oshima Narrazione
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    < Miyasato >
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    Se la rise di gusto un'altra volta alla domanda di Amaterasu. Sperava non la fraintendesse come derisione, la sua verbosità lo divertiva senza intenzioni di sfottimento. Anche perché quando voleva davvero schernire qualcuno non lasciava ambiguità simili.

    « Di moto m'interesso da quando ho memoria, praticamente. Ma se mi stai chiedendo di posti tipo questo nello specifico... No, decisamente no. ​»

    Camminando al fianco di Yoshito si guardava attorno come fosse personalmente offeso da ciò che lo circondava, nonostante sapesse bene fosse lì dentro di sua spontanea volontà. Non lo fermava dal prenderlo comunque come un affronto.

    « Me ne sarei tenuto lontano anche avessi avuto i soldi. ​»

    Disse una volta raggiunto il nastro rosso, la delimitazione tra i clienti e l'oggetto di sbavo del biondo. Era strano pensare che – avesse voluto – quel veicolo poteva portarselo a casa. Anche se non era lui a "poterselo permettere", ma i genitori di Miya.

    Soldi che, però, sarebbero andati sprecati, dal suo punto di vista.

    « Non è tanto quel che c'è da guardare, ma cosa dovremmo percepire. ​»

    E anticipando così la sua dimostrazione... Chinò le ginocchia, e in un rapido passo superò da sotto quel che separava loro e il piedistallo. Dopodiché un altro balzo lo portò al livello della motocicletta, fino a toccarla con mano.

    Intanto Miya seppelliva il volto nei palmi.

    Uscite come quelle, a suo malgrado, lo turbavano sempre meno considerando quant'erano parte della quotidianità di Kaworu. Non sarebbe stato lo stesso senza le sue indoli vandale. Il moro si era rassegnato a ogni tentativo di renderlo un bravo ragazzo, sotto garanzia che l'albino non si cacciasse mai in guai seri, e che "se era arrivato alla sua età, un motivo c'era".

    « Che catorcio. ​»

    Si diede un'occhiata attorno. Aveva colto un breve momento dove non trovava commessi nei paraggi, e ancora i pochi altri clienti non avevano notato il suo azzardo. Per quel poco tempo che aveva a disposizione, ne avrebbe approfittato.

    Prese posto in sella come già gli appartenesse, e fece la stessa cosa impugnando il manubrio. Dopo aver fatto un paio di movimenti, immaginando d'essere in strada, lasciò andare un sospiro scocciato.

    « Se le inventano tutte per renderli così veloci e performanti, quando manca... Feeling. Capisci? Il cuore. Una buona moto dovrebbe essere quasi invisibile, un'estensione di te, ma è chiaro che qui invece ogni scelta di design vuole costringerti a guidare come dicono loro. ​»

    Nemmeno riusciva a sedersi comodo o prendere un'angolazione rilassante per le proprie braccia. Era tutto fin troppo artificioso. Non riusciva a vedersi sfrecciare per la città, disconnettendosi dal mondo sfocato attorno, sopra un pezzo simile.

    « Insomma, a me piacciono le bistecche, e stanno cercando di rifilarmi un sostituto vegano! Non so se mi spiego... ​»

    Oltre al gusto personale, certe cose potevano essere notate solo da chi aveva anni di esperienza. Lui stesso quand'era più giovane faticava a distinguere vari modelli se non per i numeri sul cruscotto. Adesso invece, modestie a parte, si considerava un pilota più che esperto... Per le moto a lui familiari di mezzo secolo fa, almeno.

    « Ecco, prova tu! Vedi se noti qualcosa. ​»

    Scese dal piedistallo e invitò l'altro a superare il nastro. Di nuovo, si atteggiava come gliela stesse prestando da amico, piuttosto che essere una brutta influenza su un ragazzo per bene... O così sembrava Yoshito.
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    YOSHITO AMATERASU
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    Le parole di Miyasato lo incuriosivano ma al contempo lo confondevano; non riusciva a comprendere cosa intendesse col suo discorso e per quanto ci provasse non trovava soluzione. Era un po' come se stesse provando a sciogliere un complesso rompicapo.
    Non è la vista ciò che deve farmi da guida ma la percezione che ho del veicolo?
    Parafrasando a modo suo, ripetette le parole dell'altro per aver conferma che avesse compreso ciò che gl'era stato detto.
    Tuttavia non comprendo...
    Rimuginò tra sé e sé con tono flebile e sguardo basso, ma senza mai eclissare il suo sorriso.
    Rimase ad ascoltarlo attentamente come un bravo studente davanti al docente e nel mentre pensava; Oshima parlava di feeling e di cuore, concetti a cui Yoshito non era estrano ma non s'era mai trovato ad immaginarli associati ad un qualcosa come un mezzo di locomozione.
    Forse... Esitò nei suoi pensieri. Forse è un qualcosa di simile al mio rapporto con le arti marziali. Non sono qualcosa che puoi apprendere tramite mera emulazione. Vanno assimilate, "sentite dentro", come se fossero parte di noi stessi e solo allora si può iniziare a comprenderle.
    Trasse le sue conclusione cercando di rifarsi alle proprie esperienze. Dopotutto stavano parlando di passioni e, sebbene tra loro fossero molto differenti, entrambe condividevano la medesima base: emozioni. Un qualcosa di astratto difficile da esprimere a parole e che solo chi ha veramente vissuto può capire veramente.
    Che sia questo ciò che intende?
    Un dubbio che non avrebbe trovato subito risposta, poiché ciò che fece dopo il suo compagno di scuola lo lasciò attonito... O per lo meno sorpreso.
    Miyasato prese l'iniziativa e scavalcò il rosso cordone che li separava dalla moto in esposizione; raggiunse la Kawasaki con indifferenza ed estrema confidenza, mettendosi a cavalcioni sopra essa come se fosse una sua proprietà.
    Ma può farlo?
    Si chiese il giovane confuso dall'agire dell'altro. Tuttavia il suo comportamento così naturale e sicuro di sé, gli fecero pensare che forse avesse un qualche tipo di permesso o autorizzazione per fare ciò che aveva fatto. Lungi dal pensare che le azioni di Kaworu fossero ben lontane da ciò che lì dentro era concesso.
    Oshima-kun, che state facendo?
    Sorridendo e mantenendo calma e contegno, il giovane decise comunque d'investigare chiedendo esplicitamente al diretto interessato. Yoshito è un ragazzo ingenuo, troppo per la sua età, ma ebbe comunque un sentore che ciò che stava succedendo non era propriamente lecito; nondimeno non s'allarmò e lasciò all'altro la possibilità di spiegare, mantenendo anche un tono basso per evitare d'attirare attenzioni indesiderate.
    Seguirono poi le lamentele di Oshima sulla moto, le quali ascoltò senza proferir commento; sorrise spesso mentre gli prestava attenzione trovando divertente quel suo modo di parlare.
    Per qualche motivo mi sta portando alla mente gli anziani del mio quartiere.
    Come detto ascoltò in silenzio, eppure non riuscì a farsi sfuggire comunque un commento.
    Oshima-kun! Disse all'improvviso. State forse affermando che suddetto veicolo non sia in grado di donarvi l'emozione che cercate?
    Dopo tutto quell'ascoltare -e pensare- sentiva d'essere vicino alla soluzione.
    Malgrado tutto non proprio questo lo scopo di suddetti veicoli? Fornire intrattenimento.
    Parole di un profano che solo provando avrebbe potuto comprendere.
    Attese dunque una risposta e, prima di poter fornire replica, la sua compostezza venne nuovamente questionata. La proposta di Miya lo destabilizzò, lo si poteva intuire dalle sopracciglia che s'aggrottavano sul suo viso; ancor non era sicuro che cavalcare le moto fosse un qualcosa di "normale" in quel luogo, ma esitò poiché rimaneva pur sempre alieno a quel tipo di ambienti.
    Oh~ Ti ringrazio per l'offerta!
    Tuttavia la sua risposta non fu negativa. L'idea lo sconfinferava ma dietro il rifiuto mancato si celava un "ma" non pronunciato che si affrettò a preferire.
    Nondimeno chiederò il permesso ad un commesso. Non vorrei arrecare danni in mancanza di sopravvistone.
    Dopotutto son pur sempre un novizio in questo genere di cose.

    Le sue parole erano sincere e prive di sottintesi.
    Anche se la proposta di Oshima era più che all'attentante, l'ingenuità di Yoshito fu sopraffatta dalla sua natura cauta da bravo ragazzo; credeva veramente in ciò che aveva detto e, non appena terminò quella frase, si girò in cerca di qualcuno del negozio da chiamare... E lo avrebbe fatto se non fosse stato fermato.
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    Yoshito sembrava afferrare il fulcro della questione, ma ancora non riusciva ad inquadrarsi nella prospettiva di Kaworu, la prendeva troppo sul letterale. Comprensibile visto che capire qualcosa di talmente astratto senz'averlo provato da se è pressoché impossibile.

    « Intrattenimento? Hmm. Sì, da un certo punto di vista. ​»

    Risposta susseguita da un attimo di silente contemplazione con gli occhi puntati al soffitto. Non negava che sfrecciare su una moto fosse una delle cose più divertenti e appaganti al mondo, eppure la sua passione era ben più radicata.

    « Ma più che uno svago, la moto è libertà. Di andare dove si vuole, come si vuole, in maniera irrealizzabile soltanto dalle proprie gambe! Attrezzi come questo o come le automobili non reggono il confronto con una Signora Moto. ​»

    Crescendo con il nulla attorno se non disagio, potersi sedere sopra due ruote e fuggire ovunque volesse, diventando parte del paesaggio piuttosto che un puntino stabile al centro di esso, gli aveva salvato la vita.

    La sensazione di guidare pochi minuti e trovarsi in tutt'altro ambiente, continuare e scoprire un altro quartiere ancora, e spingersi fino a dove le ruote andavano attrezzate per continuare oltre l'asfalto, non era la stessa senza un mezzo che offriva totale sintonia.

    Mentre si distraeva in pensieri che iniziavano a tendere al troppo sentimentali, teneva un orecchio su Amaterasu... Abbastanza da sentire la sua terribile proposta.

    « Ohi! Ma che ca– ​»

    Imprecò balzando giù dal podio e scattando come una lucertola sotto il cordone. Fosse tornato al fianco del biondo un secondo dopo, il commesso che aveva appena girato l'angolo l'avrebbe sgamato in fragrante.

    Ma Yoshito stava bene?? Non era normale in testa. "Chiamare un commesso". Mah. Si era fatto un'idea migliore di lui vedendolo reagire con un sorriso e basta alla sua espansione illecita, ma quella mossa gli aveva ricordato in fin dei conti fosse un bravo ragazzo da una buona scuola, dedito all'ordine e alle regole. Bleh.

    « Come posso aiutarvi, ragazzi? ​»

    Incalzò radiante l'uomo invitato dal compagno, la cui targhetta lo identificava come "Tatsumi".

    « Erhm– Il mio amico qui stava facendo un pensierino sull'H2R. ​»

    Prese parola per primo, onde evitare l'altro si facesse scappare l'ingenuità di bocca. Superare i limiti imposti alla clientela e addirittura smanettare con la merce non solo comportava essere gettati fuori a calci, ma probabilmente anche bannati a lungo termine.

    « ...C'è modo di fare un giretto di prova? ​»

    Se già avevano coinvolto lo staff, tanto valeva portare la cosa fino in fondo se l'interesse di Amaterasu era serio. I concessionari spesso erano muniti di lotti specifici per mezzi "demo", impostati in modo tale da funger bene ai test, ma avere ben poco valore commerciale che spronerebbe al furto.

    I due erano teoricamente ad una firma e una fotocopia alla patente di distanza dal metter mano ai motori senza spendere un centesimo. Anche se per come la vedeva Kaworu avrebbero dovuto pagare lui.

    « Oh, purtroppo temo di no, almeno per quella. Volendo però ci sono altri modelli sempre della stessa serie a vostra disposizione, l'handling e il feeling sarebbero simili. Oltretutto alcune hanno il sedile esteso per accomodare un passeggero, voleste viaggiare assieme. ​»

    Pff. Se assomigliavano al pezzo di ferro su cui aveva seduto prima, non avevano manco il diritto di stare nella stessa stanza assieme alla parola "feeling". In ogni caso, volse lo sguardo al coetaneo di Miya pasandogli la risposta, siccome l'unico indeciso sulla qualità al momento era lui.
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    Con parole come quelle Oshima sarebbe potuto essere un ottimo venditore o un agente di commercio, poiché Yoshito avrebbe di certo comprato da lui in quel momento.
    Kaworu Miya non era stato particolarmente eloquente o persuasivo col suo discorso, fosse stato esposto a terzi -o persone più "normali- sarebbe stato di certo percepito come una semplice chiacchiera o un cicaleggio di cortesia...
    Per passare il tempo insomma.
    Tuttavia, in ciò che aveva detto, si celava un'argomento assai importante per il biondo, quantomeno lo era diventato nell'ultimo periodo a questa a parte.
    Libertà...
    Un concetto assai astratto e di difficile dialogo già in una normale conversazione, ma che assumeva aspetti ancora più complessi se lo si associava al giovane dai capelli di fiamme. L'aspirante samurai non era di certo tenuto in prigionia o recluso in un contesto che ne limitasse fisicamente o mentalmente le scelte, all'apparenza per lo meno. Quel concetto, quell'idea, era un qualcosa a lui estraneo poiché mai s'era sentito privo di libertà nella sua vita giacché poco sapeva del "mondo esterno".
    Era sempre vissuto in un ambiente i cui confini eran ben definiti da regole e doveri, in cui tutto, dalla routine giornaliera ai passatemi, era mirato a renderlo l'uomo che sarebbe stato, con un obiettivo ben chiaro da raggiungere: diventare il prossimo capo di casa Amaterasu.
    Ma era davvero questo ciò che lui voleva?
    Le esperienze che aveva sperimentato e le persone che aveva incontrato, gli avevano permesso di guardare il mondo da un angolo diverso; un cambio di prospettiva che lo aveva un po' destabilizzato e che gli fecero questionare il suo stile di vita ed il suo modo d'agire e di pensare... No, non sta vivendo alcuna crisi esistenziale s'è questo ciò che vi state chiedendo. Imposti o condizionati che fossero, i suoi pensieri, i suoi obiettivi, il suo modo stesso di essere, sono ormai parte di lui, assimilati come una spugna sopra una pozza d'idee; capire ciò non gli cambiava nulla, lui rimaneva sempre lui e questo non sarebbe mai cambiato. Alla fine fare un confronto tra lui e Yuudai -suo padre- per vedere quanto Yoshito fosse diverso dal suo vecchio e tanto basta.
    Ma il ragazzo stava crescendo ed era ormai quasi prossimo alla maggiore età, stava vivendo quella fase della crescita in cui si vuole sperimentare, conoscere il mondo in cui si vive, in cui ci si vuol lasciar condizionare da stimoli esterni al proprio focolare familiare. Un po' tardivo direbbero alcuni, poiché questo solitamente è ciò che molti definiscono adolescenza, ma era anche vero che "tardivo" era stato il suo affaccio verso il mondo, il vero mondo.
    Ed ora dinanzi a lui si presentava qualcuno che gli parlava di un qualcosa da cui solo ultimamente s'era lasciato tentare: la libertà di vivere veramente, la libertà di fare quello che ti pare... O così aveva interpretato le sue parole.
    Uno spirito ribelle stava nascendo in lui, peccato che però era ancora troppo vincolato dalle catene del "bravo ragazzo", troppo legato a concetti e preconcetti che non gli permettevano nemmeno di pensar per sbaglio a qualcosa come rompere delle regole. Un'anima decisamente differente rispetto all'altro ragazzo, ma che forse stava diventando affine al concetto di corruzione.
    Chiamò il commesso non notando il dissenso di Miyasato, distratto dal momento e dall'osservare il dipendente che si approcciava lento verso il duo; quando si girò, Oshima s'era già palesato al suo fianco, scappato allontanatosi da quella quella moto in un lampo.
    Salve vorre...
    Non ebbe tempo di proferir parola che gli fu rubata dall'altro.
    Non s'offese per quel gesto né pensò malamente di Miyasato, Yoshito continuò a sorridere e ad ascoltar tacitamente il ragazzo, troppo ingenuo puro mentalmente per poter sospettare del marcio dietro quel suo gesto.
    Dopotutto è lui l'esperto.
    Pensò in buona fede, ignaro che dietro quel fare, Kaworu volesse mascherare il suo comportamento poco corretto con la merce esposta in quel locale commerciale.
    Tuttavia lasciar parlare lui fu davvero la migliore delle idee. Oshima richiese al commesso di provare H2R, proposta a cui Yoshito reagì istintivamente con uno spontaneo Perché, si può!? mentre gli occhi gli s'illuminavano della stessa gioia e curiosità che ha un bambino la prima volta che vede delle giostre. Come già detto il giovane Amaterasu è assai estraneo agli usi del "mondo esterno" al suo nido familiare e, nella sua mente, una proposta simile era un'opzione improbabile a cui non avrebbe mai potuto nemmeno aspirare.
    Ma l'entusiasmo del ragazzo non pareva destinato a perdurare. Tatsumi, il commesso, declinò la richiesta del cliente ammazzando l'ardore di Yoshito con esso; osservandolo negli occhi, si sarebbe potuto osservare la loro luce affievolirsi lentamente fino a spegnersi. Persino il suo sorriso, seppure permanente, sembrò venir attaccato da quella risposta.
    Ooh~
    Avrebbe esclamato con tono deluso a bassa voce, già pronto a rassegnarsi e lasciar scappare via il sogno.
    Tuttavia Tatsumi non aveva ancor finito di parlare e, quando propose ai due delle alternative da provare, gli occhi ripresero istantaneamente vita, rianimati come un fuoco a cui è stato fornito nuovo combustibile da bruciare.
    Non ebbe bisogno di parlare.
    Quando Kaworu si girò verso Yoshito, avrebbe visto gl'occhi del giovane brillare e che l'osservavano con lo stesso brio che ha un bimbo il giorno di Natale.
    Non so chi siano questi "Handling e Feeling", ma cosa ne dici Oshima-kun?
    Sicuramente si potrebbe dire che Kaworu la sua risposta l'aveva avuta. Yoshito lasciò a lui l'ultima parola su quella scelta ma era più che evidente verso quale risultato il giovane fosse orientato.
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    Kaworu Oshima Narrazione
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    Gli occhi spiritati di Yoshito erano gli stessi di un cagnolino che sapeva fosse l'ora della passeggiata. Anche a Kaworu s'aprì un sorriso magari un po' intenerito. Perché lui stesso era stato in quella posizione, anche più giovane di quanto fosse adesso lo studente.

    Ricordava quando sbavasse sui nuovi modelli, e con quanta ammirazione invidiasse i ragazzi più grandi che sfrecciavano per strada sembrando macchie sfocate. La parte migliore è che quella sorpresa non spariva quando ci si univa al divertimento, ma anzi cresceva, più entrava in quel mondo e più comprendeva ci fossero solo sorprese ad aspettarlo.

    Per esempio, anche a vent'anni inoltrati ancora trattava Eizen – il meccanico di fiducia dei Noraneko – come un vero e proprio stregone. Era capace di trasformare anche il rottame più sfigato in una vera e propria macchina da guerra su due ruote, con tutte le modifiche e gli upgrade ch'era in grado di manifestare dalla sua officina.

    Proprio perché si specchiava in Amaterasu era fondamentale instradarlo sulla retta via. Trattenerlo dal vortice di seduzione che era la triste modernità delle moticlette nel ventunesimo secolo. Un ragazzo sobrio e old-school come lui poteva fare ben di meglio.

    Pensandoci, forse un giretto di prova avrebbe solo radicato ulteriormente le sue tendenze malsane... Ma sperava che un'esperienza guidata potesse dargli i mezzi per almeno comprendere, e poi combattere i suoi desideri impuri.

    « Se va bene a te, va bene a me! ​»

    Rispose sorridente all'altro, lasciando correre i suoi commenti confusi, sperando sarebbe stata la pratica a chiarire i suoi dubbi.

    « Perfetto! Seguitemi pure, ragazzi. ​»

    Tatsumi era il più sorridente di tutti e tre. La sua gentilezza chissà perché sospettava avesse meno a che fare con la sua dedizione all'assistenza clienti, e più con gli Yen che aveva al posto degli occhi, sognando una doppia vendita in un colpo solo.

    Restarono alle spalle dell'uomo attraversando il concessionario intero, passando oltre molte altre moto in "showcase" e diversi ragazzi della loro età che si divertivano a fotografarcisi assieme.

    La loro destinazione era raggiungibile dirigendosi ad uno degli angoli più imboscati dell'edificio, oltre un set di doppie porte sbloccabili soltanto dal badge magnetico dell'impiegato.

    < W-Woah! >
    Reagì il coinquilino, e probabilmente anche il suo compagno di classe sarebbe stato colpito allo stesso modo davanti ad un vero e proprio esercito di moto.

    Saranno state forse due dozzine o poco più, ordinate e bendisposte in colonne, strette tra loro come sardine, con giusto abbastanza spazio tra una fila e l'altra per permetterne l'uscita.

    Un venditore di mezzi usati avrebbe presentato quel lotto all'aperto, alla Kawasaki invece avevano condotto i due ragazzi ad una sorta di garage, da cui una moto ne usciva soltanto passando il cancello scorribile.

    ( Woah! Un mare di pezzi di ferro tutti uguali! Incredibile! )

    < Hahaha, non ti ho mai visto così seccato. Abbiamo trovato il tuo punto debole. >

    Tatsumi li condusse al centro di una delle varie file, accennando a cinque veicoli in particolare, le cui fattezze robotiche rivelavano la parentela con la moto vista (e insultata) prima.

    « Queste fanno parte della stessa serie dell'H2R. Ma non fatevi problemi a sceglierne un'altra, se qualcosa qui attorno vi cattura il cuore. ​»

    E li invitò a dare uno sguardo al resto delle offerte che li circondavano. Kaworu aveva un ottimo occhio allenato in materia... Eppure ogni singolo prodotto si confondeva al vicino, nemmeno i diversi colori bastavano a distinguerle. Faticava a comprendere cosa distinguesse le varie "serie" finché erano tutte così asettiche e prive d'anima.

    « Cosa ti attira? ​»

    Accennò al compare, lasciandogli quindi il diritto della prima scelta.

    « Intanto, potrei avere le vostre patenti? Giusto un attimo, abbastanza da fotocopiarle. E vedo anche di portarvi i moduli da firmare. ​»

    Kaworu estrasse il portafoglio e gli concesse la tessera plastificata, ricevendo in cambio un breve inchino di gratitudine. Entrambi posarono poi lo sguardo al biondo–

    E lì realizzò qualcosa che forse avrebbe dovuto dare per scontato sin dall'inizio.

    « ...Ma, tu la patente la hai? ​»

    Lo sguardo perso con cui accoglieva ogni terminologia inerente alla guida non era forse solo prodotto di ingenuità, ma di vera e propria ignoranza. Non che servisse una qualifica a saper guidare – Kaworu in vita non se ne era mai curato – tuttavia le concessionarie erano puntigliose sulla burocrazia.
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    YOSHITO AMATERASU
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    Simpatia.
    Ecco cosa provava Yoshito nei confronti di Tatsumi-san, un uomo dal sorriso largo e solare; la madre gli aveva insegnato a dar fiducia a chi sorride spesso ed è per questo motivo che lo faceva lui stesso, ma la donna probabilmente non l'aveva messo in guardia da venditori ed agenti di commercio.
    Lì dove il giovane Amaterasu vedeva una persona disponibile e cordiale, l'altro non vedeva altro che portafogli con le gambe ed un'occasione perfetta per arrotondare; le provvigioni di quel mese di certo gli avrebbero di certo ringraziato.
    Dall'altro lato invece, c'era una ragazzo - almeno all'apparenza- i cui motivi erano dubbi ed incerta era anche la fiducia in egli rimessa; tuttavia Yoshito non aveva motivo di trovar malizia dietro le azioni del compagno e decise di affidarsi completamente a lui, specie per la sua saggezza in materia. Quando Miya diede il suo assenso al desiderio del biondo, gl'occhi di quest'ultimo brillarono come quelli di un bambino dopo che il padre aveva acconsentito ad acquistargli il tanto desiderato balocco. Il trio iniziò dunque ad incamminarsi verso altra zona del locale, con Tatsumi in testa e Yoshito in fremito al pensiero di cosa avesse ai due da mostrare.
    Il ragazzo in cappotto e con la grossa criniera di fuoco, seguì con tacito assenso domandandosi Chissà cos'ha per noi in serbo?
    L'occhio però era vigile e si guardava attorno.
    Sparsi per il locale vari clienti s'interessavano al ciò che quel luogo avesse da offrire. Alcuni più grandi, alcuni più giovani. Alcuni di essi eran veri potenziali clienti, altri -come lui- eran solo dei curiosi che s'accontentavano solo di guardare. In molti facevano foto ma unicamente ragazzi, troppo giovani per poter guidare quei mostri della meccanica o troppo squattrinati anche solo per poterli desiderare.
    Si limitavano a fantasticare, a sognare ad occhi aperti. Un sogno così irraggiungibile che la sola testimonianza d'aver visto e toccato con mano una vetta così irraggiungibile, gli bastava per il ritiro a scuola o con gli amici come motivo di vanto.
    Mi domando cosa si celi dietro cotanto entusiasmo.
    Completamente estraneo a quel tipo di attrazione, il ragazzo osservava con sguardo alieno quello spettacolo; tuttavia non pensate che sia indifferente a questo tipo di emozione, poiché -se non nelle moto- era in altro che riponeva la propria passione. Le spade eran il suo cruccio e probabilmente avrebbe potuto parlare di esse con lo stesso amore con cui parlava di moto Kaworu. La sua è un'idolatria che risale a tempi ormai passati ma che ancor oggi lo infiamma con lo stesso ardore di quando nacque questa sua attrazione. Sin dalla più tenera età ha coltivato interesse per katane e tutto ciò che gira attorno ai samurai, passione che tuttavia non era condizionata da film, cartoni o altre figure del mondo dell'intrattenimento come potrebbe esser per altri... No.
    La sua è un'eredità generazionale, trasmessagli da nonno e padre.
    Aah~ Che nostalgia...
    Ma non soffermiamoci troppo a riguardo perché non è questo il momento di trattar tale argomento.
    Scosse la testa e scacciò quei pensieri con la stessa facilità con cui eran nati, voleva esser lucido per ciò che gli aspettava poiché in quel momento la sua curiosità era senza eguali.
    La porta si schiuse dinanzi a lui e gli parve quasi d'esser investito da una luce. Ad attenderli oltre quel varco v'era una scuderia di moto messe una dopo l'altra; c'era meraviglia nei suoi occhi, fremito nel suo petto, anche se non comprendeva ancora bene il motivo dietro.
    Subarashi...!
    Esclamò varcando l'uscio mantenendo le mani in tasca; un largo sorriso a bocca aperta s'inarcò sulla sua faccia ed un'espressione gioiosa gli irradiò il viso.
    Sono tantissime!
    Era visibilmente eccitato, come un bambino in gelateria in una calda giornata estiva; tuttavia questo bambino era ignaro su cosa fosse veramente un gelato e quindi per lui solo forma e colore era ciò che differiva in ciò che c'era in esposizione; cosa rendesse una moto veramente diversa da un'altra non gl'era per nulla chiaro. Senza saperlo, lui e Kaworu si stavano trovando d'accordo su quella mostra di moto a momenti senza senso, anche se ben diversi erano i motivi dietro il loro pensiero.
    Il vero disagio nondimeno non tardò ad arrivare, si sentì in parecchia in difficoltà quando fu messo difronte ad una scelta; ignorante sui criteri necessari per potersi orientare, la voce gli si fece esitante e la risposta tardò ad arrivare.
    Beh...
    Ci pensò per un attimo e la sua faccia concentrata suggeriva che si stava scervellando.
    Ad esser sincero per me son tutte uguali. Ah-ha.
    Cercò di riderci su per spezzare la tensione, strofinando il retro del capo per via dell'imbarazzo; non voleva far brutta figura scegliendo un qualcosa di "sbagliato" -o semplice a lui non adatto- ed optò dunque per una ritirata e un ripiego tattico.
    Oshima-kun...
    Disse verso il compagno in un atto disperato.
    Tu quale consiglieresti per un novello come il sottoscritto?
    Probabilmente la sua scelta sarebbe potuta esser fraintesa come incertezza ed in parte lo era, ma aveva deciso di affidarsi a Miyasato poiché aveva il sentore che il "giovane" la sapesse lunga a riguardo. Optò per il coetaneo anziché il venditore non per sfiducia verso quest'ultimo, ma per mero rispetto vero colui che per primo lo aveva condotto verso quel momento.
    Ma se proprio devo fornir una qualche preferenza...
    Aggiunse sentendosi un po' costretto, mentre con uno sguardo spaesato si guardava intorno senza sapere cosa stesse cercando.
    Non so come si chiami, ma... Ricordo che mio nonno aveva una moto molto grossa e... Allargò le braccia per emularne la dimensione. Decisamente non così moderna.
    Un'ovvietà che non andava data per scontata, dato ch'era una moto d'epoca quella di cui stava parlando.
    Ovviamente non sapeva spiegare a parole quello che intendeva e la cosa un po' lo disturbava, il disagio lo si leggeva in volto ma provò comunque a far ricorso a quel lontano ricordo. Era una memoria appartenente ad uno Yoshito assai più giovane di adesso, un bambino curioso che si domandava cosa fosse quel misterioso oggetto; una maestosa cavalcatura -ai suoi occhi- che all'epoca anela cavalcare, ma che ahimè, la dipartito del nonna era avvenuta prima che lui fosse abbastanza grande per poterci andare. Era sta venduta tempo addietro così come molte altre cose appartenenti al suo vecchio.
    Forse era dall'epoca che covava questa curiosità verso quel tipo di mezzo di trasporto, ma il tempo era stato tiranno e quel sentimento era andato dimenticato.
    Ora, come un tizzone che non s'era mai spento, era tornare a bruciare dentro; ma come faceva a spiegarlo a parole?
    Chiedo venia se le mie parole vi son solo d'intralcio. In suddetto momento non mi sovvengono le giuste parole per esprimere ciò che ho ho dentro.
    S'era lasciato un po' andare al suo linguaggio prolisso. Nonostante stesse attivamente cercando di correggere la sua verbosità, tendeva a ricaderci quando s'agitava. La fortuna però lo arrise e lo frenò dall'articolare ulteriormente, giacché un altro quesito era adesso imminente.
    La patente?
    Domandò di risposta insicuro di non aver compreso.
    Assolutamente no!
    Continuò poi semplicemente, formulando quella replica con la stessa velocità con cui esponeva il proprio sorriso.
    Dacché in quel frangente l'espressione di Yoshito era estremamente sorridente e la sua faccia spensierata lasciava intuire come ciò potesse complicare la situazione.
    Perché, è necessaria per ciò che dobbiamo fare?
    Una risposta ingenua quanto sincera. Una spontaneità che all'esterno sarebbe potuto anche apparire come un sintomo di stupidità, ma il ragazzo era semplicemente alieno a tutto quell'ambiente, era come un infante che muoveva i suoi primi nel mondo.
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    « Yoshito, Yoshito... Non puoi farmi richieste simili! E onestamente non dovresti lasciare che siano gli altri a dettare i tuoi gusti. ​»

    Kaworu si riconosceva nell'entusiasmo giovanile del compagno, ma non in quel contesto. La sua prima moto fu un regalo, e un catorcio, ma l'amò comunque per la sua breve vita (prima che implodesse), considerando poter guidare in qualsiasi modo un privilegio. Non ebbe mai una scelta così libera e variegata.

    « A questo punto ti consiglio di cavalcarne una a caso. Provala e vedi come ti trovi. La prossima volta che sarai in una posizione simile ne sceglierai una diversa, e poi un'altra diversa ancora, fino a capire cosa ti piace e cosa no! ​»

    I suoi gusti erano emersi gradualmente grazie all'esperienza, sperimentando con diversi veicoli nel tempo e determinando il proprio stile. Come diceva bene il biondo ogni moto sembra la stessa finché non hai il giusto occhio per giudicare.

    A insaputa di Amaterasu era proprio per quel motivo che Kaworu non condivideva il suo sbavo sui modelli che li circondavano. Aveva guidato abbastanza da separare a colpo d'occhio la qualità dall'estetica.

    « Forse però hai già i giusti istinti. Tuo nonno ti ha insegnato bene, heh. ​»

    Il primo pensiero del compagno infatti non andò ai "bolidi" più lustrati e robotici, ma ai classici. Era bello sapere che il vecchio stampo fosse immortale, e che la nuova generazione non fosse ancora del tutto soggiogata tra le spire della modernità.

    ...Quei consigli e complimenti tuttavia andarono un po' a sfumarsi, scoprendo che Yoshito ancora nemmeno sapeva guidare.

    « Ah. ​»

    Kaworu e Tatsumi reagirono all'unisono.

    « Nessun problema! Scegliete una moto adatta e puoi fare un giro da passeggero. Mi servirebbe comunque un documento d'identità, nel caso. ​»

    Il sorriso del commesso era notevolmente ridotto. Com'erano cambiate le carte in tavola. Ora aveva tra le mani il doppio del lavoro per un solo vero potenziale cliente. E probabilmente li avrebbe proprio scacciati come cani randagi, avesse saputo che Kaworu non aveva la minima intenzione di comprare quegli obrobri.

    Una volta che l'uomo avesse avuto tutto il necessario li abbandonò per qualche momento, abbastanza tempo affinché i due prendessero una decisione finale.

    « ...Beh, a dire il vero una patente non è strettamente nece– ​»

    < Kaworu! No. Cattivo. >
    Miyasato fu repentino nel rimetterlo in riga. Era stato lui ad assillarlo e proibirgli anche soltanto di sedersi su un sellino finché non fosse ufficialmente patentato. Nonostante avesse investito più tempo in vita Kaworu a guidare che Miya ad ascoltare musica!

    « Vabbeh. Forse è meglio rispettare la loro burocrazia e basta. ​»

    Forse.

    Sospirò. Supponeva ormai la staffetta della scelta fosse definitivamente sua, essendo l'unico pilota certificato del duo.

    « Sei almeno mai stato su una moto? ​»

    Chiese perlustrando con lo sguardo il lago di metallo. Essere un passeggero sarebbe stato meno didattico che guidare sul serio, eppure la passione di Kaworu era nata proprio facendo prima lo spettatore, e poi sul sellino-retro.

    Dopo aver vissutto la velocità sulla tua pelle, la prima cosa che vuoi fare è metterti al timone tu stesso. O almeno così era stato per lui.

    E ragionando sul proprio passato... Il passato sembrò manifestarsi a lui. Una visione distorta, malformata, dei suoi desideri.

    « NOOOO COSA TI HANNO FATTO!! ​»

    Corse verso la moto in vista come sarebbe scattato al soccorso di un caro amico ferito. Era uno scenario atroce. Un coltello che la Kawasaki rigirava nella piaga.

    Il nome riportato al suo fianco la nominava "Z650RS". Un orribile titolo futuristico per qualcosa che fingeva di idolatrare il classico. Ne riconobbe subito lo stile, voleva chiaramente riprodurre quel che per Kaworu ancora sembrava contemporaneo, ma nel nuovo millennio era vintage. La moto di ieri con la tecnologia di oggi.

    Quasi gli spezzò il cuore vedere tale scempio. Un impostore stava indossando le carni di ciò che lui avrebbe messo su un piedistallo. Un vergognoso verde neon contornava componenti visibili dall'esterno, che richiamavano il vecchio stampo, ma chiaramente troppo "perfetti".

    Il cancro del presente sembrava voler infestare anche il passato.

    « Andiamo su questa. ​»

    Disse solenne, colorando la propria voce con un tocco di veleno. La scelse per puro astio, e forse masochismo, doveva toccare con mano cos'avessero combinato con quella moto, consapevole che l'avrebbe solo infuriato di più.

    Capitò a fagiolo che Tatsumi fu di ritorno proprio in quel momento... Con due caschi in mano. Ancora una volta Kaworu storse il naso contrariato. Indossare un casco era ammettere al mondo che non fossi abbastanza capace da non cadere mai e basta.

    Ritornò ad uno la patente e all'altro i documenti, consegnando ad entrambi un piccolo fascicolo assieme ad una penna. Il modulo delineava doveri e diritti, descrivendo anche i vari accorgimenti "anti-taccheggio" di ogni veicolo, ad esempio GPS interni, limitatori di chilometri, controllo remoto, e molto altro.

    Kaworu firmò senza concentrarsi troppo sui dettagli.

    E se anche Amaterasu non avesse avuto altro da aggiungere... Avevano il via libera. Tatsumi li avrebbe ringraziati con un inchino, liberato la Z650RS dalla propria postazione, e separato i cancelli per aprir loro la via sulla strada.

    « C'è qualche posto che vorresti visitare? ​»

    Chiese mentre trainava dai manubri la moto ancora spenta, dirigendosi all'uscita.

    « Attraversare un luogo familiare con la nuova prospettiva della velocità l'ho sempre trovato esaltante. ​»

    A metà frase la sua voce si fece ovattata, ora nascosta dietro un casco indossato controvoglia.
    « Se ne dicono di cose in giro, ti prendono in giro, ti prenderò in giro, fammi fare un altro giro. »Scapestrato ✧ Deceduto ✧ Noraneko ▸▸▸ SCHEDACRONOLOGIA » © CODE

     
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    Ahahah! Gomen! Gomen!
    Grattandosi il retro del capo mentre cercava di buttarla sul ridere, con quel gesto Yoshito celò parte dell'imbarazzo dettato dal momento; poiché era così che si sentiva in quell'instante: imbarazzato. Decisamente non quel tipo d'incertezza che potrebbe esser associata alla vergogna, era più una sensazione di disagio dovuta alla messa a nudo della sua ignoranza in materia da parte di Miyasato, non che il compagno ne avesse intenzione, sia chiaro, ma era pur sempre riuscito a scuotergli l'animo.
    Una a caso...?
    Ripeté con dubbio le parole dell'altro.
    Non che ciò mi renda più semplice la scelta...
    Si guardò attorno col solito volto sereno e sorridente, una maschera che non riusciva più a scrollarsi dalla faccia, troppo preoccupato a mantenere quell'aura regale e temeraria, ad imitazione di quei guerrieri del passato da cui tanto prendeva ispirazione.
    La scelta, come già detto, non era ovvia.
    L'insicurezza di far una selezione errata nonostante non ve ne fosse veramente una, lo fece tentennare dall'esprimere giudizio; in quel momento era più preso dall'idea di non far "brutta figura" che seguire sinceramente cosa sentisse dentro.
    Quella? No... Forse quell'altra?
    Chi avrebbe saputo guardare oltre la maschera, la sua indecisione l'avrebbe trovata proprio lì, stampata sulla sua faccia. Tuttavia, per fortuna del ragazzo -o pietà degli altri due-, la situazione fu spezzata quando dovettero consegnare i propri documenti.
    Ecco a voi!
    Rispose energico a Tatsumi-san dopo aver ravanato velocemente nel proprio portafoglio.
    Anche Miyasato sembrò deciso a venirgli incontro; dopo che il venditore li lasciò soli per far copia dei loro documenti, il giovane prese l'iniziativa e cercò di portare avanti una conversazione.
    Mmh... Forse...?
    Rispose il biondo alla domanda, toccandosi il mento come simbolo d'incertezza mentre scavava nella propria memoria.
    Come precedentemente accennavo, è mio nonno colui che custodiva tale passione.
    Penso...
    Purtroppo la sua dipartita è avvenuta in un periodo in cui avrei potuto considerare me stesso "ben lontano dall'adolescenza". Nondimeno, ho vaghi rimembranze di quel tempo in cui mio nonno mi portava con sé al suo seguito.
    Ma mi rammarico di confessare, che non v'è stata più altra esperienza del genere d'allora. Anche se sento che ancora vive, dentro di me, il ricordo di quei giorni...

    Non v'era tristezza nel suo volto durante il suo racconto; forse poiché molto era il tempo passato dalla morte del nonno o forse perché, ancora una volta, ben nascondeva le proprie emozioni dietro quel sorriso eterno sul suo volto. Tuttavia note di rammarico erano udibili a tratti nella sua voce, chissà se la figura scomparsa o se per quell'emozione rimasta sopita a lungo e che ora s'era risvegliata... O forse era per entrambe le cose.
    Intanto la scelta del veicolo da provare non aveva visto progresso e fu allora che Miyasato decise di farsi portavoce del gruppo e rompere quello stallo creato dall'altro ragazzo. Indirizzò quest'ultimo verso un modello affine ai propri tempi, una moto sì moderna ma che ancora sposava quel retrogusto vintage che piace molto ai nostalgici.
    Woah!
    Esclamò il ragazzo tradendo per una volta il proprio contegno.
    Assomiglia a quella che aveva mio nonno... Ma decisamente con meno ruggine ed i classici segni del tempo. Ahaha!
    Cercò di rallegrare la situazione anche per distrarre la propria mente, dall'imbarazzo che ancor sentiva a causa della propria ignoranza.
    Fu allora che Tatsumi-san tornò da loro, restituendo patente e carte d'identità, portandosi dietro la documentazione necessaria per potergli cedere -temporaneamente- quel veicolo.
    Dopo qualche firma ed una serie di raccomandazioni, i due eran pronti per mettersi in sella. Col casco inserito sulla testa e ben allacciato sotto il mento, Yoshito riusciva a stento a mantenere il proprio contegno.
    Oshima-san, io sono pronto!
    Eccitato per ciò che stava per venire, il ragazzo era in uno stato in cui l'impaccio per ciò che c'era da fare, non stava dietro alla sua voglia di provare quelle -vecchia- nuova esperienza. Non sapeva bene cosa si dovesse fare per poter portare in strada uno di quegli "affari" e, sebbene volesse dare una mano, non aveva idea di dove metter mano; si arrese quindi alla sua inesperienza e lasciò che fosse l'altro a far il grosso del lavoro, fornendo aiuto ogni qualvolta che occasione si presentava.
    Con la giusta quantità di lavoro manuale e coordinazione tra le parti, la Z650RS era finalmente pronta per essere guidata; una domanda sorgeva ora prima della loro prima messa in moto: quale sarebbe stata la loro destinazione?
    Ancora una volta tale responsabilità ricadde su Yoshito, tuttavia questa volta il suo esitare nel rispondere non fu per incertezza ma sempre per il timore di sbagliare. Sapeva bene dove volesse andare e, nonostante il tentennare iniziale, il giovane prese coraggio e rispose perentorio:
    Il Monte Mitake.
    Era un monte sulla periferia ovest di Tokyo; rispettando i limiti di velocità, ci sarebbe voluta circa un'ora e mezza di viaggio per poterlo raggiungere.
    C'è il tempio Musashi-Mitake che è da tempo desidero tornare a visitare...
    Attraverso l'apertura lasciata dalla visiera alzata, lo sguardo di Yoshito era distratto, malinconico a momenti, come se quel luogo in lui risvegliasse qualche ricordo.
    Oh, ma se è un problema non ti preoccupare!
    Si precipitò quasi a correggere ciò che aveva appena detto agitando le mani davanti a sé in segno di negazione.
    Da quel che ricordo non è un viaggio breve e non so nemmeno se possiamo andare così lontano...
    Nel caso possiamo anche farci un giretto in zona, per non ci son problemi. Dopotutto dobbiamo solo provare la moto, no? Ahaha!

    In realtà il suo desiderio era proprio quel viaggio ma non voleva privare Miyasato del proprio tempo più del necessario, per giunto per un semplice suo capriccio, senza contare che c'era anche Tatsumi-san che avrebbe potuto dissentire su una destinazione così lontana. Così, rassegnato già all'idea di un rifiuto, abbassò la visiera e si disse a sé stesso:
    Sarà per la prossima volta...
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    Scusami ancora per il tremendo ritardo. :sadbunny:
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    Kaworu Oshima Narrazione
    « Dialogo »( Interiore )
    < Miyasato >
    — ❈ —
    Quando Yoshito annunciò la sua meta ideale, seguì un momento di ambiguo silenzio. Kaworu si alzò la visiera per svelare uno sguardo alquanto perplesso... Prima che dal suo casco fuoriuscisse una sonora risata.

    « –Hahaha! Non credo ci lascerebbero fare un giro così lungo! Prima o poi questa moto la rivogliono indietro. ​»

    Ridendo non voleva schernirlo, ma era l'unica reazione naturale all'ennesimo sintomo della sua ingenuità, quasi troppo pura e innocente per essere vera.

    « E poi questo non è il mezzo ideale per spingersi troppo fuori città. ​»

    ...Spiegazioni che tuttavia non sembrarono consolare l'animo melanconico di Amaterasu. Per un attimo faticò a reggere il sorriso, spogliando la corrente di nervosismo che aveva tentato di celare fino a quel momento.

    « Oi! ​»

    Esclamò il moro per trainare il biondo fuori dai propria pensieri. Avanzò poi di un passo e gli fece sentire le nocche sulla spalla. Non era definibile un "pugno", ma nemmeno era il tocco scherzoso di qualche minuto prima.

    « Se qualcuno ti impedisce di fare qualcosa dovresti incazzarti, piuttosto che essere triste! ​»

    Kaworu si era fatto abbastanza vicino al suo volto che i loro caschi quasi si toccavano, mentre premeva un indice al suo petto come volesse forargli la cassa toracica e accusarne direttamente il cuore.

    « Siccome ci tieni così tanto sarà ancor più soddisfacente fare quel giro sulla tua moto. Piuttosto che questo catorcio guidato da uno sconosciuto! ​»

    Gli voltò le spalle per cacciare un calcio schifato sulla ruota vicino ai due... Ma s'interruppe una volta intercettato lo sguardo contrariato di Tatsumi davanti all'intera scentta.

    « H–Hey, avete intenzione di... andare, o... ​»

    Illuminato dalla luce della stradina oltre il cancello aperto alle sue spalle, dondolava le chiavi tra le sue dita con impazienza. Kaworu sospirò. Si mise a cavalcioni sulla vettura e incitò il compagno a prender posto dietro a se.

    « Su, su! ​»

    Una volta a bordo l'uomo finalmente cedette le chiavi, anche se ora più scettico di quanto fosse all'inizio. Finalmente si partiva.

    Il pilota diede voce all'ignizione, ripensando alla sua prima volta da passeggero, ai tempi il rombo dell'accensione gli sembrò scuotere il mondo intero. Anche Yoshito forse avrebbe condiviso quella sensazione, ma ancora non aveva sentito nulla.

    Se gli erano familiari le scene di moto nei film, quella era la parte in cui tra le gambe non si aveva più un pezzo di ferro ma una belva pronta alla caccia, e stavano sentendo il suo ruggito.

    La ruota correva sul posto, l'accelerazione tirava ma senza muoverli, e oltre al chiasso dei giri i due avrebbero sentito appieno il potere del motore scuoterli tramite il sedile.

    Quei suoni e quel feeling tattile erano il motivo per cui essere alla guida di una moto era come domare un animale selvaggio, pronto ad esplodere nelle mani di chi non sapeva approcciarlo con il giusto rispetto.

    Per un novellino sarebbe stato prima intimorente, poi esaltante. Per Kaworu invece quel ritmo era ormai una culla al suo animo turbolento.

    ...Ma era proprio la sua esperienza a privarlo dello stesso entusiasmo a bordo di quelle moto. Sin dal primo viaggio sulle nuove generazioni i suoi istinti suonarono l'allarme. Era tutto così... Artificiale.

    Gli bastò informarsi un minimo per confermare i propri sospetti: Ormai qualsiasi produttore "amplificava" il feedback dei veicoli. Le moto erano troppo perfette, silenziose, lisce, per riprodurre quelle sensazioni così soddisfacenti in maniera organica.

    Non stava domando alcunché, era più una giostra che una moto.

    « Reggiti a me e tieniti forte. ​»

    Abbassò la visiera e diede il tempo a Yoshito di farsi saldo, perché al primo vero viaggio si sottovalutava sempre quanta forza avrebbe investito il proprio corpo.

    C'era anche da dire che Kaworu non stesse facendo nulla per rendergliela facile. Invece che partire graduale, tranquillo, il trucchetto della ruota bastò a spararli in avanti prendendo velocità in un battito di ciglia.

    Un'accelerazione tale causava una sensazione simile all'essere investiti da un'onda in mezzo al mare.

    Svoltarono immediatamente a destra, proseguendo per la stradina tra i palazzi senza farsi troppo rapidi. Anzi, raggiunto il punto dove si sfociava sulla strada principale per un momento rallentarono, abbastanza da assicurarsi ci fosse il via libera per unirsi al traffico.

    E lì – finalmente – potevano darci dentro d'acceleratore.

    Presero velocità giusto abbastanza d'adeguarsi al flusso delle automobili, ma su una moto anche 50 chilometri orari sembravano un salto nell'iperspazio, il mondo attorno sfrecciava alle loro spalle come non avesse peso.

    Senza il guscio protettivo di una macchina i due erano in piena balia del vento. Un vento opprimente, li teneva in assedio pronto a soffiarli via alla prima debolezza, graffiava sui caschi alla ricerca disperata di un ingresso. E il biondo era fortunato, non era lui che attraverso quel vento doveva squarciare un sentiero per sfrecciare senza perdere il controllo.

    Controllo che per i gusti di Kaworu gli era concesso fin troppo facilmente. Ciò che gli faceva godere la guida era anche la lotta contro la gravità e la frizione. Dover gestire tutti e quattro i propri arti nel tempismo perfetto per dominare anche le velocità più alte.

    Dov'era la conquista, quando una moto così ben studiata praticamente si guidava da sola? Lo sterzo era perfetto, il cambio di marcia liscio come l'olio, i freni immediati ma morbidi. Aver tutto su un piatto d'argento lo annoiava e basta.

    Proseguirono per forse un minuto prima d'incontrare il primo semaforo rosso, tornando fermi dietro una Nissan grigia.

    « Quindi?! Come ti senti?! ​»

    Chiese al passeggero alzando la voce abbastanza da farsi sentire oltre il casco e sopra la strada.
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    Oh! Esclamò a gran voce. Mi sa che hai proprio ragione! Ahaha. Scoppiò in una repentina risata che suonò un po' forzata in quella situazione.
    Era una risata che si potrebbe definire "amara", dettata dall'idea d'aver fatto una cattiva impressione e, in piccola parte, dalla delusione; non lo avrebbe mai espresso chiaramente, sempre per non andar contro quell'idea di sé di cui si vestiva, eppure nel profondo ci teneva a far visita a quel luogo. Ma ahimé, i motivi dietro quella scelta eran prettamente personali e lui non avrei mai anteposto l'ego al dovere.
    In questo momento è mio dovere portar rispetto gli accordi presi con Tatsumi-san. DEVO "provar una moto" e nulla più...! Credo...
    Lui stesso non era certo su quel pensiero, troppo abituato ad una vita con più "devo" che "voglio", non era tipo da tradire i propri obblighi, anche quelli che non era tenuto a rispettare; come un soldato eseguiva senza mai obiettare o domandare.
    Ci pensò Miya a portar un po' di ragione e chiarezza nella sua tempestata testa; nonostante fossero praticamente coetanei, il ragazzo s'era mostrato particolarmente saggio a dispetto della sua età, elargendo un consiglio che, sotto il casco, lo fece sorridere.
    Siete più savio di come apparite Oshima-kun.
    Rispose Yoshito, lasciando spazio a un po' di silenzio prima di continuare.
    Spero tu abbia ragione!
    Disse in riferimento alla "propria moto" e correggendo il tiro col lessico usato, resosi conto d'esser ricaduto nel lezioso.
    Proverò... Anzi... Solo gli stolti si limitano a "tentare"... Prometto sul mio orgoglio da uomo che seguirò il tuo consiglio d'ora in poi. Sento che v'è verità nelle tue parole e voglio rispettare la tua premura nei mie confronti.
    Solo il tempo avrebbe detto se avrebbe mantenuto fede o meno al proprio giuramento.
    Adesso però, rincuorato e rinvigorito dalle parole del compagno, era pronto a mettersi in sella a quel destriero elettro-meccanico.
    Vediamo se mi ricordo ancora come si fa...
    Da come parlava sembrava quasi un veterano che rimetteva mano su una moto dopo chissà quanto tempo, ma era altro quello a cui si riferiva.
    Casco inserito. Visiera abbassata. Piedi sulla pedana posteriore. E mani ben salde attorno ai manici laterali.
    Ripassò mentalmente una vecchia spiegazione impartitagli tempo fa, sul "come stare in moto" da passeggero senza arrecar disturbo a chi guida; forse era stato il nonno stesso o forse qualcun altro, chissà, era passato troppo da quando era successo.
    Sono pronto!
    Esclamò con una certa sicurezza ignaro di cosa lo stesse aspettando.
    La chiave fu inserita, il cilindro girato e il veicolo fu messo in moto. Quella vibrazione improvvisa, quello scoppiettare ritmico che sentiva fino al petto, dovette far ricorso a tutto al suo autocontrollo per trattenere un "Woah!" e tutta l'eccitazione che sentiva dentro in quel momento.
    Per il guidatore veterano come Kaworu la sensazione artificiale che forniva quella moto era quasi repellente ma per Yoshito... Per un novizio come lui quella era un'esperienza che non avrebbe dimenticavo facilmente!
    Anche se in realtà... C'era un che di nostalgico dietro quell'emozioni.
    Non ebbe però nemmeno il tempo di metabolizzare che dopo "Reggiti forte" di Miya ed un suo "Certo!" in risposta, dato quasi distrattamente, un'accelerata lo trascinò fuori dal flusso di pensieri e ricordi che si stava formando nella sua mente.
    Gh!
    Non ci fu tempo per elaborare una reazione né fisica né verbale, venne assalito da una sensazione di vuoto che gli attanagliò in petto; un brivido, quasi dolente, che si diffondeva dallo sterno e si espandeva in ogni poro.
    È forse paura questa che sento!?
    Pensò in un momento di lucidità cercando di non farsi prendere dal panico.
    No, è qualcos'altro.
    Una voce che non gli parve sua cercò di rispondergli dal fondo del suo cervello.
    Intanto il suo corpo di fece rigido e si strinse con ancor più forza agli appigli laterali del mezzo; mentre Oshima sfrecciava tra una curva stretta e qualche tentativo di derapata, trovandosi a lottare contro l'ABS e altri sistemi automatici che gli andavano contro come se stesse cercando di domare un cavallo selvaggio, sotto il casco Yoshito aveva gli occhi spalancati.
    Non riusciva a capire cosa stesse accadendo, incapace di tradurre le sue stesse emozioni non sapeva se tutto ciò gli stava piacendo.
    Come son finito in questa situazione!?
    Iniziò a domandarsi nella sua testa, rivivendo come in un'esperienza pre-morte il ricordo dell'ultima ora in uno slide-show accelerato.
    Era veramente paura quel che stava provando?
    Sì e No.
    Era un'emozione nostalgica a cui in realtà era già familiare: era un brivido primordiale, una sorta sorta d'istinto di sopravvivenza, che gli causava una reazione fisiologica che scatenava in lui una scarica d'adrenalina.
    L'aveva già provata in passato ed in diverse occasioni: I primi allenamenti con una vera katana; i primi esami alla Yuuei; la prima volta in sella ad una moto con suo nonno alla guida.
    Ecco il perché della nostalgia...
    Sorrise quando riuscì finalmente a comprendere cosa fosse quella sensazione di malinconia che sentiva dentro. Poi, tutto si fermò...
    Il rosso del semaforo lo fece tornare sul pianta Terra e la domanda di Miya lo ridestò definitivamente.
    Non ne ho idea!
    Rispose in sincerità il biondo con un tono estremamente energico.
    Ma mi ci potrei abituare!
    Continuò con altrettanto entusiasmo.
    Rimase poi in silenzio per qualche altro secondo, il semaforo era ancora rosso e ciò gli diede il tempo di riordinare le idee.
    Oshima-kun!
    Proruppe con la solita vivacità.
    Alla prossima gira a destra, ho deciso una destinazione!
    La voce era alta per far sì che lo sentisse attraverso il casco, non capendo che da fermi e vicini com'erano l'altro l'avrebbe comunque potuto ascoltare.
    Procedi lungo il fiume Sumida verso nord e fermati poco prima del ponte Minamitaka... C'è un posto in cui voglio andare!
    Fu alquanto imperativo con la sua richiesta, cercando di rispettare a modo suo la promessa che aveva fatto all'altro.
    Lì, nel posto da lui indicato, avrebbero trovato una piccola officina ad angolo; vecchia, malridotta e con un'insegna così sbiadita da risultare illeggibile, È qui. Penso sia questo il posto., avrebbe risposto il biondo se Kaworu avesse chiesto.
    Quel locale era però troppo fatiscente per essere ancora in attività, figurarsi se fosse stato aperto; chissà cosa però cosa avesse da fare in quel luogo il ragazzo con la chioma di fuoco.
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