I took a sip from my devil's cup

Le domande "come fai a..." non erano così rare, tra chi aveva abbastanza faccia tosta e nessuna mutazione particolare, dunque era preparato a dare risposta a qualsiasi curiosità riguardo la sua vita con quell'ingombrante scherzo genetico incapace di permettergli di volare.
«In inverno non mi dispiace chiudermele attorno come se fossero una coperta extra e, prima che me lo chieda, non è poi così scomodo, alla fine è come dormire su un fianco poggiando il peso su un braccio o qualsiasi altra parte del corpo.»
Avete presente gli uccelli che nascondono la testa sotto l'ala, quando dormono? Una cosa del genere, solo che Kohaku ci si nascondeva quasi tutto e oltre al periodo invernale, non era raro vederlo in quella posizione quando era troppo esausto, triste o insofferente per avere a che fare con il resto del mondo.
«Altrimenti le lascio aperte e dormo senza grossi problemi, alla fine è questione di abitudine e non mi muovo troppo di notte.»
Se voleva vedere con i suoi occhi, non aveva che da chiedere.
«Ti ringrazio.»
Un sorriso sincero e una certa aria compiaciuta: Jun aveva fatto il complimento giusto e Kohaku aveva abbondantemente dimostrato di apprezzare dal momento che le ali, per quanto scomode, erano il suo più grande orgoglio e se ne prendeva cura con estremo rigore e prodotti specifici.
Lo vide poi cadere su un lato e rialzarsi senza troppi segni di sofferenza, accigliandosi appena sentendolo parlare di attacco.
Non poteva accoltellarlo, vero? No, forse no, senza contare che sarebbe stato un autentico spreco, ma in ogni caso si alzò a sua volta e prese posto di fronte all'altro con fare abbastanza rilassato.
«Sei impazzito?»
Vedendosi arrivare una gomitata in faccia, il veterinario si era ritirato di un passo, chiudendosi a riccio nelle ali candide e portandosi gli avambracci davanti al volto come per offrire ulteriore protezione a quella che alla fine era la sua arma migliore. Meglio farsi male alle ali che ritrovarsi con il viso pieno di lividi, sarebbe stato un casino spiegarlo ai coinquilini e ai pazienti e un "Scusate, mi stavo allenando con uno strafigo palestrato e preso dal momento ha pensato bene di farmi un occhio nero" di certo non era plausibile.
Un attimo di immobilità per capire se sarebbe arrivato un altro colpo, poi schiuse appena le ali come se fossero state una tendina e guardò l'esterno con aria sospettosa.
«Guai a te se riprovi a fare una cosa del genere senza avvertirmi.»
Se non fosse stato piccolo, carino ed adorabile, sarebbe quasi potuto sembrare minaccioso.
«So che l'effetto sorpresa è più efficace, ma non vorrei ritrovarmi con dei lividi in faccia.»
Un'altra occhiataccia e poi aprì del tutto le ali, lasciandole lunghe dietro di sé in segno di fiducia nei confronti dell'altro.
Se solo avesse provato a fargli del male ora, lo avrebbe accoltellato sul serio con il primo oggetto vagamente adatto allo scopo.
«Ti dispiace se questa parte la proviamo un'altra volta? Preferisco imparare prima le basi e magari procurarmi un buon correttore nel caso qualcosa andasse storto.»
Nulla di personale, eh, ma meglio andare sul sicuro.
E sì, era un invito a rivedersi, magari in quella palestra o magari fuori.
«Ti ringrazio comunque per il tempo e la disponibilità, ad essere sincero non pensavo di poterne trarre qualcosa di veramente interessante.»
Un'occhiata all'altro, lui era indubbiamente parte dell'interesse.

A guy like you
should wear a warning