All Returns to Silence

Alla fine ci era tornato, a Ota-city, più di una volta.
Anche se Gin non l'aveva rivisto. Non che ci avesse sperato, chiaro. Non era mai stato fortunato con i ragazzi carini, e non avrebbe cominciato ad esserlo nelle vesti di Seraphine. Aveva compreso che l'avergli mandato quel messaggio per capriccio non era stata una mossa tanto furba, quindi in fin dei conti era meglio così: non avrebbe saputo spiegarsi.
Ormai cominciava a essere di casa da quelle parti, ma per fortuna le sue attività non parevano collidere con quelle dei presunti vigilantes di PHANTOM si diceva bazzicassero nel quartiere. Ogni tanto gli capitava di sentirsi solo - quando Jason era occupato, e ultimamente Jason era sempre occupato, mannaggia alla vita di coppia - e aveva preso a chiedersi se non fosse il caso di ampliare i suoi contatti o offrire i propri servigi a qualche organizzazione più grande, senza tuttavia sapere da dove partire. Come si reclutavano delle persone? Bah, forse era solo un pessimo Leader e avrebbe dovuto farsene una ragione. Quantomeno aveva scoperto che andarsene in giro a notte fonda a picchiare presunti criminali fosse un buon rimedio per sfogare lo stress del lavoro.
Lontano dal più vivibile quartiere residenziale, le strade deserte dell'undicesima circoscrizione di Tokyo avevano un che di lugubre. Acquattata sulla piatta cima di un tetto, una figura ammantata di nero scrutava il suolo in direzione dell'entrata di un vecchio magazzino in disuso: tre loschi individui si stavano trascinando dietro un paio di scatoloni che non promettevano niente di buono. L'edificio in cui stavano entrando era basso e schiacciato, circondato dalla strada su almeno due lati e aveva delle grandi finestre in alto, poco sotto il soffitto; era tutto ciò che riusciva a vedere dall'esterno. Un luogo fatiscente e polveroso, perfetto per quel genere di attività che aveva imparato a riconoscere.
Silenziosa come un rapace, la vigilantes spiegò le ali e planò fin sul tetto del magazzino designato. A terra era troppo goffa, non poteva seguirli entrando dalla porta, ma doveva necessariamente entrare prima di loro, in modo da accertarsi dei loro misfatti e far sì che non notassero la sua presenza. Per fortuna la visiera del suo casco era scura soltanto all'esterno, la notte era buia e fosca già per i fatti propri, e contare solo sull'illuminazione esterna era una sottile lama a doppio taglio, non aveva bisogno di ulteriori impedimenti. Raggiunto il solaio, si calò lentamente fino al cornicione ed osservò celere la struttura delle finestre. Uno strato di ruggine ben poco elegante decorava dei cardini a scorrimento, che - forzati, grazie all'ausilio del perno della sua catena - cedettero in fretta aprendo un varco nel muro del magazzino. Era ampio abbastanza da consentire ad una della sua costituzione di passarci attraverso, per cui la vigilantes ripiegò le ali sotto il mantello color notte (ultima aggiunta al suo costume, ci stava ancora lavorando perché durante il volo era un po' scomodo) e si introdusse in fretta nell'unico grande vano che componeva il vecchio deposito. In realtà vi erano più stanze, varchi senza porte, ma ebbe modo di accorgersene solo dopo aver raggiunto le travi sul soffitto con un rapido colpo d'ali ed esservici appollaiata sopra, in attesa di veder giungere le persone di prima.
Non dovette aspettare poi molto, ancora stava sondando l'ambiente per adattarsi alla nuova struttura, quando da uno dei passaggi - probabilmente quello collegato con l'entrata - gli individui di prima finirono di trascinare le loro scatole e le addossarono vicino ad una delle colonne portanti del magazzino. Uno di loro si stava aiutando con una torcia dal cellulare. Non li vedeva chiaramente, ma - pur non elaborate - avevano il volto schermato da delle mascherine. Seraphine li osservò con attenzione e intuì che stessero aspettando qualcosa o qualcuno; doveva avvenire uno scambio... probabilmente.
"Tch, che fregatura" pensò.
Se fosse stata più rapida si sarebbe potuta nascondere in una delle altre stanze e fingere di essere chi non era per avere una visuale più chiara della faccenda, ma ormai non aveva importanza. Vide uno degli uomini inginocchiarsi e aprire una delle scatole con la lama di taglierino, forse per controllare che fosse tutto in regola. Ora o mai più, si disse, si protese in avanti e l'attimo dopo le suole dei suoi stivaletti abbandonarono la sicura trave di legno su cui erano poggiate. La forza di gravità la tirò verso il basso con rapidità e la vigilantes ebbe cura di rallentare la sua caduta solo all'ultimo secondo, con un voluminoso battito d'ali che si oppose al naturale e successivo schianto che ne sarebbe altrimenti conseguito. L'individuo dei tre in possesso della torcia sobbalzò e imprecò sottovoce, direzionandola subito sull'intrusa.
Seraphine si accorse con orrore che, nonostante le sue scarpe possedessero un paio di centimetri di rinforzo, era di nuovo la più bassa. Ugh. Okay, doveva passare per una ragazza, ma stava cominciando a diventare una seccatura.
«Chiedo perdono se interrompo le vostre attività, signori. Non vi hanno insegnato che si bussa prima di entrare in casa altrui?» esordì una voce femminile leggermente meccanica da dietro il casco, mentre la figura si puntava le mani sui fianchi e ripiegava le mastodontiche ali dietro la schiena. Fino a prova contraria era arrivata prima, e chi primo arriva meglio alloggia.
I tre sconosciuti sembravano ragazzi giovani, Castiel ormai ne aveva atterrati parecchi con il loro aspetto e non aveva paura. Non dissero nulla, si scambiarono un'occhiata da dietro le loro mascherine nere, poi il tizio con il taglierino si alzò in piedi e glielo puntò contro. Gli altri due estrassero dei coltellacci di fattura non molto ricercata, e quello con la torcia la spense intascandola, lasciando la stanza vuota in penombra. Nel farlo, tuttavia, Castiel riuscì a scorgere di striscio il contenuto dello scatolone semi-aperto e un lungo brivido gli percorse la schiena: tante bustine in plastica trasparente contenevano piccoli grumi di pastiglie colorate. Ne aveva sentito parlare, come tutti, ma era la prima volta che le vedeva dal vivo. XSQ, la famosa droga spacciata da Aogiri. Pervaso dalla necessità di metterci immediatamente le mani sopra - sapeva dove portarle - mise le mani alla cintura, alla quale teneva allacciata la sua catena, e fece un leggero passo indietro. Era solo tre, avrebbe fatto in fretta.

« Mask your shade and corruption,
Grinning teeth lack seduction. »

Per sfortuna, o fortuna dir si voglia, la risposta corretta era la numero due: Seraphine sapeva benissimo cosa stava facendo e sì, era convinta di batterli tutti e tre. Lungi da lei essere arrogante - anche se un po' lo era -, ma di solito i fatti andavano a quel modo. Eccezion fatta per l'evento che l'aveva costretta su un letto d'ospedale per tre settimane e rotti facendola diventare la vigilantes di adesso, raramente le era capitato di trovarsi in difficoltà contro dei criminali o presunti tali. Vero, non frequentava luoghi così malfamati da dover temere d'incontrare un qualche boss della yakuza camminando per strada, eppure ciò non le toglieva ragione.
Castiel non aveva mai nutrito grande fiducia nelle proprie capacità, Seraphine invece era di tutt'altro avviso.
Era una consapevolezza che aveva cominciato a maturare di recente; i criminali forti c'erano, lo sapeva bene, lo aveva testato sulla propria pelle ad un passo dalla morte, se non li trovava le cose erano due: o era diventata forte lei e quindi ne incontrava meno, oppure fino ad ora era stata fortunata. Molto fortunata.
Magari anche un mix dei due antefatti.
Insomma, facciamola breve: Seraphine non aveva paura di tre bulletti da strapazzo senza nemmeno il coraggio di attaccare per primi. E avrebbe fatto lei la prima mossa, se una voce statica e annoiata non l'avesse interrotta con la labile calma di un soffio di vento al tramonto.
Voltandosi di tre quarti, per non dare le spalle né al gruppo di spacciatori né al nuovo arrivato, scorse una quarta figura emergere dalle ombre. Un ragazzo, alto, snello e vestito di nero da capo a piedi. Una maschera gli copriva il viso e gli falsava leggermente la voce.
Ah-ah. Ci aveva visto giusto, pensò. Eccolo, il tramite a cui dover consegnare droga, scatoloni e chissà quali altre diavolerie, mentre lei veniva bellamente ignorata come se non fosse stata lì. Sotto mentite spoglie femminili, Castiel si stupì della facilità con cui il capo del trio di spacciatori lo appellò dandogli della poco di buono e si lasciò sfuggire uno sbuffo di scherno, puntandosi le mani - ancora strette sulla sua catena - contro i fianchi.
«Oh-oh? Moderiamo i toni, principino?» soffiò, stizzito, chiedendosi dove volesse andare uno con così poca fantasia. Chissà come ci sarebbe rimasto a scoprire che, almeno biologicamente, era un ragazzo. Beh, Castiel non aveva intenzione di rivelarglielo, quindi sarebbe rimasto un mistero per il tempo a venire. Il pensiero di aver visto, fra i pochi veicoli parcheggiati attorno al magazzino, anche un camioncino di modeste dimensioni lo fece pentire di aver messo piede nel magazzino: aveva ancora molto da imparare, se fosse rimasto fuori avrebbe potuto seguirlo in volo con facilità... pur senza sapere cosa esso trasportasse, se fossero davvero criminali e tante altre variabili di cui era venuto a conoscenza solo entrando. Sotto la maschera, si morse il labbro inferiore e, improvvisamente, capì: doveva smetterla di muoversi da solo. Capì cosa sarebbe successo. Era così che doveva andare, era contro quattro persone e pur convinto di poter tenere testa a tutti, se anche uno di loro avesse deciso di fuggire per portare a termine il loro compito, mentre gli altri tentavano di tenerlo impegnato, non avrebbe potuto far niente per impedirlo, perché ancora non aveva la capacità di sdoppiarsi. «Mpf.»
"Non posso lasciarli andare, devo fermarli prima."
Un pensiero rimbombò nel retro della sua mente per un istante. Sì, Seraphine avrebbe risposto volentieri, aveva un paio di cose da chiarire, non voleva che quei farabutti si facessero idee sbagliate - soprattutto se erano di Aogiri, i primi membri di Aogiri che beccava dopo tutto quel tempo speso a pattugliare le strade - eppure di punto in bianco l'atmosfera cambiò di nuovo.
Fu come se una vecchia chiave rimasta a lungo bloccata in una serratura fosse improvvisamente scattata aprendo una porta che sarebbe dovuta rimanere chiusa.
La chiave? La voce del capo del quartetto.
Cosa c'era dietro la porta? Il ricordo di un incubo.
Quasi meccanicamente il viso della neo-vigilantes si piantò con uno scatto sulla figura mascherata entrata per ultima.
E perse interesse in tutto quanto. Nei tre spacciatori, negli epiteti poco eleganti stati rivoltigli, nella droga. Da dietro la visiera a specchio il suo sguardo si ancorò sul ragazzo e improvvisamente gli parve di notare un pattern. Il nero, la mascherina. E quella maledetta voce che aveva fatto parte dei suoi sogni più spaventosi per due anni. Castiel si sentì il cuore sprofondare nel petto, un sottile brivido di terrore gli spezzò la spina dorsale in tanti piccoli frammenti, percepì l'ignobile bisogno di rannicchiarsi in un buco e rimanerci, ma in qualche modo serrò i pugni, conficcando le unghie appuntite dei guanti nei palmi, e rimase dritto in piedi.
«Tu...» pur meccanica, la sua voce tradì una lieve ombra d'insicurezza. Quando se ne accorse si sentì travolgere dalla vergogna. Castiel lasciò andare un respiro che si rese conto aver trattenuto, ricacciò quella sgradevole sensazione nell'abisso da cui era emersa, e tornò ad essere Seraphine. No, non poteva essere.
Era una mera coincidenza.
Doveva essere una coincidenza.
Ma aveva bisogno di una conferma.
Un paio di rapide falcate chiusero l'irrisoria distanza che la separava dal villain, le ali ancora serrate dietro la schiena come uno strascico da sposa. Sapeva che avvicinarsi così era pericoloso, ma doveva sapere. A costo di perdere una mano. Allungò il braccio destro in avanti, ma non fece nulla. Nulla di pericoloso, almeno. Invero tentò solo di afferrare l'orlo inferiore della maglietta del tizio. Se ci fosse riuscita l'avrebbe unicamente sollevata su fino allo sterno. No, non stava cercando di spogliarlo, o meglio anche, ma l'obiettivo era un altro, perché se sotto vi avesse trovato ciò che temeva - ergo, una leggera veste di metallo composta da tanti piccoli anelli intrecciati - avrebbe visto i suoi più astratti timori divenire concreti.
Perché avrebbe avuto conferma di essere davanti a Cutter.
Il serial killer che l'aveva quasi ucciso tre anni fa.

« Mask your shade and corruption,
Grinning teeth lack seduction. »

Quei pochi secondi d'esitazione furono fatali per la vigilantes, che si vide sfuggire i tre spacciatori da sotto il naso, con la facilità di un pesce afferrato a mani nude. Ma non le importava più, sebbene dovesse, troppo concentrata a discernere l'identità del villain mascherato unicamente tramite sospetti e dubbi. L'unico indizio, tuttavia, che le avrebbe potuto confermare di trovarsi sul serio di fronte a Cutter, le sfuggì dalle dita per un soffio. Col senno di poi, era ovvio, nessuno con un briciolo di sale in zucca si sarebbe fatto avvicinare da una sconosciuta con indosso un elmo da coccodrillo. Meno che mai se dieci secondi prima ha provato a fermare i tuoi sottoposti piovendo dal cielo inaspettata come una stella cadente.
Successe in fretta: il villain la scartò di lato, ritirandosi a tre metri sulla sua destra, sfoderò un coltello, una pistola e sparò tre colpi diretti al centro del suo petto, lasciandola ad afferrare l'aria. Seraphine non si sprecò a schivare, rimase ferma inamovibile, abbassando la giuntura dell'ala sinistra a coprire il busto nel punto in cui sarebbe stata colpita: aveva già appurato che i proiettili di una pistola non erano capaci di scalfire la dura scorza delle sue ali; il suo fortino, la sua difesa ultima, per questo rimase sorpresa quando non percepì nessuna pallottola rimbalzare sul suo arto piumato, ma un liquido viscoso spiaccicarsi e colare lungo la sua lucida e bianca superficie, con un viscido plic plic dalle piume fino a terra. Sangue...? No. Una volta Desmond gli aveva fatto provare cosa volesse dire essere colpiti da proiettili di sangue e non si sarebbe scordata la sensazione nemmeno in seguito ad un Armageddon.
Gelatina? Nemmeno, era viscosa, ma - aveva provato pure quella - non limitava i movimenti come avrebbe fatto una sostanza simile. Sotto l'esigua e pallida luce proveniente dal soffitto, scorse delle macchie grigiastre sulle piume e la sua prima reazione fu scrollare l'ala per cercare di togliersi quella porcheria di dosso. Ovviamente non funzionò.
Proiettili liquidi? Perché mai le aveva sparato dei... prima ancora che i suoi pensieri potessero assumere una forma concreta, una realizzazione la colpì come un fulmine a ciel sereno. Grigio. Metallo. E metallo significava...
«Lo sapevo. Tu sei Cutter. - tuonò, digrignando i denti, da dietro il suo elmo a specchio. - Rispondimi!»
Nei panni di Seraphine, Castiel non si era mai fatto alcun problema ad essere violento nei confronti dei criminali. Un po' era merito di CYPHER, un po' di Jason. Non le migliori persone che potesse prendere a modello su tal fronte, ma era successo e ormai era tardi per tornare indietro. Quanto decidesse di essere violento, poi, dipendeva dal suo umore del momento: insomma, diciamo che per ora non aveva ancora ridotto in fin di vita nessuno.
D'altronde, dopo aver provato come si stava - in fin di vita - non era favorevole a impersonarsi angelo della morte.
Eppure in quel frangente seppe che se lo sconosciuto si fosse chiuso in un silenzio colpevole, non avrebbe esitato a usare tutta la forza di cui disponeva per farlo cantare. Se, al contrario, gli avesse risposto di sì... oh, peggio per lui.
Un altro passo venne mosso in direzione del villain, prima che la vigilantes sfoggiasse il tono di voce più minaccioso le riuscì a trovare: «Rispondimi. Ora.»

« Mask your shade and corruption,
Grinning teeth lack seduction. »

Quella risposta lo spiazzò: peccato che Castiel sapesse cosa faceva il quirk di Cutter, dato che lo aveva visto in azione e... beh, provato sulla propria pelle.
Di certo non trasformava gli oggetti e le persone in metallo. Tuttavia non disse niente. Magari si era sbagliata sul serio; il rancore gli aveva avvelenato la mente e quel tipo non era davvero Cutter nonostante i parallelismi. D'altronde, chissà quante persone avevano quirk collegati ai metalli, se erano tante quante chi aveva un quirk - ad esempio - con le ali poteva aver preso un granchio.
Istintivamente, rilassò i muscoli tesi.
D'accordo, però se non era Cutter non gli interessava. Cioè, non più degli spacciatori con le XSQ. Forse faceva ancora in tempo a recuperarli. Se anche avesse scorto un veicolo in movimento sarebbe riuscito a stargli dietro senza difficoltà. Volando, poteva raggiungere le stesse velocità di un rapace in picchiata, stare dietro ad un presunto camioncino non rappresentava certo una difficoltà. Forse... o forse no.
Dubitava quel tipo l'avrebbe lasciata andare, le era parso piuttosto intenzionato a prender tempo affinché i suoi sottoposti portassero a termine l'incarico loro assegnato, che in quel caso probabilmente includeva recapitare la droga chissà dove: non poteva di certo permettere a lei di scoprirlo, no? Il clack meccanico della pistola che veniva ricaricata gli lasciò una sgradevole sensazione di nervoso addosso. Sarebbero stati proiettili veri quella volta? O di nuovo quella sottile patina grigia che l'aveva colpita sull'ala sinistra? Decise di dissimulare: «Oh? È il tuo capo?»
Una domanda, per così dire, retorica, vista l'indiretta e spontanea confessione del giovane mascherato. Lui non sembrava particolarmente spaventato dalla sua presenza, quanto più guardingo e prudente. Seraphine si fece avanti di un passo, rimanendo tuttavia a distanza di "sicurezza".
«Quindi saprai dirmi dove si trova se to lo chiedo gentilmente, Mister...?» ovviamente la voce elettronica s'interruppe sul più bello, non avendo alcun modo con cui chiamarlo. Seraphine sollevò la mano destra, ancora stretta attorno ad un'estremità della catena, e si mise a farne dondolare il punteruolo che vi era appeso, come se fosse annoiata. «Sai, se mi lasci andare adesso inseguirò i tuoi sottoposti e non credo tu voglia questo.» disse, picchiettando il suolo con il tacco di una scarpa. Annoiata e impaziente. «Perché non mi dici come ti chiami? A voi criminali piace scegliere dei nomi quasi quanto a noi, no? Vorrei un alias con cui presentarti alla polizia quando ti lascerò davanti al koban di Ota-city, mi capisci?»
In realtà consegnare i criminali alla polizia non era proprio nella sua politica, ma se quel tizio era di Aogiri forse poteva lasciarlo nelle mani di 12th Division. Ci avrebbe pensato mentre lo acciuffava. D'altronde la cosa era reciproca: lui non avrebbe lasciato andare lei, ma lei non avrebbe lasciato andare lui. Era un criminale, e lei una vigilantes, almeno catturarlo era un suo dovere. Di colpo un movimento curvo della mano di Seraphine lanciò la catena in direzione delle gambe del villain, con l'obiettivo di attorcigliarla attorno alle sue caviglie. Con ogni probabilità il criminale non sarebbe rimasto lì a farsi prendere, ma non le importava: era un primo avvertimento.

« Mask your shade and corruption,
Grinning teeth lack seduction. »

Classica domanda: cosa ci guadagno?
"Ci guadagni che non muori."
Per qualche motivo non chiarissimo nemmeno a Seraphine stessa, quella fu la prima risposta che gli sovvenne alla mente (e che per fortuna decise di tenere per sé).
Che sciocchezza: ovviamente non avrebbe ricevuto nulla in cambio se non la sua pietà. A dispetto del tono usato, la sua non era affatto una richiesta, ma un ordine.
Non si era aspettata di venir presa sul serio, ma a pelle quel tipo si comportava in modo molto strano, quasi meccanico. Come un automa, ma sembrava comunque teso, nervoso o irritabile. Atteggiamento che non si sposava molto bene con la personalità più goliardica che Castiel aveva costruito per Seraphine, motivo per il quale decise di abbandonarla e lasciar il resto alla sorte. Non rispose, scosse appena la testa e serrò i pugni attorno agli anelli della sua catena.
Quando il criminale asserì che per un po' nessuno dei due sarebbe uscito dal magazzino e che di conseguenza lei non avesse bisogno di sapere chi fosse, si accigliò appena sotto la maschera. Forse era vero, non ne aveva bisogno.
Avrebbe indubbiamente voluto, ma riguardo alle necessità aveva ragione. Tuttavia, ad esser vero era anche un altro dettaglio: nessuno la obbligava ad obbedire alle richieste di uno sconosciuto. Sconosciuto che, per giunta, non aveva granché d'interessante per lei al momento.
«Questo lo dici tu.» soffiò, in sua direzione, ritirando a sé la catena che aveva mancato il bersaglio. Il contrattacco non si fece attendere: il criminale si allontanò con un balzo, uscendo dalla sua area di tiro, e la scintillante lama di un coltello volò dritto verso la visiera del suo casco, seguita da due silenziosi spari che percepì solo grazie alla sua affinità con gli spostamenti dell'aria. Stavolta non rimase ferma a farsi colpire, spiccò un rapido salto a sua volta, ma verso l'alto e, aiutata dalle possenti ali bianche, in un attimo si trovò a volteggiare ai pochi metri da terra che il soffitto del magazzino le consentiva.
«Sfortunatamente mantengo le promesse.» esordì a quel punto, virando verso l'alto e atterrando sulla ringhiera del soppalco. «Puoi dire al tuo "capo" che presto o tardi lo troverò. Abbiamo dei conti in sospeso. Ora vado dai tuoi amici, see you Mister Anonimato.» pronunciate quelle ultime parole e coniato così il suo personale soprannome, ormai perso il resto dell'interesse che poteva nutrite nei confronti del soldatino di piombo, avrebbe spiccato un ultimo salto per raggiungere le travi sul soffitto e da lì provare ad uscire tramite la finestra per mezzo della quale era entrato. Se quel tipo non era Cutter, né tantomeno qualcuno d'interessante, non aveva motivo di rimanere. Forse faceva ancora in tempo a recuperare il camioncino degli spacciatori e la droga con essi.

« Mask your shade and corruption,
Grinning teeth lack seduction. »

Castiel, e con lui Seraphine, si sentì un po' preso in giro. Onestamente gli era passata la voglia di menare quel tizio come se non ci fosse un domani, sennonché costui ebbe la grande idea di fargli intendere - finalmente - di essere il famigerato Cutter, scoppiando in una malsana risata che riecheggiò per tutto il magazzino.
A quel punto, però, la recita di Mister Anonimato si era già compromessa: aveva giocato troppo a gridare "al lupo, al lupo!" quando del lupo non v'era traccia, e ora la vigilantes non aveva alcuna ragione di pensare non stesse fingendo per impedirle di raggiungere i suoi compari.
"Si diverte a prendermi in giro."
"Sta mentendo."
"Certo che non si ricorda. Chissà quante persone ha ucciso o ferito in tutto questo tempo."
"Cutter non potrebbe riconoscerti, hai la maschera ora."
"Non è un tuo problema, insegui il camioncino."
In una manciata di secondi i suoi pensieri spaziarono nelle più disparate lande, giungendo alla medesima conclusione: si stava lasciando trascinare dalle sue emozioni, Cutter o no, scoprire dove fosse diretta la vettura con la droga era più importante, non aveva alcuna ragione per rimanere lì e assecondare i suoi giochetti. Anzi, aveva già perso troppo tempo, cascando nel suo tranello come una stupida. Decise di non rispondere a quella provocazione; i ricordi della sua caduta nel fiume, dei vestiti impregnati di sangue e della notte alla clinica Omori erano ancora troppi vividi nella sua mente affinché non ne rimanesse frustrato a pensarci.
Dal soppalco, si piegò sulle ginocchia per spiccare il successivo salto che l'avrebbe condotta alle travi, ma proprio in quel frangente il ragazzo eseguì uno scatto, correndo verso di lei e le lanciò un coltello. Seraphine lo schivò con una facilità impressionante: anche se l'oscurità era dalla parte del killer, le vibrazioni dell'aria la avvertivano di ogni movimento attorno a lei, e forse fu quello a salvarla da quello che sarebbe stato un attacco mortale. Un lieve innalzamento di temperatura alle sue spalle la costrinse a modificare la sua traiettoria in extremis: saltò, istintivamente avvolgendosi nelle proprie ali ora dure come il marmo e al posto di raggiungere il soffitto come sperato si lasciò precipitare al suolo come un gigantesco masso in caduta libera. Qualcosa era esploso, ricordando i vecchi allenamenti con Desmond, la vigilantes se ne rimase immobile al buio, avvolto in quel conico manto di piume, finché il suo istinto non gli disse che il pericolo fosse passato.
«Vigliacco.» accusò, rialzandosi in piedi e sbucando da sotto le ali, una volta che ebbe la possibilità di schiuderle e scuoterle da quelli che sembravano essere frammenti di ferraglia. «Il mio sangue deve colorare le pareti? Parli tanto per un vile che attacca alle spalle.»
Peccato che con lei gli attacchi alle spalle non avrebbero mai funzionato, poteva riprovarci quanto voleva, Seraphine si affidava solo in parte alla vista quando combatteva, o non avrebbe indossato un casco con una visiera tanto scura di notte.
«Non vuoi combattere e non mi lasci andare via, ma non sono qui per farti da psicologa. Che tu sia Cutter o meno... mi hai stancato, ragazzino.» aveva perso la pazienza, se quel tipo voleva farle perdere tempo che si impegnasse a farlo per lo meno, non erano amici di vecchia data a prendere thè e pasticcini. I sei metri che la separavano dal criminale non erano mai parsi tanto corti. E invitanti.
«Disprezzo te, come i tuoi amici. Non sopporto chi gioca con la vita delle persone.»
Purtroppo non poteva sapere che in parte anche il ragazzo disprezzasse sé stesso e ciò che stava facendo; per lei il mondo era sempre stato o bianco o nero, le sfumature di grigio a cui concedeva uno sguardo erano troppo poche, e ora davanti a sé vedeva soltanto un'indelebile macchia nera. E si sa, le macchie nere vanno eliminate. Spalancò le ali ancora una volta, e forte della loro spinta si slanciò verso di lui in linea retta, per lanciarsi contro il criminale con l'ala destra tesa, intenzionata a chiudere rapidamente i pochi metri che li separavano ed a travolgerlo colpendolo al fianco o allo stomaco. Poteva scansarsi, ma Castiel era agile in volo e avrebbe virato per inseguirlo... quindi forse avrebbe fatto meglio a difendersi se non voleva trovarsi il busto tranciato in due.

« Mask your shade and corruption,
Grinning teeth lack seduction. »