As a lily among thorns.

Role con PNG | Billie, Robin & Kensei

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    BILLIE KÖNIG
    Forse persino agli occhi della Madame Billie era sempre stato un caso atipico. Tra tutti i fiori che aveva raccolto per il suo giardino, era stato decisamente quello più anziano al momento dell'adozione. Acquistato quando aveva tredici anni per la sua bellezza, ci si aspetterebbe da un ragazzo di quell'età una certa affezione per i propri genitori biologici e la capacità di comprendere ciò che stava davvero succedendo. Billie invece, pur non recriminando nulla ai suoi veri genitori, non aveva mai in alcun modo provato odio o timore per la Madame e l'aveva invece accettata come la sua vera madre, tanto da diventare uno dei suoi figli più affezionati. Forse era proprio questa sua sorta di fedeltà per scelta che lo aveva reso a sua volta uno dei più fidati consiglieri della donna.
    Per tutti gli anni insieme, Billie aveva osservato molte volte le mani della Madame, quasi in adorazione. Le mani di quella donna avevano costruito un impero, avevano tessuto una ragnatela di contatti talmente fitta da collegare i criminali più pericolosi di Tokyo ai politici più influenti, e avevano costruito per lui e i suoi numerosi fratelli una vita che in nessun altro modo avrebbero potuto avere. E anche quando la Madame era diventata vittima di sé stessa e dei propri desideri, quando in molti avevano deciso di tradirla e andarsene, Billie aveva comunque deciso di rimanere al suo fianco. Il suo unico rimpianto, in realtà, era quello di non essere stato accanto a lei quando ce n'era stato più bisogno, al momento della sua morte. Molto probabilmente non sarebbe mai riuscito a perdonarselo.
    Oltre alla bellezza, ai bambini e al buon cibo, la Madame amava anche molto i gioielli. Proprio per questo, osservando le sue mani per molto tempo, Billie aveva ben chiaro nella sua mente ogni anello e braccialetto che ne avesse mai agghindato l'aspetto. Anni prima che la Madame perdesse il senno, uno di questi aveva lasciato la mano della Madame per sempre, entrando in suo possesso. E Billie, proprio come richiesto, lo aveva conservato per tutti questi anni come fosse l'ultimo compito della sua vita.
    Sedeva nel suo ufficio all'Elysium: una volta che gli eroi erano riusciti a ripulire l'aria del quartiere i lavori di costruzione erano iniziati e pian piano la zona era tornata ad essere frequentata. A causa del timore e del pregiudizio era difficile raggiungere di nuovo i fasti di un tempo, ma anche Kabuki-cho stava vivendo una seconda vita, specialmente sotto la rinnovata protezione della yakuza. Al momento la mafia e l'Eden's Thorn erano in affari da ormai un paio d'anni e le cose stavano proseguendo senza intralci, ma non poteva escludere che un giorno sarebbero nate delle infelicità che li avrebbero costretti a riprendersi il quartiere come un tempo gli apparteneva. Non era però il momento di pensarci e considerato che gli affari del club erano colati a picco a causa dell'attacco terroristico alla città di Tokyo per il momento doveva accettare quella tregua per il bene di tutti. E visto come stavano andando le cose in città, in fondo, era meglio avere un alleato in più piuttosto che un altro nemico aggiunto alla lista.
    Tra le sue mani oscillava lievemente un anello - l'anello, per l'appunto. Dal solido corpo in oro bianco, era ornato da uno splendido diamante nero le cui dimensioni sottolineavano chiaramente la passione della donna per l'opulenza. La Madame glielo aveva affidato perché, un giorno, si offrisse in matrimonio a Karen. Aveva scelto loro come suoi successori, preparando Billie per essere il volto legale e razionale dell'organizzazione e Karen perché potesse difendere i suoi fratelli da qualsiasi pericolo. Purtroppo però quel giorno era giunto troppo presto e, come se non fosse già abbastanza per la sua povera anima, la stessa Karen era stata il motivo della sua prematura dipartita.
    Quello che un giorno sarebbe dovuto essere un simbolo di gioia rimaneva ora unicamente come simbolo del fardello che Billie portava sulle sue spalle: non era riuscito a proteggere la Madame, Karen li aveva traditi e lui faticava a tenere la famiglia unita. Da quando Junko aveva avanzato le sue pretese al ruolo di nuova Madame, come auspicabile, in molti avevano iniziato a mettere in dubbio gli equilibri di potere dell'organizzazione e altri invece non erano per nulla d'accordo con la sua aspirazione, decidendo questa volta di non supportare la sua solita arroganza. Come se non fosse abbastanza, da qualche mese alcune ragazze dell'Elysium avevano denunciato l'impressione di essere seguite fuori dal locale la notte e qualche altro membro era stato aggredito per strada. Non era successo nulla di grave, ma non erano certo bei segni e non poteva permettersi di ignorarli. E non lo aveva fatto, per essere del tutto onesti.
    Fece scivolare l'anello nel taschino della giacca nera che indossava, portando poi entrambe le mani ad aggiustare il nodo della cravatta. Seduto alla sua scrivania, stava attendendo l'arrivo di due fratelli. Aveva convocato Kensei e Robin nel suo ufficio, quel giorno, perché aveva delle notizie da dargli e aveva bisogno che lo accompagnassero a prendersi cura di certe faccende. C'era aria di cambiamento nell'Eden.

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    CITAZIONE
    Whatnot ¬Kinshara benvenute nella vostra role con PNG!
    Come al solito iniziamo con un ordine casuale e poi cerchiamo di mantenerlo, salvo eccezioni. Come potete evincere dalla traccia, che spero sia sufficientemente chiara, ho fatto sì che fosse Billie a contattare i due fratelli in questa particolare istanza. Questo comunque non va in alcun modo in contrasto col contesto da voi delineato sul finire del vostro combat, loro possono benissimo aver richiesto di vederlo a loro volta, questo è semplicemente stato il primo contesto un po' più serio disponibile per l'incontro.
    Nonostante l'ambientazione iniziale sia l'ufficio di Billie all'Elysium, quindi a Kabuki-cho, il grosso della role si svolgerà con ogni probabilità a Ginza, per cui l'ho aperta direttamente in questa sezione. Qualora l'ambientazione dovesse cambiare - è pur sempre un gioco di ruolo e le vostre azioni hanno delle conseguenze - la sposterò nella sezione più corretta al suo termine (così nessuno di noi perde l'iscrizione).
    Nella speranza che il post sia abbastanza chiaro, per quel poco che c'è da dire, se avete bisogno di me sapete come contattarmi. Buon divertimento! :neko:
     
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    Kensei Kurayami
    Billie.
    Billie era suo fratello maggiore, il figlio prediletto di sua madre.
    Il primo tra i fratelli.
    Poche lo aveva incrociato e non aveva mai osato guardarlo negli occhi.
    Non provava affetto verso di lui, era più una cieca fede.
    Provava la stessa reverenza, lo stesso timore e lo venerava al pari di una divinità.
    Ecco, per Kensei Kurayami, era molto più simile ad un essere divino che ad un fratello, che ad un essere umano.
    Lo adorava, vedeva in lui e nei suoi ideali qualcosa e qualcuno per cui dare la vita, per cui credere, per cui combattere.
    Ogni sua parola era legge, e ogni suo desiderio era un ordine.
    Era qualcuno di così in alto, e di così irraggiungibile che il piccolo Dryas a suo tempo non avrebbe neanche osato calpestare la sua ombra o le sue impronte.
    Si sarebbe limitato ad inginocchiarsi per innalzarlo.

    Tutto questo fino a quel momento, fino a quel giorno.
    Aveva avuto desiderio di incontrarsi con lui e i motivi erano molteplici.
    Un po’ perchè era stanco di essere sempre messo da parte, un po’ perchè aveva bisogno di fargli capire che non era più un poppante, un po’ per comprendere cosa avesse intenzione di fare… con nuovi membri, con Deep Void e con … il Collezionista.
    Sperava di ricevere la telefonata di Jace per questo fatidico appuntamento ma tutto ciò non avvenne.
    Aveva pensato di contattarlo lui stesso, ma ne aveva davvero avuto il coraggio?
    La risposta era no.
    Per quanto Kensei potesse cercare di mostrarsi cambiato, più adulto, più uomo e più impavido, il pensiero di poter disturbare un’entità come quella di Billie lo mandava in panico, senza contare che non sapeva effettivamente come contattarlo.
    Così aveva scelto di aspettare e nel frattempo passava il tempo nel modo che riteneva più giusto: lavorando per gran parte della giornata, e combattendo.
    Fino a che non fu Billie in persona a contattarlo.
    Un attimo prima una tranquilla mattinata, un attimo dopo panico e infarto.

    A casa non c'era nessuno, né la vecchia né il cane - per fortuna -.
    Era un bene che non ci fosse nessuno ad ascoltare i rumorosi e ritmici "pop" che provenivano da due dei suoi tentacoli le cui file di ventose si erano appiccicate assieme rilasciando il classico suono dello schiacciamento di bolle d'aria degli imballaggi appena si staccavano l’una dall’altra.
    Era nervoso, agitato e appena docciato.
    Se ne stava di fronte allo specchio a cercare di mitigare l’ansia con quegli schiocchi delle sue ventose ma sentiva e vedeva le sue mani tremare.
    Il Divino, Billie, suo fratello, il boss lo stava aspettando nel suo ufficio all’Elysium.
    Voleva incontrare lui.
    Aveva riletto più e più volte - pensava che fosse uno scherzone di Indra o di Momo … - e stentava a credere di essere stato scelto da Billie in persona.
    Era come aver sentito il suo nome pronunciato da una divinità, aveva provocato lo stesso effetto: immensa felicità e puro terrore.
    Ci vollero minuti prima che potesse riacquistare le facoltà mentali e riprendersi da quel mancato infarto.
    Non sapeva se avrebbe dovuto dirlo a qualcuno, soprattutto a Jace per prima, ma decise di non farlo visto che il messaggio sembrava essere rivolto a lui e lui soltanto.
    E poi, anche se lo avesse mandato a qualcun altro, a lui non gli importava.
    Era stato contattato da Billie in persona!
    Era come se Thor lo avesse invitato a prendere una birra insieme e parlare di affari ultraterreni!
    Era un evento che aveva solo da "festeggiare", anche se il fatto che si fosse smosso per chiamarlo poteva promettere qualcosa di buono… o qualcosa di brutto.
    Così dopo una valanga di emozioni contrastanti arrivarono i dubbi.
    Aveva forse, finalmente, visto qualcosa in lui da affidargli un incarico? Aveva bisogno dei suoi servigi da guardia del corpo?
    O forse lo aveva chiamato per prenderlo per il collo e dirgli che forse quella crociata che stava portando avanti da solo - uscendo forse anche troppo allo scoperto - per cercare di attirare l’attenzione del Collezionista era una stronzata (e che sarebbe diventato un ottimo spuntino per i suoi squali)?
    Sperava più nella prime due ipotesi…ma in cuor suo era pronto a prendersi la totale responsabilità della terza.
    In fondo, non lo aveva già fatto?

    Svuotando l’armadio era riuscito finalmente, dopo tentativi e tentativi a trovare un outfit adatto alla speciale occasione.
    Aveva osato qualcosa di elegante, impeccabile, sembrava veramente un bodyguard da film: camicia, cravatta di seta, giacca e pantaloni color piombo con scarpe lucide abbinate.
    Inutile dire che oltre ad essere agitato si sentiva pure in tremendo disagio.
    Voleva optare per una camicia sbottonata sotto quella giacca ma non voleva destare sospetti su lividi ed escoriazioni che gli bruciavano e scurivano la pelle.
    I tentacoli probabilmente li avrebbe lasciati liberi di uscire fuori da sotto la camicia, in fondo era pur sempre una riunione di famiglia.
    Si sentiva anche fin troppo stretto e strangolato per subire altre angherie sui tentacoli ma per mostrarsi il più figo e il più professionale possibile doveva almeno un minimo soffrire.
    Se poi gli avesse detto di mettersi comodo, probabilmente avrebbe defenestrato almeno la cravatta e la giacca.
    Trasse un profondo respiro, osservò l’orologio e anche se era in un anticipo mostruoso decise di vincere il timore, uscire di casa e dirigersi verso il luogo prestabilito e così fece.

    In sella alla sua meravigliosa bici verde acqua, riuscì ad arrivare all'Elysium in poco tempo - grazie alle scorciatoie che conosceva.
    Varcare la soglia di quella che conosceva come luogo di lavoro e di casa quel giorno era davvero strano.
    Tirato tutto a lucido, tentò di nascondere l’ansia con un sorriso che non era per niente credibile.
    Si avviò verso l’ufficio di Billie, a passi pesanti come macigni e lenti, tutto l’opposto del ritmo cadenzato che aveva il cuore che gli pulsava in gola.
    Arrivato di fronte alla porta deglutì a vuoto anche se aveva la gola secca come un deserto.
    Sono arrivato troppo in anticipo… cosa dovrei fare? Bussare? Potrebbe non essere rispettoso… quindi dovrei aspettare l’orario stabilito? solitamente Kensei era un tipo pratico.
    Preferiva l’azione e seguiva l’istinto prima di formulare pensieri inutili: quindi tutta la sfilza di domande e timori che assalivano la sua testolina ammantata di capelli morbidi, gelatinosi e rosa, era tutto frutto del suo status di profonda ansia da prestazione.
    Bussiamo. Sì. E poi chiedo permesso. O forse dovrei aspettare che lui risponda…. aaaaaaaaaahhhh sentì la sua vocina interiore urlare e avrebbe voluto liberare la stretta che i tentacoli avevano sulla camicia e sul suo stomaco per liberarsi allo stesso modo ma riacquisì la calma con un sospiro, tentò di rilassarsi, slacciò i suoi arti bizzarri fino a farli scendere dolcemente sul terreno.
    Trovò refrigerio nel percepire sotto le sue ventose il freddo pavimento e con un atto di fede e di coraggio, trattenne il respiro come per scendere negli abissi e avvicinò la mano tremolante alla porta e battè tre colpi secchi.
    « Dryas. » si presentò, e perchè non lo fece con il suo nome fu un mistero. Si morse il labbro perchè se ne accorse troppo tardi ma sperava che almeno conoscesse il suo nome in codice… o almeno sperava.
    Presentarsi due volte sarebbe stato disdicevole, e disonorevole.
    « E’ … permesso? » continuò, per poi rimanere in silenzio, in attesa e prestando orecchio a quella voce divina.
    Eppure, in quel momento, in quel silenzio si sentì degno di essere arrivato fin lì e, prima che il martellio del suo cuore potesse inghiottire tutti i suoi pensieri, Kensei Kurayami per un solo singolo istante si sentì orgoglioso di essere alla soglia di quella porta.
    Sentì che le sue fatiche, la sua fede, la sua dedizione, che il suo amore verso la sua famiglia e suo nipote, che il suo istinto di protezione e che le sue scelte avevano dato i loro frutti.
    Era pronto, nonostante tremasse dal capo fino alla punta dei suoi tentacoli, Kensei era pronto a varcare quella soglia.

    Rosa rubicondior| Lilio candidior | Omnibus formosior | Semper in te glorior.

    Villain x Eden's Thorn x Scheda x Liv.3 x 23YO x ©
     
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    ROBIN ALLARD
    "Cazzo fai? La porta mica ti mangia. "

    Una voce roca dal fondo del corridoio, accompagnata da un rumore che difficilmente s'assocerebbe alla figura di Robin Allard: il ticchettio di scarpe col tacco. Il giacinto dell'Eden quel giorno indossava un abito elegante quanto il suo nominativo, che lasciava ben visibile le sue poche curve quanto le cicatrici che, come un rampicante, s'aggrovigliavano all'altezza del cuore. C'era persino un velo di trucco a ingentilire quel viso affilato, ma quell'ondata di femminilità improvvisa non si estendeva al di sotto della cintura: il suo vestito, anziché sbocciare in una gonna, si divideva in due ampi pantaloni.

    "E quel completo ti sta uno schifo. Ah, ciao."

    Si avvicinò al fratello per aggiustargli il colletto della camicia, intimandogli con un "fermo," di non muoversi. Il volto serio di un'istitutrice, freddezza che ad occhi attenti avrebbe tradito un briciolo di gelosia.
    (Un'eleganza forzata, la sua, causata da uno Yuya urlante che l'aveva bloccata dal fasciarsi il seno, ordinandogli di non stritolarsi per qualche settimana le carni devastate dall'operazione. Femminilità scelta per pura ripicca, di cui già si stava pentendo.)

    "Prossima volta che devi vestirti elegante chiedi a me," intimò, stringendogli il nodo della cravatta con la dolcezza di un boia che annoda un cappio. "E prima che tu me lo chieda sto bene, l'operazione non ha dato complicazioni, e tornerò presto a lavorare in palestra."
    Tentativo di placare le mille paranoie di un fratello troppo affettuoso, che sarebbe stato difficile contraddire: Allard appariva in salute, rosea nell'incarnato e fluida nei movimenti, una figura che non mostrava alcun segno di stanchezza nè di dolore.
    Ma era forse più acida del solito. Più rigida.
    (Troppo nervosa ancora per i postumi di quell'operazione, arrotolata su se stessa come una molla; troppo tesa per lasciarsi andare a narrazioni in prima persona.)

    "Su, andiamo. "

    Mano che scese sulla spalla del fratello minore, esitando per un istante in una stretta supportiva prima di volare sulla maniglia della porta, aprendola senza attendere risposta dalla parte altrui.

    "Billie."

    Scivolò nella stanza con calma misurata, salutando il fratello maggiore con un cenno del capo, mani incrociate dietro la schiena, in un portamento marziale che strideva con quell'immagine da principessa.

    "Immagino che tu non ci abbia invitato qui per un'allegra cena di famiglia, fratellone."

    Tono garbato ma freddo, labbra appena arricciate in un sorriso, parole non dette in quello sguardo bicolore che si fissò subito sugli occhi scuri di Billie.

    (Sappiamo di non starci esattamente simpatici e non ha senso fingere amore fraterno, ma probabilmente sai anche che Junko mi ispira meno fiducia di te quindi siamo dalla stessa parte. Perché siamo qui per Junko, vero?)
    « Les Fleurs du Mal » / Narrato x Parlato
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    BILLIE KÖNIG
    Kensei, prego. - con tono monotono e forse troppo basso aveva invitato il ragazzo dotato di tentacoli ad entrare una volta bussato, attendendo però un'inverosimile quantità di tempo prima dell'entrata effettiva e trovandosi invece di fronte Robin al posto del fratello. Per ovvie ragioni Billie conosceva i nomi in codice di tutti i Fiori dell'Eden ma era solito, nella quotidianità, utilizzare i nomi che la Madame aveva assegnato loro. Quelle identità fittizie servivano innanzitutto a celare i loro veri nomi alle autorità quindi un loro utilizzo così spregiudicato non solo ne avrebbe ridotto l'efficacia ma anzi, avrebbe anche rischiato di portare dei sospetti sull'Elysium che, nonostante fosse stato indicato da Karen come la base del gruppo criminale capitanato dalla Madame quando portava ancora il nome di Eden's Rose era ovviamente ora la sede di un business totalmente legato e pulito... nonostante non fosse minimamente cambiato dopo l'acquisizione da parte di Billie. Non era in ogni caso sua intenzione rinfacciare l'utilizzo dello pseudonimo al fratello e anche qualora lo avesse voluto fare sapeva benissimo che non sarebbe stato il migliore inizio per la discussione che avrebbero dovuto avere quel giorno.
    Robin, prego. - esordì quindi una volta posati gli occhi sulla sorella, praticamente ripetendo l'invito precedente, rivolto al fratello, forse persosi dietro lo spessore della porta. Sebbene Billie non fosse particolarmente discriminatorio nell'ambito del vestiario, e a conti fatti vista l'educazione da loro impartita era difficile che qualcuno cresciuto dalla Madame e da Karen lo facesse, non poté fare a meno di notare che la sorella recentemente ritornata dal soggiorno in Francia fosse vestita in modo un po' più femminile del solito. Inarcò leggermente un sopracciglio quasi non credesse ai suoi occhi ma si limitò a liquidare la questione in quel modo. Ad essere del tutto onesti, Billie provava un amore smodato e protettivo nei confronti di tutti i suoi fratelli, che ci credessero o meno, ma dimostrarlo non era mai stata una sua priorità né aveva mai avuto intenzione di farlo. La sua mente ragionava in una maniera molto più pragmatica e concreta: per fare un esempio, era al corrente dell'operazione subita da Robin ma vederla lì quel giorno in quella che almeno apparentemente sembrava piena salute era per lui abbastanza da considerare l'argomento chiuso. Tanto gli bastava insomma per non sentirsi in dovere di toccare l'argomento ma, nonostante questo, la sua salute come quella degli altri Fiori dell'Eden era motivo di preoccupazione.
    L'ufficio di Billie si trovava al piano superiore del complesso dell'Elysium e stonava decisamente col resto del locale che faceva chiaramente del suo meglio per essere un club gradevole per la clientela principalmente maschile che lo frequentava. Dal canto suo invece Billie aveva arredato l'ufficio a suo gusto personale, il che significava un indubbio tono retrò: realizzato quasi interamente in legno era arredato principalmente da una grossa scrivania che si trovava al suo centro e posava su un tappeto nero di forma circolare e alle sue spalle le pareti erano coperte da librerie contenenti svariati volumi sui più disparati argomenti. La stanza era illuminata da un piccolo lampadario che si trovava sul soffitto e dalla luce naturale proveniente da una finestra in vetro aperta sul lato destro della stanza. Billie sedeva su una poltrona in pelle analoga ad altre due che si trovavano dall'altro lato della scrivania e servivano ovviamente per accogliere gli ospiti, in questo caso specifico proprio Robin e Kensei.
    No, anche perché sarebbe decisamente presto per una cena. - rispose alla domanda retorica della donna, facendo poi un cenno con la mano ai due - Accomodatevi. - aggiunse quindi. Conoscendolo da anni, i suoi fratelli avrebbero probabilmente avuto vari momenti per cercare di comprendere se fosse incapace di comprendere l'ironia e il sarcasmo o scegliesse deliberatamente di ignorarlo e altrettanto probabilmente non avrebbero ancora trovato la loro risposta nonostante tutto il tempo passato.
    Billie passò i suoi profondi occhi neri prima sulla sorella e poi sul fratello, e poi di nuovo su di lei. Faticava a ricordare un'occasione in cui si fossero trovati tutti e tre da soli nella stessa stanza e forse quella era proprio la prima volta che accadeva. La percepiva quasi come una strana sensazione, ma ormai ci aveva fatto l'abitudine: gli era ormai cristallino che nulla, da lì in poi, sarebbe stato più lo stesso. Robin era rimasta in Francia per molti anni e con Kensei non aveva mai avuto grandi rapporti, principalmente perché era solito occuparsi più della parte collegata agli spettacoli e alle relazioni sociali... ed erano entrambe cose che ben poco c'azzeccavano con il ragazzo. Nonostante questo, doveva ammettere con piacere che il loro ruolo nell'organizzazione si stava affermando sempre più e specialmente Robin, per ovvi motivi anagrafici più matura del ragazzo coi tentacoli, aveva svolto un importante ruolo di mediazione nei rapporti con la yakuza per la fondazione della palestra che stava portando numerosi vantaggi ed introiti ad entrambe le fazioni, sia in termini di guadagno momentario che di relazioni e soprattutto di informazioni.
    Vi ho chiamati qui quest'oggi perché abbiamo numerose questioni da discutere e avrò bisogno del vostro aiuto per svolgere una commissione. - pronunciate quelle parole il suo sguardo si concentrò poi per un paio di secondi sul loro vestiario - Potrà forse sembrarvi strano, ma volevo che foste i primi a sapere la novità. - raddrizzando la schiena, si inclinò verso la scrivania, poggiandovi i gomiti. Le mani erano congiunte in fronte a sé, gli indici picchiettavano ritmicamente sulle nocche della mano opposta. Il suo sguardo impassibile si spostava lentamente tra gli occhi di Kensei e quelli di Robin, come volesse studiare a fondo la loro reazione. Dopo un paio di secondi si lasciò semplicemente andare, abbandonandosi nuovamente sullo schienale della poltrona in pelle, che guaì leggermente.
    Io e Junko ci sposiamo. - disse quindi lapidario.

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    Kensei Kurayami
    Eccoci. E’ fatta. pensò tra sè e sè mentre si stava lentamente dimenticando di respirare.
    Per fortuna le sorelle maggiori arrivano sempre nel momento del bisogno, e così entrò in scena Robin, o Jace come continuava a chiamarla Kensei dall’alba dei tempi.
    Era rimasto così fisso a guardare quella porta, così attento a non fare il benchè minimo rumore per sentire un qualsiasi suono provenire dall’altra parte che si dimenticò di tutto il resto e neanche la sentì arrivare.
    Il suo “Cazzo fai?” lo fece sobbalzare sul posto e in un secondo fu catapultato dall’estasi di una chiamata divina alla fredda e brutale realtà, e si ricordò di respirare.
    « JACE?!? » pigolò a denti stretti mentre i suoi occhioni osservavano la figura dell’elegante sorella che si stava apprestando a camminare verso di lui.
    « Cazzo ci fai tu qui!? Grande Odino, mi hai quasi fatto venire un infarto.» mugulò facendo un piccolo passettino in avanti, andandole incontro e solo adesso che stava riprendendo un po’ i sentimenti notò quanto fosse stupenda vestita a quel modo.
    Da fare invidia a qualsiasi modella sulla faccia della terra.
    Non ricordava di averla mai vista così…
    « Mpf… » sbuffò al commento poco gentile sul suo modo di vestire « Lo so, non avevo di meglio. E inizio a sentirmi a disagio qui dentro. » ammise, senza vergogna, ma non aveva altro nell’armadio e se si fosse presentato in mutande non avrebbe certo fatto una buona impressione… forse.
    « Tu sei uno schianto invece. »
    Lasciò che lei arrivasse lì, vicino a lui.
    Strinse i denti e frenò l’istinto di abbracciarla e stringerla a sè solo perchè le aveva intimato di starsene buono e fermo: non sapeva se per permetterle di sistemargli il colletto della camicia o perchè avesse previsto la sua mossa.
    Rimase immobile, a mento alto mentre i suoi occhi si posarono sulle sue cicatrici che si intravedevano dallo scollo di quel vestito.
    Era da tanto che non la vedeva, e poi quel messaggio…. non gli aveva dato neanche tempo di preoccuparsi che aveva già fatto tutto quello che doveva fare.
    Mosse le labbra per iniziare a chiederle qualcosa ma anche stavolta venne battuto sul tempo.
    L’operazione era andata bene, beh altrimenti non era lì in carne ed ossa, no? Eppure… si sentiva afferrato in una morsa e no, non era certo il nodo alla cravatta che gli aveva stretto attorno al collo e si irrigidì come in attesa dell’apertura della botola sotto i suoi piedi.
    C’era qualcosa di strano in tutto questo, in lei. Che fosse stato davvero perchè adesso si era tolta un gran peso dal cuore in tutti i sensi o che avesse altro per la testa non lo sapeva.
    Sperava solo che avesse trovato un minimo quella pace che si meritava.
    Era perchè avrebbe voluto esserci, almeno in parte, al suo risveglio o il giorno prima, poter essere sicuro che sarebbe tornata in forma e assisterla dall’inizio alla fine e invece… aveva fatto tutto da sola.
    « Sono felice di rivederti. » si lasciò sfuggire, parole che soppesò come le ultime che gli erano state concesse. Non disse altro, non chiese altro, probabilmente lo avrebbe fatto ma non in quel momento.
    Era davvero felice di rivederla, così, in forma.
    « Ma… cosa ci fai tu qui? » domanda lecita, pensava di essere solo e soltanto lui l’invitato a godere della presenza divina di Billie e invece…. a quanto pare si sbagliava ma la cosa non lo turbava anzi.
    Lo rassicurò mettendogli la mano delicatamente sulla spalla per poi andare direttamente sulla maniglia della porta e varcare la soglia senza neanche attendere una qualche sorta di risposta da parte del fratello.
    Kensei la seguì a ruota e quando i suoi occhi incrociarono quelli di Billie, sentì il cuore balzargli dal petto fino in gola.
    Deglutì a vuoto ed entrò nella stanza, mentre cercò di tenere i suoi tentacoli meno rigidi possibili per non apparire troppo nervoso anche se probabilmente lo dava a vedere comunque.
    A dispetto di Jace, Kensei Kurayami esordì con un inchino da crociato con la mano sul cuore, non si mise in ginocchio solo perchè le gambe avevano ancora i postumi di un combattimento e piegarsi era diventato alquanto doloroso in quei giorni.
    Fu la sorella a sciogliere quell’incantesimo e a rivolgere la parola a Billie.
    Ma cos- lo conosce così bene da appellarsi in questo modo?! ne rimase stupito, un discorso così colloquiale da lei non se lo aspettava.
    Immaginava che la sorella avesse avuto più contatti di lui con il divino ma non credeva a questo modo, Jace era sempre piena di sorprese.
    Se ci fosse stato qualcuno di diverso dietro quella scrivania, su quella poltrona in pelle come si vedevano in certe pellicole, probabilmente si sarebbe soffermato su ciò che lo circondava.
    Eppure Kensei, quando alzò lo sguardo non aveva altro punto focale se non il fratello.
    Non lo ricordava così, anzi… non sapeva neanche se quel ricordo che aveva corrispondeva effettivamente a lui o no: era a cospetto di un’entità che aveva sempre visto come un mito e mai aveva potuto avere l’onore di conoscere affondo, figurarsi parlarci.
    E adesso era lì, nel suo ufficio, di fronte a lui.
    Rimase ad osservare quel giovane uomo affascinato da quei suoi lineamenti, da quello sguardo e dal suo portamento.
    Sì, si sentiva profondamente fuori posto.
    Tremendamente fuori posto.
    Si trattenne dal girare i tacchi, salutare tutti e dire “grazie dell’invito, ora se permettete ho un incontro tra dieci minuti e non voglio mica far aspettare!” deglutì e si ricordò di respirare mentre si rimetteva composto, immobile vicino alla sorella.
    Non sapeva neanche come appellarsi a lui, gli doveva dare del voi? O del tu come Robin? Forse del lei?
    Dovrei chiamarlo Billie? O… Boss… o sommo divino…? O... fratello? No suona troppo banale... stava un po’ entrando nel pallone e non sapeva perfettamente come comportarsi perchè non ne aveva mai avuto occasione.
    Erano sempre stati così distanti, era sempre stato così sfuggente che vederlo lì di fronte a loro era una strana sensazione.
    Annuì al suo invito ad accomodarsi.
    « Con… permesso. » disse con tono molto basso per poi fare cenno alla sorella di accomodarsi per prima, da galantuomo che era, mettendosi infine nella poltrona accanto a quella che avrebbe scelto lei.
    La seduta era comoda, molto comoda, e ringraziò gli dei per questo anche se gli ci volle qualche secondo in più e un aiuto da parte dei suoi tentacoli per poter piegare le ginocchia e sedersi per non avere strane smorfie sul suo volto.
    Ci fu un momento in cui gli occhi di Billie gravitavano prima sul giovane Kraken e poi sulla sorella, andando avanti e indietro come la lancetta di un metronomo.
    Kensei iniziò a sentire caldo, e a percepire quella cravatta attorno al suo collo farsi sempre più stretta come se qualcuno avesse iniziato a tirare quel cappio impedendogli di respirare.
    Poggiò i quattro tentacoli sulle sue cosce, cercando di trovare una compostezza che si stava sgretolando ogni minuto che passava.
    Anche se era stato lui stesso a volerlo con tutto il cuore di essere ricevuto dal fratello… ora che era arrivato il momento non è che non aveva il coraggio di affrontarlo, era che si sentiva tremendamente inadeguato, impuro, indegno di essere al suo cospetto.
    Co… commissione? Kensei venne riportato alla realtà dalle parole di Billie, e rimase a guardarlo senza neanche sbattere ciglio.
    Noi? I primi? Novità? Ma di che sta parlando? non sapeva di cosa stesse parlando, ma con la coda dell’occhio tentò di trovare qualche risposta nel volto della sorella che gli sedeva accanto.
    Che abbia a che fare con la palestra? in fondo erano entrambi collegati con quella palestra, o meglio Robin era colei che l’aveva portata alla luce e Kensei era la belva che combatteva nella sua ombra.
    Senza volere, Kensei seguì i movimenti di Billie, scostandosi anche lui dallo schienale della poltrona, incurvandosi leggermente come se il fratello stesse per sussurrare uno dei comandamenti.
    Ogni volta che il fratello posava lo sguardo su di lui sentiva il cuore saltare un battito, come se si sentisse risucchiato nel vuoto cosmico, finchè non si arrestò quando da quelle labbra uscirono fuori parole che lo lasciarono a dir poco basito.
    “Io e Junko ci sposiamo.”
    Era come se avesse appena detto che il mondo sarebbe finito in quell’esatto momento.
    Più o meno, questa era la sensazione che pervase il Kraken.
    Rimase interdetto a bocca aperta.
    Aveva capito bene?
    Billie e Junko si sposavano?
    Quella Junko, sua sorella?
    C'era qualcosa di strano, non di profondamente sbagliato. Ma strano.
    In fondo, non erano fratelli? O forse si era perso qualcosa?
    Cioè non lo erano di sangue, ma quello lo sapeva, eppure facevano entrambi parte della grande famiglia dell’Eden… era per questo che la cosa gli suonava così maledettamente fuori posto?
    « Ah– » si lasciò sfuggire con un grosso punto interrogativo stampato sul volto, mentre i suoi occhi tentavano di reggere il peso dello sguardo del fratello non riuscendoci perfettamente.
    Quindi Junko, la nuova Madame si sarebbe unita in matrimonio con Billie, la divinità.
    « In che senso? » di tutto quello che poteva dire, aveva optato proprio per l'unica domanda inopportuna uscita dal fondoschiena invece che dal cervello?
    Sì, andò esattamente così.
    « Perdoni la mia domanda. » si riscosse sulla poltrona, arrossendo e distogliendo leggermente lo sguardo, grattandosi la nuca per il nervosismo mentre i tentacoli si erano arrotolati su se stessi.
    Grazie al cielo, si accorse della figura cacina e cercò di arrampicarsi dal pozzo di infamia in cui era caduto « Sono...solo un po' confuso. Non mi aspettavo una cosa simile.» di certo non era la prima cosa che gli era balzata in mente come “motivo” di quella “rimpatriata” tra fratelli e sorella.
    A dirla tutta, non si sentiva coinvolto emotivamente nella questione.
    Forse perché nella sua mente vedeva Junko con un tipo più… come lei?
    Forse perchè era come se lui decidesse di sposarsi Indra che, per quanto lo considerasse uno gnocco spaziale, rimaneva comunque suo fratello e il pensiero di ciò era anche fin troppo strano. Bello eh! Ma troppo inquietante. E strano.
    Se poi si aggiungeva il fatto che Kensei considerava Billie alla pari di un essere divino da venerare e non toccare... beh... la cosa non andava migliorando. No.
    Eppure tutto poteva essere, chi era lui per opporsi alla loro felicità?
    Già, se solo fosse trasparita dalle parole di Billie almeno un filo di questa emozione così genuina... in fondo da grande amante dei romanzi e film romantici conosceva perfettamente l'immensa gioia nel parlare di un così lieto evento.
    Forse perchè suo fratello maggiore era così, forse perchè non conosceva il suo carattere - no, non lo conosceva affatto - ma non aveva lasciato trasparire alcuna emozione in quella notizia.
    Era come se avesse dato in pasto la notizia senza esserne trasportato.
    « S-Sono felice per voi. E’ davvero una splendida notizia. Avete già scelto la data per il lieto evento? » sorrise ancora confuso e provato dalla rivelazione mistica.
    Di nuovo, chi era lui per discutere sulla loro felicità?
    Kensei era ingenuo, iperprotettivo e ancora molto infantile rispetto a Jace e a chiunque altro - forse per la sua età e per la poca esperienza - ma lo sbarbatello sapeva stare al suo posto.
    Ma tu guarda… fu l'unico commento che ne uscì tra i suoi pensieri.

    « E, se ho il permesso di chiedere…perchè proprio noi? » quel “noi” suonava più come un pluralis maiestatis che una somma di Kensei e sua sorella.
    Si poggiò nuovamente sullo schienale in pelle e cercò di sostenere lo sguardo del fratello cercando di comprendere e arrivare alla verità di quella scelta.
    In fondo, Robin era più grande di lui, probabilmente conosceva meglio Billie e aveva iniziato a farsi strada tra i membri dell'Eden e spiccare per caparbietà, per senso degli affari e per le sue doti di prestigio che la stavano portando in alto.
    Aveva senso che avesse chiamato lei…
    Eppure Billie aveva rivolto lo sguardo anche su di lui.
    Non era stato il Kraken a chiedere udienza, non era stata Jace a intermediare.
    No. Billie in persona lo aveva chiamato per nome.
    Tra tutti i membri dell'Eden aveva scelto lui.
    E quando prese coscienza, finalmente, di tutto ciò il terrore di sentirsi inadeguato e indegno iniziò a dissolversi pian piano che si rendeva conto sempre di più di questo piccolo e importante dettaglio.
    E questa consapevolezza si fece secondo dopo secondo sensazione, una sensazione calda e avvolgente di orgoglio personale e di gioia profonda e indescrivibile a parola.
    Finalmente… pensò, socchiudendo gli occhi che si facevano leggermente lucidi è la mia occasione… finalmente siete riuscito a vedermi… o forse - a sua insaputa - Billie aveva sempre vegliato su di lui aspettando il momento giusto per chiamarlo a sedere di fronte a lui.
    E quel momento era arrivato.
    « In cosa posso avere l'onore di esservi utile? » nonostante fosse ancora un po’ in preda ad un sacco di emozioni contrastanti, l’orgoglio iniziò a prevalere su tutte e a parlare in suo nome.

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    Se la notizia aveva investito Kensei come un macigno rotolante, su Robin pareva essere invece scivolata addosso con la grazia dell'acqua ch'annaffia un fiore: una gradevole novità da assorbire, ma che di fatto non cambiava il terreno su cui cresceva, il modo in cui spiegava le foglie o l'essenza della sua natura. Quando piegò il collo verso il kraken agitato per rifilargli un'occhiataccia, tutto ciò che riuscì invece a produrre fu una smorfia perplessa, stupita che la rivelazione avesse suscitato un simile turbamento.

    "Mi sembra un'ottima idea," fu il suo commento, non una traccia di shock a turbare la sua espressione pacata. Nel riportare lo sguardo su Billie, afferrò con nonchalance la punta di un tentacolo di Kensei e lo strinse in mano, carezzandolo piano tra le dita. Un padrone che cerca di tranquillizzare il cucciolo agitato che ha portato dal veterinario.
    "È un modo per troncare eventuali divisioni sul nascere e consolidare la famiglia. Riconoscere ufficialmente l'esistenza di una nuova Madame darà inoltre un forte messaggio ai nostri nemici, segnalando che siamo tornati ad essere forti come... Come prima," ragionò ad alta voce, raggiante. La natura incestuosa della relazione tra i due non pareva averla scossa, o forse nemmeno la riteneva meritevole di considerazione.
    Il suo sorriso s'increspò solo qualche istante dopo, quando un nuovo pensiero le fece corrugare la fronte. Dopo qualche istante di silenzio, s'azzardò a chiedere: "chi dei due ha proposto la cosa?"
    (Una domanda forse sgarbata, troppo intima, ma la cui risposta rischiava di dar tutt'altro contesto a quella rivelazione. Re che offre un ramoscello d'ulivo alla principessa ribelle, facendola tornare all'ordine? O principessa che, sostenuta dalle sue truppe, irrompe nel castello del re caduto costringendolo a un'unione forzata?)

    "Ad ogni modo... Complimenti, fratello." Mollò il tentacolo di Kensei per aggiustarsi i capelli, vagamente imbarazzata. "Sono... Felice che tu abbia deciso di condividere questa notizia con noi," continuò, rigida — chiaramente poco abituata al lato più umano della faccenda, al doversi comportare come una famiglia nel senso più emozionale del termine.
    (Perché ad unirli tutti era l'amore per mamma; senza di lei erano solo un gruppo di anime perse che ancora stavano cercando di capire cos'erano uno per l'altro.)

    "Immagino che della cerimonia se ne occuperà Shion, quindi... Come possiamo aiutare?" Accavallò le gambe e incrociò le dita sul grembo, attendendo risposta.
    "Per inciso, non intendo fare la damigella d'onore."
    « Les Fleurs du Mal » / Narrato x Parlato
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    Apprezzo il rispetto, Kensei. - prese parola mettendo una mano avanti, senza aspettare che il ragazzo finisse di parlare - Ma puoi darmi senza problemi del tu, siamo una famiglia. - proseguì riportando la mano al petto. Proprio come la Madame, Billie esigeva certamente rispetto e venerazione ma era ben conscio che a servire erano i fatti e non le parole, specialmente in un momento simile.
    Il prima possibile. - rispose quindi alla domanda riguardante la data del matrimonio - Ma senza correre troppo. Questo matrimonio deve essere un messaggio per tutta Tokyo. - aggiunse, e quell'affermazione probabilmente sintetizzava alla perfezione la sua visione delle cose. Non era mai stata una questione di felicità, o perlomeno non come la si intenderebbe per un matrimonio normale. Billie non aveva mai provato amore in quel senso in tutta la sua vita, probabilmente non lo avrebbe mai provato, e sicuramente non per Junko. Quel matrimonio, quell'unione era semplicemente uno dei tanti compiti che gli erano stati affidati dalla Madame prima della sua dipartita. Solo uno dei tanti passi necessari per la stabilità dell'Eden.
    Nostra madre. - la risposta alla domanda di Robin, pronunciata guardandola dritta negli occhi, l'avrebbe forse delusa. Fece scivolare la mancina nel taschino della giacca, estraendo l'anello in oro bianco e dal diamante nero che stringeva tra le mani poco prima, mostrandolo ai due fratelli - Mi ha affidato questo compito tanto tempo fa. In teoria... Con Karen, ma i tempi sono cambiati e bisogna fare il possibile per tenere la famiglia unita. - proseguì osservando i riflessi sulla pietra nera. Non esisteva una singola persona tra i figli della Madame che non conoscesse Karen e non si trattava solo del suo tradimento e dell'aver causato la morte della loro madre. Karen era sempre stata una protezione ed un esempio per i Figli dell'Eden e non potevano esservi dubbi sul perché la donna l'avesse scelta come suo successore. Meno ingenua del fratello dotato di tentacoli, la ragazza tornata dalla Francia sembrava comprendere meglio le motivazioni e l'obbiettivo di quell'unione coniugale - Suppongo che comunque, alla fine, questo significhi che l'ho proposto io. - concluse accennando un sorriso e nascondendo nuovamente l'anello al sicuro nel taschino della giacca.
    Il sorriso si fece più intenso sentendo nominare il padrone del Paradise Lost. Era vero, buona parte dell'organizzazione sarebbe stata delegata a lui, ammesso ovviamente che avrebbe accettato il compito. Oltre all'averne le competenze, Shion era un'ottima scelta non essendo un Figlio dell'Eden: anche considerando la presenza di spie all'interno dell'organizzazione nessuno avrebbe saputo che cosa stavano organizzando e dove lo stavano facendo.
    Vorrei includere tutta la famiglia nelle preparazioni... e vi sarei grato se non faceste notizia a nessuno di ciò a cui state lavorando. - rispose quindi aggiustandosi la cravatta con la mano destra. Quella decisione aveva una duplice motivazione, da un lato quella di riunire la famiglia e risanare quella spaccatura che si era creata rendendo tutti partecipi e protagonisti di quanto sarebbe accaduto mentre, dall'altro lato, proprio quella di difendersi da eventuali fughe di informazioni. Proprio come aveva detto Robin, quel matrimonio avrebbe mostrato a tutti qual era il ruolo dell'Eden in quella città e non avrebbe permesso a nessuno di rovinarlo.
    Quella risposta avrebbe forse deluso Kensei, in attesa di approvazione da parte del fratello maggiore. Era una candida ammissione del fatto che, prima o poi, tutti ne sarebbero stati egualmente informati e che forse il loro primato non aveva neppure una vera e propria motivazione. Billie non faceva certo fatica a comprendere l'ammirazione che il ragazzo provava per lui, né era cieco nei confronti del suo malcelato bisogno di riconoscimento ed approvazione, ma semplicemente come già detto non era quel tipo di persona. Nonostante tutto, non vi era nessuna traccia in lui di quell'amore materno che la Madame era solita dispensare. Ciononostante, vi era un motivo ben preciso per cui aveva scelto loro per il compito che aveva da assegnargli e quel motivo era proprio l'aver riconosciuto il loro valore.
    Vorrei che mi aiutaste a scegliere il vestito per la cerimonia. E, a guardarvi, sembra proprio che io abbia scelto le persone giuste. - disse con un mezzo sorriso, commendando il loro vestiario elegante - ... E vorrei affidarvi la sicurezza dell'evento. Ma preferirei discutere i dettagli a riguardo sulla strada per il negozio, se non vi dispiace. - attendendo l'approvazione dei due fratelli, li avrebbe quindi guidati verso l'uscita del locale. All'esterno li avrebbe attesi una berlina dalla carrozzeria nera e i vetri oscurati. Per una volta l'autista di Billie, che poi era uno dei loro fratelli, non si trovava seduto al posto del guidatore bensì fuori dall'auto, in piedi sul marciapiede, pronto ad affidare loro le chiavi. Come detto, nessuno avrebbe dovuto origliare quella discussione, si trattava di un argomento estremamente privato, diretto solamente ai due fratelli da lui personalmente scelti.
    Chi guida? - avrebbe quindi domandato voltandosi verso i due - Andiamo a Ginza. - concluse inchinando leggermente il capo. Pur essendo dotato di patente ed essendo stato per qualche tempo lui stesso l'autista personale della Madame, Billie non guidava ormai da tempo. Nonostante fosse completamente in grado di farlo da solo, probabilmente i suoi fratelli avrebbero fatto bene a non deluderlo proprio in quel momento. Non era certo fossero dotati di patente ma sperava certamente per loro lo fossero.
    « My command is this: Love each other as I have loved you. » / Narrato x Parlato
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    Kensei Kurayami
    Tutti pensavano che il vero potere di Robin fosse qualcosa che avesse a che fare con dimensioni, squarci nella realtà, trucchi di magia… sì, poteva essere, ma di sicuro Kensei pensava che la sorella avesse un potere molto più grande e poco visibile rispetto al suo Quirk.
    Il ragazzo era agitato, tremendamente anche se erano solo i suoi tentacoli a muoversi al ritmo del suo cuore impazzito per tutta quella serie di emozioni forti che si stavano creando una discreta tempesta dentro di lui.
    La notizia, e quelle parole di suo fratello che nella sua mente suonavano come un invito a non rivolgersi a lui come ad un superiore ma come ad un vero e proprio fratello.
    Ed ecco che qui, il vero potere di Jace si mostrò in tutta la sua fredda e dolce natura.
    Sentì la punta di un tentacolo venire afferrata, delicatamente, e la strinse tra le sue mani, lisciando la pelle molliccia e setosa.
    Liberò l’aria che tratteneva nei polmoni, come se si fosse ricordato solo in quel momento di respirare e si lasciò accarezzare come un gatto.
    La cosa lo metteva un po’ in imbarazzo ma quell’attenzione aveva letteralmente scacciato via nubi tempestose e si sentiva… meglio.
    Molto meglio.
    Appena rosso sulle guance ma l’agitazione che aveva prima e la tensione che aveva accumulato nei muscoli abbandonò il suo corpo come un respiro.

    Ascoltò la sorella e quello che aveva da dire con religioso silenzio sebbene non potesse evitare di domandarsi a cosa si stesse riferendo con quel Consolidare la nostra famiglia… forte messaggio ai nostri nemici… .
    C’era qualcosa che sfuggiva al giovane Kensei ma forse era ancora troppo inesperto e troppo acerbo per poter comprendere che quel matrimonio non era certo esattamente come poteva essere nella sua mente.
    Non si trattava solo di unire due anime innamorate, era anche una questione di consolidare un potere, mostrarsi forti di fronte a tutti i loro nemici e doveva essere un simbolo di rinascita dell’Eden come lo era un tempo.
    Questo non riusciva bene a comprenderlo, o meglio, a sentire le parole della sorella percepì una nota di orgoglio e di appartenenza che fece accantonare per un attimo la visione fiabesca del matrimonio.
    Come aveva detto Billie, era un messaggio.
    Un messaggio forte e chiaro che sicuramente non sarebbe passato inosservato.
    Un messaggio che sarebbe viaggiato veloce e sarebbe arrivato alle orecchie di tutti.
    L’ultimo compito che la Madame aveva affidato a Billie.
    Mamma… abbassò solo per un mezzo secondo lo sguardo osservando come le sue mani per la tensione si erano unite assieme sopra le cosce e si tenevano strette l’una all’altra.
    Gli mancava tanto la mamma.
    Così tanto che il nome di Karen passò come l’acqua sulle piume di un’anatra.
    Il suo cervello non assimilò tale nome, e forse era meglio così perchè comunque sua madre aveva un valore ben più grande di quella traditrice.
    Era ancora un piccoletto quando l’Eden godeva di una certa nomea a Tokyo ed era ancora troppo piccolo per capire, ma adesso non più.
    Dopo le parole di Billie e quello che aveva detto Robin tutto gli sembrava più chiaro… era come se adesso anche Kensei riuscisse a vedere la grande scacchiera dove egli stesso era stato chiamato a prendere posto.
    Non era amore, non era felicità. Quel matrimonio era solo la mossa d’apertura di una partita.
    Da una parte non poteva dire di essere contento di questa cosa, lui che vedeva amore e matrimonio sotto un altro aspetto rispetto a quello… ma allo stesso modo si sentiva elettrizzato di poter far parte di tutto questo e non poteva essere altro che riconoscente al fratello per questo.
    Perchè aveva scelto lui - e anche Jace, ma soprattutto lui - prima di ogni altro.
    Il suo sguardo divenne serio, per un attimo, come se avesse accettato una sfida per meritare simile scelta o meglio ancora, provare a Billie di meritarsi simile scelta, finchè non si lasciò prendere dalle ultime parole di Jace e… no, non riuscì a frenare la sua lingua da quel commento.
    « Eppure… ti ci vedrei bene, khkh. » disse alla sorella mentre con un altro tentacolo chiuso in cima a spirale le dette un colpetto leggero alla spalla.
    La cosa divertente di tutto ciò è cui, Jace, ce la vedeva davvero come damigella d’onore e sicuramente vedeva altrettanto bene Shion come organizzatore di eventi come questo.
    Lo considerava un tipo apposto, carino - moooolto carino in tutti i sensi- e nonostante non fosse parte della famiglia… Kensei lo aveva in qualche modo accettato.
    Come amico e membro non-proprio-ufficiale di casa Eden. Forse perchè lo trovava carino e simpatico? Forse perchè lo aveva stregato?
    In fondo Shion era stato l’unico essere umano vivente ad aver convinto Kensei ad annaffiare e prendersi cura delle sue piante nei periodi prolungati di assenza al suo negozio.
    Kensei a prendersi cura delle piante, a costo 0: questa è stregoneria.

    « A-Avr-…avrai la mia parola. » si impettì il Kraken sulla sedia e si inceppò sulle prime perchè gli fu davvero difficile dare del “tu” a Billie. Una cosa che trovò agghiacciante e strana, ma se il fratello voleva così… chi era lui per contraddire una divinità?
    « Eh–?» da che lo sguardo del ragazzo sembrava essere luminoso e grintoso in attesa di sentire quale missione avrebbe affidato ai due… ecco che dopo le prime parole di Billie assunse un tono interrogativo.
    Inarcò un sopracciglio e si sforzò di non dire quello che gli passava per la mente che doveva essere all’incirca questo: … temo che vi sbagliate. Io ODIO vestirmi così, se fosse per me mi strapperei tutto quanto di dosso quindi NO. Non sono la persona giusta.
    « G-grazie. » si massaggiò la nuca con una mano preso dall’imbarazzo del non saper cosa dire o non dire « Apprezzo, ma… è mia sorella la migliore in questo campo. » sorrise, e ammise il fatto di non essere proprio all’altezza di Jace nel scegliere qualcosa da mettersi addosso, anche perchè se fosse stato per lui … gli avrebbe scelto solo dei pantaloncini corti. Quindi no, non era proprio il caso di affidarsi a lui per il vestito da matrimonio « Ma posso comunque provare a dare dei consigli in proposito. » solo perchè aveva visto così tante cose in tv con matrimoni annessi che in un certo qual senso un po’ di cultura se l’era fatta.
    E poi arrivò qualcosa che suonò nel cuore di Kensei come il campanello di inizio di un round di combattimento.
    Affidare ad entrambi la sicurezza dell’evento « Ow. Interessante. » sibilò, mentre il suo sguardo e il suo sorriso mutarono leggermente come se avesse appena accolto una sfida.
    Finalmente musica per le mie orecchie!
    Non appena Billie si alzò dal suo scranno Kensei fece altrettanto lasciando che il tentacolo scivolasse dalle mani della sorella in modo naturale come la coda di un gatto.
    E prima di uscire da quelle quattro mura, il ragazzo si sarebbe soffermato solo un secondo avvicinandosi alla sorella e sussurrando un « Grazie. Ne avevo bisogno. »
    Aveva sempre avuto bisogno di riempire quel vuoto.
    Che fossero carezze o pugni, delicate attenzioni o violenti e irrefrenabili impulsi, amore o violenza non sembrava in quei giorni fargli molta differenza.

    Seguì Billie e la sorella fuori dal locale dove ad attenderli c’era una macchina.
    Una bella macchina non c’era che dire.
    OH CAZZO. per un momento Kensei si bloccò sul posto pensando che Billie aveva detto loro che avrebbero discusso… sulla strada per il negozio.
    Sulla strada. E lì di fronte a loro c’era una macchina.
    No, cazzo, no… tutto ma … no. Non questo… sentì il terreno sotto di lui farsi molle, quasi come se il cemento fosse diventato sabbia mobile.
    E se per caso avesse avuto un dubbio, con quel “Andiamo a Ginza. Chi guida?” aveva messo in chiaro che stava invitando entrambi a salire in macchina.
    Kensei si sentì soffocare, trascinare in basso e portò lo sguardo verso la sorella indeciso su cosa fare.
    Aveva la fobia degli autoveicoli.
    Per questo non aveva mai avuto la patente, per questo se ne andava in bicicletta ovunque.
    Merda. E ora… cosa faccio? Billie lo sapeva? Sapeva della fobia di Kensei?
    Sapeva che non metteva piede dentro un’auto da quando aveva avuto l’incidente da piccolo?
    E se lo sapeva, perchè gli stava facendo questo?
    E se non lo sa… dovrei dirglielo? Ma… così… così sembra che sia debole... e questo pensiero pareva essere un destino ancora peggiore del salire in macchina.
    Aveva la mezza intenzione di dirgli che sarebbe andato in bici, ma così facendo avrebbe sicuramente perso tutto il discorso e… se poi gli avesse detto “Mi hai deluso” e lo avrebbe rispedito a casa?
    Il ragazzo divenne bianco come un cencio, i suoi tentacoli sembravano flosci sull’asfalto mentre osservava la macchina nera lucente come se fosse la sua tomba, per la seconda volta.
    Rimase in silenzio, senza dire una parola. Sperava solo che sua sorella avesse la patente e si offrisse lei per guidare perchè lui sicuramente sarebbe svenuto sul volante.
    O forse sarebbe svenuto prima di arrivare a quel volante.
    D-devo farlo. Non posso permettermi fallimenti… devo… posso farcela… posso farcela ad affrontare … il mostro. Posso. Ce la posso fare. C’è Jace con me… e c’è Billie. Non posso fallire.
    Sicuramente, se fosse entrato dentro quel bolide avrebbe passato i minuti peggiori della sua vita, e avrebbe dovuto fare i conti con il terrore, con i brutti ricordi, con una quasi sfiorata morte e soprattutto… doveva tenere a freno tutto questo per evitare di incorrere nella sua “allergia”.
    Se l’avesse visto esplodere di macchie blu fluorescenti e pulsanti sulla pelle, cosa avrebbe pensato Billie?
    Che sia… una prova? tremò un poco sul posto, mentre il suo sguardo impietrito sulla vettura non accennava a muoversi di un solo millimetro.
    Che sia un rito di iniziazione, una prova del fuoco per dimostrare se sono davvero degno di essere all’altezza della situazione? E’ così? Fratello? Mi fate affrontare il mio inferno… per questo motivo? digrignò i denti e deglutì a vuoto mentre sentiva il cuore iniziare a battere sempre più forte Se così deve essere… non posso tirarmi indietro. Non voglio fallire questa prova. sapeva quanto gli sarebbe costato, sapeva che sarebbe stato l’inferno per lui e che le probabilità che aprisse il portellone con la macchina in movimento per scappare e mettersi in salvo erano mooolto alte.
    E’ la mia sola e unica occasione. in fondo, quanto male avrebbe fatto rispetto a quello che si procurava ogni giorno sulla propria carne e sulle proprie ossa?
    Esponenzialmente tanto di più.
    Se così deve essere. Così sia. sospirò e si tolse la giacca, che già stava sudando freddo, e si preparò mentalmente ad affrontare il suo peggiore incubo, o meglio la sua fobia.
    A testa alta, sapendo che affrontare quella prova serviva grande valore, coraggio, sangue freddo e mente lucida.
    Tutte qualità che probabilmente Billie ricercava nella sua figura.
    Trasse grandi respiri come se stesse per entrare sott’acqua in apnea.
    « Sono pronto. » disse senza neanche rispondere alla domanda di Billie.
    Non vi deluderò, fratello.
    Se fosse riuscito a sopravvivere a questo, Kensei non sarebbe stato più lo stesso.
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    Chiedo scusa per il ritardo...ho avuto una settimana parecchio pesante, con pressioni a lavoro e ansia in generale.
    Grazie Den per la macchina :<3:
     
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    Se v'èra dolore nel suo cuore nel sentir menzionare la madre mora, non lo diede a vedere: un sopracciglio inarcato fu l'unica reazione che quella menzione ottiene.

    "Capisco," commenta rigida, incrociando le mani in grembo.

    (E qui si potrebbe aprire una lunga parentesi, o magari un flashback, sul modo in cui ha imparato ad arginare quel dolore. Ma sarebbe irriguardoso nei confronti di una persona che sta cercando di dimostrare più autocontrollo; di non dimostrarsi debole dopo una delicata operazione.)

    "Avresti dovuto invitare Shion oggi, è lui quello dal senso estetico raffinato," commentò poi, riguardo la scelta di arruolare loro per l'acquisto dell'abito. "Dovremmo affidargli almeno la preparazione della cerimonia."
    Rare parole di apprezzamento per una come Robin, abituata a sputare solo veleno quando si parlava d'altri. Le persone in grado di sopportarla erano in larga parte contenute in quella stanza, e si sarebbero forse stupite di sentirla invitare di sua volontà la collaborazione di un nuovo familiare — uno di quelli nuovi, non adottato da mamma, che era e non era parte della famiglia. Ma era quello dopotutto lo scopo di quella cerimonia, no?
    Unire la famiglia. Una cerimonia da organizzare e proteggere, e di cui avrebbero parlato meglio fuori da quella stanza.

    "E comunque falla tu, la damigella," concluse, alzandosi come un fuso, strizzando il tentacolo di Kensei in un gesto piccato prima di lasciarlo andare.


    Alla domanda di Billie sul chi guida, il suo sguardo si spostò automaticamente sul fratello minore — reazione dovuta non alla mancanza di patente, ma al fatto che in Francia si guidi nel senso opposto della strada. Il volto del fratello era però stranamente turbato, cosa che le diede da pensare.

    "...Siediti davanti con me," decretò, richiedendo poi con un cenno le chiavi all'autista. Una volta presa posizione dietro il volante, si girò nuovamente verso Kensei, una mano sulla sua spalla.

    "Kensei, puoi farmi un favore?" domandò, i suoi occhi bicolori fissi su quelli di lui. "Tieni lo sguardo sul finestrino e conta le macchine rosse che passano, va bene? Tieni il conto con le dita." Una mano a stringere brevemente la sua.
    "Concentrati su quello e non pensare a dove sei, okay? È importante."
    Voce calma e sicura, tocco rassicurante. Le azioni di una persona che, nonostante tanto odio verso l'umanità, ha studiato psicologia. Un trucco probabilmente letto in qualche manuale, studiato per esami in università: distogli l'attenzione di un paziente, dagli qualcosa da fare, aiutalo a non pensare a qualcosa che gli provoca ansia.
    Un secondo per assicurarsi che avesse capito e stesse bene, prima di impostare il navigatore sul telefono ed avviare il veicolo.
    Qualche minuto di silenzio per assicurarsi che Kensei stesse bene, prima di riprendere il discorso.

    "Se vuoi affidarci la sicurezza dell'evento, significa che temi attacchi," commentò, sguardo fisso sulla strada. Guida estremamente prudente e cauta, da persona che non si può affidare agli automatismi mentali imparati in strade al contrario. "Chi ci dobbiamo aspettare? Deep Void? Pugnalata alle spalle dai nostri amici nella Yakuza?" Un attimo di pausa, prima di domandare: "un tradimento all'interno?"

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    Mi scuso ancora per il ritardo infinito ma ce l'ho fatta, periodaccio stressante.
     
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    E' già nei piani. - rispose con tono monotono alla possibilità di affidare parte dell'organizzazione del matrimonio al proprietario del Paradise Lost - Ma, come detto, volevo foste voi i primi a saperlo. - aggiunse nuovamente. C'era qualcosa che gli premeva ma era evidente che non volesse parlarne lì, così come era evidente che nonostante tutto la questione dello scegliere il vestito per la cerimonia non fosse che una scusa per parlare del vero argomento di discussione, ovvero la sicurezza dell'evento e della famiglia in generale.
    Purtroppo per Kensei, in realtà Billie non lo conosceva abbastanza da conoscere la sua fobia. Era sempre stato uno dei tanti in famiglia e in linea di massima Billie, conscio di essere stato il bambino più anziano mai adottato dalla Madame, dava per scontato che nessuno degli altri si ricordasse molto della sua vita precedente: ciò che lo rendeva speciale, nella sua mente, era il suo aver accettato volontariamente quella condizione pur non essendo cresciuto da sempre come figlio della donna. Junko era stata acquistata praticamente da neonata e non aveva alcuna idea del proprio passato o della propria provenienza. Indra gli aveva raccontato qualche cosa sulla sua vita precedente, a dimostrazione che il suo pensiero non era poi chissà quanto corretto. In linea di massima però partiva dal presupposto che tutti se non la maggior parte di loro fossero ignoranti sulla propria vita precedente. Verrebbe da chiedersi, più che altro, se a saperlo gli sarebbe interessato: in linea di massima, pur essendo incapace di provare i suoi stessi sentimenti, Billie aveva appreso dalla Madame il concetto di famiglia e di amore per gli altri e mettere qualcuno di fronte ad un simile battesimo di fuoco non sarebbe stato nella sua indole. Ciò non significa, ovviamente, che la Madame fosse stata sempre una madre adorabile, anzi. Era senz'altro interesse dell'uomo però, ora che la famiglia sarebbe effettivamente rinata sotto un'altra guida, cercare di conoscere pian piano tutti i suoi innumerevoli fratelli al meglio.
    Notò che qualcosa non andava in Kensei, ma lì per lì non ci diede particolare peso. Non c'erano state obiezioni, quindi tutto sommato la questione doveva andare bene. Salì nei sedili di dietro come suo solito. Da qualche tempo Billie aveva iniziato a disprezzare i viaggi in auto, certo non temendoli come Kensei ma non volendo neppure iniziare a farne a meno. Il fatto che fosse stato seduto in quello stesso posto, ferito e circondato da sconosciuti mentre sua madre moriva difficilmente l'avrebbe mai lasciato stare. Leggendo le news aveva fatto due più due ormai da qualche anno, rendendosi conto che quel ragazzino sadico e disturbato che lo aveva aiutato e accompagnato in auto era ormai probabilmente nell'orbita di Aogiri e aveva ucciso il Sagrestano Homura. Per colpa della sua inadeguatezza e della sua disattenzione lui stesso sarebbe potuto morire in quell'auto la sera stessa in cui era morta la Madame e la storia dell'Eden si sarebbe estinta così, nel nulla, come un castello di sabbia sulla spiaggia con l'alta marea.
    Sentendo le parole di Robin, senza distogliere lo sguardo che come al solito vagava fuori dal finestrino, portò l'indice della mano destra alle labbra indicandole di non parlare. In un certo senso quella reazione avrebbe forse potuto confermare i legittimi dubbi della sorella. C'era qualche traditore all'interno dell'organizzazione? Forse, difficile a dirsi. Certo è che ultimamente avevano avuto la tendenza a mettersi al centro del mirino in molteplici occasioni: l'incontro con gli eroi a Shinjuku, il salvataggio di Emil, l'alleanza con la yakuza e così via. Per quanto Billie volesse escluderlo, un tradimento interno era ciò che aveva portato la Madame alla morte e non poteva permettersi di scartare del tutto l'opzione solo perché erano tutti di famiglia.
    Parcheggia appena trovi posto. - dopo qualche minuto di viaggio Billie si fece di nuovo sentire - Proseguiamo a piedi. - avevano compiuto poco più di metà strada e anche se Ginza si trovava vicina non erano ancora comunque arrivati. Una volta parcheggiato e dopo essere scesi dall'auto, Billie li avrebbe guidati fino al parco di Hibiya, il primo parco in stile occidentale di Tokyo vicino a Ginza e al Palazzo Imperiale attualmente in ristrutturazione. Entrati nel parco, si diresse verso uno specifico albero di ciliegio, situato tra tanti altri, con una camminata di un paio di minuti. Giunto lì Billie ne osservò le foglie, accarezzandole con la mano destra, per poi voltarsi verso i due fratelli. Non era un mistero che Billie avesse una sorta di contatto telepatico con le piante grazie alle spore emesse dalla sua unicità, quindi poteva essere semplicemente intento ad analizzarne lo stato di salute. Forse era un albero con un significato particolare per lui. In realtà, nulla di tutto ciò.
    Qualche giorno fa ho incontrato nostra sorella Karen. - disse guardando i fratelli con sguardo serio, picchiettando il tronco del ciliegio dietro di lui con le nocche della mano destra. Karen era ancora agli arresti domiciliari e Billie, uscito per miracolo come incensurato dalle indagini sull'Eden, non si sarebbe chiaramente mai recato al suo domicilio per parlare, questo doveva essere ovvio per i due fratelli. Senza sforzarsi particolarmente, si sarebbero probabilmente ricordati che la bizzarra unicità di Karen le permetteva, tra le altre cose, di manifestarsi nei petali di ciliegio: era molto probabilmente quello il motivo per cui Billie li aveva portati lì.
    Innanzitutto, voglio specificare che questo non cambia in alcun modo ciò che è successo tra di noi. - proseguì portando le dita della destra al volto, accarezzando il luogo dove Karen gli aveva inferto una terribile ferita che continuava a nascondere ogni mattina col make-up - Ma al di là di Karen, la nostra famiglia rimane la nostra famiglia. E ora è in pericolo. - proseguì cercando di capire come avessero reagito i due a quella notizia - Confido che abbiate se non altro sentito parlare di Emil, il ragazzo che Junko e gli altri hanno salvato da Shinjuku. A quanto pare era stato catturato da Aogiri e venduto all'asta a cui ha partecipato anche Junko. Pare che in quell'occasione un uomo chiamato "il Collezionista" abbia provato ad acquistarlo senza successo. - iniziò a spiegare - Karen mi ha detto che Keith e Jean-Michel hanno subito tentativi di rapimento negli ultimi tempi. Ho contattato i nostri amici della yakuza e pare che questo Collezionista abbia messo delle taglie su di loro... e su tante altre persone. - Keith e Gipsywort erano due dei figli dell'Eden che erano scappati assieme a Karen al momento dello scisma, fratelli come gli altri per Robin e Kensei - Ultimamente alcune sorelle hanno segnalato di sentirsi seguite per strada quando è tardi o in generale di sentirsi osservate. Pare che questo tizio sia intenzionato a rapire dei mutant per farci chissà cosa. - aggiunse spezzando per una volta il suo tono monotono e rivelando un po' di preoccupazione - E' solo un'ipotesi, ma credo possa esserci lo zampino di Deep Void. - proseguì quindi - Il vecchio, nonostante tutto, non è il tipo di persona da fare una cosa simile... ma ho saputo che da qualche tempo sua figlia lo sta aiutando negli affari e non lo escluderei. - parlava ovviamente di Blank: per quanto potesse sembrare strano, Billie provava infinitamente più rispetto ed ammirazione per il criminale cinese che per sua sorella Karen. Blank si era sempre mostrato un avversario onorevole e rispettoso e sebbene avesse fisicamente eliminato lui la Madame era inutile nasconderlo: in quel business la morte è inevitabile, prima o poi. Karen invece aveva tradito la sua famiglia indicando il punto dove colpire per fare più male. Ciò detto, non era da escludere che il vecchio cinese potesse essere cambiato ora che la Madame non c'era più, ma al momento preferiva formulare altre ipotesi - Questo matrimonio ci metterà in mostra, e quindi a rischio. Ho bisogno che indaghiate e cerchiate di scoprire il più possibile riguardo a questo Collezionista: proteggere la famiglia è il nostro principale obiettivo. Non possiamo escludere nessuna pista... neppure quella interna. - e questo concludeva la questione. Ovviamente avrebbe risposto ad eventuali domande dove possibile, ma quest'ultima frase chiariva la natura così segreta di quell'incontro e tutte le precauzioni prese sia per quella spiegazione che per la stessa organizzazione del matrimonio. La strategia di Billie era semplice: fornire informazioni frammentarie ad ogni membro dell'Eden così, in caso di fuga di informazioni, sarebbe stato ben chiaro chi li aveva traditi. Ad esempio, aveva confessato loro in maniera molto semplice che Shion avrebbe organizzato il matrimonio, ma non aveva ancora informato il fioraio: se gli fosse successo qualcosa allora avrebbe potuto restringere il campo ai soli Kensei e Robin non avendo informato nessun altro della questione. Sebbene stesse affidando loro quella missione così importante e delicata in quel preciso istante non poteva davvero fidarsi neppure di loro. Avrebbero dovuto provare la loro lealtà sul campo, da soli, in un modo o nell'altro.
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    Se vi serve qualche informazione su Keith e Gipsy trovate entrambi nella Bacheca delle Taglie :neko:
     
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    Kensei Kurayami
    Kensei trasse due profondi respiri; uno per sconfiggere il tremito che gli ingarbugliava le budella, l'altro perchè il primo non sembrava aver sortito alcun effetto.
    Il suo volto era diventato pallido come un cencio, deglutiva ogni poco e il suo sguardo vagava e si perdeva dietro i lineamenti scuri del maledetto oscuro veicolo del male.
    Come un condannato, osservava il suo patibolo sapendo che aveva di fronte a sè solo due scelte. O fuggire come un codardo o avere il coraggio di affrontare la sua sorte.
    Affrontare qualcosa che lo terrorizzava più della morte stessa era qualcosa che non si sarebbe mai aspettato quel giorno.
    Voleva davvero vedere quanto fosse leale e quanto fegato avesse il marmocchio? Non poteva certo trovargli una sfida più grande di questa.
    In confronto entrare per la porta principale di casa DeepVoid sarebbe stata una passeggiata per lui.
    Kensei era pronto a sfidare la sua sorte, anche se tutto il suo corpo diceva esattamente il contrario la sua volontà pareva ferrea.
    Vacillare adesso sarebbe stato un atto pietoso che si sarebbe rinfacciato per tutta la vita.
    Deglutì, di nuovo.
    Se così doveva essere, così sarebbe stato.
    Sarebbe salito su quell'auto e avrebbe affrontato il suo patibolo con coraggio e determinazione e forse una volta sceso da quella vettura non sarebbe più stato lo stesso.
    Sarebbe trasceso, in un certo senso, e quell’esperienza di dolore e terrore sarebbe servita come battesimo affinchè Billie potesse vederlo non più come un ragazzino ma come un vero uomo.
    Eppure era ancora combattuto.
    Più cercava di sentirsi forte e aggrapparsi a quella volontà e più il buio della paura si approfittava di lui spingendolo sempre più negli abissi di ricordi passati.
    Una paura primordiale, viscerale, per quanto volesse non poteva liberarsene così facilmente.
    Continuò a respirare profondamente cercando di non dare troppo nell'occhio quanto fosse fottutamente spaventato.
    Grazie al cielo, però, non era da solo in quella prova: furono le parole della sorella a riattivare i pochi neuroni di Kensei che sembrò risvegliarsi scosso da quella sorta di stasi di cui era vittima.
    « Mh? » lo sguardo che lanciò alla sorella fu un misto di supplica, smarrimento e paura tutto condensato in occhioni grandi da bambino -quasi in lacrime « C...certo. » non riuscì neanche ad opporsi o a formulare altro. Accolse l'ordine della sorella come era solito fare e non si oppose.
    Grazie al cielo Jace sapeva guidare e forse aveva colto il suo terrore facendolo mettere accanto a lei.
    Così almeno Billie non avrebbe avuto a che fare con un mezzo polpo paralizzato, sudaticcio che si sarebbe accartocciato per ogni minimo sussulto di quella vettura.
    Il ragazzo si avviò verso il sedile anteriore a passi lenti quasi cadenzati e aprì lo sportello, secco, veloce, senza ripensamenti, chiudendo gli occhi come se la macchina intera potesse esplodergli in faccia.
    Via il dente via il dolore.
    Sapeva che se avesse titubato ad aprire quella portiera si sarebbe messo come minimo per terra rannicchiato: uno spettacolo da evitare.
    Sentì il terreno vacillare sotto i suoi piedi e le ginocchia farsi molli come una vongola mentre osservava il sedile come se potesse essere letale anche solo il pensiero di sedersi sopra quei morbidi e puliti cuscinetti.
    Fu a quel punto che cercò lo sguardo della sorella sul sedile opposto e con un moto di coraggio, tremolante come una foglia, deglutì di nuovo prima di lasciarsi cadere sulla postazione accanto a lei.
    Era da una vita che non entrava in una tomba e non avrebbe mai pensato in vita sua di poterci tornare.
    Devo stare calmo… calmo… cazzo… iniziò ad inveire mentalmente quando alzando lo sguardo vide che non c’era il cielo di Tokyo ad accoglierlo ma il tettuccio dell’auto allora si sentì soffocare come se fosse stato davvero buttato di nuovo in quella tomba di metallo e vetro che per poco non aveva preso anche la sua di vita molti anni prima che la Madame diventasse sua madre.
    Voglio scendere… devo scendere. Devo scendere… non… no…cazzo…non posso. Devo…calmati. Respira. Calmati. tentò inutilmente la via dei mantra cerebrali ma non fu di grande successo, non fecero che peggiorare il suo stato di ansia e di panico che si era già impossessato di lui.
    La sua schiena si irrigidì sul sedile, e i tentacoli si serrarono attorno allo stomaco e al petto, come una solida armatura a intreccio mentre con mani tremanti cercò la cintura e con un scatto la assicurò.
    Non si era neanche accorto di star andando in iperventilazione e neanche che le sue mani si erano ancorate alla cintura quasi volessero stritolarla, e la macchina non era neanche partita.
    Più i secondi passavano e più il pensiero di fuggire diventava reale. Molto reale.
    Risentiva ancora l’eco di quella notte. Quel fischio del freno, quel senso di vuoto, il sentirsi sospesi a mezz’aria e poi il botto e i vetri in frantumi…e di nuovo il vuoto.
    « J-j-jace... » chiamò a voce flebile, prima che fosse troppo tardi, spostando solo lo sguardo verso di lei senza neanche voltare la testa come per paura di cadere in un precipizio. Lei era l'unica persona che poteva salvarlo, l'unica che potesse dirgli che sarebbe andato tutto bene e che non aveva niente da temere...l’unica che potesse rassicurarlo e farlo sentire di nuovo forte.
    Lei si voltò, la sua valchiria, la sua protettrice, gli mise una mano sulla spalla e con parole gentili gli chiese se potesse farle il favore di guardare attraverso il finestrino e contare le macchine rosse che avrebbe visto sfrecciare sulla strada.
    Gli strinse una mano. La sua era calda, bollente in confronto alle sue.
    Era un bel tepore.
    Si sentì subito tranquillo, solo lei faceva quell’effetto. Si sentiva al sicuro quando Jace era con lui, si sentiva protetto e mai solo. Per questo era molto attaccato a lei, perchè in qualche modo era l’unica che sapeva chi e come era in fondo Kensei Kurayami.
    Il Kraken annuì senza muovere le labbra, mentre i muscoli tesi delle sue braccia e delle spalle si sciolsero un poco come se fossero bastate quelle parole rassicuranti a scongiurare quella maledizione.
    « Macchine rosse... v-va bene... s-sì. » sussurrò, e si voltò dal lato opposto e il suo sguardo si fissò e si bloccò sul vetro del finestrino che aveva di lato.
    Quando udì il rumore del motore dare i primi segni di vita, Kensei si irrigidì nuovamente, e le scapole quasi non divennero tutt'uno con il sedile ma tentò di focalizzare l'attenzione sulle macchine rosse.
    Macchine rosse.
    Il suo cervello si spense ad ogni commento, ad ogni discorso, sebbene le sue orecchie captavano parole da Jace, la sua mente era persa dietro alla sua fobia e alle macchine rosse.
    La mano sinistra era stretta attorno alla cintura e quando il veicolo si mosse per lui fu traumatico. Chiuse istintivamente gli occhi e con la mano destra provò – sì, provò – a cercare la via di fuga nello sportello e a tirare la maniglia rendendosi conto che non poteva fuggire visto che si era automaticamente chiusa.
    Il suo petto si alzava e si abbassava, e la paura tornò a farsi sentire e a divorarlo dall'interno facendogli schizzare il cuore in gola e nonostante cercasse di mantenere il controllo sulle sue azioni, l'istinto di sopravvivenza sembrava avere la meglio su di lui.
    Finchè i suoi occhi non vennero rapiti da una macchina di colore rosso che si era accostata per parcheggiare.
    Macchina… rossa. trasse un profondo respiro mentre osservava la splendida e ruggente macchina costosa che stavano superando senza interesse alcuno per l'oggetto in sé, quanto perchè corrispondeva alla descrizione della sorella.
    Macchina. Colore: rosso.
    La mano destra ancora ancorata alla maniglia della portiera lasciò la presa e si portò verso il finestrino alzando il dito indice.
    « Uno. » disse con fil di voce che sembrava provenire da un fantasma piuttosto che da un essere umano.
    Forse... la tattica di Jace stava facendo effetto?
    La macchina si mosse, con calma, mentre Kensei sembrava totalmente rapito dalla ricerca di altre vetture rosse che poteva andare ad aggiungere alla sua collezione.
    Riuscì a distrarsi, e la distrazione lo portò ad allontanare il suo corpo e la sua mente dal posto in cui si trovava, dalla tomba su quattro ruote in cui sedeva e lentamente iniziò a tranquillizzarsi pur tenendo lo sguardo fisso fuori dal finestrino.
    Non fu lungo il viaggio, non fu troppo tremenda la tortura grazie anche alla guida prudente della sorella che sembrò pure evitare che la macchina sussultasse per colpa di buche o altro.
    Kensei era arrivato a sette quando Jace parcheggiò la macchina e quando sentì un “clack” che decretava la fine di quella tortura.
    La mano del ragazzo si mosse, sudata, verso la maniglia della portiera e tirandola stavolta si aprì.
    Una ventata di aria fresca invase il volto madido e ancora pallido del ragazzo che con uno sguardo incredulo osservò il marciapiede.
    Il marciapiede e non un fosso fangoso pieno di vetri, sanguinoso pieno di vetri e pezzi di auto.
    Un tentacolo schiacciò il pulsante per liberarlo dalla sua ancora di salvezza e appena la cintura tornò al suo posto il ragazzo con un balzo si fiondò fuori dalla macchina.
    « Ce l'ho... fatta. » aveva voglia di piangere e vomitare allo stesso tempo ma trattenne entrambi gli impulsi – sebbene i suoi occhioni un po' divennero lucidi.
    Le gambe tremavano ancora e i tentacoli se ne stavano ancora a proteggerlo come una seconda cassa toracica e prima che potessero sciogliersi e tornare a scivolare sui suoi fianchi e sul suo fondoschiena ci volle un poco.
    Respirò a pieni polmoni e con un barlume di lucidità aprì la portiera al fratello – si era dimenticato della sua presenza in macchina – e lo fece scendere per poi chiuderla alle sue spalle, così come fece poi con la sua.
    Dire che era stata un'esperienza spiacevole era solo una piccola parte del tutto. Era stata una cosa traumatica, terribile, e ancora adesso gli sembrava di barcollare e di non sapere neanche più come si faceva a camminare.
    Si prese un secondo per capire dove Billie o Jace lo avessero portato ma prima che potesse capire in che posto fossero il fratello si mise in moto portandoli fino ad un parco non molto distante dal parcheggio.
    « Sette. » disse distogliendo lo sguardo dall'imbarazzo « N-ne ho contate sette. » cotinuò passeggiando accanto alla sorella « G-grazie. M-mi hai salvato. Ancora una volta. » la ringraziò vergognandosi per essersi fatto vedere così dannatamente debole.
    Così dannatamente umano.
    « Non ho un buon rapporto con quella roba. » affermò, a bassa voce, sperando che Billie non sentisse ciò che stava dicendo. E se anche fosse? Dubitava che suo fratello non sapesse una delle cose che al mondo lo spaventava di più.
    Almeno aveva dato prova che per lui avrebbe fatto quello e altro.
    Doveva almeno apprezzare anche se avrebbe voluto lanciarsi dall'auto più di una volta quando il suo cervello smetteva di inseguire le macchine rosse.
    Per tutta la durata della camminata fino e dentro al parco, Kensei non fiatò. Cercò di riprendere controllo di sé, non era facile, ma cercò di metterci tutta la sua buona volontà nell'impresa.
    Una volta entrati nel parco, Billie sembrò seguire una strada che conosceva quasi come le sue tasche che terminava ai piedi di un imponente ciliegio.
    Kensei osservò la sua forma, le sue foglie e sebbene non fosse così connesso alla natura come lo erano Billie e Shion, si sorprendeva sempre nel vedere cose così belle.
    Avevano un’anima? Per Kensei era così. In qualche modo. Forse per questo aveva accettato di prendersi cura delle piante del fioraio quando non poteva recarsi in negozio?
    Forse…

    « Ah… Karen. » tornò con i piedi e i tentacoli per terra, appena il fratello smise di accarezzare le foglie dell’albero tornando a parlare ai due.
    « Aspetta…. Karen?! » se in primis la parola sorella era passata del tutto inosservata, il cervello di Kensei - abbiate pietà di lui ha avuto mezzo infarto per strada - si riattivò un istante dopo.
    Quella Karen. Sì, la “sorella”. Quella persona così gentile, la ricordava con un sorriso e un “pat pat” sulla sua testolina. Quella cara dolce sorella che aveva tradito tutti e portato alla morte sua madre.
    Lo sguardo di Kensei si fece buio, la fronte si corrugò, per un attimo.
    Karen non aveva neanche il diritto di essere più chiamata come sorella, e non faceva più parte della sua famiglia.
    Senza contare, che fortuna per lei, era ancora agli arresti domiciliari a quanto il Kraken ricordava… però… ora che ci pensava su.
    Quel ciliegio non era stato forse scelto a caso da Billie tra tutti quelli che erano in quella zona Quell’infame ha davvero trovato il modo di parlare con mio fratello… no, non ci andava certo leggero con lei.
    Ricordava vagamente che aveva a che fare con i ciliegi, in che modo non lo sapeva ma se Billie aveva parlato con lei… allora quell’albero non era solo un albero.
    Era letteralmente un telefono.
    Le braccia del ragazzo si incrociarono, restando in ascolto di ciò che il fratello aveva da dire ad entrambi mentre i suoi tentacoli si divincolavano sfiorando l’erba sotto di loro.
    « Già. » commentò quando Billie prese l’argomento sul pericolo che incombeva sulla famiglia.
    Il suo sguardo non mutò, non sembrò sorpreso - forse perchè era il motivo che l’aveva spinto in un certo senso a voler parlare direttamente con lui? -.
    Lasciò che il fratello continuasse, senza interrompere le sue parole ma stavolta sì… avrebbe potuto notare un notevole cambiamento nell’atteggiamento del fratellino.
    Kensei aveva conosciuto Emil, e sapeva la sua storia, e aveva giurato di proteggerlo come avrebbe fatto con tutti gli altri membri dell’Eden… pensava però che il Collezionista cercasse solo lui. Non sapeva che aveva messo gli occhi addosso anche ad altri… e non sapeva che aveva messo sulle loro teste delle taglie per appropriarsene.
    « Che bastardo… » digrignò i denti e sbattè i tentacoli al suolo. Rabbia. Odio. Non poteva definire ciò che provava dentro e non riusciva neanche a controllarlo.
    « Se è chiamato “il Collezionista”, farà di noi mutant della merce rara da mettere in mostra. Fottuto bastardo. »
    « Ha messo perfino delle taglie su di loro… tsk. Viscido verme. » non che gli andassero a genio i due che aveva menzionato Billie, ma sicuramente non poteva dire che potessero meritare di finire tra le grinfie di quel pazzo psicopatico. Meritavano una ramanzina per aver scelto la strada sbagliata ma non era compito suo decidere a chi aprire le porte dell’Eden.
    Si sentì ribollire nelle vene e da che era pallido come un cencio, sembrò accendersi di colpo.
    Non era un fatto personale. Era un fatto puramente personale.
    Adesso sapeva che aveva preso di mira non uno ma più di uno dei membri della sua famiglia.
    « Quindi… è di questo che hai parlato con Karen? Di quel figlio di puttana che cerca di mettere le mani addosso ai nostri fratelli e sorelle? » no, al diavolo le buone maniere quando si parlava di un pericolo così grande « Perchè mai dovremmo fidarci di lei, Billie? » chiese, freddo. Pungente quasi.
    E se fosse stata una trappola? Una sorta di esca per portarli tutti dentro una rete e avere più pesci catturati invece di due o tre?
    Sospirò, cercando di calmare i bollenti spiriti.
    « Il Collezionista è una persona molto scaltra. Sa muoversi e sa dove colpire…le informazioni che abbiamo noi su di lui sono … poche… mentre il bastardo ne ha su di noi.. » era una delle tante cose che voleva domandare. I conti non quadravano.
    Poteva esserci lo zampino di Deep Void, come diceva Billie?
    « Quest’ipotesi non è da escludere. Ma se così fosse… perchè prendersela anche con i fratelli che sono andati dietro a Karen? Keith e Gipsy son tornati da noi dopo essere stati quasi catturati… hanno qualche informazione in più? E perchè… son tornati da noi?» ingenuamente pensava che tra Karen e Deep Void scorreva comunque una sorta di… tregua? In fondo non avevano raggiunto entrambi ciò che volevano? Quindi perchè prendersela con i suoi gregari?... forse gli sfuggiva qualcosa che non gli era dato sapere, considerando il fatto che non era mai stato messo al corrente di granchè.
    Una cosa era certa, più informazioni poteva recuperare e più poteva avvicinarsi al Collezionista e adempiere alla sua missione.
    Missione che a quanto pareva gli aveva ufficialmente dato suo fratello Billie, assieme a Robin.
    Il matrimonio sarebbe stato un evento in grande, e avrebbe messo sotto i riflettori di Tokyo l’intera famiglia dell’Eden e avrebbe portato tutti i grandi pesci a rincorrere quella luce per mangiare.
    Era lì, era quello il momento giusto. Kensei lo sapeva, era per questo che si trovava lì di fronte a Billie, no?
    Invischiare però anche la sorella in questa faccenda lo preoccupava. Non tanto per sè quanto per l’incolumità di lei e di tutti quelli che avrebbe potuto mettere in pericolo.
    « E’ stata nostra madre ad allevarmi per questo scopo. Billie. » prese la parola, con tono deciso « E farò ciò che è tutto in mio potere per scongiurare ogni minaccia che attenti alla vita della famiglia. In particolar modo ad Emil » si soffermò come se avesse davvero tanto a cuore la salute del suo nipote, come in effetti era. Molto più che degli altri - ma questo non poteva dirlo « e a quelli come noi. » .
    Sì, era decisamente una cosa personale.
    « Avevo giusto bisogno di parlarti a proposito di questo. Avrei voluto dirtelo faccia a faccia, da solo ma di Jace posso fidarmi più che di me stesso. » non avrebbe voluto mettere al corrente la sorella del suo piano, ma avrebbe dovuto farlo prima o poi, perchè prima o poi si sarebbe domandata il perchè fosse un così assiduo frequentatore del Five Finger D.P. « E poi scommetto che saresti venuta a saperlo, prima o poi. » si tirò indietro i capelli e trasse un profondo respiro perchè ciò che aveva da dire era davvero importante.
    « Lascia che sia io a occuparmi di lui. Non voglio che nessun altro, tranne Jace, venga a sapere di questo. Quel bastardo vuole dei mutant, no? » si soffermò osservando la reazione del fratello anche se sapeva che non avrebbe ricevuto altro che il solito sguardo « Allora sarò io l’esca per attirare fuori dall'acqua il grosso pesce. » si indicò il petto con il pollice della mano destra e lo tamburellò mettendolo in mostra « Non riuscirà a fare a meno di volermi, e mi sto già muovendo per questo. So che è rischioso mettersi in mostra così... ma so che ne vale la pena per proteggere la famiglia. Il mio piano non fallirà, e se accadrà... non avrai bisogno di venirmi a cercare. »

    Rosa rubicondior| Lilio candidior | Omnibus formosior | Semper in te glorior.

    Villain x Eden's Thorn x Scheda x Liv.3 x 23YO x ©

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    Robin guidava come una persona che ha imparato a farlo per obbligo, precisione e rigidità a celare malamente un certo disprezzo per ogni altro autista. Limiti stradali rispettati perfettamente ma sempre al pelo, velocità appena sotto il massimo consentito, perfetti stop e partenze rapide che non lasciavano spazio a gentilezze. Parcheggiò a metà strada come richiesto dal fratello maggiore, dedicando poi al minore un lieve, raro sorriso nel vederlo uscire trionfante dal veicolo. Un'espressione incoraggiante e rassicurante, da maestra che vuole premiare uno studente un po' tardo che a fatica ha completato un compito basilare.

    "Sei stato molto bravo."

    Si lasciò guidare nei meandri del parco di Hibiya, seguendo Billie con un passo marziale che poco s'intonava al vestito elegante da lei indossato.

    (Ringraziando mentalmente di essere voluta apparire femminile ma non troppo, non fino al voler indossare i tacchi, che poco l'avrebbero aiutata ad affrontare i pedali di guida e il successivo acciottolato.)

    Il parco era bellissimo in quel periodo dell'anno, ma lei non sembrava curarsene. La sua attenzione era tutta rivolta al fratello maggiore, alle sue parole, i suoi gesti e le cose non dette. Ma quando lui nominò Karen, lo sguardo di Robin si spostò sui fiori di ciliegio.

    Malinconia: un'emozione rara a marcare il volto di Robin, che sempre si fingeva imperturbabile. Una tristezza che il fratello minore avrebbe capito meglio di Billie, che l'aveva conosciuta già adulta e scolpita. Karen era sempre stato il suo idolo d'infanzia: la sorella maggiore da ammirare rispettosamente da lontano, in silenzio e di nascosto, impegnandosi per diventare come lei. Seria, professionale, fedele alla Madama, affilata come un rasoio. Quando Robin diciottenne aveva insistito per partecipare ad un'operazione sul campo per poi farsi quasi ammazzare, era stato per imitare Karen. Karen, con cui quasi non aveva mai osato parlare. Karen, così perfetta.
    Karen, che aveva scoperto traditrice appena tornata dalla Francia.

    (L'improvvisa realizzazione che il fioraio forse non le dispiaceva perché i fiori rosei che teneva tra i capelli erano così simili a quelli dei ciliegi.)

    "È possibile che questo Collezionista sia interessato ai Mutant, a prescindere dalla loro affiliazione. Il suo prendere di mira figli di Eden, quindi, sarebbe una necessità accidentale," commentò a mezza voce, mani dietro la schiena. Il Collezionista vuole Mutant, Eden è pieno di Mutant, e quindi il Collezionista vuole Eden: un'equazione semplice, rovinata dalla menzione della possibile collaborazione tra quel nuovo nemico e una vecchia nemesi: Deep Void.
    Storse il naso in un'espressione contrariata, salvo poi ritrovare compostezza appena Kensei cominciò a parlare.

    Voleva occuparsi del problema, diceva. Farne una questione personale. Offrirsi in sacrificio come esca. Rischiare la vita per il gruppo.
    Ascoltò il discorso statuaria e immobile, per poi avvicinarsi e tirargli uno schiaffo in piena faccia.

    "Siamo una famiglia," sottolineò, il tono gelido di chi sta ripetendo l'ovvio. "Non un gruppo di Eroi che mandano ragazzini al macello. Le cose le risolviamo insieme, supportandoci a vicenda. Non osare proporre stronzate simili solo perché hai un complesso di inferiorità e hai bisogno di sentirti importante. Il tuo valore lo ottieni collaborando, restando vivo, e cercando di non riempire i tuoi fratello di inutii preoccupazioni."

    Un'ultima occhiataccia, gli occhi diseuguali uniti nello sdegno, prima di voltarsi verso il fratello più assennato con uno schioccar di labbra e un volteggiare dell'abito.

    "Se questo Collezionista ha messo taglie in giro, dev'essere possibile contattarlo per consegnargli la merce. Possiamo scoprire se ha intermediari, magazzini, punti di raccolta. Tentare una finta consegna di un Mutant, se proprio vogliamo rischiare." Nuova occhiata a Kensei. "Appoggiarci ai nostri alleati della yakuza e ad alleati non-mutant che non sono nel suo mirino." Sbattè le palpebre, fermandosi a metà discorso.

    "Ce ne occuperemo noi," concluse con una scrollata di spalle, come a non voler tediare Billie con i dettagli inutili.
    Una pausa.

    "Per quando è fissato il matrimonio?"

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    Sis aveva avvisato in assenze anche per me che ero in vacanza da lei, ma mi sono dimenticata di avvisare che le mie vacanze sono durate più di una settimana da lei T_T scusa per il megaritardo non segnalato, ora sono di nuovo in circolazione sigh

    Also per le cose sull'infanzia di Robin ho improvvisato basandomi sui bg dei vari png, spero di non aver scritto cazzate contro la storia di Eden nel caso fatemelosapere
     
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    Anche una persona non particolarmente empatica come Billie comprendeva appieno che parlare di Karen fosse un tasto dolente per tutti i membri della famiglia. Lo era per lui in primis, considerato che portava fisicamente le cicatrici del loro ultimo incontro. Ciononostante, per il bene della famiglia anche certi contrasti andavano messi da parte, alle volte. E l'Eden era in fondo una grandissima famiglia: poteva esserci quel fratello o cugino che tutti odiavano e che non veniva mai invitato alle feste, ma quasi nessuno non gli avrebbe dato una mano nel momento del bisogno. Questo non significava minimamente che Billie condividesse neanche in piccolissima misura le idee che Karen aveva sviluppato sulla Madame, né il suo tentativo riuscito di ribellione. Riusciva invece a comprendere con più chiarezza tutti quei fratelli e sorelle che l'avevano seguita: Karen era sempre stata una figura influente e carismatica per tutti i membri della famiglia, tanto che la stessa Madame l'aveva in un primo tempo designata come propria erede. Ma tutto era cambiato ormai, e adesso Junko avrebbe dovuto dimostrare a tutti di esserne altrettanto degna.
    Proprio per questo motivo, non aveva intenzione di ignorare l'ovvio risentimento che i fratelli potevano provare per Karen. Lui per forza di cose lo aveva dovuto momentaneamente mettere da parte, ma non era necessario che lo facessero anche gli altri. Confidava perlomeno che capissero che ciò che aveva fatto lo aveva fatto per proteggerli, ma nulla li obbligava a collaborare con Karen o ancora peggio a perdonarla, atto che non avrebbe fatto neppure lui stesso. Quanto accaduto era un semplice scambio di informazioni, e anche se aveva seppellito la proverbiale ascia di guerra per il tempo del colloquio in realtà non l'avrebbe neppure potuta affondare nella carne di qualcuno: Karen si era palesata nei fiori di ciliegio, ancora agli arresti domiciliari, e pertanto intoccabile. Il fatto che fosse sorvegliata dalla polizia era anche l'unico motivo per cui Billie ancora non si era vendicato, a dirla tutta.
    Non c'è un motivo particolare. - rispose freddamente alla domanda di Kensei riguardo al perché avrebbero dovuto porre la propria fiducia in Karen - Ma so per certo che ciò che Karen ha fatto, lo ha fatto per difendere la famiglia. Indipendentemente da quanto possa aver sbagliato, questo è l'unico errore che non le si può imputare. - Billie, come detto, non pensava minimamente che la Madame andasse eliminata. Ovviamente non poteva fingersi cieco, non poteva negare che non fosse cambiata negli ultimi tempi, ma pensava che in quanto suoi figli avrebbero semplicemente dovuto continuare a supportarla. Karen era di tutt'altro avviso: per quanto non lo condividesse, sapeva che se aveva provato ad uccidere la Madame era solo per difendere i suoi fratelli e forse anche per difendere la Madame da sé stessa. Billie era categoricamente certo la donna fosse in errore, ma anche con tutto l'odio che covava non poteva non credere alla sua buona fede. In aggiunta, viste le poche informazioni che aveva dato e le prove a suo sostegno, non vi era nulla da guadagnare per lei nel mentire su quella storia.
    La mia è solo una supposizione. - rispose quindi ai più che leciti dubbi dei fratelli riguardanti un possibile coinvolgimento di Deep Void - Non ho ancora prove solide a riguardo, ma col tempo ho imparato che... in questo mondo le persone tendono ad unire le forze, proprio come le piante. - aggiunse con un sospiro, voltandosi verso gli alberi alle sue spalle. Sotto terra, ovunque, centinaia e migliaia di radici si incrociavano tra di loro, inviando segnali chimici da una pianta all'altra e permettendo loro di comunicare. Le persone, allo stesso modo, tendevano ad incrociare le proprie vite in una maglia altrettanto fitta, che avrebbe spesso rivelato connessioni inaspettate - E' impossibile che questo Collezionista lavori da solo, o se non altro mi sembra improbabile. - proseguì - Aogiri sembrerebbe da escludere: il fatto che Emil sia stato acquistato all'asta pubblica... se fossero collaboratori glielo avrebbero probabilmente offerto in privato. Ma a parte questo ragionamento per esclusione no, non ho alcuna prova.
    Ciò detto, il Collezionista poteva anche essere in possesso di una propria milizia privata o, pur sorprendente, persino basarsi interamente sul sistema delle taglie. Quest'ultima opzione però avrebbe richiesto un miracolo per funzionare effettivamente e avrebbe reso questo Collezionista uno dei criminali più pericolosi di Tokyo: riuscire a tenere in piedi un sistema simile da soli avrebbe richiesto una conoscenza del tessuto criminale, un'intraprendenza e un'intelligenza senza pari. Non era da escludere, ma era senza dubbio l'opzione più spaventosa da tenere in conto in quello scenario.
    Robin ha ragione, Kensei. - disse quindi dopo averli lasciati sfogare, avvicinandosi al ragazzo e dandogli una pacca sulla spalla per tranquillizzarlo - Ho affidato questo compito a voi per un motivo. Ma non preoccuparti, nessuno verrà a saperlo a meno che non li informiate voi. Come detto, questo è il vostro compito. - aggiunse accennando un mezzo sorriso - Mi sembra un ottimo punto di inizio. Cercate solo di non mettervi nei guai. - proseguì poi voltandosi verso Robin e lodando la sua intraprendenza - Se possibile, però, vorrei tenere la yakuza il più all'oscuro possibile, almeno per il momento. - aggiunse - In questo preciso istante, possiamo fidarci solo di noi stessi.
    La sua decisione era ambivalente. Da un lato preferiva non informare troppo la yakuza delle attività dell'Eden, non essendo ancora completamente certo di potersi fidare di loro, ed era sicuro che per i Fujiwara valesse lo stesso. Dall'altro lato era chiaro dal fatto che le taglie sui loro fratelli fossero ancora attive che il business aveva per loro la precedenza. Da questo punto di vista non poteva biasimarli, certo che nei loro panni avrebbe probabilmente fatto la stessa scelta.
    Non abbiamo ancora una data precisa. - rispose infine a Robin - Ma sicuramente è nostra intenzione farlo prima dell'inverno... anche perché probabilmente il posto avrà una piscina.
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    CITAZIONE
    Ciao ragazze,

    Innanzitutto voglio scusarmi per il ritardo, pur avendo avvisato.
    Secondariamente, dobbiamo parlare di una cosa. Ho riletto il mio post molte volte e, nonostante questo, non riesco a trovare menzione del fatto che Keith e Gipsy siano tornati all'Eden. Ho cercato di capire se qualche parte lo sottintendesse o comunque potesse farlo pensare ma, mi correggerete se sbaglio, non ho trovato nulla, soprattutto nel parlato. Credo quindi che Kinshara abbia utilizzato erroneamente informazioni che le ho fornito via MP per lo svolgimento di un'altra role, ma che Billie non ha riferito in questa attività.
    Ho pensato a lungo a come ovviare alla cosa, specialmente in attesa del post di Whatnot. Dato che Robin non ha fatto menzione di quelle parole, penso la scelta più corretta sia semplicemente ignorare la parte di dialogo incriminata e fare finta che non sia stata mai pronunciata. L'alternativa sarebbe semplicemente avere un Kensei molto perspicace, ma allungherebbe inutilmente il discorso per fare specifiche che in fondo non ci interessano al momento.
    Per chiarire ulteriormente la situazione, Gipsy era un fratello dell'Eden che è fuggito con Karen ma, dopo essere stato quasi rapito dal Collezionista, ha deciso di tornare all'Eden. Anche Keith era un fratello dell'Eden e ha subito un tentativo di rapimento ma non ha intenzione di tornare all'Eden. Queste informazioni sono a disposizione dei vostri personaggi ma solo una volta terminata la role, perché al momento dello svolgimento Gipsy non ha ancora fatto la sua scelta.
    Spero che sia tutto chiaro altrimenti sapete come contattarmi. :neko:
     
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    Kensei Kurayami
    Trattenne per un attimo il fiato, restando immobile, quasi rigido sulla sua posizione.
    Aveva detto tutto d’un fiato tutto ciò che aveva in corpo, che aveva dentro.
    Non lasciò sospesa neanche una virgola.
    Si sentì tremare dentro, lo stomaco per un attimo si attorcigliò su se stesso tanto quanto le punte dei suoi tentacoli finchè non trasse un profondo e lungo sospiro che lo portò a rilassare parte del suo corpo.
    Non era una missione quella che aveva in mente di perseguire Kensei, era una vera e propria crociata contro un nemico viscido, silenzioso e terribile.
    Forse il divino Billie e sua sorella Jace non potevano sapere quanto ci tenesse a stritolarlo tra le sue spire, quanto tutto ciò l’avesse così turbato da fargli quasi perdere il lume della ragione ed essere disposto anche a sacrificare la sua stessa vita in nome di quella causa.
    Quanto potesse farlo incazzare il fatto che quello spregevole verme fosse a piede libero, senza avere la minima idea che qualcuno gli stava dando la caccia.
    Che ci fosse lo zampino di Deep Void, poi, per tutti loro era una supposizione troppo vicina alla verità anche se non avevano prove certe del loro coinvolgimento in questa storia del Collezionista.
    Una cosa era certa, che entrambi da questa storia avevano da guadagnarci quindi chissà, forse era un'unione di forze. O una vera e propria simbiosi.
    Restavano però solo e soltanto congetture queste finchè non avrebbero avuto tra le mani prove concrete.
    In seguito, prima che potesse anche solo aggiungere altro, quel volto così duro e fermo su quella decisione venne scosso da un sonoro quanto potente schiaffo a mano tesa.
    « Aaawwwcch! » gridò senza trattenersi.
    Scosse come se un fulmine l’avesse colpito dritto nel capo, il suo sguardo si spostò quasi furibondo verso la sorella « Jace! » le urlò cercando di trattenersi dal fare scenate di fronte al fratello « Che male! Perchè mi hai colpito!? » chiese perchè non c'era minimamente arrivato da solo alla risposta alla sua domanda.
    Ascoltò le parole della sua amata sorella come un monito.
    Rimase interdetto e ogni singola cosa che uscì fuori da quelle labbra così meravigliose fu per lui una stilettata al suo fragile cuoricino.
    Comprese solo allora quanto stupido fosse stato a non aver considerato che non era il solo a preoccuparsi dei propri fratelli e sorelle. Che non era il solo a cui premeva la famiglia.
    Forse anche Karen in qualche modo aveva provato lo stesso quando aveva deciso di compiere l’impensabile per il bene della famiglia?
    Si massaggiò la guancia più e più volte e storse il labbro per abbassare per un attimo lo sguardo.
    « Tsk. Mi fai irritare quando fai così… » non tanto per quello che gli aveva fatto, quanto più per quello che gli aveva detto andando diretta alla pura e semplice verità.
    Non poteva negare nessuna di quelle cose che lei aveva appena detto forse è per questo che ti voglio bene…ma cazzo quanto fa male. la verità faceva sempre un male cane. Soprattutto ad un tipo orgoglioso come lui.
    « Di certo non me ne starò seduto in libreria senza far niente. » borbottò sommesso tra sè e sè, come l’acqua a bollore.
    Si sentì in colpa in effetti per non aver considerato i sentimenti di nessun altro apparte i suoi.
    Anche se aveva pensato a tutto questo a fin di bene, si sentì parecchio egoista.
    Continuando a massaggiarsi la guancia con lo stampo della mano ancora impresso e rosso acceso - perchè i cromatofori avevano il brutto vizio di non avere mezze misure quando si parlava di “colore” - Kensei rimase ad ascoltare la sorella.
    Saggia, la sua valchiria. Era davvero stato così stupido da non dirle niente di tutto ciò? Da non metterla al corrente del suo piano fin dall’inizio?
    Era stato così cieco da non capire che qualcuno si sarebbe preoccupato per lui e che teneva alla sua vita?
    Faceva male, sì. Tanto. Più di quello schiaffo. La consapevolezza di essere stato un completo idiota egoista e privo di senno.
    Si sentì mancare per un attimo la terra sotto i piedi, e non erano i postumi del trauma della macchina che ancora stava cercando di smaltire.
    Alzò lo sguardo verso Jace, carico di sofferenza, appena disse di voler provare perfino una finta consegna.
    Beh.
    Sua sorella era la migliore nel formulare i piani, lui era solo guidato dall’istinto e da uno spirito indomito e per lo più stupido. Una stupidità nata da un cuore che non riusciva a sopportare più niente.
    Si strinse nelle spalle, si sentì solo smarrito e debole e infinitamente stupido per aver pensato che le sue azioni avventate non avrebbero importato a nessuno se non a lui stesso.
    No.
    No.
    Assolutamente no.
    Le lacrimucce no.
    No!
    Non davanti a Bill–
    In tutto quel turbinio di emozioni sentì una pacca sulla spalla che lo fece rinsavire e alzare leggermente lo sguardo per incrociare quello del fratello.
    Rimase in contemplazione come se la mano di una divinità lo avesse sfiorato proprio lì e proprio adesso.
    « Billie…. » sussurrò, incredulo sul fatto che il fratello fosse venuto in qualche modo a tirarlo su di morale o a mostrargli un segno d’affetto - perchè una pacca sulla spalla e un mezzo sorriso da parte del fratello non potevano essere altro che questo!
    Rimase in silenzio, stringendo le labbra e deglutendo per buttar giù quel groppo in gola che si era formato e si sentì… meglio. Incredibilmente meglio.
    Annuì alle parole del fratello, portando il petto in fuori e poggiando le punte dei tentacoli sui fianchi « Non succederà. Finchè ci sarò– » si fermò lanciando un’occhiata a sua sorella prima di correggersi « Ehem. Volevo dire… che sì, ce ne occuperemo noi. » almeno la lezione del giorno l’aveva imparata.
    « Non temere. Nessuno correrà alcun rischio. Siamo una grande squadra, vero. Jace? » se avesse avuto la coda al posto dei tentacoli probabilmente avrebbe scodinzolato in cerca di approvazione oltre che a farle occhioni dolci da cane bastonato che aveva imparato la dura lezione.
    Sospirò massaggiandosi ancora la guancia come per smacchiare quel colore che ancora aveva stampato sulla pelle e che lentamente iniziava a svanire - no, il dolore quello restava ancora a bruciare -.
    « Scusami, sorellona. » chinò la testa leggermente, forse anche in modo formale ma gli sembrava la cosa più corretta da fare o almeno quella più naturale « Sono stato davvero un’idiota. Solo che… » avrebbe voluto dire a entrambi che aveva il profondo terrore di perdere qualcun altro della sua famiglia ma si limitò a dire soltanto « Non volevo fare preoccupare nessuno e non volevo che nessuno ci rimettesse a causa delle mie decisioni. » sembrava alquanto pentito sì.
    « Ho sbagliato. Non volevo farti preoccupare. » si strofinò i capelli rosei con la stessa forza che aveva usato per la guancia « Scusami. »
    Forse ai loro occhi quella sarebbe stato un atto di debolezza?
    Sinceramente non gli importava granchè, perchè lui era così. Un cuore troppo morbido chiuso dentro pareti di puro marmo.
    Non era mai stato forte.
    Era stata la sua famiglia a renderlo tale.
    « Raccoglieremo informazioni, lo staneremo e porremo fine ai suoi misfatti. Non torcerà un capello a nessuno della nostra famiglia.» si impettì nuovamente pensando a quale mossa avrebbero potuto fare, da dove continuare.
    Certamente lui non avrebbe deviato dal suo piano di attirare l’attenzione del Collezionista su di sè: se i riflettori fossero tutti puntati su di lui, aveva buone possibilità che perdesse interesse su altri membri della sua famiglia.
    « Potremmo giocare di squadra, se io riesco ad attirare le sue attenzioni e tu, Jace, a trovare informazioni. Forse potremmo arrivare a lui ancora prima di quanto pensiamo. »
    A quel punto, essere un’esca nelle mani di Jace sarebbe stato il piano perfetto per arrivare direttamente a lui.
    Forse sì. Da solo Kensei Kurayami era soltanto un misero arbusto… intrecciare le sue radici con quelle di molti altri gli avrebbe donato solo altra forza.
    « Tutto ciò rimarrà tra noi. E forse è meglio così. » sicuramente era meglio così, forse in futuro avrebbe parlato anche a qualcun altro di questa faccenda? Sicuramente non a Momo, per esempio.
    « Mh? … Piscina? » chiese con uno sguardo alquanto perplesso, come se fosse appena caduto dalle nuvole.
    Nonostante fosse un ragazzo con geni di polpo, una cosa non condivideva con quelle maestose creature marine.
    Kensei non sapeva nuotare.
    Semplicemente perchè nessuno mai gli aveva insegnato a farlo.
    « Splendida idea. » anche se nella sua mente risuonava invece un PESSIMA IDEA.
    « A tal proposito… avete pensato agli invitati? Il luogo che avete scelto, perchè avete scelto una location… giusto? Potremmo avere informazioni a riguardo prima in modo da poterci organizzare in merito. Non vogliamo mica avere ospiti indesiderati… ne? » sghignazzò per poi voltare lo sguardo verso Jace e poi di nuovo verso Billie congiungendo le mani di fronte al suo petto con un sonoro “clap”
    « Sarà un grande matrimonio. » sbuffò, sorridendo « E noi lavoreremo affinchè tutto vada per il meglio. Puoi contarci. » forse era giunto davvero il momento di prendere qualche lezione di nuoto…

    Rosa rubicondior| Lilio candidior | Omnibus formosior | Semper in te glorior.

    Villain x Eden's Thorn x Scheda x Liv.3 x 23YO x ©

    Chiedo scusa per il ritardo e per l'immensa incomprensione. Mi sono intortata tantissimo.
    Sorry T^T
     
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    And if I show you my dark side
    will you still hold me tonight?

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    ROBIN ALLARD
    Chi sopportava Robin da molto tempo (e non erano molti, in onestà) avrà forse potuto notare, nel corso degli anni, che la (circa) donna tendeva a toccarsi un lobo dell'orecchio quando era irrequieta; un tic nervoso che nemmeno lei sembrava aver consciamente notato. Si toccò un orecchio, infatti, quando si tornò a nominare Karen — discorso che preferiì lasciar cadere per evitare domande che sarebbero state solo dolorose.

    (Mia sorella, come sta?)

    Tic che si trovò a ripetere quando fu lei a venir chiamata dal minore "sorellona" — altro discorso da rimandare ad altri istanti, dopo aver cercato parole più adatte di quelle che al momento aveva in gola.

    ("Non sono tua sorella né tuo fratello" sarebbe suonato doloroso e indelicato; inadatto a trasmettere che non era l'affetto familiare a darle fastidio, ma il genere con cui veniva rappresentato. Ma senza Karen, a chi sarebbe spettato il ruolo della sorella maggiore rigida e responsabile? Di certo non a Junko.)

    "Scuse accettate," rispose con un rotear d'occhi. Fortunatamente per tutti, il fratellino sembrava ben propenso a collaborare, e già stava elaborando previsioni e piani. "Mi sembra un buon punto di partenza. Organizziamoci appena torniamo, non ha senso tediare ora nostro fratello maggiore con i dettagli." Agitò una mano. "Lavoreremo insieme senza coinvolgere terzi né il resto della famiglia, per non farli preoccupare," e nel dirlo, indugiò lo sguardo su quello del capofamiglia, assottigliando gli occhi in un'espressione che sembrava chiedere "cosa non ci stai dicendo?"

    ("Possiamo fidarci solo di noi stessi," aveva detto — ma al tempo stesso richiedeva riservatezza e cautela. Temeva una serpe nel giardino dell'Eden?)

    "In quanto ai dettagli della cerimonia in piscina, immagino sia meglio chiederli al nostro fratello adottivo. Hai già parlato con Shion, sì? Se non lo conosci bene te lo presento, così puoi fargli tutte le domande che vuoi." Un inaspettato gesto di gentilezza, accompagnato da un sorriso fin troppo mellifluo. Lo sguardo di chi, conoscendo bene i due, già si stava immaginando la scena: Shion con le sue domande inappropriate, il polipo che arrossiva come una ragazzina.

    "Ora però andiamo a comprare degli abiti decenti a entrambi, mh? Siete imbarazzanti," Arricciò il naso."Ai fiori del giardino dell'Eden non è concesso di sfigurare."

    Già si stava avviando verso la macchina, ma un ultimo pensiero la spinse a interrompersi, gonna che s'apriva come un fiore mentre tornava a voltarsi verso il ciliego.

    "So che non sarebbe giusto, invitare Karen al matrimonio, eppure... Non farlo suona altrettanto sbagliato."

    Un tocco di malinconia nella voce.

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