A terrible wind

Evelynn Harcrow, Yami Dødson

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    Hai avuto paura? Era una domanda molto difficile a cui rispondere. Forse per come aveva raccontato la storia poteva sembrare implicito che fosse terrorizzata in quel periodo di vita, ma... aveva avuto paura? All'inizio, forse. Certamente non si aspettava di vedere un'altra persona abitare nel suo corpo e uccidere i suoi genitori. Ma in seguito? Sarebbe stato estremamente semplicistico ridurre il rapporto tra lei e suo fratello in una semplice relazione basata sul timore reverenziale. Le sue dita tremarono leggermente, avvinghiate al bicchiere ormai mezzo vuoto. Era innegabile che se era sopravvissuta per strada quei cinque anni lo doveva solo ed esclusivamente a suo fratello. Viceversa, se lui non fosse esistito non sarebbe stata costretta a vivere per strada. Che metodo di giudizio doveva adottare? Doveva considerarlo la sua ancora di salvezza oppure il mandante della sua disgrazia? Difficile a dirsi.
    Col passare del tempo Yami si era abituata ai pugni e agli abusi di suo fratello, e se in un primo tempo poteva effettivamente temerlo, pian piano aveva iniziato a pensare di meritarselo. Lei era la sua prigione, l'unica cosa che gli impediva di vivere una vita normale: quale galeotto non ha mai imprecato e tirato pugni alle sbarre della propria gabbia per cercare di uscire, tentare di evadere?
    Per anni Yama aveva gestito la sua vita. Era lui a trovare il posto dove dormire, trovare i soldi per mangiare. Era stato lui a trovare il Soseiji e successivamente Bloody Snake. Sebbene l'avesse forzata in una vita di criminalità, lo aveva fatto perché era l'unico modo per mantenere entrambi in vita. La svedese sapeva benissimo che il fratello non l'aveva uccisa solo perché conscio che così facendo sarebbe morto anche lui, quindi... Aveva avuto paura? Sapeva benissimo che si sarebbe fermato sempre prima, che non doveva temere per la sua vita. Paura del dolore, quindi? Di essere trovata? Del giudizio altrui? Sebbene sul suo collo pendesse un'accusa per omicidio, Yami non aveva mai tentato di occultare i propri tratti particolari o di nascondere il suo nome, che proferiva invece con estrema fierezza. Forse perché era conscia che Yama al suo fianco non le avrebbe mai fatto succedere nulla di male?
    Non lo so. - sorrise candidamente alla ragazza dalla pelle violacea, in risposta alla sua domanda - Mi viene difficile ripensare ai tempi, è tutto immerso nella nebbia... come se fossero i ricordi di qualcun altro. - aggiunse. Era innegabile che a parte qualche piccola cosina il grosso della vita di Yami si era verificato solo una volta che si era separata dal fratello. A conti fatti, precedentemente, era quasi lei ad essere il parassita dell'altro, facendosi trascinare in giro e nutrire come mera fonte d'energia, cibandosi della forza del gemello.
    Lottare... - borbottò alla domanda successiva - Non so se ho davvero lottato. Per buona parte della mia vita sono solo stata una barca in mezzo alla tempesta. - ridacchiò, ma era vero. La prima volta che aveva provato a ribellarsi alle carte che il destino sembrava aver giocato in tavola era quando si era ribellata a Bloody Snake e aveva tentato di impedire l'esplosione della bomba alla UA, tra l'altro fallendo miseramente. Non fosse stato per quel tizio robotico e il Vigilante in Verde probabilmente sarebbe morta quel giorno e ritrovando i pezzettini del suo cadavere nel luogo colpito dall'esplosione sarebbe anche passata per la terrorista invece che per la persona che cercava di fermare la catastrofe.
    Sorrise alle parole sull'unicità dell'americana: tutto sommato era bello vedere una persona sicura di sé stessa nonostante ciò che il mondo tentava di lanciarle contro. Chissà quanti dall'aspetto diverso dal normale si facevano abbattere dalle malelingue nei loro confronti e si vergognavano a farsi vedere in giro. D'altro canto la svedese dai capelli bianchi non era altrettanto vanitosa o sicura di sé: passando così tanto tempo in strada era quasi cresciuta come una selvaggia, non aveva un gran senso del pudore e non apprezzava particolarmente il suo corpo, che era... semplicemente un corpo. Non si era mai soffermata ad interrogarsi sull'essere bella o apprezzabile o meno, anche perché non era qualcosa che potesse cambiare. Allo stesso modo non vedeva la sua unicità come qualcosa di positivo o negativo, era semplicemente una parte del suo corpo. Il suo parere su di essa era completamente neutro, anche se era certamente meglio di Yama.
    E-emh... Grazie... - arrossì al complimento della ragazza. Era il secondo che le faceva nel giro di non troppo, era per caso... omosessuale? Yami non era minimamente in grado di comprendere la sessualità altrui e tutto era estremamente semplicistico nella sua mente, ma decise di non darci particolarmente peso dato che aveva appena sottolineato di avere un ragazzo. Nessuno sarebbe potuto essere così meschino da provarci con una ragazza occupata, no?
    Si chiama Yuya. - rispose con un sorriso più grande del solito. Non stava scrivendo la sua autobiografia quindi non era andata nei dettagli, ma in realtà i due si erano "fidanzati" (non era ancora sicura Yuya apprezzasse quel termine) più di due anni dopo dal fatto dell'emorragia. Si erano trovati in molte situazioni spinose assieme e in un modo o nell'altro si erano sempre incontrati nuovamente per puro caso in quella gigantesca metropoli. Ovviamente questo non andava minimamente a inficiare la teoria di Eve, che era invece probabilmente giusta: Yami apprezzava Yuya perché era stato lui ad offrirle in un certo senso una via d'uscita rispetto a quella della Sindrome di Stoccolma che lei aveva scelto, non tanto per l'averla salvata materialmente quel giorno, ma poco cambiava. Parlare di lui la metteva comunque sempre di buonumore nonostante non fosse ovviamente tutto rose e fiori tra di loro. In particolare la svedese si sentiva infinitamente in colpa per averlo fatto invischiare nella storia del Sagrestano ed era rimasta particolarmente colpita dalle parole che lui le aveva dedicato quel giorno, ma tutto sommato non sembrava intenzionato a lasciarla.
    Sospirò alle parole successiva di Eve: perché andava sempre a finire così? Ogni volta si lasciava trascinare e finiva per dire qualcosa di troppo. Certo, a quel punto tanto valeva andare fino in fondo sebbene quella ragazza non sembrasse chissà quanto... criminale? Yami poteva credersi nel giusto quanto voleva, ma era innegabile che prima o poi - per ottenere ciò che voleva - sarebbero dovuto ricorrere a metodi poco ortodossi. Certo, anche la Luna era una persona normale, ma infatti sembrava essere sparita dal cielo per sempre.
    Aspetta... - borbottò rovistando nella borsetta, fino a tirare fuori un piccolo mazzo di chiavi con il portachiavi di ETERNIUM a tenerlo unito. Aveva le chiavi di quella che chiamavano amichevolmente la "ETERNIUM House", che tra l'altro era a Ueno a massimo una decina di minuti di camminata da lì. La svedese non aveva alcun problema a parlarne in pubblico, ma magari era l'altra ad avere delle riserve? Non voleva poi che qualcuno sentendole parlare potesse additarla nuovamente e provare a far partire un nuovo litigio.
    Ok... Ho una casa qui vicino, vuoi proseguire la chiacchierata lì? - le sorrise facendo penzolare le chiavi strette tra indice e pollice sinistro. Sperava non ci fosse nessuno o la situazione poteva diventare abbastanza imbarazzante. In particolare sperava non ci fosse Yuya: per quanto fosse innamorata e avesse fiducia in lui non si era scordata il suo vecchio vizietto e la ragazza dalla pelle violacea era certamente molto bella e attraente, questo poteva vederlo persino lei. Ironicamente, se Daisuke fosse stato a casa le cose si sarebbero stranamente ravvivate ma beh, questo lei non poteva saperlo.

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    [spoiler_tag][/spoiler_tag]Ti chiedo scusa se non è stato un turno molto chiacchierone ma è stato un intermezzo, se accetti l'offerta puoi proseguire finché non arriviamo alla casa di cui trovi la descrizione qui!
     
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    Evelynn Harcrow


    Ripeto, non era nemmeno una questione di ipotesi ma nella mia testa era anche normale che la ragazza avesse avuto paura così come era quasi normale anche avere dei ricordi più o meno confusi degli anni più brutti della propria vita. Anni fondamentali tra l'altro, gli anni dell'adolescenza dove la propria vita iniziava a delinearsi: iniziavi a capire cosa volevi fare da grande, iniziavi a comprendere dove indirizzare la tua strada, conoscevi le persone che avrebbero fatto parte per tanto tempo della tua quotidianità costruendo determinati rapporti...
    Chissà cos'aveva dovuto passare davvero questa ragazza: poteva raccontarmelo quanto volesse ma niente sarebbe mai riuscito a farmi davvero capire quello che aveva provato e quale fosse stata la sua vita fino a poco tempo fa quando aveva detto di essersi ripresa. Dover scappare perché si era un pericolo avendo dentro qualcosa che non si potesse controllare, doversi costantemente nascondere magari perché accusati di un crimine nemmeno fatto coscientemente (si poteva davvero dire in un caso del genere che fosse stata lei?)...tutto ciò non poteva essere minimamente paragonato a ciò che avevo provato sulla mia pelle.
    « Ed è bene lasciare che siano dei ricordi confusi, perché rovinarsi le giornate ora che ti sei ripresa? » Una barca, poi. Come metafora era tutto sommato azzeccata e non potevo dire di no, quello che magari le sfuggiva era che per lottare non si intendeva solo il semplice fare a botte. Poteva aver fatto tutto quello che voleva, poteva esser stata solo un guscio che camminava nella speranza di non far male eccessivamente a nessuno ma il punto era che anche il solo vivere in una situazione del genere era un lottare.
    « Se non avessi lottato, non saresti qui. » Si sarebbe arresa e solo il cielo sa cosa le sarebbe successo, dove si troverebbe oggi ed in quali condizioni soprattutto, se sarebbe sempre soggetta all'influenza di quel parassita che ora - da quel che avevo capito - era stato debellato e se non avrebbe goduto di quella piccola particolare abilità che mi aveva fatto vedere pochi attimi prima. Quell'abilità con la quale oggi lei si trovava bene tanto quanto me con la mia: era una sensazione bella, bellissima trovarsi in affinità con il proprio quirk e sentirlo come parte di sé, non doversi maledire (quella parola.) per non aver ricevuto qualcosa di più normale o, come faranno probabilmente i mutati con un po' più di fragilità, per aver avuto la "sfortuna" di venir cambiati d'aspetto non potendo vivere normalmente nemmeno alla luce del sole. Era difficile anche per me e c'erano quelle giornate dove avrei semplicemente voluto aspettare che passassero ventiquattr'ore per far scorrere il tempo, non erano però così soventi e considerando che io vivevo perlopiù la sera rispetto al giorno queste problematiche le sentivo meno.
    Di notte parlavano molte meno persone, forse perché le bigotte erano quelle che conducevano una vita più o meno normale.
    Però era quasi difficile credere che una ragazza all'apparenza così normale e dalle reazioni comuni avesse avuto un passato così drammatico, forse potevo anche dubitarne ma cosa mi avrebbe portato? Crederle sinceramente o meno non mi avrebbe di certo cambiato la giornata. « Yuya. » Lo ripetei giusto per far mente locale: era un nome non proprio comunissimo ma nemmeno così raro, non mi faceva suonare nessuna campanella...per fortuna sua. Sorrisi. « Avete nomi quasi simili, hanno un bel suono insieme. » Spero non mi interpretasse male - troppo tardi - perché era uno di quei pochi momenti dove non avevo proprio niente di particolare o nessuna "cattiva" intenzione in testa.
    Mi domandai però se domandandole di dirmi di più non avessi tirato in ballo un argomento che non doveva esser trattato ma ehi, non ero stata io ad accennarlo per prima e nel caso sarebbe dovuta stare più attenta. Capisco benissimo magari la perplessità nel parlarne, insomma si trattava di sensibilizzare le persone sulle unicità andando contro quello che un sistema basato sull'utilizzo della licenza ti imponeva e di conseguenza una qualsiasi informazione detta alla persona sbagliata poteva portare delle orribili conseguenze ma era stata fortunata nel farsi sfuggire qualche parola di troppo con me.
    Non ero di certo una sanguinaria ma se avessi dovuto scegliere quale stile di vita intraprendere, avrei scelto di sicuro il muovermi attivamente per fare qualcosa dato che nessuno, a quanto pareva, era disposto a farlo. Era per quello che prima aveva parlato così intraprendendo un argomento delicato ma con tutta probabilità si era anche resa conto che ormai non poteva più nascondere la mano che aveva lanciato il sasso.
    Esaminai la possibilità remota che volesse portarmi via di lì per costringermi a non dire niente di quello che avev-non dovevo ridere, non mi dava assolutamente l'idea di essere una persona del genere e di questo calibro. L'invito era genuino, insomma non poteva essere completamente pazza ed avere due personalità, no?
    Annuii. « A questo punto, meglio. » Mi lanciai un'occhiata attorno incontrando qualche sguardo stranito verso i miei confronti: niente che non mi aspettassi. Sorrisi appena. « La mia giornata allo zoo è finita, direi. » Mi sarei alzata, facendole cenno di farmi strada. Per un attimo fui tentata di fare un piccolo sgarbo a quella persona dietro di me in fila che aveva lasciato un commento poco carino nei miei confronti ma perché accendere una miccia quando Yami stessa poco prima aveva fatto in modo di non far scoppiare una bomba? Le avrei semplicemente lasciato far strada, respirando aria nuova una volta uscita dal cancello del parco turistico: un altro brutto capitolo da lasciarmi alle spalle.

    Non mentiva quando diceva di aver una casa lì vicino, davvero non sarebbero passati nemmeno dieci minuti dall'uscita dal parco fino al raggiungimento di quella che era una casa davvero carina: non era facente parte di un complesso di appartamenti, anzi poteva esser definita quasi una mezza villetta su due piani da fuori ben ordinata con un piccolo giardino a darle un po' di "respiro" su quello che era il resto delle case limitrofe. La rendeva più accogliente, almeno. Non so quanto fosse effettivamente nuova ma mi dava l'idea di essere un bel posto dove vivere, mi ricordava tanto quella casetta che aveva preso mia madre una volta trasferitasi qui assieme al suo compagno nella quale avevo vissuto un po' prima di spostarmi per i fatti miei.
    « Dimmi tu se non è una bella casetta. » Mi piaceva, sono sincera. « Vivi da sola? Spero per te di no, tenerla curata senza aiuto credo potrebbe essere davvero faticoso. » A malapena riuscivo a tenere ben ordinato il mio appartamento ed era grande di sicuro meno della metà di questa casa.
    Poi magari Yami era una ragazza di casa impeccabile e non lo potevo sapere ma non sapendolo, non potevo che interrogarmene. « Oppure devo rendermi presentabile per qualcuno che sta dentro? » Mi diedi una rapida occhiata, sapevo che non era il caso perché difficilmente ero in condizioni non accettabili ma non si poteva mai sapere.
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    Keep them longing,
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    Era passato quasi un anno da quando Yami aveva acquistato quella villetta. Era stato praticamente il suo primo, grande investimento una volta rientrata in possesso del patrimonio della sua famiglia. Yuya era il più normale all'interno del gruppo, ma sapeva benissimo che Ryo e Daisuke erano fondamentalmente dei cani randagi come lei. La prima volta che aveva pronunciato il nome di ETERNIUM lo aveva fatto per dire a Daisuke che loro, ora, erano la sua famiglia. Per quanto fosse un'improvvisazione nel momento di crisi, alla fine era abbastanza vero: tre persone senza famiglia e quasi senza casa, in un modo o nell'altro, erano finiti per essere la famiglia l'uno dell'altro.
    Uh? - borbottò voltandosi verso Eve alla sua domanda - Ahh... No no, non vivo qui. - ridacchiò. Effettivamente Yami aveva detto le cose esattamente come stavano: aveva una casa a Ueno, non casa sua. Certo, probabilmente dopo aver raccontato una storia orribile come la sua già l'idea che possedesse una villetta così carina poteva sembrare strano, figuriamoci l'idea di avere più di una casa. Il fatto è che non c'era quasi nulla di normale nella vita della giovane svedese: aveva sì vissuto per strada per anni, ma in realtà aveva tutte le facoltà per vivere come una regina. Semplicemente, minorenne e accusata di omicidio, non poteva ai tempi sfruttare le sue finanze. Al di là di questo aveva anche messo da parte un bel gruzzolo lavorando nel mondo della criminalità, ma forse era meglio non parlarne ora.
    Casa mia è ad Asakusa, e lì vivo da sola. - spiegò sorridendo mentre infilava la chiave nella toppa della porta della villa informalmente conosciuta come "ET-House" - Vivo da sola, anche se spesso Yuya sta da me o viceversa. - aggiunse. Casa sua era ovviamente più comoda rispetto all'appartamento del suo ragazzo con la coda da diavoletto, ma non le dispiaceva stare da lui. Aperta la porta la tenne aperta per far entrare la ragazza dalla pelle violacea: l'ingresso della casa era un tipico ingresso giapponese col classico scalino per togliersi le scarpe per educazione. Non sembravano esserci scarpe quindi, sebbene potesse effettivamente esserci il "rischio" di incontrare qualcun altro del gruppo, non sembrava questo il caso. Ammesso che invece non fossero dei cafoni e stessero girando per casa con le scarpe, in quel caso li avrebbe puniti duramente.
    Questa è, umh... - fece per spiegare togliendosi le scarpe come di consuetudine, rimanendo solo con le calze nere - La casa del gruppo, ecco. E' semplicemente la nostra casetta. - sorrise - Non penso ci sia nessuno però, non preoccuparti. - aggiunse con un occhiolino. Di fronte a loro una rampa di scale portava al piano superiore dove si trovavano varie camere da letto ma Yami, non essendo cliente di Eve, non l'avrebbe portata lì. Alla loro destra un piccolo angolo cucina mentre a sinistra il grosso salone era ovviamente l'obbiettivo di Yami. Un grosso tavolo ne occupava il centro mentre sulla parete di fondo campeggiava un grosso schermo piatto con connessa una soundbar e numerose console da gaming. Sulla destra un grosso divanetto mentre per il resto la stanza era normalmente ammobiliata. Sebbene quel pranzo di Natale fosse quasi sembrato eterno i vari addobbi erano ormai stati tolti e riportati a casa.
    Posso offrirti qualcosa io ora, Eve? - le domandò sorridendo e poggiando la borsetta sul tavolo, pur non sapendo minimamente cosa ci fosse in frigo. Sebbene fosse l'unica donna del gruppo Yami non era proprio il miglior esempio di ragazza giapponese. La maggior parte delle volte la spesa per la ET-House era probabilmente fatta da Ryo.
    Dopo aver ipoteticamente esaudito la sua richiesta, Yami si sedette al tavolo e tirò fuori il mazzo di tarocchi dalla sua borsetta. E iniziò a posarle una per una sul tavolo, una a fianco all'altra. La prima a fare capolino fu la Papessa, poi di nuovo l'Imperatrice e così via. Yami non sapeva quanto l'americana se n'intendesse di tarocchi, ma alla lista degli Arcani Maggiori mancavano il Folle, il Mago, il Diavolo, la Luna e il Carro. Dei ventidue ne rimanevano quindi solo diciassette che vennero disposti in tre file di sei ad esclusione dell'ultima che ne presentava solo cinque.
    Raccontami la tua storia, Eve. - le disse, guardandola ora più seriamente coi suoi occhioni blu. Le sue labbra erano comunque increspate in un leggero sorriso, ma aveva in un certo senso gettato via quella maschera da brava ragazza ingenua che indossava per la maggior parte della sua vita. Lei aveva raccontato le sue esperienze, non era forse il momento di ricambiare?
    Da dove proviene il tuo astio verso gli eroi? E la tua voglia di utilizzare la tua unicità sebbene sia proibito? - aggiunse. Un mazzo aveva numerosissime carte, e i tarocchi non erano composti solo dagli Arcani Maggiori. Si sarebbe meritata quel posto in ETERNIUM oppure era solamente una piccola carta qualsiasi di uno dei quattro semi? Probabilmente quello era il momento della verità.

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    [spoiler_tag][/spoiler_tag]Sono uno scemo e il primo arcano del mazzo rimasto è la Papessa, non l'Imperatrice vbb. Ho aggiustato qui (?).
    Perdona se il post non è particolarmente sostanzioso ma è il tuo momento di splendere. :**:
     
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    Ah, dunque non viveva qui.
    Aveva una casa, così aveva detto, e non viveva qui: significava che ne avesse un'altra da qualche parte dunque...quanti soldi doveva avere questa ragazza che aveva detto di aver vissuto inoltre cinque anni per strada? Forse era opera del suo misterioso "benefattore" che le aveva fatto qualche regalo. « Oh. » Viveva in un altro quartiere, da sola, salvo per le visite più o meno frequenti del suo compagno - più frequenti che meno - o per le occasioni in cui andava a fare lei da visita. Dopo averla guardata qualche volta sbattendo le palpebre con fare confuso, ritornai ad osservare la piccola villetta.
    Volevo fare anch'io quello che faceva lei, poter guadagnare abbastanza da permettermi una cosa del genere era un piccolo sogno. Non che me la passassi male, al contrario, ma da qui a dire che stessi una meraviglia e vivessi nel lusso sfrenato ce ne passava di acqua sotto i ponti. « Sono positivamente colpita, davvero. » Non era una bugia, lo ero davvero: sia dal fatto che avesse - almeno - due abitazioni, sia dal fatto che una di queste fosse così. Una normale casa a due piani non doveva essere proprio un regalo da farsi tutti i giorni soprattutto considerando che era vicina ad un centro turistico ed un parco come lo zoo: da che mondo è mondo, tutte le costruzioni vicine a luoghi di interesse tendono ad avere un costo più elevato e penso che questa godesse esattamente dello stesso ragionamento.
    In ogni caso lasciai che facesse strada come ogni buona ospite impone ed entrai solo quando mi venne dato il permesso di farlo tramite porta aperta, avendo modo di osservarne anche l'interno: mi ricordava tanto la casa dove vivevano mia madre ed il suo compagno, solo più grande e sicuramente meglio fornita. Era stata proprio lei a chiedere di non abitare in una casa tanto grande nonostante ce ne fosse la possibilità perché non si sarebbe sentita a suo agio...quante volte le avevo scherzosamente dato della stupida. Troppe.
    Ed a quanto pare non c'era nessuno, la situazione sarebbe stata meno imbarazzante: una volta un'amica più grande mi aveva invitata nel suo dormitorio mentre frequentava il college e nell'entrare nella stanza, mi ero trovata la sua compagna. Non me l'aspettavo ed era stato imbarazzante. C'era da dire che allora non potessi dire di avere le "doti sociali" che possedevo adesso ed ora me la sarei sicuramente cavata meglio, non so però quanto per l'altra persona sarebbe stato confortevole: come tendo a dire un po' spesso, le mie abitudini possono essere diverse da quelle altrui ed anche di conseguenza il mio modo di affrontare le cose.
    « Sembra quasi una piccola confraternita. » Commentai senza malignità notando principalmente lo schermo in fondo con console da gaming e la soundbar, equipaggiamento minimo da trovare in una di queste. « Scommetto che i tuoi amici si divertono un sacco. » Mi piaceva immaginare un gruppo di amici che si riunivano in un posto per passare una giornata senza problemi in modo da poter dire "lo rifacciamo domani", era ciò che fondamentalmente mi era mancato negli ultimi anni.
    Ci avevo però rinunciato io perché in fondo non era il mio destino, almeno così credevo. « Oh, no grazie. Sono apposto così. »
    Ovviamente all'ingresso avevo lasciato le mie calzature, l'uso in Giappone questo era. Comodo oltretutto, così al rientro si poteva già vedere se un membro della famiglia fosse rincasato o meno.
    Yami si accomodò al tavolo ed io feci la stessa cosa solo dopo di lei (sempre lasciare che il padrone di casa faccia gli onori) e la osservai posizionare i mazzi di carte sul tavolo estraendone una per volta. Credo ne mancasse qualcuna non tanto perché me ne intendessi, perché mancava qualche numero: per dire vedevo il numero quattordici, il sedici ma non il quindici.
    Curioso.
    « La mia storia? »
    Dovevo aspettarmelo, nessuno ti racconta qualcosa di così personale senza poi pretendere che venga fatta la stessa cosa e poi non farlo sarebbe stata davvero cattiva educazione: il punto era che parlare di me non mi dispiaceva, dunque aveva aperto una porta che in fondo non era mai stata chiusa. Appoggiai la borsa a terra della sedia dove stavo, la mia schiena sullo schienale e mantenni momentaneamente lo sguardo sulle carte degli Arcani che aveva piazzato.
    Non so come mai mi ero momentaneamente fissata sulla Ruota della Fortuna, forse perché davvero tutto era una ruota che girava a partire dall'unicità che non scegli nemmeno di avere. « Il mio nome per esteso è Evelynn, vengo dagli Stati Uniti ma penso che tu avessi intuito che non fossi del posto. » Iniziai senza amarezza, con neutralità. Le code stavano ondeggiando dietro di me, le stavo muovendo quasi ormai per abitudine: un gesto che usavo per accompagnare lo scorrere del tempo. « E sono così sin da molto piccola: strano considerando che il mio tipo di unicità è classificabile come Emitter, meno strano se considero che mia madre è tale e quale a me in tutto e per tutto. Mi spiace ammetterlo ma credo sia addirittura più bella di me. » Quanto orgoglio per una vanitosa come me. « Lei sì, lei è effettivamente una Mutant: l'hanno sempre chiamata "demonio", magari non sempre in senso cattivo ma la sua grande forza è sempre stata quella di rispondere con ironia e dire "succube, non sbagliarti". E per questo devo dire che sia una persona estremamente coerente dato che ha sempre avuto un discreto appeal verso gli uomini: se devo tirare una conclusione, direi che la sua reputazione non fosse per niente positiva. Cosa potevano mai dire della figlia di una poco di buono che, oltretutto, con il corso degli anni diventava sempre più simile a lei? Se non per le code, non so come mai ne ho una di più. » Davvero, questo non riuscivo a spiegarmelo.
    Feci spallucce, continuando.
    « Ho cercato di fare sempre la brava ma più lo facevo, più la gente attorno a me diceva che sarei diventata tale e quale a lei in tutto e per tutto. Penso che... » Riflettei un attimo, era inutile pensare a quale fosse l'evento che mi aveva letteralmente stravolto la vita. Annuii una volta, avendo fatto mente locale. « Sì, quella festa. Nel mio posto se ne facevano tante, veramente tante ogni fine settimana ed un ragazzo mi aveva invitata: mi dicevano che avesse una bassa opinione nei miei confronti, che pensasse che sarebbe bastato poco per avermi e per questo una mia amica mi aveva voluta accompagnare per farmi da guardia. Ci ha anche provato a tenermi sull'attenti e farmi ragionare ma dovresti capire che quando una persona ti interessa, tante voci non le ascolti nemmeno anche se forse ammetto che avrei dovuto. Un bicchiere di qua, uno di là, qualche...cosa strana messa in quel drink e l'ultimo ricordo che hai è quello di un forte mal di testa, nausea, tu in un letto e quel ragazzo a terra. »
    Inutile che entrassi nei dettagli, poteva benissimo capire quello che fosse successo se non per l'ultima parte.
    La cosa che a volte sconcertava anche me era che non ne parlassi con rimpianto ma che ne parlassi come se le stessi dicendo "sai, oggi sono andata al supermercato ed ho incontrato il vicino di casa". Come se fosse tutto perfettamente normale. « A quanto pare dicono che sia impazzita e che abbia usato la mia unicità per fargli male. Se non fosse stato per mia madre che aveva un "amico" in polizia, non ho idea di dove fossi ma posso dirti che da quel giorno non ero solo Eve, ero diventata davvero sua figlia ed ero solita tentare gli altri ragazzi usando la mia abilità perché quello era ciò per cui fossi nata: tentare. Perché ero così. Per un attimo ho anche creduto del contrario, sai? Per fortuna anche la mia migliore amica si era convinta di questo ed allora ho semplicemente abbracciato il mio ruolo. »
    Che di base non rispondeva alle domande seguenti ma chi aveva detto che la mia storia passata doveva giustificare del tutto parte della presente?
    Oddio, se non avessi fatto il mio lavoro dubito che sarei stata contattata per quel lavoro non proprio pulito da Mari ma reputavo le due cose tutto sommato scollegate fra loro. « Ci siamo trasferite qui quando mia madre ha pensato che fosse una buona idea per me: uno dei suoi "conoscenti" le ha offerto aiuto per questo ed una sistemazione stabile e lei se n'è innamorata. Ora che ci penso lui è stato decisamente romantico. » Scossi appena il capo come per tornare al discorso principale, sorridendo.
    « Ma so benissimo che la mia storia non risponde al perché io abbia astio verso gli eroi dunque lo faccio ora, scusa se l'ho presa lunga: il mio non è astio, è una grave mancanza di fiducia. » Le reputo due questioni davvero differenti. « Non mi vedrai mai lanciare ortaggi verso di loro, per dire, ma non riuscirò mai a fidarmi completamente di qualcuno che millanta giustizia ma, come hai detto tu, deve badare anche alla sua immagine. E' un brutto argomento, ma pensa al Corteo Nero: come posso fidarmi di qualcuno che va a controllare che una manifestazione del genere avvenga senza troppi incidenti? Oltretutto senza riuscirci, ma quello è un altro discorso. »
    Sospirai. « Penso di aver incontrato sia uno di quegli aspiranti che hanno partecipato, sia una dei...terroristi, non so proprio come chiamarli. Il primo poche sere fa, un ragazzino mutato da leone come raccontano nelle notizie: credo sia lui perché durante il discorso mi ha dato dei segnali tutto sommato chiari sul fatto che fosse uno studente e di aver partecipato alla manifestazione. Se mi permetti di dire, molta poca riservatezza.
    Ma mi ha detto che secondo lui è stato giusto partecipare a quella manifestazione come cordone di sicurezza e no, non riesco a fidarmi di chi mi dovrebbe proteggere ma parla in questo modo. Sto generalizzando? Considerando che non era l'unico lì credo di no, forse sì. »

    La ragazza con le mani di forbice.
    Insomma quante ce ne potevano essere a Tokyo di persone con quella caratteristica? Persone che per quel quirk avevano difficoltà tante, con quella caratteristica poche. Perché pensavo fosse lei? Sia per la descrizione che rassomigliava terribilmente la persona che avessi conosciuto, sia perché aveva aiutato una persona Mutant o almeno mi aveva chiesto di farlo. Quella delle notizie era intervenuta contro una manifestazione Anti-Mutant.
    Non ero così stupida.
    « Quella ragazza, mani di forbice-- » Non avrei rivelato il nome. « --mi ha contattata per un lavoro qualche tempo fa: rintracciare una sua collega Mutant di cui non si aveva più nessuna notizia da qualche giorno. L'ho trovata, sì, ma in una condizione terribile: se non fossi arrivata in tempo, probabilmente non l'avrei trovata solo con qualche segno di tortura addosso. » Distolsi lo sguardo, la visione di lei che raccoglieva quei cristalli che dovevano essere parte di sé con fare disperato mi straziava ogni volta.
    « Una ragazza fatta di cristallo, letteralmente. Quando l'ho trovata l'ho dovuta aiutare a...liberarsi di un assalitore, poi ha iniziato a raccogliere dei cristalli da terra come riusciva: non aveva le dita alle mani. Non tutte, almeno. » Trarre la conclusione, per Yami, non sarebbe stato difficile. Non era però una motivazione sufficiente per giustificare il mio voler utilizzare la mia unicità, anzi non lo era proprio.
    Quella era la mia storia.
    « Intorno a dicembre, poi, mi sono trovata in una clinica privata non proprio legale perché avevo sentito di un "dottore" che raccoglieva dati sui Quirk per cercare di trovare una cura per i NegaQuirk.» Anche qui niente nomi, non ancora perlomeno. « E prima che potessi andare via, un ragazzino è entrato in punto di morte. Curiosa coincidenza che anche lui avesse il corpo invaso da cristalli, solo che a differenza dell'altra ragazza i suoi lo stavano letteralmente invadendo e piano piano occludendo le funzioni vitali. Non ce l'ha fatta, gli avevo detto che sarebbe andato tutto bene, che il dottore gli avrebbe trovato la cura ma invece l'ha avvelenato per non farlo soffrire più. Perché non c'era speranza per lui di sopravvivere. »
    Gli avevo preso la mano, gli avevo accarezzato i capelli, ero stata il suo cuscino per cercare di farlo rilassare, di non farlo cadere nel panico perché quello in fondo era il mio compito: dovevo dare sollievo alle persone, dovevo far finire loro l'agonia della ricerca del piacere ed in quel caso spero di aver fatto il mio dovere fino alla fine. Credo che Hisashi sia morto soffrendo e questo è un pensiero che mi fa male.
    « Mi sono domandata spesso se mi sarei mai trovata in queste due situazioni se non ci fosse stato tutto questo proibizionismo verso l'uso delle abilità: di cos'hanno paura, che vengano usate per far del male? Chi vuole lo fa già indipendentemente dal fatto che ci sia la Licenza o meno, non gli interessa. Non poter usare liberamente l'unicità non significa solo limitare ciò che è come un secondo modo di respirare per una persona, significa creare anche situazioni come queste. Forse quella ragazza avrebbe potuto evitare di trovarsi nella situazione di dover essere torturata.
    Forse quel ragazzino avrebbe potuto cercare aiuto in posti più specializzati senza dover passare come cavia da laboratorio. Forse se avesse ricevuto un'educazione sulla sua abilità, e so che non è il termine adatto ma non me ne escono dei migliori, avrebbe potuto avere un livello di familiarità tale da poter cercare di controllarlo e con il tempo avrebbe anche potuto vivere normalmente, con qualche aiuto.
    Qualsiasi cosa. »

    Sospirai abbracciandomi letteralmente con le code con fare consolatorio, non so perché ma in questo momento sentivo di averne bisogno: il fatto che non stessi male per me ma per quello che avevo visto, per quelle due occasioni di infamia del destino, speravo la dicesse lunga di quanto non avessi molto bisogno di aver considerazione per me. « Se ci fosse libertà nell'uso dell'unicità ci sarebbero soluzioni anche a casi come questi, soluzioni diverse. Aggiungici quello che ti ho detto anche poco fa: se le persone si abituassero all'uso comune delle stesse, sia i Mutant che i NegaQuirk verrebbero considerati come dovrebbero essere.
    Pura e semplice normalità, invece di esser trattati come fenomeni quasi da baraccone. »

    Cavolo quanto avevo parlato, non ci ero abituata e speravo che Yami non si fosse addormentata a metà strada.
    Perché non avevo paura della sua reazione particolare? Mi aveva detto poco fa di aver visto i suoi genitori morirle di fronte agli occhi, che un ragazzino uscisse dal suo corpo e di aver vissuto per strada praticamente cinque anni. Cos'era la mia storia in confronto alla sua? Era una pura e semplice passeggiata nel parco, in fondo le mie difficoltà erano dovute solo al dover accettare quale fosse il mio scopo ed il mio ruolo nel mondo.
    Non sapevo ancora nemmeno io quale fosse effettivamente la mia importanza all'interno di questo mondo, se fossi stata una picche od un cuore o qualcosa di più. Al momento mi sentivo schifosamente inerme rispetto al corso degli eventi e mi domandavo quante volte ancora mi sarei trovata ad assistere a scene come quelle di Hisashi e di Shahar.

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    Lo spero. - sorrise alle parole dell'americana. Sperava si divertissero e, appunto, che si sentissero per quanto possibile parte di una piccola, grande famiglia. Ultimamente però erano successe varie cose, tra le questioni col Sagrestano e l'asta a cui Ryo aveva partecipato, che avevano un po' turbato l'atmosfera idilliaca che si era in un certo senso formata in precedenza. Certo, Yami sapeva benissimo che se volevano ottenere qualcosa dovevano anche essere disposti a sporcarsi le mani, ma quando Yuya aveva smesso di parlarle per settimane si era chiesta se ne valesse davvero la pena. Fortunatamente, un passo alla volta, tutto sembrava essere tornato più o meno normale, ma questo non cancellava quanto accaduto in passato.
    La ragazza non volle nulla - e per fortuna considerato che Yami non aveva la minima idea di cosa potesse esserci in casa- e allora le due si sedettero al tavolo dove Yami incominciò a riporre con ordine, una per una, le sue carte nere. Anche Evelynn, così precisò di chiamarsi, iniziò a giocare metaforicamente le sue. La sua storia poteva forse non essere drammatica quanto quella di Yami, ma era comunque molto triste e, in ogni caso, la svedese non si divertiva particolarmente a giocare a chi avesse vissuto le esperienze più traumatiche. Come detto, aveva pienamente accettato il suo passato e non era la tipa da rinfacciarlo in giro. Anche quando parlava di "maledizione" riferendosi al suo gemello parassita lo faceva sempre in un'accezione distaccata, come se parlasse dagli occhi dell'osservatore che spiava la sua storia. Nella sua mente il passato era una gigantesca porta chiusa e poco più.
    I suoi occhi azzurri si socchiusero leggermente sentendola parlare della notte in cui tutto era cambiato. Non ci sarebbe certo voluto un investigatore provetto per capire che la svedese dai capelli bianchi non era una frequentatrice abituale di feste o posti simili: per quanto ironico, visto il suo passato, ora era lei a vedere il passato della ragazza dalla pelle violacea come poco più che la visione fumosa di un film in televisione. Non aveva mai vissuto esperienze neanche lontanamente simili. Si chiese se potesse essere per il suo Paese d'origine, ma molto probabilmente era semplicemente lei a non essere mai stata inserita in quel circolo della vita giapponese. Chissà, forse se avesse continuato a frequentare le scuole superiori e poi l'università quello sarebbe potuto succedere anche a lei.
    Yami poteva comprendere la mancanza di fiducia negli eroi, sebbene ne avesse una visione un po' diversa. Il non essere riusciti a proteggere la popolazione durante il Corteo del Movimento Anti Mutant era certamente stata una mancanza, ma non vedeva negativamente la loro presenza lì. Come detto, il loro scopo era semplicemente quello di ubbidire agli ordini e alla legge, morale ed etica personale avrebbero solo annebbiato il loro giudizio in un lavoro dove anche un secondo di riflessione di troppo poteva costare la vita di una persona. Se il sistema era corrotto lo era alla base, e quella Manifestazione non sarebbe mai dovuta essere permessa. Quello però era il momento di ascoltare, e non di ribattere.
    Per quanto lo avesse corretto in una mancanza di fiducia, quello che sembrava provare per quel misterioso ragazzino incontrato qualche sera prima a Yami sembrava invece vero e proprio astio. Non che la cosa la interessasse sul serio finché la giovane di fronte a lei sembrava comunque una persona a modo e non violenta, ma l'albina non amava generalizzare: la generalizzazione delle cose era stata ciò che aveva portato alla proibizione delle unicità solo perché alcune potevano essere potenzialmente pericolose se usate senza ritegno. Era certa che anche tra le fila di coloro che dovevano gestire il Corteo molti eroi fossero contrari al suo svolgimento, pur dovendo agire lo stesso. Whisper, ad esempio, non le sembrava certo il tipo da supportare quelle idee razziste. Yami ci aveva rimuginato sopra a lungo ed era giunta ad una conclusione: quanto accaduto al Corteo era stato a causa dell'aver sottovalutato la situazione e aver preventivato solamente scontri verbali e avendo quindi scelto di utilizzare come scorta un gruppo di eroi più portato al dialogo che al combattimento. Se al posto dell'eroina francese ci fossero stati un Endeavor o una Rocket Girl probabilmente le cose si sarebbero svolte in un modo completamente diverso.
    I racconti successivi fecero invece luce su una diversa personalità della ragazza, se così si può dire. Ovviamente l'aver utilizzato la sua unicità con quel ragazzo a quella festa la diceva già lunga, ma l'ammettere di aver collaborato con qualcuno della cosiddetta "Mutant Task Force" o aver preso parte ad esperimenti dalla dubbia legalità metteva in luce una personalità un po' più fuori dalle regole dell'americana. Forse poteva essere davvero un Arcano Maggiore nell'enorme mazzo del mondo. Al di là di quello, le sue esperienze erano state orribili e il volto di Yami si corrucciò in una smorfia un po' intristita. Si ricordava chiaramente di quando aveva trovato Ryo legato ad una sedia al Soseiji: ne era uscito inerme, ma chissà cosa sarebbe potuto succedere se fosse arrivata anche solo un attimo più tardi.
    E' come dici tu. - le sorrise mestamente, su questo erano effettivamente sulla stessa frequenza - Utilizzare l'unicità è un crimine, e questo rende più spietato chi ne fa già uso infischiandosene delle regole. "Se devo finire in prigione per aver compiuto una rapina utilizzando la mia unicità, tanto vale usarla per uccidere il poliziotto che mi insegue" e cose così. - aggiunse, seguendo poi l'affermazione con un sospiro - Purtroppo devo ammettere di aver vissuto così molto a lungo. Il fatto è che... - fece qualche secondo di pausa, riflettendo sulle sue parole - A volte le persone sono obbligate ad utilizzare la loro unicità, per sopravvivere o per altro. Non è una scelta.
    Le sue mani si mossero su quella scacchiera di carte che aveva davanti, fermandosi poi su un numero in particolare. La carta numero sei, gli Amanti. Due scheletri bianchi su sfondo nero, coperti da dei mantelli, si scambiavano una dolce effusione su uno sfondo stellato.
    Yami aveva scelto quella carta anche per il fatto che la ragazza aveva ammesso di aver abbracciato un destino che gli altri sembravano aver definito per lei, e per questo le sembrava davvero in un certo senso dipendente dagli altri o perlomeno dal loro giudizio. Ciononostante, la motivazione era anche un'altra: la carta degli Amanti indicava spesso la presenza di un grande bivio, la scelta della strada da seguire avrebbe probabilmente cambiato completamente l'esistenza di chi vi si trovava di fronte. E forse quello era un po' il momento della scelta nella vita dell'americana. Yami le porse la carta con la sua mano destra.
    Noi siamo ETERNIUM. - disse serafica - Tu chi sei?
    Giusto una o due settimane prima quel nome aveva fatto capolino sui giornali assieme alle presunte confessioni di Aiden Brenton. Non si sapeva molto, ma era un nome abbastanza conosciuto per quanto misterioso, scritto in quella lettera che portava anche le parole "Per la libertà dei quirk". Ecco, quello era il momento della scelta. Eve avrebbe continuato a vivere come gli altri volevano per lei o avrebbe preso in mano la sua vita, avrebbe rotto la quarta parete del teatro della vita e si sarebbe liberata del suo personaggio, lasciando che la maschera si sfaldasse a terra rivelando il suo vero volto?

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    Chi usava la propria unicità senza licenza di base commetteva già un crimine, l'avevo fatto pure io quando al parco l'avevo usata semplicemente per allungarmi il proprio bicchiere. Se però era considerato come tale un gesto come quello, significava che c'era assolutamente qualcosa che non andasse e che meritava di essere cambiato: non poteva esser considerato come tale mettendolo al pari di chi lo usava per fare davvero degli atti perseguibili e come detto da Yami stessa, se tanto valeva essere schedati perché non far sì che effettivamente ne valesse la pena?
    « Nessuno vorrebbe essere schedato per una cavolata, se proprio dev'essere allora che ne valga la pena. Ne ho sentiti tanti dire così, non so proprio che fine abbiano fatto ma almeno loro non hanno avuto... » Guardai il tavolo, quello dove Yami stava piano piano girando le carte. Le sensazioni che provavano quelle persone erano differenti, chi usava il suo quirk con coscienza senza nemmeno pensare al fatto che stessero facendo qualcosa di proibito, chi magari lo faceva proprio per compierlo quel qualcosa.
    L'unica cosa che li accomunava era che non avessero mai... « ...paura. »
    Usare il quirk in questa società era esattamente questo che ti portava, la paura: chi non ne proverebbe sapendo che basterebbe poco per metterlo dal lato sbagliato della legge? Invece esserne consapevoli significava affrontarlo, quel timore, porlo da parte perché si trattava di mettersi in gioco, si trattava di scoprire delle carte che altrimenti avresti tenuto nascoste di fronte al mondo intero sapendo perfettamente che non avresti fatto niente di ciò che la società comune considerasse buono. Sognavo una società senza timore per i quirk, sognavo però che lo facesse qualcuno perché non me la sentivo di rischiare e rovinare il mio stile di vita perfetto, per staer nella mia zona di confort e nel mondo di piaceri fatti su misura per me. « Chi è obbligato magari sì però, magari paura ce l'ha. Dipende dalle circostanze però la mette da parte. » Continuare ad avere paura significa rinunciare a sopravvivere.
    Rinunciare ad usare qualcosa che non è altro che una parte di te. Quando la ragazza mi allungò la carta, la guardai con fare incuriosito: gli amanti, sembrava fatta apposta per me dato che...beh, ero letteralmente io un'amante. Non conoscevo la simbologia, non conoscevo il significato del bivio ma riconoscevo in quella semplice illustrazione la vita che avevano avevo scelto. La sollevai tenendola tra indice e pollice, guardandola come se fosse l'oggetto più interessante di questo mondo e sorrisi.
    « Sembra quasi fatta apposta. »
    Mormorai senza rigirarmela, solo tenendola ferma per fissarla.
    Loro erano ETERNIUM, un nome conosciuto da poco ma comunque ignoto. Erano chi voleva lottare per liberare i quirk e le persone dai pregiudizi che avevano su di loro, quei pregiudizi che portavano allo stato attuale delle cose. Erano persone che stavano effettivamente facendo qualcosa mentre io? Io chi ero? Su quella domanda entrai in stasi al punto da bloccare anche le code a mezz'aria, senza far finire loro il movimento che avevano iniziato.

    Io ero...


    « Io sono... »

    Diversa...

    « Come tanti altri... »

    Nata per questo...

    « Piacere... »

    Ciò di cui hanno bisogno...

    « Agony... »

    Come sua madre...

    « Evelynn. »

    Alzai lo sguardo verso Yami muovendo solamente gli occhi, rimanendo con la testa inclinata in avanti. Le code avevano preso a muoversi di nuovo, incurvandosi verso la carta in un leggero ma nero abbraccio desiderose di avere quel qualcosa che avrebbe potuto permettermi di ritagliarmi un piccolo spazio differente da ciò che mi era stato suggerito di tagliarmi nel mondo.
    Avrei cambiato il mio modo di fare? Probabilmente no, probabilmente al di fuori di questa casa la mia vita sarebbe rimasta la stessa ma sarebbe cambiato il---perché. Non era il farlo per sopravvivere, sarebbe stato un farlo per attendere il momento giusto per fare qualcosa. « E se me lo permetterai, sarò la tua Lover. Perché oltre tutto questo, sono stanca di vedere che le persone non possano...respirare. »
    L'arcano degli amanti, rovesciato, simboleggiava una rottura e nel porlo di nuovo in orizzontale per Yami in effetti era al contrario.
    Riprenderselo sarebbe significato rompere, salutarsi. Lasciarmelo...non avevo bisogno di dirlo. Poteva essere un'occasione per me di saziare un certo appetito, l'appetito di quella sensazione che provavano quando ti vedevano usare la tua abilità senza timore ed allora per paura cadevano ai tuoi piedi. Ti riconoscevano nella tua interezza, ti riconoscevano come te.
    Non giudicarmi dal sorriso, Yami, perché sono sicura di non essere pericolosa per te, per voi.
    Non sarai tu a dover avere paura.

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    Mentre ascoltava le sue parole, Yami cercò il suo telefono nella sua borsetta e lo tirò fuori. Fece pressione sul lato destro in alto per rimuovere la cover di gomma nera che lo proteggeva dagli urti sfilando fuori una carta nera dall'interno di essa. Ironicamente era la stessa posizione in cui la teneva anche la Luna, e chissà se questa sarebbe mai riapparsa nel cielo di ETERNIUM in futuro. La carta di Yami era ovviamente il Mago, il Bagatto secondo altre nomeclature. Tradizionalmente era la prima carta del mazzo anche se il mazzo dell'organizzazione apparteneva alla tradizione che vedeva il Folle al primo posto con associato il numero zero. Ironicamente, il Mago era in realtà una sorta di catalizzatore: come se collegasse in qualche modo il regno delle idee e quello materiale, la sua azione poteva convertire i desideri in realtà: non era un caso che in molti mazzi questi venisse rappresentato con attributi legati all'alchimia in fondo. La carta rappresentava la possibilità di rendere i propri sogni veri, ma per farlo era ovviamente necessario agire attivamente per realizzarsi. A conti fatti poteva benissimo trattarsi di un semplice trucchetto retorico, il quale era comunque la base della lettura dei tarocchi o dell'oroscopo: è chiaro che non lottando per i propri desideri è impossibile che questi si manifestino di loro spontanea volontà, ed è chiaro che molto spesso col giusto impegno si possono realizzare gli obbiettivi che ci si pone. La stessa Yami non credeva nella lettura dei tarocchi, non avrebbe mai affidato la sua giornata o il suo destino a ciò che un mazzo di carte steso sul tavolo poteva dirle o non dirle, non era da lei.
    La svedese apprezzava i tarocchi per la loro carica simbolica, e in base a quella venivano affidati alle persone a cui li donava. Lei era decisa a realizzare il suo sogno di vedere le unicità di dominio pubblico e pensava di avere la forza per realizzare questo desiderio, per questo si era assegnata il Mago. Il Folle, in tasca di Ryo, era un po' simbolico delle classiche acque mitologiche, sotto la cui superficie poteva - in potenza - giacere qualsiasi cosa. Solo Ryo poteva decidere come plasmare il suo destino, come sfruttare il suo potenziale. Era cresciuto così tanto negli ultimi anni. Aveva donato il Carro a Daisuke per invitarlo a riflettere sulla sua vita e sulla direzione che voleva imporgli, convincerlo a far pace tra le due pulsioni che sembravano trainarlo dove voleva e, soprattutto, mostrargli che se voleva poteva essere il Re e non il Cavallo obbligato a trainare il Carro senza riflettere. Non era ancora sicura di quale conclusione Daisuke avesse carpito da quel discorso. Il Diavolo per Yuya era abbastanza esplicativo.
    Il fatto importante, comunque, era che quella scelta non fosse basata sul caso, ma si trattasse invece di un messaggio che Yami voleva mandare al possessore della carta. Non era stato un dito vagante con gli occhi chiusi a scegliere gli Amanti per Eve ma ciò che Yami aveva dedotto su di lei, che poteva ovviamente essere più o meno giusto. Quel tarocco risuonava quasi ironicamente con la giovane americana dalla pelle viola, ma la svedese non poteva certo averne idea in quel momento.
    Il mio nome è Witch. - le sorrise mostrandole la carta - Benvenuta a casa. - aggiunse. La giovane dai capelli bianchi non sembrava certo essersi stancata di considerare ETERNIUM la sua famiglia, anche se forse avrebbe dovuto iniziare a fare più attenzione. Lei, Ryo, Daisuke e Yuya erano stati uniti da circostanze improbabili, questo non era vero per le persone che avrebbero incontrato di lì in avanti. Già la Luna sembrava essersi persa nel suo viaggio attorno al Mondo e chissà se sarebbe successo di nuovo. Ora avrebbe dovuto pensare a come presentarla agli altri e tutte queste cose, insomma.
    Heh... - borbottò arrossendo alle parole successive di Eve mentre rimetteva a posto la sua carta nella cover del telefono. Non aveva capito se quella fosse una proposta sconcia e ci stesse provando o se stesse solo sostenendo di voler prendere parte al gruppo. Da questo punto di vista Yami era ancora molto infantile ed ingenua, era un fatto.
    Umh... Aspetta qui. - le disse, lasciando lì borsa e telefono e dirigendosi al piano superiore. Nell'armadio spoglio di una delle camere teneva ancora il regalo di Natale per la Luna, che non l'aveva mai ritirato. Assieme a quello, proprio come agli altri membri di ETERNIUM, aveva preparato un mazzo di chiavi per la ET-House. Le prese e tornò al tavolo per consegnarle alla giovane americana.
    Questo è il mazzo di chiavi di casa. - disse sporgendoglielo. Il portachiavi era identico a quello che teneva unito il suo mazzo - Puoi venire qui quando vuoi, e se hai un contatto ti presento gli altri appena possibile. - aggiunse, per poi sporgersi sul tavolo verso di lei, le labbra increspate in un sorriso quasi inquietante - Basta che non provi a rubare nulla o chiami la polizia, o ti do fuoco. ✰

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    "Benvenuta a casa" erano tre parole estremamente difficili da tenere a cuore sin da subito, era difficile sentirsi immediatamente in un posto da poter definire come tale dopo una mezza giornata trascorsa in questo modo. Lo si vedeva che Yami considerasse questo posto una vera e propria casa e fosse affezionata a tutti quelli che stavano dentro, si sarebbe sentita legata anche a me in questo modo se mi fossi dimostrata capace di mantenere alte le aspettative?
    Faceva un effetto strano, non posso negarlo, soprattutto perché non mi capitava da tanto anche solo di avere un'idea del genere: mi ero sentita tradita in maniera importante quando avevo sentito determinate parole, non mi ero più avvicinata a nessuno per paura quasi di rimanere scottata in altro modo e poi perché pensavo che non avessi bisogno di figure del genere. Era però una strada intrapresa mettendomi dietro delle persone che l'avrebbero percorsa con me, era inutile che mi facessi troppi pensieri ed anzi prima mi fossi messa in testa di avere della compagnia diversa da quella che avevo di solito quando lavoravo: prima avessi fatto conoscenza e preso familiarità con tutti, meglio sarebbe stato.
    « Grazie, Witch. » Ammorbidii il sorriso, dovevo dimostrare comunque la mia gratitudine sia per l'opportunità che per il caldo invito. Non avevo ancora pensato a come mi sarei potuta chiamare nelle occasioni dove il proprio nome fosse al pari del tabù sui quirk, avrei avuto tutto il tempo per pensarci fino al momento della mia prima uscita magari con qualcuno della squadra. « ...o dovrei chiamarti boss? » Non era proprio una battuta, c'era chi preferiva determinati tipi di appellativi durante certe attività.
    Lo sapevo per esperienza personale fin troppo bene.
    La questione del nome l'avevo presa al momento sotto gamba ma era talmente importante che a casa mi avrebbe fatto perdere davvero tanto, tanto, tanto tempo dato che avrebbe caratterizzato tante cose e speravo, in fondo, che lo facesse in positivo perché in qualche modo mi ero fatta un nome. ETERNIUM era un gruppo venuto fuori da poco e partito talmente tanto in sordina che poteva solo guadagnare una nomea, bisognava vedere se come gruppo capace o meno. Non volevo trascinare in basso chi mi aveva detto che potevo fare qualcosa di concreto oltre che lamentarmi ed aspettare che qualcuno aprisse gli occhi. E per quanto dovessi comunque portare un po' di rispetto, c'erano determinate persone che mi avrebbero fornito un bel divertimento nel caso in cui mi fossi messa a punzecchiare un po'. Vedendola arrossire potevo dedurre che da questo aspetto sarei stata bene ma dovetti specificare, almeno ci tenni: alzai la carta, la girai in modo che la figura fosse di fianco al mio volto e precisai.
    « E tranquilla, parlavo della carta. »
    Senza nessun tono che lasciasse intendere altro, non avevo la minima intenzione di fare delle mosse così nei suoi confronti. Senza nessuna postilla, senza nessun asterisco. Va bene approfittarsene, iniziare così non era bello. Annuii in silenzio quando la vidi alzarsi e dirigersi al piano superiore che al momento era abbastanza ignoto per me, ma che presto avrei anche esplorato volentieri. Ne approfittai per dare un'altra occhiata alla carta che mi aveva lasciato e che avrei portato quasi sempre con me giusto per gesto simbolico: probabilmente aveva scelto proprio quella per la storia che le avevo raccontato, era così evidente che fossi legata a quello specifico ambiente? Oppure c'era qualcosa che non sapevo di questo piccolo oggetto di cartone che non conoscevo e che secondo Yami si legava di più a me e la mia figura specifica?
    « Non credo avrebbe potuto trovarne una di migliore. » Borbottai prima che la ragazza dai capelli cinerei tornasse al tavolo e mi appoggiasse un mazzo di chiavi davanti. Si fidava già davvero così tanto? « Davvero? » Ero sorpresa da questo gesto, dare il mazzo ad una semisconosciuta era un gesto avventato ma forse rientrava nel suo carattere: mi aveva invitata dentro il suo posto sicuro, mi aveva offerto l'opportunità di entrare in quel gruppo che lei considerava famiglia perché avevo delle determinate idee. Aveva senso che mi desse anche quel mazzetto. Lo andai a sollevare con la coda infilando con la stessa l'anello tra le chiavi, portandomelo di fronte agli occhi. « Sicuro. » In qualche modo avrei dovuto incontrarli gli altri, no?
    Darle il mio contatto era il minimo che potessi fare. Frugai nella borsetta per tirare fuori un piccolo taccuino, una penna e scriver sopra i miei contatti: sia il mio numero privato che il mio contatto Qmail. Lo porsi sul tavolo poi solo per incontrare lo sguardo di Yami poco dopo.
    « Se mi hai inquadrata un minimo, puoi aver capito che le autorità sono l'ultima cosa che voglio intorno anch'io. » Mi sembrava di aver sentito una punta particolare nella voce di Yami che mi ricordava il modo di parlare di una persona che avevo incontrato qualche mese fa, come se avesse messo qualcosa di particolare anche lei al termine della sua amichevole raccomandazione ma forse mi sbagliavo.
    « Ed è più probabile che io mi sposti in una delle camere rispetto che porti via qualcosa, questo posto è sicuramente più accogliente del mio appartamento. » Non scherzavo, l'unica cosa che tenevo bene era il soggiorno dato e nemmeno la camera da letto, non ci portavo mai nessuno per ovvi motivi e dunque non la tenevo così tanto bene. « Se ho imparato qualcosa in questi anni è che un bravo amante non deve fare mai niente per farsi odiare. Hai scelto la carta giusta. »
    « L'aggiornamento sulle attività da compiere o in programma, per quel che potrò sapere, te lo chiederò fra qualche giorno quando inizierò a far un salto quotidiano da queste parti, mi contatti tu se vuoi anticipare il mio incontro con gli altri? »
    Prima conoscevo la squadra, meglio era.

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    Non era decisamente ciò che Yami aveva pianificato per quella giornata, ma era tutto sommato contenta di far nuovi proseliti — ammesso così si potessero chiamare. Si chiedeva se gli altri l'avrebbero accettata di buon grado: conosceva il passato di tutti e poteva certo capire la loro diffidenza nei confronti di nuovi arrivati. Chiunque altro, infatti, avrebbe certamente avuto meno familiarità di quella che i quattro avevano. Da un certo punto di vista, però, quella ragazza doveva certamente essere più accettabile della Luna. Perlomeno lei sembrava maggiorenne. In fondo non potevano aspettarsi di riuscire a compiere una rivoluzione in quattro persone, prima o poi avrebbero dovuto fare qualcosa per diffondere le loro idee, cercare il supporto di tutte le persone infelici e insoddisfatte che la pensavano come loro... o come lei. Evelynn, infatti, sembrava la prima persona del gruppo ad essere davvero d'accordo con Yami.
    Aveva discusso con Ryo quando gli aveva esposto le sue idee: le persone cambiano e forse l'aveva fatto anche il ragazzo dalla pelle scura, ma il Folle non sembrava ormai una persona intenzionata a combattere indipendentemente dal motivo. Alla svedese andava bene comunque, le bastava averlo vicino. Ryo era un amico e negli anni era diventato famiglia, e Yami non era un generale che mandava il suo esercito verso la morte. Daisuke - ciononostante - sarebbe morto volentieri per lei. Questa era l'idea che il ragazzo le dava, almeno in passato. Nuovamente, poteva essere cambiato anche lui e lei lo sperava vivamente, in fondo gli aveva dato la carta del Carro proprio per instillare in lui il dubbio sulla sua condotta di vita. In ogni caso, anche quando gli aveva chiesto di andare dal Sagrestano non ci aveva pensato su due volte e quindi, se fossero davvero stati un esercito, il giovane mafioso sarebbe sicuramente stato il suo soldato più fedele. La fedeltà, però, non implicava necessariamente che il ragazzo condividesse le sue idee. Daisuke l'avrebbe probabilmente servita anche se in totale discordia col suo pensiero seguendo un suo qualche strano processo mentale.
    Quanto a Yuya, Yami sapeva bene che a lui importava un bel poco dello scopo di ETERNIUM ed era più interessato a far Yami felice e perché no, stare con gli altri. La Luna si era ormai allontanata, ma a lui bastava l'idea di far parte di qualcosa di grande e sconquassare la città indipendentemente da cosa questo significasse. In conclusione sì, Eve era la prima persona a condividere davvero le idee di Yami, volenterosa come lei di cambiare le cose.
    Va bene Witch, ma in privato puoi chiamarmi anche Yami. - ridacchiò. A conti fatti non aveva mai utilizzato quel nome al di fuori di quelle quattro mura. Tutti la chiamavano Yami considerato anche che si conoscevano da anni e, sebbene avesse scelto per sé stessa quel soprannome, non aveva mai avuto occasione di utilizzarlo. Tutto sommato quel fatto poteva anche essere positivo, significava che non si era (ancora) ficcata nei guai. Ciononostante sapeva che se mai ci si sarebbe trovata, o se ci si fossero trovati gli altri, non avrebbero ovviamente esitato ad utilizzare lo pseudonimo e non avrebbero sventolato il suo nome ai quattro venti.
    Facciamo finta che io sia brava a valutare le persone. - le fece un occhiolino alla sua perplessità riguardo la decisione della svedese dai capelli bianchi di affidarle il mazzo di chiavi della casa dopo così poca conoscenza. No, Yami non era così brava a valutare le persone e si affidava per la maggior parte del tempo al suo istinto, spesso fallendo miseramente. Sperava questa fosse la volta buona dopo tanti, tanti fallimenti.
    Non ebbe molto da ridire alle parole successive, nonostante un iniziale stupore. Se la ragazza voleva trasferirsi lì - beh - le sembrava un po' drastico ma non voleva dirle di no. Se aveva comprato quella casa era anche e soprattutto per poter dare un tetto ai randagi. Se la giovane americana ne aveva bisogno lo avrebbe accettato, magari avrebbe potuto imparare qualcosa da Ryo o dagli altri e sarebbe riuscita a ridirezionare la sua vita nel caso ne avesse avuto bisogno.
    Certo. - le sorrise infine - Ci vorrà un po' per radunare tutti tra il lavoro e altro, ma intanto li informerò del tuo arrivo così che non ci siano... spiacevoli inconvenienti se dovessero trovarti qui.

    yami dødson | 21 y/o | VILLAIN? | Eternium | livello 9 | Code ©
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