Don't beat yourself over it - Trivium

Era pomeriggio.
Molti pensano che gli incontri clandestini si disputino alla tremolante luce della luna e non a quella chiara del sole ma non sempre era così.
Quel giorno si era disputato un incontro, in una sottospecie di rimessa abbandonata sfruttata per quell’occasione come un insolito e improvvisato ring.
C’era gente, ma già da quando era entrato l’aria gli puzzava di scommettitori alle prime armi e gente poco raccomandabile ma non troppo pericolosa.
Pivelli, insomma.
Non era stato neanche un granchè l’incontro con un ragazzotto da una strana unicità che non era neanche riuscito a fargliela usare del tutto. Troppo inesperto, e troppo poco attento ai suoi altri quattro arti.
Lo aveva preso e schiaffato a terra senza troppi complimenti e aveva vinto in poco meno di cinque minuti senza neanche fargli troppo male e senza dare soddisfazione al pubblico.
« Tsk » imprecò « Non è stato neanche divertente. » no, non lo era stato, ma aveva vinto un bel gruzzoletto eppure non ne sembrava neanche troppo felice.
Si aggirava con aria piuttosto corrucciata per strada con il cappuccio della felpa (larga tre taglie più di lui) a coprirgli la testa tenuta sopra un kimono di colore marrone scuro con motivi floreali rosa come i suoi capelli - la comodità, considerato che aveva da nascondere i suoi quattro tentacoli -.
Se ne andava in giro in sandali, anche perchè durante gli incontri gli dava profondamente fastidio tenere le scarpe, avviandosi verso il vicolo lontano dal luogo dell’incontro dove aveva lasciato parcheggiata la bicicletta.
Quell’incontro era stato un fiasco totale.
Oramai aveva iniziato a frequentare sempre di più ogni genere di incontro clandestino, molto più di quanto avesse fatto fino ad adesso.
Non per vana gloria e per denaro - o meglio forse per la prima sì… - ma perchè aveva un piano.
Un piano di cui tutti nella sua famiglia erano all’oscuro.
Un piano che aveva deciso di portarlo avanti da solo perché prevedeva una sola e unica cosa da fare: combattere, mettersi in mostra, passare sulle bocche di tutti e arrivare fino alle orecchie dell’unica persona che davvero gli interessava.
Il Collezionista.
Ma aveva iniziato da poco a frequentare certi contatti e certi luoghi, aveva ricominciato da poco a mettersi in mostra incontro dopo incontro e non poteva pretendere di arrivare così in alto.
Ciò detto la cosa comunque gli dava profondamente fastidio eppure forse… qualcosa poteva avere smosso.
Prese un vicolo, non troppo lontano dal via vai della gente, un poco più stretto della strada principale e di sicuro più in ombra visti gli edifici che vi erano attorno.
Era forse una sensazione, ma aveva percepito e aveva intravisto da alcune vetrine sul suo cammino dal luogo dell’incontro fino a quel vicolo che qualcuno lo stava pedinando.
Non riusciva a capire chi, e per un lungo tratto se ne era quasi dimenticato visto che i suoi pensieri erano rivolti altrove.
Adesso però che era solo, e che non era in mezzo a tanta gente, chiunque lo avesse seguito lo chiamò, appellandolo in modo dispregiativo come: “Ehi tu, brutto stronzo!”
Kensei non si fermò, sospirò, pensando che non poteva essere così idiota uno collegato all’obiettivo del suo piano.
Continuò a camminare cercando di non dargli la benchè minima attenzione.
L’uomo era un tipo grassoccello, basso, sudaticcio, con occhiali che tremavano sul suo naso tanto quanto lui e il coltello a serramanico che teneva in mano.
Kensei voltò semplicemente lo sguardo indietro, dal cappuccio della felpa per poi tornare a guardare avanti e camminare senza neanche perdere tempo dietro a tutte le parole che l’ometto gli diceva.
Patetico.
“Parlo con te! Q-q-q-uei soldi sono miei!”
Sbuffò con aria seccata continuando ad andare avanti con le mani nelle tasche della felpa.
Quindi è per i soldi…. deve essere davvero disperato. e lo era visto che aveva puntato tutto sul cavallo sbagliato e aveva perso tutto quello che aveva, ma a Kensei non gliene fregava proprio niente di tutto questo.
Nonostante non se ne facesse di niente, quei soldi comunque li aveva guadagnati e preferiva spenderli per la sua libreria piuttosto che darli a chi lo stava minacciando in quel modo così ridicolo e penoso.
Era quasi riuscito a tornare sulla strada principale, dall’altra parte del vicolo - una volta attraversata poi avrebbe imboccato un altro vicolo ancora e avrebbe potuto riprendersi la sua bicicletta - finchè l’ometto non ebbe il disgraziato coraggio di tirare fuori l’unica imprecazione che non avrebbe dovuto pronunciare.
“Ti decidi a fermarti, figlio di puttana?!?”
E Kensei si fermò.
Non si voltò ma alzò la testa leggermente come per fiutare l’odore del sangue che di lì a poco avrebbe chiazzato le mura di quegli edifici e il suo sguardo si assottigliò.
« Che cosa hai detto? » sibilò tra i denti con un tono freddo, tagliente come la lama di un rasoio. Un avvertimento, e già sentiva le budella iniziare a contorcersi dentro di sè.
“Cos’è sei sordo per caso? Ridammi i miei soldi figlio di puttana! Quelli sono miei! Hai barato all’incontro! Li rivoglio ” e altre cose del genere iniziò a dire ma a Dryas dell’Eden non gliene importava mezza, si fossilizzò su come aveva di nuovo appellato sua madre.
Sembrò ringhiare mentre si voltò, lentamente, contro l’ometto che tremolante agitò il coltello di fronte a sè per mettere un muro tra lui e il Kraken.
« Non osare parlare di mia madre a quel modo. Lurido, patetico, verme. » poteva passare tutto come acqua sul giovane Villain, ogni parola, ogni imprecazione su di lui non avrebbero fatto effetto ma non poteva perdonare chi tirava in ballo sua madre o la sua famiglia.
Mai.
Continuò.
L’ometto continuò ad inveire su sua madre, vedendo che lo aveva punto nell’orgoglio, sperando che cedesse alle sue minacce e gli restituisse tutti i soldi.
“È così? E perché? Se no che mi fai? Mi picchieresti? Griderei aiuto ancora prima che tu possa fare qualcosa e dopo andrai a piangere dalla tua mammina— aaahng”
Prima ancora che potesse anche solo finire di parlare, Kensei si mosse più veloce di quanto l’ometto potesse aspettarsi - come se non avesse assistito all’incontro - ed era stato troppo impudente e aveva calcolato male il rischio di finire tra le sue spire.
Solo un tentacolo uscì fuori da sotto la felpa e prima che potesse aggiungere parole spiacevoli su sua madre, il Kraken lo afferrò per il collo facendo crollare un cesto della spazzatura - con conseguente grande casino - che si trovava su un lato del vicolo.
Lo sbattè contro il muro così forte da fargli mollare la presa sul coltello che cadde a terra, dove non lo sapeva neanche lui: era così furibondo e così punto nell’orgoglio di figlio che non riuscì neanche a sentire il taglio che la lama del coltello gli aveva inferto ad un braccio quando si era gettato in un solo istante contro di lui.
Non gli importava neanche a dire la verità: in fondo lo aveva solo graffiato e gli aveva rotto la felpa, ma nulla più. Non era profondo.
E se anche fosse profondo non sembrava proprio curarsene.
Si avvicinò così tanto al viso dell’uomo che i suoi occhiali si appannarono a causa del respiro del giovane che strinse le sue spire attorno al collo del malcapitato tenendolo in scacco.
Annaspava, cercava di chiedere aiuto, mentre le sue goffe mani cercavano di strappare il tentacolo che non riusciva a farlo respirare.
« Come farai a gridare… se ti spezzo prima l’osso del collo? » gli sussurrò anche se non ne aveva la minima intenzione.
Non aveva mai ucciso nessuno e non voleva effettivamente fargli del male, voleva solo farlo pisciare sotto e fargli pentire di avere osato insultare sua madre così.
L’uomo rantolò, e con gli occhi strabuzzanti dalle orbite fece qualcosa di altamente inaspettato: preso dall’istinto di sopravvivenza, provò a infilargli le unghie nella carne del tentacolo.
Ci fu un breve istante in cui la sua presa divenne meno salda e bastarono al povero uomo per gridare: aiuto.
« Heheh. Sei davvero un infido bastardo. » imprecò tornando a sbatterlo nuovamente al muro, stringendo nuovamente la presa sull’uomo che tentava nuovamente lo stesso trucchetto di prima ma stavolta invano.
Aveva però gridato, seppur con voce non troppo forte per via della presa.
Kensei dubitava che qualcuno avesse udito simile richiesta di soccorso, in caso, avrebbe cercato di liquidare eventuali seccatori dalla punizione divina che si sarebbe abbattuta sull’ometto.
Lo aveva fatto davvero incazzare.
Chiunque sarebbe arrivato a entrare in quel vicolo, avrebbe visto un ragazzo che con il solo uso di un tentacolo teneva sollevato da terra quel pover’uomo (in tutti i sensi) e il suo sguardo si sarebbe posato sul nuovo arrivato, freddo, spietato e con la voce più minacciosa che poteva tirare fuori dal suo ventre gli avrebbe semplicemente detto: « Che cazzo vuoi? Sparisci se non vuoi avere guai! »
E sicuramente chiunque sarebbe scappato via a gambe levate.

Kensei Kurayami non aveva mai ucciso nessuno.
Andava contro la sua natura, reputava tale atto una specie di affronto agli Déi poichè lui, misero mortale, non aveva alcun diritto di privare qualcuno della vita.
Se l’era chiesto però, che cosa volesse dire, cosa si provasse, con quali fantasmi avrebbe convissuto… in fondo lui faceva pur parte di un’Organizzazione criminale - anche se per lui era la sua famiglia.
E fin dove si sarebbe spinto, un giorno, per proteggere le sue sorelle, i suoi fratelli e i suoi nipoti?
A volte si era fermato a pensarci su e la cosa gli dava turbamento.
Soprattutto in quel periodo in cui questa possibilità stava diventando sempre più reale da quando aveva iniziato quel lento e inesorabile percorso che l’avrebbe forse un giorno portato di fronte al Collezionista.
Le spire del tentacolo non lasciavano andare la preda, sospesa a pochi centimetri da terra mentre cercava disperatamente con tutte le sue forze di liberarsi da quella morsa.
Sentiva il pomo d’Adamo dello scommettitore sotto le proprie ventose, il volto in una maschera di rossa di affanno, dolore e terrore. Annaspava bramando ossigeno.
Certo era che quel piccolo e insignificante verme era un tipo tosto se non era ancora svenuto.
E aveva avuto un gran bel fegato a sfidarlo e a sfottere sua madre, la seconda era una cosa imperdonabile: perchè quegli insulti bruciavano più della ferita che aveva al braccio.
Kensei si sentiva ribollire nelle vene perchè nessuno poteva osare anche solo pronunciare quel nome, al di fuori della famiglia, e restare impunito.
Era un affronto.
« Non ti permettere mai più di dire quelle cose su mia madre. Feccia. » aveva replicato, prima che quel bastardo potesse gridare aiuto.
Lo aveva fatto, lo aveva chiesto, lo aveva davvero gridato.
Quel topo di fogna aveva chiesto rinforzi… che fosse seguito da qualcuno? Dubitava altrimenti sarebbe già arrivato in soccorso; dubitava fortemente che qualcuno stesse ascoltando - nonostante avesse fatto un tremendo casino rovesciando cassonetti.
« Mi hai davvero stancato. » sibilò tra i denti mentre tendeva l'orecchio per capire se effettivamente qualcuno avrebbe risposto al suo grido Quanto ci mette per svenire questo stronzo? e poi nel momento esatto in cui aveva iniziato a domandarsi questo ecco che all’entrata del vicolo si era fatto avanti qualcuno.
C’era stato davvero qualcuno che aveva avuto il coraggio per rispondere a quella chiamata di aiuto.
Kensei si voltò, sguardo torvo di un rosso scarlatto, digrignò i denti e quasi sputò per terra dicendo al nuovo arrivato di smammare se non voleva avere un brutta giornata.
E questo chi cazzo è?.... e in un secondo il ragazzo, senza neanche presentarsi come presunto eroe, sprezzante del pericolo e senza avere un piano o una licenza nelle sue mani era corso verso il Kraken che ne rimase colpito.
Colpito da una simile velocità e non si aspettò di certo che quello sconosciuto dopo aver visto una scena simile avesse la gran faccia tosta di … fermarlo.
Si sentì afferrato per il collo con un braccio mentre sentì l’altra mano stringere saldamente la testa premendola contro l’altro braccio. Colto alla sprovvista da quell’attacco fulmineo si lasciò strattonare all’indietro.
UN ATTACCO ALLE SPALLE. Questo… stronzo mi ha attaccato alle spalle?!!? Quale disonore…. Quale infamia… sentì il cuore battergli nel petto al rumore di un tamburo di guerra.
Ci teneva così tanto a far scappare lo scommettitore? Bene!
Lo avrebbe accontentato.
Ma a lui non sarebbe andata diversamente… no, doveva pagare per l’affronto subito, o almeno imparare la prima lezione da vero uomo.
In uno scontro, l’onore prima di ogni altra cosa.
Il Kraken rimase immobile, in quella “presa”che tante volte si era ritrovato a fronteggiare sul ring e lasciò che il suo unico tentacolo visibile mollasse la presa sul collo del poveraccio che annaspò per terra alla ricerca di aria e non si trattenne per l’aperitivo.
Appena ebbe riacquistato anche solo un minimo di fiato fuggì a gambe levate con le poche energie che aveva nel corpo.
« Andarmene? …. Ma come? Il divertimento non è ancora iniziato! » sghignazzò, anzi rise.
Rise di gusto mentre sentiva il braccio forzuto del giovane premergli sulla carotide e qualcosa in lui si risvegliò, la stessa bestia che usciva fuori in ogni scontro su ogni ring.
Il Kraken dell’Eden, nulla di più.
Le sue mani continuavano a starsene nascoste, come se tutto quello che stava succedendo fosse del tutto naturale quando probabilmente chiunque altro nella sua posizione senza avere il suo background di combattente e guardia del corpo avrebbe desistito subito alla minaccia.
« Tch! Sai cosa c’è di peggio di un imbucato ad una festa che non ha avuto neanche la decenza di presentarsi? …. » la sentiva, la sentiva vibrare dentro di sè. L’adrenalina, la consapevolezza di aver trovato un degno avversario anche senza sapere quale fosse il suo Quirk e cosa sapesse fare, se fosse un eroe, un vigilantes o un altro villain o un semplice e comune essere umano.
Quel contatto era eccitante.
Sarebbe stato un vero peccato dargli una lezione, ma se la meritava.
Più per il suo atto disonorevole che per il fatto che aveva interrotto la bella conversazione che aveva con il verme oramai fuggito chissà dove.
Fu così, dopo pochi secondi, o forse qualche minuto? Che da sotto il tessuto del kimono lo sconosciuto alle sue spalle avrebbe potuto sentire qualcosa muoversi e dalle sue vesti uscì un secondo tentacolo.
« ….Un codardo che non ha un briciolo di onore. » fu così che i tentacoli si mossero.
Pronti ad avvinghiarsi sulle braccia del ragazzo all'altezza del bicipte - sapeva più o meno calcolare dove andare a cercare simili punti (forza dell'abitudine?)- e se ci fosse riuscito avrebbe cercato non di strattonarle ma di imprimere una spinta in avanti... insomma, voleva fargli fare un bel capitombolo e quindi gli serviva una leva.
Una volta trovata la leva avrebbe usato il suo corpo come perno, abbassando il baricentro quanto bastava per lanciarlo di fronte a sè e liberarsi di quella presa.
Sempre se ci fosse riuscito, sempre se lo sconosciuto non avesse tirato fuori qualche altra sorpresa.
E se avesse lasciato la presa sul suo collo prima... beh si sarebbe semplicemente voltato con tutta la flemma di un Villain da film e lo avrebbe guardato negli occhi con aria altezzosa e col petto in fuori, sorridendo al suo avversario e pregustando una lezione che non si sarebbe mai dimenticato.

Quello smidollato era partito alla velocità della luce.
Questo era un bene, un problema in meno di cui occuparsi.
Che poi… in quella situazione Kensei era la vittima, e di sicuro non aveva cominciato lui usando parole offensive verso la madre dell’altro, ma questo era un discorso secondario.
O meglio non proprio secondario visto che il codardo gli aveva fatto salire il sangue alla testa e di sicuro l’essere stato afferrato alle spalle da un perfetto sconosciuto in vena di fare l’eroe non aveva certo sbollentato la situazione anzi.
La cosa l’aveva mandato in bestia, o in berserker come dir si voglia.
C’era una cosa che odiava in un combattimento più di tante altre ed era il disonore, il colpire un avversario alle spalle, l’infierire su un perdente e perfino uccidere il proprio avversario.
Inaccettabile. il Kraken era abituato agli scontri, quello sì, e sapeva ben giudicare un avversario a prima vista e quello che si trovava a scambiare quelle quattro chiacchere con lui in quel vicolo non era certo un tipo che amava fare l’eroe per caso.
I suoi tentacoli per un breve lasso di tempo avevano saggiato i suoi muscoli tanto quanto lui stesso la presa del tedesco che l’aveva fatto indietreggiare.
Era forte.
Molto forte.
Non era stato facile tentare di scaraventarlo in avanti facendo leva con i propri tentacoli sulle sue braccia, fu una dura lotta di resistenza e di leve che alla fine dette i frutti sperati.
Finalmente poteva vederlo in faccia, e lui altrettanto.
Sì, per un attimo potè rispecchiarsi in quegli occhi azzurri e ne rimase quasi magnetizzato. Non per la bellezza e rarità di tale colore, non perchè il biondo cavaliere sembrasse così dannatamente figo ma perchè vedeva rispecchiata in quelle iridi il suo stesso ardore.
Era avvezzo al combattimento, tanto quanto lui, come se pregassero gli stessi dei della guerra.
Forse era solo un’impressione, ma fu abbastanza per strappargli un sorriso bieco, di sfida, che si allargò sul volto del giovane deformando quasi i suoi lineamenti dolci.
Kensei non emise alcun suono quando il ragazzo parve apprezzare quello che gli aveva mostrato saper fare E questo non è ancora niente… biondino. .
La situazione in cui si era ritrovato adesso in un’altra occasione lo avrebbe messo a disagio e in imbarazzo, ma quando l’adrenalina scorreva a fiumi era impensabile per lui provare altro che il piacere dello scontro.
E sembrava proprio che quel ragazzo avesse tutta l’intenzione di dargli del filo da torcere… Bene. Codardo. Vediamo che sai fare… non sembrava neppure minimamente sorpreso o timoroso dei due tentacoli che aveva tirato fuori da sotto le vesti e la cosa prometteva assai bene.
Significava che anche lui ne aveva visti di ogni genere, di avversari.
Lo vide caricare un pugno, classico, un gancio destro come tanti.
Ottima scelta, gli avrebbe detto e con un volto quasi impassibile fece forza con i due tentacoli per sollevarsi quanto bastava per prenderlo dritto in pieno zigomo restando a fissare il suo avversario dall’alto verso il basso senza un’ombra di dolore.
« Niente male. » sputò lontano dal ragazzo un po’ di saliva e sangue che usciva fuori dalla sua gengiva sinistra dove il pugno aveva impattato con tutta la sua violenza.
Così aveva saggiato anche la sua potenza fisica in una situazione di svantaggio.
« Ma non è abbastanza. » sghignazzò cercando di rialzarsi con tutta la calma del mondo facendosi leva con i suoi tentacoli puntellati al freddo asfalto e se il biondo non avesse fatto mosse azzardate, il Kraken gli avrebbe lasciato lo spazio sufficiente per riprendere distanza tra di loro.

Se il biondo l’avesse lasciato fare, Kensei si sarebbe allontanato lentamente da lui, lasciando una distanza tra di loro a dir poco corta - due metri circa, a portata dei suoi tentacol e sì, il ragazzino avrebbe visto come questi sembravano letteralmente tenerlo sotto tiro.
Attaccarlo in quel momento, forse, non era una mossa saggia, o almeno se ci avesse anche solo provato Kensei avrebbe provato a difendersi piuttosto che attaccare un uomo a terra.
Andava contro il suo senso di onore.
Al biondo l’ardua scelta, ma se non avesse attaccato o giocato altri brutti scherzi, Kensei avrebbe fatto un cenno con la testa di rimettersi in piedi e riprendere da dove avevano cominciato.
Il tutto, ovviamente, con le braccia ancora nella stessa posizione, sembrava quasi che non le utilizzasse perchè ritenute inutili (senza il quasi) o forse le teneva nascoste per qualche altro motivo?
« Alzati. » parlò con una voce fredda e pungente, come il dolore sulla sua guancia sinistra che adesso iniziava a pulsare a ritmo del suo cuore.
Sua mamma gli diceva sempre “ ogni combattimento, fa che sia uno spettacolo” o qualcosa di molto simile e lui l’aveva sempre preso alla lettera.
Per questo il nome di Kenny-boy o del Kraken era riuscito ad insinuarsi nella bocca di chi frequentava combattimenti clandestini.
Perchè ogni suo combattimento era letteralmente un vero e proprio spettacolo, teatrale quasi.
« Vediamo adesso – soppesò le sue parole mentre altri due tentacoli scivolarono dalle sue vesti al perfetto tempo delle sue parole – che siamo faccia a faccia – mosse un passo all’indietro e dispose i suoi art muniti di ventose in una posizione che era tutto fuorchè difensiva, sottolineando quelle ultime parole quasi disgustato per il comportamento poco onorevole del suo avversario – che cosa sai fare…knight. » quell’ultima parola suonò come totalmente dispregiativa, nuovamente a ricalcare il suo comportamento che cozzava con l’idea di salvatore e di cavaliere in difesa dei più deboli.
Una parola scelta dall’inglese dal poco repertorio che aveva, giusto per prendere ancora più per i fondelli il povero malcapitato.
E così attese la sua mossa.
Consideralo un regalo, prima che ti spacchi quel bel visino. Hai ancora la possibilità di scappare come un codardo… o farmi vedere che sei davvero degno di combattere contro di me…. e redimerti dal disonore che è caduto su di te.
Sghignazzò tra sè e sè, perchè sapeva che il ragazzo non gli avrebbe voltato le spalle, lo aveva visto nei suoi occhi, lo sapeva già, lo aveva già assaporato.
In fondo, in fondo.
Sentiva di aver trovato uno spirito affine.

Lo sguardo di Kensei sembrava essere al pari di quello di un predatore.
Un leggero bagliore scarlatto illuminava le sue iridi e non sbatteva neanche le palpebre come se non volesse perdersi neanche un secondo di quello scontro.
Uno scontro in luogo all’aperto, sperava che tutti quelli che sarebbero passati nelle vicinanze non fossero abbastanza stupidi come quel ragazzo biondo che si trovava di fronte.
Beh, lui non aveva colpe.
Aveva cominciato il ragazzino questa storia, ma spettava a lui dargli una bella lezione.
Peccato… pensò per un momento come se si sentisse dispiaciuto di rovinare quel bel faccino che si trovava di fronte…certo, avrebbe evitato di colpirlo proprio là, ma ahimè sapeva perfettamente che in un corpo a corpo non avrebbe
potuto poi così tanto trattenersi.
I suoi tentacoli si agitavano come braccia di una strana divinità orientale, pronti a sferrare attacchi improvvisi e letali.
Tutta scena, o almeno in parte lo era.
Tentare di far credere a bel faccino che i tentacoli fossero la sua arma principale era una strategia che funzionava molto bene, così la sua attenzione si sarebbe spostata proprio lì e non sulle gambe del suo avversario.
Certo i tentacoli li usava molto in combattimento, ma i suoi calci di sicuro erano la sua arma più temibile. Non quella vincente, ma sicuramente quella più dolorosa.
Poi arrivò quella frase, diretta al suo orgoglio come uno spillo acuminato che trapassò la sua corazza da duro e per un attimo sul suo volto si inarcò un sopracciglio.
« Come, prego? » grugnì a denti stretti, se quel tipo aveva intenzione di farlo incazzare ci aveva proprio dato « PRIMO. Tra gentilezza e onore c’è una grossa differenza, bel faccino. SECONDO. Quello stronzo se lo meritava, gli ho solo dato un motivo per non venirmi più a seccare. E TERZO. Come osi venirmi a fare le prediche tu che non sai un’accidenti di come sono andate le cose? » vomitò parole e risentimento tutte insieme, mentre le punte dei suoi tentacoli si alzavano al cielo ad ogni singola conta. « E pensare che qui la vittima sono io, tsk! » sputò a terra, spazientito.
“Spero di non deluderti” che tenero e dolce piccolo indifeso ammasso di presunzione.
« Sarà meglio per te. » pronunciò dall’alto della sua di presunzione.
Si scrocchiò il collo e mosse leggermente il peso sulla gamba sinistra, pronto.
Lo vide avvicinarsi, lentamente, sentì fremere il suo corpo mentre cercava di decifrare il suo avversario, i suoi movimenti, le sue mosse.
Sicuramente non sembrava molto esperto come Kensei in questo tipo di combattimento ma pareva essere sicuro di sè, sicuro di ciò che stava facendo.
Dove colpirà? Con cosa? Vuole farlo alla vecchia maniera o sfoderando il suo Quirk? Chissà… però doveva ammetterlo.
Il ragazzo aveva fegato.
Aveva deciso di entrare dentro la sua zona rossa, entro quei due metri e sinceramente Kensei non se lo aspettava.
Pensava che si sarebbe mantenuto a distanza ma… non l’aveva fatto. Curioso pensò.
Aveva del fegato da vendere e forse per questo non bloccò i suoi movimenti, voleva vedere, scoprire cosa volesse fare e come avrebbe fatto.
Fu veloce quando arrivò a portata del suo attacco, lo sguardo di Kensei quasi non riuscì a leggere le sue mosse, quasi.
La gomitata al fianco arrivò e non la parò, non aveva avuto intenzione di farlo.
Grugnì con una smorfia di dolore, poco, per non dargli soddisfazione ma accusò il colpo nonostante avesse all’ultimo secondo indurito la muscolatura per attutire.
Era in gamba il ragazzino, doveva ammetterlo, non era proprio uno sprovveduto.
Era riuscito a colpire un punto debole, quindi … ci sapeva davvero fare?
Lasciò credere al biondino di essere in vantaggio e di avere la situazione sotto controllo e di averlo preso in contropiede – cosa che effettivamente in parte era accaduto ma non l’avrebbe mai ammesso per orgoglio personale.
Vide poi l’altro colpo arrivare più veloce del primo diretto alla parte più sensibile della gamba.
Questo non glielo avrebbe permesso.
Con una rapida mossa frappose due dei suoi tentacoli al colpo del ragazzo che servirono come da cuscinetto assorbendo il colpo ed evitando una dolorosa esperienza che lo avrebbe portato a non vederci più e ad alzare il suo livello di allerta di due o più gradini.
Questo stronzo… ci sa davvero fare. pensò.
Il ragazzo si sarebbe trovato forse in una situazione piuttosto scomoda.
Sarebbe stato lì, a contatto, corpo a corpo con Kensei, il Kraken.
Troppo vicino per allontanarsi, troppo vicino forse per sfuggirgli… ma aveva proprio voglia di vedere cosa avrebbe fatto, quale asso nella manica avrebbe tirato fuori.
« Hai fegato, bel faccino. Kh. » lo schernì con un sorriso sarcastico « Sono sorpreso. » .
Senza perdere un altro secondo di più, uno dei tentacoli che aveva protetto la gamba di Kensei avrebbe cercato di agguantare il braccio che aveva attaccato prendendolo al polso per poi iniziare a strizzarlo come se fosse dentro le spire di un boa.
Lo scopo del Kraken era di immobilizzare quel braccio e avere alla sua mercè il biondo, in questo modo avrebbe potuto poi sferrargli una ginocchiata poderosa diretta alle costole - sì, proprio quelle costole sotto il braccio che avrebbe tentato di stritolare in modo che non avesse possibilità di difesa o di schivata.
Forse per qualcuno poteva sembrare poco onorevole usare il suo Quirk mentre l’altro usava solo la forza bruta ma… Kensei era di questo avviso.
Contro un avversario valoroso e impavido come quel biondo che si era gettato contro di lui senza timore di venire preso o colpito dai suoi tentacoli non poteva disonorarlo non combattendo al massimo delle sue capacità.

Un respiro.
Un brivido che gli corse lungo la spina dorsale.
La sentì.
Quella sensazione inebriante, qualcosa di cui non poteva fare a meno.
Trovare un avversario capace di stupirlo, che fosse al suo stesso livello e che potesse elevare la sfida al di sopra di un semplice combattimento su un polveroso e schifoso ring.
La sua pelle sembrò reagire a quel calore che pulsando via via che le botte di adrenalina risuonavano dentro di lui, sui tentacoli e sul volto.
Se ci fossero state in precedenza linee nere, lievi e poco marcate, in quel momento iniziavano a farsi più leggermente più scure ad ogni sfarfallio che seguiva il ritmo del suo cuore.
La sentì, quella sensazione di aver afferrato tra le sue spire l’arto del giovane, di averlo in pugno.
Potè percepire il muscolo sotto il suo tentacolo indurirsi per opporre resistenza, e più avrebbe cercato di osare scappare e più lui avrebbe cercato di stringere.
Sorrise.
Non era il potere ciò che davvero lo mandava in estasi.
« Se lo meritava. » fu la risposta fredda del Kraken alla domanda del biondo cavaliere.
Ciò che davvero lo faceva sentire così era solo perchè aveva trovato un degno avversario contro cui combattere.
Lentamente il motivo per cui tutto questo era iniziato non sembrava più importargli.
In quel momento c’era solo lui e il biondo a cui impartire una sonora lezione.
Era dannatamente curioso di scoprire cosa realmente sapeva fare.
Si dimenticò perfino del dolore al fianco che il tipo gli aveva causato, ben certo che una volta che l’adrenalina avrebbe abbandonato il suo corpo avrebbe di sicuro accusato tutto in un sol botto.
Caricò la ginocchiata, tenendo il biondo tra le sue spire, sapendo che non avrebbe avuto via di scampo.
Quello che arrivò alle orecchie di Kenny fu un sonoro crack, bello forte, e se da prima pensava che fosse dovuto all’impatto del suo ginocchio contro la costola del tipo il suo volto mutò in un istante.
« … Cos–? » il tronfio ghigno sul suo volto, sicuro della riuscita del suo attacco mutò in una smorfia di totale sorpresa e incredulità.
Il ginocchio aveva battuto contro qualcosa ma non erano le sue costole, no.
Era una sottospecie di corazza.
Tipo quella delle aragoste, o dei granchi, anche se quella probabilmente era tutta un’altra cosa.
Qualcosa di così grandioso e figo che lo lasciò per un attimo a bocca aperta mentre l’esoscheletro copriva ogni centimetro di pelle del biondo.
Tra scricchiolii e strani rumori sinistri, Kensei rimase ad osservare con degli occhi cremisi la trasformazione del giovane neanche fosse protagonista di un manga (o forse lo era davvero?).
Adesso sì che la cosa si faceva davvero interessante.
« Ooh… » commentò pensando a quanto fosse figo tutto questo.
Finalmente aveva trovato qualcuno alla sua altezza.
Finalmente aveva trovato qualcuno degno del suo tempo e del suo interesse.
« Ti sei deciso a tirarlo fuori. » per un attimo rimase interdetto sulle parole, ma era così dannatamente entusiasta di tutto quello che non ebbe tempo di arrossire o di cancellare quella frase alquanto ambigua.
“… Knight mi si addice!” furono le parole del giovane da dietro quella maschera corazzata come quella di un cavaliere medioevale e rossa cremisi.
«…Dannatamente figo. » commentò a bassa voce alle parole che il ragazzo pronunciò contro il suo tentacoluto avversario.
Il biondo cavaliere nell’armatura purpurea strattonò Kensei sfruttando proprio il braccio che ancora era avvolto tra le sue spire.
Kensei non riuscì ad opporre resistenza, fu troppo repentina la e lo colse totalmente alla sprovvista visto che era ancora rimasto ad ammirare il Quirk del suo avversario.
Era davvero così vicino.
Tanto vicino.
Troppo vicino.
Poteva sentire il suo respiro e poteva vedere come al rallentatore la testa dell’avversario prendere uno slancio all’indietro.
Era davvero così tanto pieno di risorse?
Probile.
Era davvero incredibile come tra tanti combattimenti, tra tanti avversari, tra tanti insulsi vermi, aveva trovato nel posto più insensato del mondo qualcuno capace di poterlo intrattenere a quel modo.
Qualcuno capace di farlo sentire vivo, come pochi avversari avevano fatto.
Era questo Kensei Kurayami.
L’unica persona che non si sarebbe mai tirata indietro di fronte a nessuno.
L’unica persona che viveva per amore, per proteggere la sua famiglia, per non sentirsi solo, e per lo scontro.
Forse l’unico che piantò i piedi per terra, così come i rimanenti tentacoli per bloccarsi sul posto e attutire il colpo che sarebbe arrivato.
Strinse ancora di più il braccio del ragazzo e non lo lasciò andare.
I suoi occhi cremisi si fissarono su quelli splendenti del ragazzo sotto la maschera e le sue palpebre non si chiusero mai per secondi interi.
Non lo fecero neanche quando il colpo arrivò, o meglio fu lui quasi a venirgli incontro.
Fu un dolore lancinante che gli folgorò la testa e per un secondo i cromatofori sul suo volto sembrarono impazzire, sfarfallare e perdere il colore nero di quelle linee marcate che aveva sulle guance, sugli zigomi e sulla fronte.
Ci fu un breve istante in cui si trovarono davvero faccia a faccia, letteralmente.
Poteva sentire ogni suo respiro, e poteva scrutarlo nel profondo dei suoi occhi.
« E così… » una smorfia di dolore gli arricciò le labbra e le ciglia mentre un filo di sangue sembrò uscirgli dalla ferita che si era aperta a seguito del brutto colpo, proprio in mezzo agli occhi.
Tsk… questa sì che è stata tosta. E hai tenuto nascosto fin’ora questa dote? … Tch. Che spreco. commentò mentalmente cercando di rimanere vigile e attento nonostante il dolore lancinante alla fronte non sembrava dargli modo di ragionare lucidamente almeno in quel momento.
«…vuoi saltare i preliminari? » era così dannatamente vicino, e così dannatamente figo, sarebbe bastato salire leggermente di più col mento per stampargli un bacio da manuale.
Kensei però non era il tipo di persona che si lasciava sconfiggere da un bel faccino, da occhi magnetici, da una grande dote combattiva e da una figata di Quirk.
O forse sì?
Lo sguardo si annebbiò per poco, ma non sembrò fare minimamente un passo indietro.
« Così sia. » tenendo sempre il braccio stretto con un tentacolo, il nostro Kenny-boy si lanciò in un’offensiva che oramai era quasi diventata la sua firma su ogni ring.
I suoi altri tre tentacoli si mossero veloci, approfittando di quel contatto forzato e cercarono di avvinghiarsi ai restanti tre arti e se ci fosse riuscito, i due tentacoli stretti alle gambe avrebbero cercato di spingere, o strattonare le suddette nella direzione del nostro uomo polpo.
In questo modo avrebbe cercato letteralmente di sbatterlo a terra come ad un vero e proprio incontro per decretare finalmente il vincitore.
O forse era solo una tattica per invitarlo a fare molto altro?
La risposta era sì.
Sebbene fosse chiaramente dolorante e che avesse accusato parecchio la testata, non sembrava comunque intenzionato a cedere e anche se pensava di avere ancora la situazione sotto controllo, la tensione dei suoi muscoli e dei suoi tentacoli trasmetteva quanto ancora per lui, il combattimento non era del tutto finito.

“Parlamene”.
Da quando in qua si picchia la gente a caso prima di sentire la loro versione dei fatti?
Era così che quegli eroi da strapazzo o da strada affrontavano i problemi di ogni giorno?
Erano davvero loro i buoni?
Se non avesse ceduto alla sensazione inebriante derivata dallo scontro e non fosse mezzo rintontito per la craniata appena subita, probabilmente Kensei avrebbe sputato a terra e lo avrebbe preso per i fondelli con asprezza.
« Ngh… » il dolore alla testa e il bruciore derivante dalla ferita in mezzo alla fronte gli fece traballare anche se per poco l’occhio destro mentre tentava di aggrovigliare i suoi quattro arti attorno a quelli del ragazzo in armatura.
Eppure nonostante tutto, Kensei non sembrava aver perso la capacità di sorridere soddisfatto della situazione e di aver trovato un degno avversario e non una checca qualsiasi. Nonostante tutto non sembrava proprio avere la voglia di perdere.
« Ohw… » ammiccò alla frase del Crimson Knight « Fallo. » sembrò che tutto il suo corpo, spirito e voce si mossero all’unisono per provocare il suo avversario e per far innalzare lo scontro ad un livello più alto.
E fu così che ben presto, con enorme sorpresa sul suo volto mezzo corrucciato e rigato da fili rossi di sangue che gli uscivano dalla fronte, Kensei si trovò la stessa sua tecnica rivolta contro di lui.
Il Crimson Knight aveva letteralmente saldato la sua tibia a quella del povero Kraken che non riuscì a fare altro che ad alzare lo sguardo in quella maschera rossa e fare una smorfia nel momento stesso in cui si sentì afferrare con ancora più forza da lui.
« Ehi, così non vale! » mugulò al ragazzo che aveva appena scoperto il segreto del suo stile di combattimento e glielo stava rivolgendo tutto contro.
« Mi hai incastrato. Cos’è, non avevi più assi nella manica e hai deciso di copiarmi? Tsk. Che palle. » la cosa gli bruciava parecchio, ma non aveva intenzione di abbassare la guardia, così come lo sguardi.
«Ma… mi piaci, Knight. Sei un tipo tosto… » provò a dimenare la gamba constatando che era stato decisamente messo sotto scacco e che non poteva tentare di tirare giù l’avversario come aveva deciso di fare « Certo, sulla parte dell’onore, sull’investigazione e sul “trovare un colpevole della situazione” dobbiamo rivedere parecchio, ma in compenso sei molto abile, lo ammetto… » non sapeva se era una predica o un complimento, ma le sue parole sembravano sincere. In fondo non gli capitava tutti i giorni di scontrarsi con uno che ci sapeva fare e che riusciva ad adottare i suoi stessi sistemi di combattimento anche se possedeva un altro tipo di Quirk.
« Dimmi. Se io urlassi per chiedere aiuto, e credimi ho dei polmoni alquanto potenti… chi di noi due sarebbe dalla parte del torto? Io, ferito, frastornato e imprigionato… o tu? » lui, che aveva un’armatura e lo aveva letteralmente bloccato a discapito di Kensei che lasciò scivolare i tre tentacoli dalla presa che adesso si erano adagiati sui suoi fianchi mentre il quarto continuava a stringere il braccio del ragazzo.
Certo chiunque avrebbe accorso in quel vicolo avrebbe notato chiaramente un povero Kraken pestato a sangue che cercava di proteggersi dalla furia del suo avversario.
Kensei Kurayami sapeva recitare il giusto per poter essere certo di essere perfetto nella parte della povera vittima, grazie a Momo che gli aveva insegnato l’arte fin da quando erano diventati fratello e sorella.
« Non credi che stia accadendo esattamente quello che è successo al tuo arrivo? Un malintenzionato che verrà salvato dall’eroe di quartiere che giunge in soccorso…» lo guardò fisso, uno sguardo calmo e calcolatore ma che racchiudeva l’essenza di quella lezione che aveva voluto offrire al ragazzo fin da subito.
« Quindi, come la mettiamo, Knight? » chiese al ragazzo mentre i suoi tentacoli si alzarono all’altezza delle sue spalle, minacciosi come le protesi del Dottor Gunther Octavius.
« E forse, ragazzino, mi avrai anche imprigionato ma sappi… che sei esattamente dove devi essere. Potrei strangolarti come se fosse niente ma ahimè… il tuo cattivone sa cosa significa un combattimento onorevole e tu non meriti un simile sgarbo. » ghignò, ridacchiò, facendo oscillare i tentacoli come se fossero pervasi da un’onda.
Non sapeva cosa aspettarsi dal ragazzo, ma Kensei scelse di non fare niente.
Il perchè non lo sapeva, forse la botta in testa gli aveva mandato in tilt il cervello.
Qualsiasi cosa avrebbe fatto, era ponto a reagire anche se iniziava ad avere davvero un gran bel brutto mal di testa.
Probabilmente questo avrebbe offuscato i riflessi di tanti combattenti ma lui in qualche modo sembrava esserci abituato.
Era strano, ma si vedeva dai suoi occhi leggermente lucidi che nonostante il bruciore e il martellamento nel suo cervello, Kensei non aveva alcuna intenzione di mollare.

Era da tempo che non si divertiva così, doveva ammetterlo.
Trovare qualcuno che sapeva tenergli testa - anche letteralmente - non era una cosa da poco.
Sorrise, un sorriso tirato ma divertito, contratto solo dal pulsare della ferita che aveva in mezzo alla fronte.
Ora che quell’attimo si era fermato, come in un film, pensò a cosa stesse facendo: si mise per un attimo nei panni di uno spettatore esterno e si dette del coglione.
Abbassare la guardia così, senza sapere quali altri assi nella manica poteva avere quel cavaliere cremisi.
Forse non gli importava, o forse voleva metterlo di nuovo alla prova?
Se fosse stato un Vigilantes o un eroe come si doveva, non ci avrebbe messo due secondi a renderlo inoffensivo.
Kensei Kurayami, non lo era. Affatto.
Con i suoi tentacoli che rispondevano agli stimoli qualche secondo prima delle sue stesse braccia non sarebbe stato che un gioco da ragazzi fermare ogni attacco e respingerlo.
Di certo, quella distanza ravvicinata era tutta in suo favore.
Forse poteva sembrare uno sprovveduto agli occhi di quello spettatore esterno ma Kensei sapeva cosa fare.
Per il momento decise di attendere e lasciare la parola al cavaliere con cui aveva scelto di danzare quel giorno.
« E chi altro dovrebbe farlo? Mh? » gli rispose a tono, un po’ beffardo perchè sapeva che a quel mondo chi combatteva per strada aveva tutto tranne un briciolo di onore. Certo non poteva fare di tutta l’erba un fascio ma certamente la lancetta era in negativo.
« Mh? » sentì allentarsi la presa che lo teneva stretto vicino al ragazzo e quasi quasi gli dispiacque quando il ragazzo con un colpo di reni riprese una certa distanza da lui.
Il Kraken sospirò e scosse la testa, Peccato. si era lasciato sfuggire una gran bella occasione per testare il suo sapore. Si portò una mano alla fronte tastando il grosso bernoccolo aperto, ritraendola istantaneamente per il bruciore - Kenny è un pollo in realtà, non un polpo -.
Rimase con i tentacoli abbassati, nessun segno di infervoramento o di guardia alzata o di qualcuno pronto a scattare di nuovo e continuare la rissa.
Era letteralmente nella sua posizione rilassante.
Poggiò due tentacoli al suolo e si lasciò sorreggere da questi. La stanchezza si faceva davvero sentire, dopotutto due incontri tosti in un giorno erano estenuanti anche per uno come lui.
« Sto cercando di farti capire qualcosa da quando ti sei intromesso in affari che non erano affatto tuoi. » i suoi occhi divennero quasi due fessure, sbuffò un po’ annoiato come se stesse cercando di dire la stessa cosa mille volte.
« Bwaaaaaahn » cercò di mimare malamente il suono di una risposta errata, come quello del quiz televisivo che si vedeva la nonnetta prima di andare a cena.
« Sbagliato. » mise le braccia di fronte alla sua faccia a formare una X.
Strano il vero, eppure il biondino gli aveva chiesto la sua versione dei fatti.
Quindi finalmente aveva deciso di starlo a sentire… beh. E adesso cosa avrebbe dovuto fare? Sarebbe dovuto partire dal principio… o forse sarebbe dovuto saltare al punto del tizio del vicolo?
Nonostante gli sforzi di Kensei a cercare di mostrarsi collaborativo e non belligerante, il ragazzo aveva comunque deciso di assumere un certo atteggiamento difensivo.
Non era uno stupido, quindi aveva compreso che Kenny poteva essere un’arma pronta a sparare in qualsiasi momento.
« Mpf. » inutile dire, gli piaceva proprio quel tipo (in tutti i sensi) « Sarò felice di dirti come è andata… perchè non ti rilassi e riprendi fiato… mi sembri un po’... palliduccio. » parlava quello che gli girava la testa da fare schifo e non riusciva neanche a stare in piedi sulle proprie gambe.
« Beh. Diciamo che stai parlando con un campione, prima di tutto. » meglio mettere in chiaro questo prima di tutto.
« E che oggi ho vinto un incontro. Come ben sai, negli incontri si possono scommettere un sacco di yen e quel tipo che stavo, come dici tu, “strangolando” » mimò le virgolette con le ditina delle sue mani « ha semplicemente scommesso sulla persona sbagliata. Così ha pensato bene di derubarmi della vincita, per riavere indietro la sua quota. Io non ero molto propenso, visto che me li sono guadagnati con il sudore della mia fronte… ho fatto finta di ignorare le sue lamentele, le sue minacce e il suo coltello finchè non ha offeso mia madre. » sottolineò le ultime parole con una gravità che poteva risucchiare il mondo intero in un abisso.
Perfino il suo sguardo e il suo tono di voce per un attimo si alterarono a quelle parole, che già a ricordarlo gli veniva l’urticaria.
« Così, ha fatto due grossi errori. Ha provato a ferirmi e ha varcato la soglia della mia pazienza. Forse ho esagerato. Ma è stata legittima difesa. » con le braccia conserte al petto, il suo sguardo scivolò sul coltello che era ancora a terra.
« E poi. Io non uso quelle schifezze. Un vero uomo è colui che rende il suo corpo una vera e propria arma. Senti. Lascia che ti chieda una cosa, Knight. » portò l’indice e il pollice della mano destra al mento come se stesse valutando l’avversario o quello che stava per dire.
« Chi sei… tu? » chiese « Perchè non sei un eroe con licenza, sembri più un tipo che ha voglia di mettersi in gioco e provare a tirare fuori il meglio di sè. Dico bene? Per questo te ne vai in giro? Comunque sia. Conosco un posto che fa per te. Un luogo dove puoi mettere alla prova te stesso. Niente regole, nessun limite, nessuna fazione. Bene, male, eroi, criminali… nel luogo da dove son arrivato, esiste solo vincere o essere vinti. » sghignazzò e sorrise portando la stessa mano che aveva sul mento a chiudersi in un pugno stretto « Dovresti provare, anche perchè… ho seriamente bisogno di ghiaccio e un cerotto. E tu… hai bisogno di bere qualcosa di energizzante, amico mio. »