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.Hitoshi HayabusaSPOILER (clicca per visualizzare)Role fatta con lo Slot Role Extra.
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Kimama Evans
«Le falene non amano il silenzio»
Kimama non lo aveva mai detto a nessuno ma le foreste attorno alla UA sono da sempre state una mano santa per lei. Nel periodo estivo è dove c'è più frescura, quello invernale dove c'è più silenzio ed in entrambi si sente sempre a casa quando può immergersi nella natura senza avere una singola struttura artificiale o altra opera umana nel campo visivo. Quando la neve copre il verde degli alberi la foresta cala in un silenzio quasi inquietante, ogni respiro di vento udibile come in una galleria, ed è sotto uno di quegli alberi che la grossa falena aveva trovato la sua tranquillità quel pomeriggio, nel mezzo delle fredde fronde invernali. Fortunatamente lei dal freddo aveva poco o nulla da temere, in parte per via della soffice peluria che ricopriva parti del suo corpo ed in parte per lo strato sottocutaneo di grasso non dissimile a quello di molti mammiferi che vivono in climi freddi. Le lunghe dita di carapace artigliato incidono un solido ciocco di legno come fossero coltelli, seguono un pensiero ben preciso come a doverlo intagliare per ottenerne una forma, il suono ripetuto di legno graffiato coperto per lo più da una canzone.*
"♫ Moon river, wider than a mile~ ♫" Nessuno strumento, nessun altro rumore oltre la sua voce che canta quella melodia con un tono pacato, lento, quasi fosse una ninnananna. "♫ ~I'm crossing you in style some day~ ♫"
Da quanto tempo stava sotto quell'albero? Un'ora, forse di più, ma quando il tuo corpo ha i colori di una foresta invernale e ti trovi in essa non è poi strano che qualcuno non ti noti. Di sicuro Kimama non aveva preso nota dell'arrivo del compagno d'accademia, tanto era concentrata su quel delicato lavoro scandito dalla caduta di ogni truciolo sulle sue gambe incrociate, le antenne che si muovono leggermente a destra e a sinistra seguendo l'inclinazione della testa ad ogni cambio di prospettiva per seguire meglio la propria modesta opera. Ma sorride, sempre, qualsiasi pensiero vada per la sua testa deve darle un grande senso di felicità.. -
.Hitoshi Hayabusa
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Kimama Evans
«Le falene non amano il silenzio»
Il tempo sembrava scorrere a rilento quando si trovava li a farsi compagnia da sola, qualcosa che faceva anche in passato anche se allora la sua mente tendeva ad andare verso pensieri più tristi e solitari. Adesso invece quel tempo speso nel silenzio era dedicato a tutti i nuovi pensieri che aveva accumulato nel corso dei mesi, piccoli o grandi che fossero. Pensava a come il suo percorso da studentessa sarebbe presto giunto al termine con l'inevitabile prova per ottenere la presenza provvisoria ed il tirocinio che ne sarebbe seguito, ma se all'inizio aveva i suoi giusti timori con il passare del tempo e degli allenamenti era sempre più sicura della scelta che aveva fatto, così come era sicura che tra tutti i gruppi sotto cui fare tirocinio Lifeline sarebbe sicuramente stato quello adatto a lei. Il pensiero che segue va a Rena, al fatto che negli ultimi tempi non si fossero sentite affatto, la preoccupazione che potesse esserle successo qualcosa mescolata con una strana certezza che non era il tipo di persona che sarebbe sparita senza lasciar traccia, sicuramente aveva solo avuto molto da fare! E poi pensa alla neve, ai rumori della foresta che d'inverno si faceva più rumorosa sotto i freddi venti ma anche più silenziosa con la stragrande maggioranza dei suoi abitanti sopiti in un confortevole letargo. E poi ci sono i passi, rari, soprattutto perchè tra storie di fantasmi e altre dicerie erano molte le persone che evitavano di andare troppo in profondità nella selva di sempreverde. Eppure sente dei passi, scandidi dall'occasionale scricchiolare di un rametto, passi che fanno drizzare le morbide antenne che sino ad un secono prima stavano basse e rilassate, passi che le fanno drizzare appena la schiena e volgere lo sguardo in loro direzione, occhi neri grandi ed in attesa.
"Hm?" Ed incontra lo sguardo viola che apparteneva a quei passi quasi, riflettendolo nei suoi grandi occhi neri, la testa inclinata appena a destra e le mani ferme con l'opera incompleta tra i suoi artigli. "Oh, ciao!"
Esclama Kimama nel vedere a pieno corpo la figura che si era avvicinata a lei, le antenne che si muovono leggere su e giù come fossero le due estremita di uno strumento atto a misurare qualcosa di indefinito, ma ciononostante la sua espressione era rilassata e chiaramente non sembrava avere alcuna preoccupazione nei confronti di quell'ospite inaspettato. Tra le mani Kimama tiene quella che sembra una statuina di legno in corso di lavorazione, la forma approssimata sembra suggerire una forma animale, difficile dire se un canide o un felino allo stato attuale della stessa. Senza scomporsi in alcun modo dalla posizione rilassata in cui si trovava Kimama muove lo sguardo alla statuina incompleta, poi di nuovo al ragazzo dagli occhi viola come se stesse cercando di ricordare qualcosa di importante, lo sguardo che fa per stringersi brevemente per poi allargarsi come se avesse avuto un'epifania di qualche tipo a cui segue un sorriso appena più accennato di quello che aveva solitamente in viso.
"Ah! Sei uno studente della UA anche tu, giusto? Io sono Kimama!" Ed il pensiero di averlo visto almeno un paio di volte nei corridoi si fa chiaro nei suoi pensieri, la soffice criniera bianca attorno al suo collo che si gonfia appena a quella realizzazione. "E' la prima volta che qualcuno si spinge così in profondità nella foresta... di solito pensano tutti che ci siano fantasmi o animali pericolosi.". -
.Hitoshi Hayabusa
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Kimama Evans
«Le falene non amano il silenzio»
Kimama non era certo la creatura più caparbia di questo mondo quando si trattava di socializzare, complice il fatto che il suo modo di comportarsi era solitamente sufficiente ad ottenere il benvolere dei suoi interlocutori, qualcosa che Kimama aveva eventualmente notato ma che non faceva davvero di proposito. Ma quando si trattava di leggere i comportamenti delle persone era solita considerarsi abbastanza capace, soprattutto a somma delle lezione nella UA, eppure questo non la rendeva perfetta. Kimama in passato era stata spesso soggetta a quel genere di comportamento distaccato, come di qualcuno che si stesse costringendo a parlare con lei per una questione di educazione ma che senza di essa avrebbe volentieri fatto a meno di parlarle in primo luogo. Alcune volte erano alcune persone Canadesi che non vedevano di buon occhio il Popolo, altre volte erano semplicemente persone che non vedevano di buon occhio i Mutant. Certo era impossibile si trattasse della prima eventualità, ma era possibile che una persona dotata di quirk non Mutant vedesse di cattivo occhio qualcuno come lei, era qualcosa di inusuale ma mai qualcosa da escludere. Il fatto che fosse uno studente della UA rendeva la cosa ancora più improbabile, ma anche con questi pensieri Kimama non riusciva ad escludere quell'idea, quel timore che persino nella UA potesse esserci almeno un tipo di persona con cui non voleva davvero avere nulla a che fare. O forse, come suo solito, stava pensando troppo invece di guardare la forma più semplice di chi aveva davanti.
"Hmm... sai certe volte vengo qui anche di notte e non vorrei che sia anche colpa mia se la gente dice di aver visto un fantasma aggirarsi per la foresta!" Esclama, realizzando che visto il suo colore e le sue forme non sarebbe impensabile che la diceria di una grande donna avvolta da un vestito bianco sia nata proprio da qualcuno che l'ha vista passeggiare tra le fronde di sfuggita. "Rilassarmi, pensare, intagliare, raccogliere erbe e bacche... ho molti motivi per venire qui!"
E poi il quesito che interrompe i pensieri, lei era solita venire fin qui per tutti quei motivi ed anche per altri... ma cosa portava Hitoshi sin laggiù? A nessuno dispiaceva una passeggiata nel profondo della foresta ma sino a quel momento Kimama non aveva mai incontrato qualcuno che si fosse spinto così in profondità tra le fronde, del resto poteva essere pericoloso per chi non sapeva orientarsi propriamente o non possedeva quirk in grado di vedere al di sopra delle fronde. Chissà qualche quirk aveva Hitoshi, forse il colore inusuale dei suoi occhi c'entrava qualcosa? Forse poteva vedere diversi spettri della luce, o magari poteva emettere dei raggi d'energia dagli occhi e poi per quelli che erano realmente solo pochi secondi la mente di Kimama cominciò a costruire castelli su castelli di possibilità incentrate sul dettaglio dei suoi occhi, mettendo in secondo piano persino quella strana ferita che aveva all'orecchio. E poi tutto cessa di far rumore quando ricorda che Hitoshi continuava a rivolgersi a lei come fosse il suo capo, o una persona molto più vecchia di lui e per qualche motivo questo continuava a suonare strano alle sue orecchie, le antenne che vibrano nuovamente all'unisono come si stessero scrollando di dosso della polvere immaginaria.
"Oh, non serve parlarmi a quel modo se non vuoi, puoi anche usare il mio nome!" Esclama, conscia delle implicazioni che portasse fare ciò per un giapponese, sperando se non altro che almeno non le desse più del lei. "E... è la prima volta che vedo qualcuno qui-... oh! Ti sei perso?! Sei idratato?! Hai mangiato delle bacche che non conoscevi?!". -
.Hitoshi Hayabusa
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Kimama Evans
«Le falene non amano il silenzio»
La risposta come spesso accade è molto più semplice di quel che si pensi, e nel caso di Hitoshi la sua presenza alla fine non era altro che la diretta conseguenza di uno degli hobby di Kimama, il canto. Uno dei motivi per cui si recava nel bosco era in fondo quello, poter cantare serenamente senza timore di dar fastidio a nessuno, uno spazio prevalentemente silenzioso dove le parole si perdevano nel vento che soffiava tra le fronde con le piccole creature della natura come suo solo pubblico. A conti fatti il fatto che Hitoshi fosse stata la prima persona a passarle abbastanza vicina da sentirla cantare visto la quasi giornaliere religiosità con il quale si recava li ad esibirsi al vento era di per se qualcosa di curioso, ora che Kimama ci dava pensiero una situazione del genere si sarebbe dovuta manifestare molti mesi addietro. Certo c'erano molte cose curiose da tenere conto su Hitoshi, principalmente quella sua necessità di utilizzare il tu come se ogni conversazione fosse rivolta a qualche figura di spicco, non che fosse insolito per gli standard Giapponesi ma di solito quando parlava con compagni e compagne di classe c'era una confidenza gentile e reciproca. Kimama distoglie lo sguardo da Hitoshi e verso la statuina di legno incompleta che teneva tra le dite, soffiandoci sopra con vigore per pulirla da eventuali trucioli e residui di lavorazione prima di avvolgerla in un piccolo panno e porla nella sua borsa.
"Hm?" Ed a quella domanda il mistero dietro quello che sembrava un distacco preventivo che Hitoshi poneva nei suoi confronti le fa imboccare la strada verso la verità, anche se immaginava non sarebbe stata qualcosa di piacevole. "Oh, no, affatto! Di solito sono io a preoccuparmi di quel genere di cosa!"
E ride a quelle parole, uan risata gentile sul fatto che un ragazzo la cui unica cosa fuori dall'ordinario fosse il colore delle sue iridi avesse timore di causare disturbo ad una grossa falena antropomorfa con la sua sola presenza, ride pensando a tutte le volte in cui lei ha fatto spallucce e se ne è andata alla realizzazione di essere un fastidio senza poter far nulla per impedirlo. E per la prima volta dall'inizio di quella conversazione si alza, con quieta lentezza come se il muoversi più velocemente o con gesti avventati rischiasse in qualche strano modo di spaventare Hitoshi al pari di uno scoiattolo e farlo fuggire. E per la prima volta Hitoshi può vedere Kimama in tutta la sua stazza mentre apre lentamente le ali alla loro massima estensione prima che questi tremino su se stesse come venissero stiracchiate, una pratica comune per la canadese che in contemporanea estende le quattro grandi braccia mettendo in tensione ogni fibra del suo corpo con uno sbadiglio misto ad un buffo pigolio come sfondo al suo totale stiracchiamento. E poi soddisfatta chiude lei ali ed intreccia le braccia a due a due sul ventre, riportando lo sguardo su di Hitoshi e sorridendogli come era suo solito fare con tutti.
"Sei mai stato la laghetto?" Chiede infine mentre chiude con cura il suo fido borsone, le antenne che si inclinano appena a destra nel porre la domanda. "D'estate ci sono le rane, ma anche d'inverno è un posto davvero piacevole, ci vado spesso per sentire il suono dell'acqua!". -
.Hitoshi Hayabusa
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Kimama Evans
«Le falene non amano il silenzio»
Molto tempo fa nelle grandi foreste Canadesi Kimama veva trovato una volpe ferita ad una zampa, non per opera dell'uomo ma semplicemente perchè la bestiolina era scivolata da una piccola altura e non riusciva più a muoversi propriamente. Kimama ricorda quei grandi occhi che la guardavano in una mistura di timore e finto coraggio, del resto nonostante le sue intenzioni fossero buone la volpe non poteva capire che quella persona fosse li per aiutarla. Ed in quel momento negli occhi di Hitoshi la falena è certa di vedere lo stesso sguardo di quel giorno, la stessa volpe che guarda e non fa avvicinare per paura che le sia fatto ancor più male di quanto non se ne fosse fatta da sola. La peluria attorno al collo si gonfia e sgonfia appena mentre le antenne fremono leggermente, un gesto che sapeva di abitudinario, difficile dire se fosse un tic o se avesse un'effettiva utilità.
"Hm? Oh, in realtà le mie ali sono robuste e spesso le utilizzo anche per difendermi. Per quanto riguarda il volo non sono veloce come chi ha ali da rapace ma posso portare dei carichi consistenti... spero di poter usare questo per salvare molte persone!" L'esclamazione di Kimama è seguita da un chiudersi felice dei suoi pugni e da un sorriso. "Posso volare molto in alto, ma questo è principalmente per merito del grasso sottocutaneo e della mia pelliccia che mi proteggono dalle temperature basse e dai miei polmoni che mi permettono di respirare anche a grandi altezze!"
E nel parlare comincia ad incamminarsi nei boschi seguendo una strada che solo lei sembrava riuscisse a vedere, ma in quella breve camminata Hitoshi può notare come su certi alberi vi siano segni che all’apparenza sembravano gli stessi che un orso lascerebbe per segnare il proprio territorio, se non fosse che quei segni erano molto più grandi comparati alla zampa del modesto orso giapponese. Non ci vuole molto ad immaginare che quei segni di artigli profondi fossero opera di Kimama stessa osservando le sue mani con sole quattro dita e l'altezza a cui si trovavano, sicuramente un metodo che la ragazza utilizzava per segnare tragitti nei boschi vicini per non perdersi o non fare uso delle sue ali. Ci vogliono poco più di dieci minuti prima che una radura di modeste dimensioni si presenti davanti agli occhi di entrambi, con il laghetto così citato da Kimama dimostrando di essere poco più di uno stagno particolarmente largo e silenzioso visto che i tipici abitanti del luogo erano in ibernazione o altrimenti assenti per via del freddo.
"Eccoci qui! E sono al secondo anno... ma presto potrò finalmente fare l'esame per la licenza provvisoria." Ammette, stringendo le spalle e facendosi incredibilmente piccola a discapito della stazza. "Mi ci è voluto un po' ma ormai sono pronta per cominciare a fare davvero la differenza!". -
.Hitoshi Hayabusa
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Kimama Evans
«Le falene non amano il silenzio»
Non c'era davvero nulla di particolare in quello stagno nel mezzo del bosco, una modesta pozza d'acqua che sembrava sgorgare da qualche punto indefinito del terreno e scivolare tra gli alberi senza poter creare un corso d'acqua degno di nota, un piccolo dettaglio della foresta attorno all'UA che probabilmente era noto solo a chi cercava riparo tra le sue fronde. Eppure era speciale per Kimama, speciale proprio per quella sensazione che dava di essere un piccolo secreto noto davvero a pochi, ed in un certo senso aveva sentito il bisogno di condividere quel segreto con Hitoshi. Il modo in cui si muoveva, in cui la guardava, in cui sembrava quasi misurare ogni movimento come si muovesse tra scaffali pieni di bicchieri di cristallo le portavano alla memoria qualcuno che non molto tempo fa era esattamente come lui. Kimama cerca posto per sedersi vicino allo stagno, su di una pietra che le desse la giusta elevazione per evitare che le sue lunghe gambe finissero nell'acqua, i grandi occhi neri che vanno agli alberi che sembrano circondare quel piccolo angolo di silenzio quasi dovessero proteggerlo da chissà quale male. Non c'era nulla di speciale, tranne il fatto che fosse speciale per lei e per le persone che ne conoscevano l'esistenza.
"Tu hai già deciso a quale agenzia ti unirai?" Chiede improvvisamente Kimama nel rilassare le grandi ali che cadono le sue spalle come fossero un unico mantello di seta."In effetti non so nemmeno quale sia il tuo quirk, immagino che avvia qualcosa a che fare con il colore dei tuoi occhi e... oh, forse emetti raggi di energia rovente dagli occhi come Gazer o Ironsight?"
Aveva perfettamente senso, spiegava anche quella strana ferita rotonda che aveva sull'orecchio. Un giorno come tanti altri si stava specchiando quando un raggio di energia rovente e viola scappa da uno dei suoi occhi, viene riflesso dallo specchio e per sua fortuna gli buca soltanto la cartilagine dell'orecchio destro! Certo era che quella strana ferita potesse dipendere da molte altre cose, la più comune il risultato di un colpo d'arma da fuoco che ha mancato di poco il suo bersaglio, ma visto come erano strette le leggi in Giappone per certi strumenti Kimama non aveva dato alcuna considerazione a quell'evenienza. Inclina il capo appena a sinistra ed attende una risposta, anche se la risposta fosse stata di non voler rispondere, del resto per come sembrava riservato quel ragazzo la cosa non l'avrebbe poi sorpresa più di tanto.. -
.Hitoshi Hayabusa
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Kimama Evans
«Le falene non amano il silenzio»
Se c'era una cosa che avevano interessato Kimama sin da piccola all'infuori dei suoi hobby e delle sue passioni questi erano senza alcun dubbio i quirk. L'interesse era nato in tenera età quando la televisione trasmetteva le prodezze degli eroi Canadesi e Statunitensi, vedere tutte quelle persone così diverse unirsi per fare qualcosa di grande è quel genere di spettacolo che intrattiene molti menti giovani, ma al di la delle gesta Kimama guardava come le loro unicità si combinassero per creare qualcosa di maestoso, come pezzi di un puzzle che cadono nella loro esatta posizione. Creare portali era una capacità con cui era familiare, ma anche qualcosa che ricadeva tra quei quirk che andavano al di la del semplice emettere getti di fuoco o fulmine o dal possedere arti in più o animali. Era uno di quei quirk che andava al di la della norma di qualcosa che di per se era già anormale, c'era più di qualche studio in merito a ciò che permettesse di creare portali e la possibilità di emulare quel genere di poteri con dei macchinari fissi. Le venivano alla mente persino uno o due hero dotati di poteri simili, anche se fondamentalmente diversi sul modo in cui quei portali venivano creati.
"Se ti unissi a Lifeline potresti salvare centinaia di persone! Pensa solo a tutte le vittime di catastrofi o crolli che muoiono perchè non si riesce a scavare in tempo o in sicurezza per raggiungerli, con i tuoi portali basterebbe uno sguardo per permettere ai soccorsi di raggiungerli per tempo!" Non è difficile notare come quella svolta nella conversazione avesse acceso una lucina di grande interesse nei suoi occhi."Oppure potresti aprire un portale nella stiva di una nave che sta affondando e far uscire l'acqua per interrompere o ritardare l'affondamento mentre i soccorsi traggono in salvo i passeggeri!"
E sicuramente c'erano tanti altri utili modi in cui dei portali potevano contribuire ad aiutare le persone, l'idea di semplificare le evacuazioni o di rallentare una nave dal colare a picco era solo una di molte, in fondo quando sia aveva la possibilità di creare squarci nella realtà il limite era davvero sollo l'immaginazione. Ed a Kimama piace immaginare, ed al di la di quello che era aiutare un portale significava poter fare molto di più, le sue antenne che vibrano mentre i suoi occhi si accendono ancora di più ed i pensieri vanno lontani da quello che potevano fare per aiutare gli altri a quello che potevano usare per aiutare se stessi, per proteggere se stessi da chi era la causa diretta del dolore altrui.
"Dovresti prendere la licenza per armi da fuoco!" Esclama con un grosso sorriso Kimama, annuendo un paio di volte verso Hitoshi. "O imparare a tirare con l'arco, immagina quanto sarebbero utili i tuoi portali con delle armi a distanza per poter colpire criminali e villains alla sprovvista!". -
.Hitoshi Hayabusa
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