Criminal Minds

Role || Yuya e Robin

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    Studi scientifici dimostrano che gli esseri umani dal corpo femminile faticano a ricevere cure mediche appropriate rispetto all'altra metà della popolazione.
    I test clinici per i nuovi medicinali vengono spesso svolti unicamente su soggetti maschili, per evitare che cicli ormonali "rovinino" i risultati - con la conseguenza che molti medicinali possono avere effetti inaspettati su una donna, o variare nell'efficacia nel corso del mese. Chi esercita la professione medica tende poi a sottovalutare i problemi delle pazienti femminili, minimizzandone il dolore, e dando per scontato che la donna di turno sia solo lamentosa e cerchi attenzioni. Stendiamo poi un velo pietoso sui problemi nel campo ginecologico - poco capiti, poco studiati, e che tendono a venir risolti con un "boh prendi la pillola e vediamo se migliori", declassando le pazienti al rango di cavie da laboratorio.
    Una complessa rete di problemi medici e sociali che portano ad un unico risultato: se sei una creatura dalle fattezze femminili e ti presenti da un medico, è molto difficile che il tuo dottore ti prenda sul serio.
    Specie se dici di soffrire per via di una pallottola inesistente.

    Posso dirvi il nome e l'indirizzo di almeno quindici dottori qui a Tokyo, e descrivervi la loro espressione facciale quando ho cercato di spiegare loro il mio problema. Il Nyorai's Blessed Hand era in fondo alla mia lista di cliniche da contattare: l'equivalente medico del raschiare il fondo del barile per disperazione. Immaginate quindi la mia sorpresa nel fare qualche ricerca poco pulita sullo staff della dottoressa Omori, e veder spuntare sulla lista una persona familiare.

    Yuya Mirokuji. un nome sentito pronunciare mesi prima da Junko, e che mi è rimasto nella testa per un semplice motivo: questo tizio sa creare portali. Un uomo dal Quirk vagamente simile al mio, dunque, e che a quanto pare s'intende pure di medicina.
    Se credessi in Dio, nel fato o in qualche puttanata simile, oserei chiamare questa coincidenza un segno del destino. E quasi oserei sperare, col mio cuoricino di ragazza (pfft), che costui non mi riderà dietro. Il fato è un pessimo sceneggiatore, però, e la mia prima gita alla clinica di Omori si risolve in un nulla di fatto: il signor Yuya, mi viene detto, oggi non lavora.
    Però forse lo posso trovare in chiesa.

    Inutile dire che mi ci fiondo subito: ho poco tempo libero, molto entusiasmo, e poi una chiesa è un posto così appropriato per discutere di pallottole impalpabili. E un poco, lo ammetto, sono curiosa di visitare un edificio che come me appare così fuori luogo, così straniero in questa terra che il cristianesimo l'ha conosciuto tardi e malvolentieri.

    Non ci ero mai stata prima, alla cattedrale di Santa Maria di Bunkyo, e forse in fondo preferivo non vederla.
    Cattedrale, per una parigina come me, è sinonimo di Notre-Dame: Santa Maria di Bunkyo è qualcosa di più simile ad una grattugia urbana, una lastra di metallo che si erge nel paesaggio con tutta la grazia di una mattonata sui denti. All'interno - altrettanto deludente, industriale - rivolgo ben poca attenzione, concentrando il mio sguardo ai pochi presenti nell'edificio.
    Non l'ho mai visto nemmeno in foto, questo Yuya. So però che ha una coda da gerbillo, cosa che lo rende abbastanza facile da individuare. Non intendo disturbarlo mentre prega, ma se è lì che gira senza dar cenno di devozione, allora si troverà imminentemente davanti una persona dal genere indefinito, i capelli rossi e gli abiti eleganti.

    "Mi scusi. È lei il signor Mirokuji?"

    Sorriso di circostanza.

    Robin Allard

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    «Il secondo versò la sua coppa nel mare che diventò sangue come quello di un morto e perì ogni essere vivente che si trovava nel mare. Il terzo versò la sua coppa nei fiumi e nelle sorgenti delle acque, e diventarono sangue. Allora udii l'angelo delle acque che diceva: “Sei giusto, tu che sei e che eri...”»

    Apocalisse, 16: 3-5


    Curiosità: la Bibbia è il libro più letto del mondo. Ironico, vero? Faceva pensare. A quanti miliardi di persone dovevano esserci a popolare la terra. Yuya dubitava che il classico giapponese medio avesse una Bibbia in casa o ne avesse mai aperta una. Forse per bilanciare quell'assurda statistica bisognava render merito agli europei, agli americani o... francamente non sapeva dove il cristianesimo fosse maggiormente diffuso, e non era una questione che lo riguardava al momento, dato che, apparentemente, era da poco entrato a far parte di quel vizioso circolo di lettori.
    Se doveva essere onesto con sé stesso - cosa più unica che rara -, doveva ammettere che aveva trovato incredibilmente controproducente sfogliare quelle pagine di carta, incapacitato a comprendere i dettagli di una simile opera grazie alla sua ignoranza in materia di religioni. Erano concetti troppo astratti per una persona materialista come lui. Per questo aveva iniziato dalla fine.
    Per evitare di affezionarsi troppo ai personaggi, si dice.
    Al momento i suoi successi di superare la metà di qualsiasi libro rasentavano lo zero per cento, ma era sicuro che con l'Apocalisse sarebbe andata meglio. La distruzione del mondo gli interessava molto più della creazione di uno, per esempio.
    In verità c'era un solo motivo per cui Yuya si era messo in testa di voler leggere la Bibbia.
    Non credeva... di credere nel concetto del "perdono" così come lo descrivevano i cristiani, ma - alla fine - gira e rigira, finiva sempre lì, alla Cattedrale di Bunkyo.
    Quel posto che aveva ospitato tante delle vicende che lo avevano coinvolto e che era stato il letto di morte del Sagrestano Homura, che lui aveva ucciso. Ormai ci era passato sopra, era passato troppo tempo persino per lui per rimanervi ancorato, anche se Yuya non era mai stato bravo a lasciarsi il passato alle spalle, per quanto il suo atteggiamento facesse intendere ben altro. L'unica cosa che non era ancora riuscito a processare era il non aver capito quella strana fede che aveva spinto l'uomo a portare avanti i crimini che aveva portato avanti e infine la sua volontà di voler morire. Era per quello che aveva cominciato a documentarsi sul cristianesimo e ad andare alla cattedrale quando aveva tempo libero - cosa che succedeva raramente, ma succedeva. Era riuscito a capirci qualcosa? Assolutamente no.
    Era ancora strenuamente convinto che fosse una conseguenza del lavaggio del cervello che aveva subito per colpa del Reverendo Bolek. D'altronde il sagrestano Homura non aveva avuto una vita esattamente facile, ora lo sapeva.
    In più, una parte di lui, aveva preso a trovare uno strano divertimento nello scorgere gli sguardi indignati che gli lanciavano alcuni fedeli quando metteva piede in chiesa a causa della sua fisionomia. Che era tra l'altro lo stesso motivo per cui avevano tentato di farlo fuori. Ci sarebbe stato da domandarsi se non fosse per caso masochista, ma dato che non sto in AM con Dennis per qualche strana ragione era tranquillo. Ormai era questione di scena. Era pomeriggio tardi, e il sole stava facendo strani giochi di luce con le vetrate. A dire il vero più che ad una cattedrale a Yuya sembrava di essere all'interno di una piramide.
    E cosa poteva esserci di più scenico di un diavolo con le orecchie a punta e una coda che leggeva una Bibbia in mezzo alla navata centrale di una chiesa, vestito di camicia bianca e jeans scurissimi in perfetto contrasto fra loro?
    “Mi scusi. È lei il signor Mirokuji?”
    Beh, una persona come quella che gli si era appena avvicinata ci andava vicino.
    “Oh? Quindi sono già famoso alla fine?” pensò ironicamente Yuya, dandosi pena solo dopo qualche istante di chiudersi il libro sull'incide della mano sinistra, per tenere il segno, e sollevare lo sguardo.
    I lineamenti affilati di una donna altissima e dai capelli arancioni si specchiò nelle sue iridi dorate.
    Oh? Eterocromia. Yuya arricciò appena la coda, divertito. In tempi antichi, le persone con occhi di colori diversi venivano temute e considerate figli del diavolo.
    Che coincidenza, eh. Quella chiesa doveva avere qualche problema.
    «Immagino che se non ne fosse stata certa non me lo avrebbe chiesto. Cosa posso fare per lei?»
    Sorriso di circostanza.
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    Sebbene nella cultura popolare il Diavolo sia rappresentato come un uomo dalla coda appuntita e le corna caprine, nella Bibbia cristiana non v'è traccia di questa descrizione — né di alcuna figura che si possa chiamare Satana, in realtà. Il moderno Lucifero è un'invenzione risalente all'epoca medievale: una figura che puzza di manicheismo e influenze zoroastriane, che poco ha a che vedere con i precetti originali del cristianesimo.
    Chissà se l'uomo davanti a me è costretto a spiegarlo ogni volta che entra in una chiesa.

    Mi prendo un istante per squadrarlo dall'alto in basso — cosa poco educata, ma a cui sicuramente è abituato. Orecchie a punta, coda, abiti così eleganti che sono tentata di chiedergli chi sia il suo sarto: mi piace. Non ho molto affetto per gli esseri umani, ma ben tollero figure come questa, così rassicurante nella sua inumanità.

    "Perdoni se la disturbo al di fuori dell'orario di lavoro, dottore," replico, chiarendo subito perché sono qui. "È che ho un'agenda molto piena e non sapevo quando altro passare... E poi questo posto è così appropriato per esporle il mio problema. Mi dica, lei è un uomo di fede?"

    Alzo il capo, aspettandomi istintivamente di trovare una vetrata gotica, tonda come una luna, sotto cui conversare; ma i miei occhi si posano sul cemento.
    So di non poter pretendere che tutte le cattedrali siano come Notre-Dame, ma questa è proprio una chiesa di merda.

    "Come si comporta quando un paziente gli dice di star male anche se dagli esami non risulta nulla di strano? Di chi si fida di più, delle prove empiriche o della soggettività del paziente?"

    Ah, forse avrei dovuto presentarmi al maschile per non farmi dare della donna isterica et ipocondriaca? È che faceva troppo caldo per fasciarsi il seno oggi; non sarei stat@ convincente.
    (Pregi del giapponese: una neutralità del linguaggio che alle lingue romanze manca).

    Ma Lucifero è il campione degli emarginati, no? Su, non sia un diavolo sessista, dottore.
    Abbia fede in me.

    Robin Allard

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    Se la quiete aveva il pregio di esistere, allora aveva anche il difetto di poter essere interrotta. Peccato. Ma per fortuna Yuya era una persona che mediamente non disprezzava la compagnia altrui, quindi quella considerazione poteva anche esser letta al contrario.
    "Non è un problema, mi disturbano spesso. E di solito in circostanze meno amabili." rifletté il corvino, ma non aprì bocca, preferendo non perder fiato inutilmente e tenendo la propria arroganza per sé, ben certo che alla tizia che aveva davanti importasse meno di quanto a lui importava della sua agenda. Il suo sorriso di circostanza mutò in uno più affabile, cortese e vagamente astuto, mentre ondeggiava appena la coda dietro di sé. Qualunque fosse l'origine di quella domanda, Yuya non trovava troppo singolare che gli fosse stata rivolta, perché la situazione non lasciava molto spazio all'immaginazione. Si trovava pur sempre in una chiesa con un testo sacro dalla copertina massiccia e rilegata fra le mani, poteva decisamente essere un credente, a meno che non studiasse teologia per hobby. Anche se, per inciso, quest'ultima opzione non era poi tanto lontana dalla realtà.
    «Dipende. Quale?» rispose, lisciando la copertina scura di quel malloppo con il dorso della mano libera, come se volesse scacciare della polvere inesistente, senza la pretesa di esser chissà quanto criptico, ma solo ed unicamente perché era la verità. Non era cristiano e quindi non credeva in Dio, ma era shintoista, come la stragrande maggioranza dei giapponesi: osservava le feste, visitava i templi e rispettava i kami. Nulla di più, nulla di meno. Del cristianesimo sapeva per lo più quello che insegnavano a scuola, la cultura generale appresa con la storia. Per gli ignoranti, a scuola, in Giappone, si imparava persino che Gesù Cristo aveva viaggiato, imparato lo Shintō, e alla fine era morto in un villaggio giapponese della prefettura di Aomori, ove tra l'altro, tra le attrazioni locali figurava pure la "Tomba di Gesù Cristo". Era ovviamente una leggenda, molto probabilmente riconducibile alla confusione fatta tra Gesù e i missionari cristiani che nel sedicesimo secolo si erano addentrati nel territorio del paese asiatico per diffondere la loro religione. Leggenda che era stata poi in successione sfruttata dall'impero per rafforzare il sentimento nazionalista della popolazione e per tentare di sradicare il cristianesimo, dato che, secondo la leggenda, Gesù si era appunto convertito allo shintoismo.
    Yuya si sporse appena verso verso una delle panche in legno lì vicino e recuperò una borsa a tracolla nera, con l'intento di riporre la Bibbia. Aveva la sensazione che non sarebbe stata una conversazione breve, anche perché era stato chiamato dottore, ma lui - a conti fatti - non era ancora autorizzato ad avere pazienti. La seconda domanda, infatti, per poco non lo fece scoppiare a ridere.
    «Se dovessi credere alla soggettività del paziente avrei sbagliato mestiere, non crede? — schioccò la lingua sul palato. Non fraintendiamoci, Yuya era molto bravo a trattare con le persone, ed in una situazione lavorativa non si sarebbe mai permesso di sottovalutare il problema di un paziente, tuttavia... tutti pretendevano di saper fare il tuo lavoro meglio di te fino a quando non ci si trovavano con le mani in pasta. E se il paziente diceva di avere quello o l'altro problema perché aveva letto su internet che i vaccini facevano male, la voglia di prendere e di accompagnare il suddetto individuo e la sua soggettività alla porta non gliel'avrebbe tolta nessuno. Non lo avrebbe fatto, perché era diplomatico, ma disponeva ancora di libertà di pensiero. Non vi crediate che i dottori siano tanto diversi dai professori, da questo punto di vista. Avevano solo l'obbligo del segreto professionale in più. — Ma non sono ancora un dottore, pare che la fortuna l'abbia assistita. In via informale - posso sentire tutti i pareri che vuole. Signor...?» fece una pausa, tracolla in spalla, estrasse un segnalibro, lo mise in mezzo alle pagine dove finora aveva tenuto il segno con il dito, rimanendo con il libro a mezz'aria per qualche istante, e risollevò le iridi color topazio sulla figura dai capelli rossicci. O Signora? Mister o Miss? In effetti non se lo era chiesto.
    Beh, Yuya era certo che biologicamente parlando fosse la seconda, che era ciò che importava dal punto di vista medico, ma - passando un'ingente quantità di tempo sui social - sapeva che niente era da dare per scontato. Soprattutto quando si trattava di pronomi. E, dai tratti, credeva di aver davanti un'occidentale.
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    Alla base delle difficoltà relazionali tra cani e gatti vi è la naturale incompatibilità dei loro linguaggi non verbali. I felini tendono ad agitare la coda per indicare il loro nervosismo, mentre i canidi interpretano lo scodinzolare come un segno di eccitazione. È quindi naturale che, di fronte a un gatto dalla coda nervosa, un cane reagisca con eccessivo entusiasmo, mettendo ancora più a disagio il compagno animale.
    Mi chiedo se sia più un cane o un gatto, questa creatura di fronte a me. È felicità o malcontento, quel che lo spinge ad agitare la coda?

    "Allard," mi presento, sostenendo lo sguardo altrui. "Robin Allard."

    Non ho problemi a presentarmi col mio nome proprio, sempre che tale si possa chiamare: non sono una ricercata né una criminale, e chi sa delle mie associazioni con Eden mi conosce come Jacinthe. Anche se chiamandolo dottore, immagino di aver già dato sintomo di essere coinvolta in attività poco pulite.
    Il tipo di attività che talvolta ti costringe ad appoggiarti a cliniche poco legale, e farti rattoppare da medici che son tali nelle abilità ma non nel nome.

    "Se dovesse credere alla soggettività del paziente avrebbe studiato psicologia come me, immagino," commento a mezza voce. "Ma anche se un paziente risulta sano nel corpo, ciò non può sempre eliminare il dolore che prova. Certe patologie sono psicosomatiche, no?" Agito un indice. "Un dolore immaginario, ma non per questo meno reale... E che non può guarire semplicemente smettendo di pensarci, anche se è quel che molti medici han detto a me. Di rilassarmi, perché non è reale."

    Mi poggio con la schiena contro il fianco di una panca, incrociando le braccia. Come impostare il discorso? Dio, aiutami tu. Roteo gli occhi, ma nessun cherubino dai riccioli d'oro mi saluta dal cielo di questa navata.

    "...Mi stupisco che s'interessi alla mia religione, visto la bruttezza di questa chiesa. Dovrebbe vedere una cattedrale vera." Mormoro a mezza voce.

    Gli architetti medievali dipingevano le loro navate di blu, triturando preziosi lapislazuli per dare ai fedeli l'impressione di star rimirando il cielo. Questo grigio color cemento mi dà l'impressione di star guardando verso il basso, invece; verso l'inferno sottostante l'asfalto.

    "Ma sto divagando."

    Riporto lo sguardo sul mio interlocutore. Sospiro. Nessun giro di parole può aiutarmi a rendere la verità meno insensata.
    Tanto vale che lasci le mie labbra con la delicatezza di una bomba, allora.

    "Ho una pallottola nel cuore che nessuno può vedere perché si trova in una quarta dimensione spaziale."

    Una pausa, giusto per valutarne l'espressione.
    Poi, un'idea.

    "...Se mi passa quella bibbia provo a spiegarle meglio." Suggerisco, allungando un braccio.
    "Il suo Quirk ha a che fare con portali dimensionali, mi dicono. Posso chiederle in confidenza come funziona? Forse possiamo trovare un punto d'incontro."

    Rendere meno incompatibile il nostro linguaggio.

    Robin Allard

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    Ho avvisato in assenze ma scusa ancora per il ritardo ;w;
     
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    Sfortunatamente per le teorie scientifiche di Robin, la coda di Yuya non era eredità del regno animale. Le poche e rare volte in cui da bambino i suoi genitori lo avevano portato a fare le analisi del quirk, per controllare che tutto si stesse sviluppando correttamente, mai era risultato che avesse del DNA non umano in corpo; esattamente come sua madre, dalla quale - per l'appunto - aveva preso quella fisionomia. Quindi era un po' difficile stabilire che tipi di emozioni veicolasse Yuya con la coda, ma per il momento - vi possiamo assicurare - non erano né felicità né malcontento.
    La rossa si presentò come Robin, Robin Allard, e il corvino la ascoltò con un vago e curioso interesse, chiedendosi dove stesse cercando di arrivare con quella lezioncina scolastica.
    D'altronde prima dell'avvento della medicina moderna si credeva anche che le allergie fossero patologie psicosomatiche, quindi ci sarebbe stato parecchio di cui conversare a riguardo, tuttavia Yuya voleva diventare un chirurgo, per cui quella branca gli interessava un po' meno.
    «Senza dubbio.» rispose, un sopracciglio appena inarcato, ancora non certo di poter aiutare. Quando la causa di una patologia diventava dubbia, la possibilità che fosse di origine psicologica doveva essere sempre presa in considerazione, anche se comunque esistevano i pazienti che non si volevano rassegnare ad averle. Robin non sembrava avere problemi con quel fattore, dopotutto aveva appena ammesso di aver studiato psicologia... quindi che cosa era venuta a chiedergli?
    Yuya scrollò le spalle, sempre con il libro sacro stretto fra le mani. Di certo non poteva essere lì per lamentarsi di quanto fossero brutte le chiese in Giappone: era un pessimo soggetto con cui farlo, e poteva assicurare che i preti lo fossero ancora di più.
    «Beh, in effetti mi interessa la religione, non il luogo di culto. Non metto in dubbio che in occidente possano esistere dei capolavori architettonici migliori, eppure sono particolarmente legato a questo luogo. Non direi che mi dispiace. Lo trova strano?» osservò, alzando lo sguardo verso l'alto, quasi all'unisono con il suo interlocutore e portandosi una mano al mento, a sfiorarsi appena la leggera peluria della barba che continuava a crescere imperterrita nonostante si radesse quasi tutte le mattine.
    Ma i motivi di tale legame li abbiamo già spiegati nel primo post, ripeterli non serve a molto.
    A fargli riabbassare lo sguardo, tuttavia, non fu l'assenza di adorabili angioletti dalla chioma dorata, ma la frase successiva, che lo stupì alquanto.
    «Una... pallottola?» mormorò, a mezza voce, non del tutto certo di aver capito bene.
    Non era una metafora un po' strana per definire una pena d'amore?
    Scherzi a parte, neanche Yuya con tutta la sua spavalderia del caso si sarebbe mai sognato di fare una battuta del genere davanti ad una pseudo-sconosciuta. Ma era certamente uno strano posto per finire a parlare di proiettili incastrati nel cuore, non sarebbe stato meglio, che so... un pronto soccorso?
    E per quale motivo lui sarebbe dovuto essere in grado vedere una pallottola incastrata nella quarta dimensione spaziale? Stava per diventare un dottore, non un fisico esperto di teoria delle stringhe.
    Eppure un attimo prima che potesse aprire bocca e porre forse la domanda che forse gli avrebbe permesso di congedare Robin e tornare alle sue letture, la rossa calpestò la mattonella sbagliata, facendo aprire la botola del labirinto che dava sulla fossa dei serpenti.
    Yuya aveva smesso da un pezzo di portarsi i coltelli e le sue armi a giro, ma in quel momento un po' lo rimpianse. Non che si sarebbe mai messo a puntare una lama alla gola di qualcuno dentro una chiesa anche se l'aveva già fatto, però lo avrebbero indubbiamente fatto sentire più al sicuro.
    Era quasi più di un anno che non usava il suo quirk per scopi diversi dal "non arrivare in ritardo" in qualche posto, e in tutta Tokyo c'erano letteralmente quattro persone che sapevano che esso fosse qualcosa di diverso da un semplice mutant dotato di coda: Yami, Daisuke, Ryo e la dottoressa Omori. Non usava più "Nocturne" da quando era uscito dalla casa di Eternium dopo quella notte di febbraio, e ormai era probabile che anche la taglia che aveva scoperto di avere sulla testa fosse scaduta o avesse perso quasi di valore. Inutile dire che era diventato un po' paranoico sulla questione. Era impossibile che Teruko avesse detto qualcosa. Yuya si fidava di lei quanto i tre membri di Eternium e sapeva che la dottoressa non avrebbe mai e poi mai esposto così tanto un qualcosa che avrebbe potuto mettere a rischio la clinica.
    Un sospiro, Yuya socchiuse appena lo sguardo, abbassandolo verso terra, e tese la Bibbia verso la donna, attendendo che allungasse una mano per afferrarla.
    «Ho una domanda anche io. — disse, risollevando le iridi dorate su quelle bicolori della donna. — Per chi lavori? E cosa vuoi da me? Ti conviene dirmelo in fretta, prima di trovarti anche qualcos'altro, nel cuore.» La cortesia prima di tutto.
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    La parola "strano" — in francese étranger — deriva la sua etimologia dal latino extera, ovvero esterno; fuori posto. Incongruo. Estraneo alla normalità.
    È strana per me, questa chiesa? Nell'architettura, lo ammetto, mi è del tutto aliena. Ma sarebbe strano anche trovare un'antica cattedrale europea su questo suolo nipponico, in cui la religione cristiana è arrivata tardi prendendo strane forme.
    E come al solito non v'è altra scelta, per me, oltre al sentirsi costantemente fuori luogo.

    "È... Diversa a quelle a cui sono abituata," mi limito a commentare, tornando poi a parlare di faccende mediche. Sì, dottore, una pallottola. Lei mi crede? Vorrei davvero risolvermi questo problema di salute, e non sono qui per scherzare. Perché tanto sospetto? Non vede che sono solo una povera donna indifesa?

    Per chi lavoro, mi chiede, mentre la mia mano stringe la Bibbia. Dovrei sentirmi moralmente in obbligo a dire la verità?
    Vorrei fargli notare che è così incongruo per un dottore minacciare la vita di un paziente, specialmente in chiesa — ma una volta tanto, non sono interessata a farmi dei nemici.

    "Eden," replico in un soffio, mantenendo lo sguardo fisso sulle iridi ambrate di lui.
    Fa ancora tremare, questo nome, o siamo per il Diavolo soltanto un mazzo di fiori ormai appassito?

    "Ma non è il giardino spinato a mandarmi. Il mio motivo già gliel'ho detto: ho una strana condizione medica, e sono alla ricerca di un dottore che finalmente mi stia ad ascoltare. Ho usato i mezzi della mia gente per individuare lei come possibile candidato, ma sono qui in veste puramente personale."

    Stringo il libro sacro, tirandolo leggermente verso di me; giusto per vedere se molla la presa.

    "Soldi puliti, un caso interessante, e nessun coinvolgimento in affari che non la riguardano. Mi stia ad ascoltare, almeno, prima di giudicare. Per favore?" Un mezzo sorriso, chiaro tentativo di arruffianamento.
    Personcina interessante, questo Diavolo.
    Robin Allard

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    Eden. Un nome, un fiume di ricordi. Per poco non scoppiò a ridere. Ma certo, ovvio, perché non ci aveva pensato prima? Yuya si portò la mano libera alla fronte, si fece sfuggire uno sbuffo sarcastico, sferzò l'aria con un guizzo della coda e alzò gli occhi al cielo. Quel metaforico cielo che era il soffitto di cemento armato della Cattedrale. Niente stelle per lui, angeli meno che mai. «Tch. Chiaro, perché non ci ho pensato. Chi te l'ha detto, Junko?» soffiò, alquanto divertito dalla situazione. Era una domanda retorica.
    Non aveva davvero bisogno di una risposta: Junko era l'unica altra persona a sapere del suo quirk. L'unica che gli veniva in mente. Peccato che forse quello che aveva detto a Robin non era proprio corretto.
    Attorniato dal lieve brusio degli altri fedeli presenti all'interno della chiesa, il corvino fece slittare due dita sulle tempie, socchiuse gli occhi, e prese a massaggiarsi appena la fronte, come se stesse cercando di scacciare un mal di testa inesistente. Onestamente, credere alla pallottola era l'ultimo dei suoi problemi al momento.
    Chissà se Robin lo sapeva che la loro adorata Madame era morta per causa sua? Non che Yuya avesse intenzione di affrontare l'argomento, non era certo masochista, se la rossa era all'oscuro della questione non sarebbe di certo stato lui a dirglielo. Ad evitare i sensi di colpa era sempre stato un maestro. Lo divertiva solo l'idea di un membro del gruppo che gli chiedeva aiuto.
    Non aveva niente contro l'Eden, men che mai aveva paura di loro. Lo avevano assoldato come mercenario tempo fa, e quando si fanno queste scommesse bisogna essere pronti a perdere. Ecco, Yuya aveva perso, per questo gli interessava più che Eden non ce l'avesse con lui che il contrario. Era piuttosto convinto che così non fosse, ma non aveva mai più avuto contatti con nessuno di loro, dopo aver... litigato e salvato la vita a quell'isterica e ingrata della loro vice.
    Attualmente aveva però anche zero motivi per fidarsi di una qualunque parola fosse uscita dalla bocca di Robin, per cui rimase coerente con sé stesso e non lo fece. Non scelse nemmeno di non fidarsi chiaramente, anzi, dopo essersi preso quell'attimo di riflessione, si passò le dita fra i capelli, scostandosi il suo solito ciuffo color pece dalla fronte, risollevò le palpebre e tornò a guardare Robin. Lasciò andare la Bibbia, che ancora stringeva nell'altra mano, e passò oltre. Dopotutto era un affiliato della clinica Omori, e la loro politica era che delle cure - di qualunque natura fossero - non andassero rifiutate nemmeno ad un loro acerrimo nemico. Era territorio neutrale. Il posto perfetto per un campione di neutralità.
    «E sia. – rispose, pur sempre un briciolo spazientito, il desiderio di cavarsi da quella situazione quanto prima. – Faremo in modo che si tratti di un lavoro per conto della clinica.» asserì, il bugiardo per eccellenza. Si portò una mano al petto, sopra la camicia bianca, a ridosso del cuore, e si inchinò leggermente, le labbra incurvate nello stesso sorriso di un serpente che scopre le zanne. E come concludere un contratto se non presentandosi con il nome che lo aveva accompagnato per tutto quel tempo? Certo, era un nome marginale e raramente comparso affianco a quelli dei grandi deturpatori della città, ma dal punto di vista di Yuya, era un vanto. Preferiva essere un criminale destinato a fare la fine di Jack the Ripper, piuttosto che passare il resto della sua esistenza dietro le sbarre per aver fatto esplodere Londra. «Nocturne, al suo servizio. Diceva, della pallottola?»
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    Come la maggior parte degli altri primati, gli esseri umani sono animali sociali che istintivamente ricercano la compagnia del simile, formando nuclei familiari più o meno estesi e organizzati. La creazione di un branco, tuttavia, implicitamente porta alla creazione di un secondo gruppo: quello contenente le persone esterne al branco. Noi contro voi. E così, una naturale tendenza alla socializzazione finisce per diventare primario motivo di conflitto, portando scontri tra fazioni che poco hanno di diverso tra loro oltre alla superficialità.

    "Chi te l'ha detto, Junko?"

    Annuisco alle parole di lui. Sì, è stata Junko a fare la spia — una persona che poco apprezza Yuya e che forse storcerebbe il naso nel vedermi ricercare il suo aiuto, percependolo come un tradimento del nostro gruppo. Ma si può parlare veramente di gruppi quando l'umanità s'è frammentata in mille specie come un raggio di luce riflesso in un prisma? Io di certo umana non mi ritengo. Di conseguenza, mi riesce difficile pensare ad Eden come un'aggregazione di simili. La mia famiglia per me non è che un'accozzaglia di anomalie, a me euguali solo nella loro diversità dall'essere umano standard.
    Eden è la mia casa, a cui tengo più di quanto vorrei. Ma non accetterò mai di danneggiare me stessa per cieca fedeltà ad un gruppo.

    "Affare fatto."

    Che questo sia un accordo privato tra due individui, dunque. Yuya - no, Nocturne - e Robin Allard, medico e paziente.
    Un lungo respiro. Tempo di spiegare la storia della pallottola.

    "Se un mondo esistesse nelle pagine di questa Bibbia, sarebbe un luogo bidimensionale, piatto come un foglio di carta." Poggio un dito al centro della pagina aperta. "I suoi abitanti sarebbero in grado di percepire solo due dimensioni spaziali: larghezza e altezza." Scorro il dito prima in un senso e poi nell'altro, tracciando un'immaginaria croce sul foglio. "Se una creatura del nostro mondo discendesse sul foglio, la vedrebbero comparire dal nulla, perché incapaci di comprendere il concetto di profondità. E nel vederla volare via..." Sollevo piano il dito dalla carta. "Penserebbero che sia scomparsa, come per miracolo."

    Chiudo il libro con un gesto secco della mano.

    "La nostra realtà ha multiple dimensioni spaziali. Gli umani di norma ne vedono tre. Io ne percepisco quattro."

    Agito il polso, dando una dimostrazione del mio potere: mano e libro si accartocciano su se stessi, come un foglio di carta origami che viene ripiegato, triangolo dopo triangolo, fino a scomparire.
    È un effetto difficile da spiegare a parole. Supporto visivo di accompagnamento.

    "Quando mi hanno sparato, istintivamente mi sono piegata nella quarta dimensione, cercando di schivare il colpo. Solo che devo essermi mossa proprio mentre la pallottola mi colpiva, e..." Una smorfia. "Ora ho una cicatrice da arma da fuoco sul petto, ma nessun foro di uscita, e la pallottola non risulta in nessuna scansione. Penso sia come... Rimasta incastrata."

    Spiegazione pronunziata con la stessa faccia di qualcuno che ha appena azzannato un limone.
    Mi rendo conto che suoni stupido. Io stessa mi sento stupida.

    "Non riesco più a usare il mio Quirk come prima. Se mi piego troppo... Fa male." Mi porto l'altra mano al cuore. "Se un chirurgo mi aprisse il petto non troverebbe niente. Se io provassi a piegarmi per riportare la pallottola qui... Probabilmente ci riuscirei, ma poi la pallottola sarebbe nuovamente nel mio petto e occorrerebbe agire in fretta. Comprende il problema?"

    Io ho studiato psicologia, dottore, e non medicina, ma non mi risulta che le operazioni a cuore aperto si possano fare in anestesia locale, lasciando al soggetto la possibilità di far ricomparire una pallottola da prendere al volo.

    Piego nuovamente il polso, facendo ricomparire mano e Bibbia, e porgo il libro sacro al quasi-dottore.

    Robin Allard

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    Energia 90/100 || Tecnica usata:
    Coniglio nel cappello [Livello 1] [10 + 5 PE]
    Immaginate una mensola con degli oggetti poggiati sul bordo. Se qualcuno spostasse quegli oggetti più in profondità, spingendoli fin contro la parete, non sarebbero più visibili da ovvervatori più bassi della mensola. Ecco, è così che sono in grado di far scomparire oggetti: è come se li spingessi in uno spazio che voi non riuscite a vedere dalla vostra posizione. Una spinta per farli scomparire, un'altra per farli apparire.

    Posso applicare questa tecnica solo su oggetti inanimati, non più grandi di un metro e/o di una ventina di kg.

    Tecnica duratura di sparizione: 10 PE per nascondere un oggetto, 5 PE di mantenimento per ogni turno in cui rimane nascosto.
     
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    Yuya sgranò gli occhi esterrefatto. E fu tutto quello che riuscì a fare per circa quattro secondi e mezzo. Per fortuna o sfortuna che dir si voglia, esperienze ben peggiori lo avevano allenato a reagire allo shock in fretta, che più a quel che aveva visto era dovuto alle parole che aveva sentito, per cui ebbe tutto il tempo per sospirare e scuotere impercettibilmente la testa. Abituato a Daisuke che faceva sparire le cose e che pur di non alzarsi dal divano a volte usava il quirk per raggiungere il telecomando e di tanto in tanto pure il frigo in cucina, un trucchetto del genere non lo impressionava. Senza contare che aveva capito subito che non era semplicemente diventata invisibile o che stesse giocando in altri modi con la rifrazione della luce, perché quando qualcuno interagiva con lo spazio che gli altri non erano in grado di percepire, avvertiva uno strano pizzicore alla base della coda, tanto più forte tanto più era vicino al soggetto in questione. Succedeva quasi tutti i giorni, quindi aveva imparato a ignorare la cosa, a meno che non fosse in una qualche circostanza che richiedesse la sua completa attenzione come quella.
    Il problema veniva da tutto ciò che Robin aveva detto dopo. Si puntò le mani sui fianchi ed alzò il viso verso l'alto, prendendo improvvisamente a camminare su e giù per la luminosa navata della chiesa, pur senza allontanarsi veramente.
    «Io penso che tu sia molto fortunata ad essere viva. — fece, dopo qualche istante, muovendo la coda ritmicamente e tornando a volgersi verso di lei. — Giusto perché tu lo sappia, non sempre è possibile recuperare ciò che rimane dall'altra parte continuò. In quel poco tempo, Yuya aveva concluso due cose: uno, non potevano operare Robin tenendola sveglia; due, se la operavano c'era il serio rischio che non si svegliasse più. L'opzione più saggia era lasciare il proiettile dov'era, ovunque esso fosse, ma andava chiaramente contro ai desideri della cliente, e quindi - purtroppo - non era un'opzione contemplabile.
    Fissò Robin, ancora appoggiata alla panca, il libro ricomparso in mano. Yuya aveva puntualizzato perché lo sapeva bene, lui aveva perso un genitore in quel modo, quindi aveva ritenuto fosse meglio non creare false speranze. Coincidenza voleva che suo padre avesse avuto un Quirk estremamente simile a quello di Robin, e che nel periodo prima di sparire sembrava essersi dannato per cercare di carpire qualcosa sul funzionamento dei Quirk come i loro che quando era successo Yuya aveva avuto modo di dannarsi per mesi e mesi sulle ricerche dell'uomo per capire cosa potesse essere andato storto. Al tempo era poco più di un ragazzino, ma qualcosa gli era rimasto. Anzi, era sicuro di conservare ancora la maggior parte delle cose in una chiavetta USB chiusa in un cassetto in camera sua. O meglio, casa di Yami ora.
    Yuya frugò nella propria borsa e tirò fuori il cellulare, dando una veloce occhiata all'orario. Tra non molto sarebbero cominciate le funzioni religiose. Alzò gli occhi dorati. «Ho bisogno di vedere la cicatrice.» disse. Da quel che aveva capito Robin aveva spostato il proiettile nell'esatto momento in cui era stata colpita, ma era comunque stata ferita. «E ho bisogno che tu mi dica di quanto tempo fa è, come sei guarita la prima volta e quanto era profonda la ferita che ti sei trovata addosso.» chiese, tornando a riporre il telefono, questa volta in tasca. Non aveva nemmeno lontanamente finito con le domande, ma era meglio diluirle un poco alla volta. L’anamnesi era estremamente importante per comprendere la situazione da affrontare. Sapeva già che Teruko si sarebbe rifiutata di operare una persona virtualmente sana, ed era quello il problema principale. Yuya non aveva ancora le qualifiche necessarie per operare una persona e si sarebbe affidato alle sue capacità solo in casi in cui la vita del paziente era letteralmente appesa ad un filo. Contesto che quello non era. Chiaramente non le stava chiedendo di spogliarsi in chiesa, per il momento si sarebbe accontentato di ottenere delle risposte. Perché prima di parlare d'altro doveva capire come funzionava il quirk di Robin e se esistevano altri modi, meno rischiosi di aprirsi il petto in due, per recuperare la pallottola. Aveva un paio di teorie, ma dipendevano un po' dalla cartella clinica del paziente.
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    Le discussioni riguardanti la validità legale e morale dell'eutanasia vertono intorno al concetto di sacralità della vita. Per l'essere umano, il miracolo dell'esistenza — dell'autocoscienza legata al qui ed ora — è così sacro da trovare oscena la volontà di privarsene. Si implica una certa incapacità di intendere e di volere da parte dell'aspirante suicida; l'idea che il sofferente non realizzi appieno che le sue sofferenze, per quanto orribili, sono comunque meno mostruose della non-esistenza. Penso che tu sia molto fortunata ad essere viva.

    "Preferirei morire che continuare a vivere quest'esistenza mutilata," rispondo con calma, e non v'è alcuna traccia di emozione nella mia voce. Non sto drammatizzando, ma esponendo un fatto.

    "Conosco i rischi. Nel caso di una mia prematura dipartita, Eden non ti verrà a cercare."

    Non credo che mancherei a molti, dopotutto. Oh, Kensei e Catherine la verserebbero qualche lacrima, ma perché non abituati al vuoto da me lasciato, non perché veramente mi trovassero simpatica.

    "Ho bisogno di vedere la cicatrice."

    "Oh? Vuole che mi spogli per lei, dottore? Ci chiudiamo in un confessionale?" gli chiedo, un sorrisetto sornione sulle labbra.
    A me non spiacerebbe che lui si spogliasse in mia presenza. Come si connette la sua coda al resto del corpo? È una prolungazione dell'osso sacro, o la sua anatomia diverge dall'umano in altra maniera? E quella sua pelle così colorata, quasi luminescente, come funziona? Include fotofori, come un pesce luminescente?
    Posso avere un campione?

    "...Gli manderò delle foto." Scherzavo. Anche se è così strano, per me, scherzare. Interagire con una creatura con cui mi interessi effettivamente parlare di niente.

    "Mi hanno sparato..." Breve calcolo mentale. "Otto anni fa." Otto anni buttati nel cesso, vivendo una vita da disabile, fingendo di non ricordarmi come fosse essere in grado di non essere qui. "Non ricordo molto onestamente, ma posso mandarle la mia cartella clinica. So che mi hanno sparato al petto e la pallottola è entrata in profondità, perforandomi il ventricolo destro prima di sparire. Una volta suturata la ferita, la guarigione è stata... Normale." Sorvoliamo sul fatto che sia rimasta in stato catatonico per un anno, mh? Grazie. "La ferita si è rimarginata senza complicazioni. Ho iniziato a provare dolore nella zona del petto quando usavo il mio Quirk, ma i medici hanno sempre ritenuto fosse un problema psicosomatico. Col tempo mi sono arresa e ho iniziato a limitare l'utilizzo dell'Unicità sempre più."

    Sospiro.

    "Prima che mi sparassero, ero in grado di piegarmi interamente nella quarta dimensione, sparendo totalmente alla vista ed effettuando movimenti che, al normale occhio umano, appaiono come una forma di teletrasporto. Ora invece lo applico solo alla zona degli arti, evitando di sparire interamente o manipolare la zona toracica. In questo modo non provo dolore, ed evito di far riapparire pallottole per sbaglio, ma... Questa condizione è oltremodo limitante."

    Mi stringo nelle spalle.

    "Apprezzo che non mi abbia chiesto perché mi abbiano sparato, comunque." Anche perché se glielo dicessi poi dovrei ucciderlo, probabilmente, e poi Junko ucciderebbe me. Affari di Eden. "E mi spiace ripagare tanta discrezione con la mia curiosità, ma... Mi chiedevo se è vero, quel che mi ha detto Junko sul suo Quirk. Anche lei è in grado di muoversi in altri spazi?" Domando, intrecciando le dita, un barlume di curiosità negli occhi.

    "Di solito la gente... Fa più domande o mi prende per pazza, quando cerco di spiegare come funziona il mio."

    Abbasso gli occhi sul pavimento.
    Non so perché sento il bisogno di giustificarmi.

    Robin Allard

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    «Certo, certo.» la liquidò il corvino, con un rapido cenno della mano destra, senza darle troppo peso, mentre accennava a riporre il suo libro - di cui frattanto era tornato in possesso - nella propria borsa.
    Esistenza mutilata. Quanto la faceva lunga per un quirk leggermente fuori uso.
    Non fraintendete, Yuya era favorevole all'eutanasia, nonostante le controverse implicazioni che si portava dietro come argomento. Nella sua mentalità da medico pensava che andasse attuata solo e soltanto se la malattia a cui il paziente era costretto a far fronte fosse incurabile e se vivere gli procurasse più sofferenza che no. Ironico che in quel campo gli animali avessero più diritti degli esseri umani, vero?
    Il resto erano solo vaneggiamenti di persone che a parole si credevano tanto brave, e le considerava una mancanza di rispetto nei confronti di quei pochi che male stavano davvero e che avrebbero voluto vivere seriamente. Essere stato più di una volta negli ospedali di 30Minutes aveva certamente condizionato il suo punto di vista, ma era un bene, considerando quanto la sua morale fosse di base poco salda.
    Se, infatti, fosse stato solamente Yuya in quel momento, senza dover filtrare le cose da un punto di vista medico, probabilmente avrebbe riso e avrebbe risposto "allora vai e ammazzati". Meglio andare oltre.
    «Ma non si preoccupi, non ho paura di Eden.» Non più almeno. C'era stato un tempo in cui sicuramente l'idea che qualche superstite dell'organizzazione venisse a cercarlo gli aveva messo terrore, ma era una stizza che era sfumata nel tempo. Ora sapeva di essere abbastanza forte da difendersi, e aveva dei compagni altrettanto forti che non avrebbero comunque perdonato un tale affronto ad uno dei suoi membri. Era strano che uno come Yuya fosse arrivato addirittura a riporre la propria fiducia in dei compagni. Anche dopo la vicenda del sagrestano lui aveva un po' preso le sue distanze, eppure... avevano rispettato il suo silenzio. E c'erano comunque stati: non era del tutto sgradevole. Tranne qualche dettaglio che ancora Yuya percepiva come troppo estraneo al gruppo, ma di parlarne ora non ne valeva la pena.
    «Ah, e apprezzo la sua proposta, ma ho una ragazza molto gelosa. E se devo essere sincero di lei ho molta paura. — ribatté, a tono. Il che non era del tutto una bugia, non che avesse mai avuto occasione di scatenare la gelosia di Yami, ma chiunque avrebbe avuto paura di una ragazza a cui prendevano fuoco i capelli capace di bruciare te, casa tua e i cinque ettari che la circondavano. — E comunque sarebbe poco cortese davanti agli occhi del signore, mh? Direi che abbiamo l'anima già abbastanza macchiata di nero per lui, no?» Anche se probabilmente non facevano un'anima in due.
    Presa nota mentale del racconto di Robin, Yuya incrociò le braccia e si fece pensieroso, cominciando a tamburellare le dita di una mano sul braccio opposto.
    «Non sono più interessato alle diatribe tra organizzazioni criminali come un tempo. E la clinica di Nightingale è territorio neutrale.» osservò, anche se in realtà poteva ben immaginarlo. Come detto, era rimasto coinvolto con l'Eden e non erano in molti a poter raccontare di essere sopravvissuti, dopo aver accoltellato Blank. «Ma apprezzo che lei non mi abbia chiesto perché conosco Junko.»
    Meglio chiudere quel discorso così.
    Alla domanda successiva, un sorriso divertito tagliò di netto in due il viso di Yuya.
    "Anche lei è in grado di muoversi in altri spazi?"
    «Why, yes. Anche se temo sia un tantino appariscente per mostrarlo al momento.» ridacchiò.
    Cos'era quella faccia da cane bastonato, ora? Era interessata perché aveva trovato un suo simile?
    «Ad ogni modo, da ciò che dice deduco che non sappia nel dettaglio come funziona il suo quirk. È una cosa comune, non si preoccupi. La maggior parte delle persone lo usa senza nemmeno pensare al suo funzionamento. Esattamente come usano le mani senza sapere tutti i tendini che vi passano. Tristemente non posso decantarmi un esperto del settore, ma posso azzardare qualche ipotesi. Ha mai provato a spostarsi all'interno di un oggetto solido? Ecco, se la risposta è no, non lo faccia. Le assicuro che è molto doloroso e l'esperienza più vicina alla morte che potrebbe mai provare. — Lui ne sapeva qualcosa? Beh, non volontariamente. Visualizzate un Yuya bambino nella vostra mente. Fatto? Bene, adesso provate ad immaginare come poteva essere gestire un ragazzino di sette anni in grado di teletrasportarsi. Un ragazzino di sette anni con una percezione del mondo ancora molto piatta e astratta sotto tanti punti di vista. Gli era capitato più di una volta di finire con qualche arto a metà fra un muro di casa sua e l'altro. Cosa succedeva in quei casi? Non potendo due cose sovrapporsi, per qualche assurdo principio della fisica che regolava il suo muoversi da uno spazio all'altro, quello a doversi togliere di mezzo era lui e non l'ipotetico muro. — Se ci provasse, verrebbe risputata fuori con violenza, perché per lei lì non c'è posto. E i suoi muscoli proverebbero un'esperienza simile a di uno strappo. Non pare essere un danno fisico quanto uno che riflette il nostro cervello che non può processare un'informazione simile. Non mi è mai successo e non proverò per amore della conoscenza, ma è probabile che se provassi a spostarmi per intero in un oggetto solido, morirei.»
    Piccola pausa per lasciar attecchire quelle nuove informazioni. Ora arrivava la parte difficile. Collegare tutto quello al problema di Robin. Yuya sciolse le braccia, arricciando appena la coda per riflesso.
    «Quindi penso che esistano due possibili outcome: il primo è che il proiettile rimanga dov'è stato fatto sparire, ovvero nel suo ventricolo, senza causarle nessun'altro danno non risolvibile con un intervento chirurgico normale; il secondo, e molto più probabile, è che il proiettile non trovi posto perché lei è guarita e venga semplicemente risputato fuori. Probabilmente riaprendo la ferita nello stesso esatto modo in cui è stata inferta. Il che sarebbe molto doloroso, ma quantomeno non ci sarebbe da preoccuparsi di rimuovere la pallottola. Solo di richiudere la ferita.» spiegò, tentando di farla più semplice possibile, mentre contava le cose che diceva con l'indice e il medio della mano destra.
    «Con ciò non voglio dire che dopo sarà immediato tornare ad utilizzare il suo quirk come prima. Se non lo usa in modo esatto da... otto anni? Probabilmente la sua forma mentis si sarà atrofizzata abbastanza da farle dimenticare come si fa. D'altronde un quirk è come un muscolo, ma non si allarmi, un po' di esercizio e sarà come nuovo.» concluse. Anche lui sapeva scherzare, ogni tanto.
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    CITAZIONE
    ALLORA BENE. Anche questa volta la mia cazzata l'ho fatta. Letteralmente è tutta la role che nel codice ho scritto che Yuya è al livello 7, ma in realtà è AL LIVELLO 8 DA TIPO CINQUE MESI. Ormai non correggo nei vecchi post, metto solo il livello giusto da qui in poi. Scusa ddraig, abbi pietà.

    Also edit ho corretto un typo.


    Edited by Ryuko - 28/9/2021, 00:08
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    Nel mondo universitario, il dipartimento di psicologia occupa fermamente l'ultimo gradino della scala del prestigio — un'istituzione troppo "soft" e nebulosa per essere classificabile come scientifica, meta preferita di ragazzine neo-maggiorenni dalle idee poco chiare che si iscrivono alla facoltà per "conoscere meglio se stesse". Come se fosse un obiettivo ridicolo e degno di scherno, il rendersi consci delle proprie conflittualità.
    Sapevate che fluttuazioni ormonali possono avere un impatto sull'attività neurale, influenzando il modo in cui ragioniamo? E che la flora batterica sembra avere un effetto simile sul controllo del pensiero? E che dire dei mille patogeni dall'aria apparentemente innocua che sembrano aver effetti poco compresi sulla psiche, come il sospetto collegamento tra toxoplasmosi e apprezzamento per i felini? Per non parlare poi del modo in cui i Quirk stessi impattano l'attività neurale — un campo di ricerca affascinante quanto impossibile, troppo frammentato da differenze biologiche individuali che rendono impossibile ogni tipo di generalizzazione.
    Il MIO campo di ricerca.
    Motivo per cui lo spiegone del signor Yuya viene accolto da un sorriso da leone che ha appena visto una gazzella entrare nel suo territorio.

    "È probabile che se provassi a spostarmi per intero in un oggetto solido, morirei."

    "Confermo l'ipotesi. Ho fatto esperimenti su animali," replico pacata. "Se hai bisogno di ulteriori dettagli tecnici sul funzionamento del mio Quirk posso condividere il mio progetto di ricerca, anche se mi ci vorrà qualche giorno per riorganizzare un decennio di appunti in maniera comprensibile a terzi. Ti intendi di neuroscienze, o devo cercare di semplificare il linguaggio?" domando, sorridendo angelica.
    Attendo il termine del suo discorso prima di permettermi altri commenti. La sua ipotesi finale, lo ammetto, mi ha lasciato un po' interdetta. Per qualche motivo il proiettile dovrebbe schizzarmi fuori dal corpo? Un cuore non è un muro, ma un muscolo cavo, vuoto...


    ...Ma pieno di sangue, giusto. È pur sempre materia, seppur non altrettanto solida.
    Mi prendo un paio di attimi per valutare la proposta, sguardo che vaga sui pochi altri presenti di questa grigia chiesa.

    "Dalla tua spiegazione, i nostri Quirk sembrano funzionare in maniera pressoché identica: a differire sono solamente le cause biologiche." Giungo le mani, iniziando a camminare su e giù per la navata. "Mi domando se esistano delle regole generalizzabili sul funzionamento dei Quirk di spostamento extraplanare, o se la nostra sia solo una fortunata coincidenza..."

    La quarta dimensione spaziale a cui possiamo accedere entrambi è la stessa? Se usassimo i nostri Quirk nello stesso istante e nello stesso momento, saremmo in grado di incontrarci? E se io usassi il mio Quirk mentre lui mi trasporta in un altro piano usando il suo, dove finirei?
    Domande dalle risposte possibilmente letali, ma in cui mi è impossibile non perdermi per qualche istante, tornando a fissare il soffitto.

    "...Ma sto divagando, scusa. Deformazione professionale," concludo, tornando a voltarmi verso il non-dottore. "Il piano mi sembra solido. Immagino sarebbe saggio cercare di replicare le circostanze in cui mi hanno sparato, mettendomi nella stessa posizione, per massimizzare le probabilità che il proiettile segua la stessa traiettoria al contrario anziché schizzare in direzioni a caso..." Una smorfia. "Ci tengo al mio cervello, vorrei rimanesse intero."

    Mi sento solitamente un po' in colpa quando tiro fuori un cellulare in chiesa, come se portassi una stonatura estetica in un luogo che non se lo merita. Ma in questa bara di cemento, non provo alcun fastidio nell'estrarre il telefono da una tasca.

    "Ti giro il mio contatto, così possiamo organizzarci. Per il conto, immagino dovrò parlarne con Omori. E riguardo il decorso post-operatorio..." Sollevo lo sguardo dallo schermo. "Ritengo che usare un Quirk sia più come l'andare in bicicletta che usare un muscolo... Ma se ci tieni a vedermi cadere, accetterò di buon grado la tua assistenza. Magari in un posto in cui possiamo permetterci di essere più appariscenti?" Un sorriso. "Sempre che la tua ragazza non sia gelosa."

    Aiuterebbe specificare alla possessiva creatura che non mi ritengo né una ragazza né un'appartenente alla specie umana? No?
    Probabilmente no.

    Robin Allard

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    ennesimo ritardo, sì, però sono stata brava e ho avvertito in assenze.
     
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    Robin gli sembrava un gatto. Avete presente quei gattini domestici che uccidono gli animaletti selvatici e te li portano in segno d'affetto per farti vedere quanto sono stati bravi? Ecco. Stare a sentirla discorrere era quasi divertente. Quasi. Anche perché Yuya aveva un concetto di "divertente" un po' atipico. Al momento, tuttavia, aveva l'impressione che dirle che almeno due delle sue ex avessero studiato psicologia, provando a psicanalizzarlo ben più di una volta e fallendo abbastanza miseramente, non avrebbe sortito la reazione sperata, quindi lasciò perdere. Diciamo che gli importava relativamente, ma il sorriso che aveva in viso faceva intendere ben altro. C'erano svariati strati da grattare via prima di poter carpire ciò che il corvino pensava davvero. «Heh. Dipende in che lingua hai intenzione di farmeli avere. Il tuo accento non è abbastanza giapponese da farmi credere che tu possa aver studiato qui. — osservò, e decise di omettere il fatto che sarebbe stato perfettamente in grado di utilizzare un dizionario o trovare qualcuno in grado di tradurglieli. Non aveva mica intenzione di mettersi a fare il lavoro sporco. Sì, era mezzo europeo anche lui, ma non era un granché ferrato nelle lingue estere occidentali, tranne appunto un po' di tedesco, lingua nativa di sua madre. — Con l'inglese me la cavo, ma... Robin è un nome... francese, sì?»
    Che avesse confermato o smentito non avrebbe fatto chissà che differenza: Robin aveva detto di essere dell'Eden, quindi non gli sembrava così insolito che fosse straniera; a quanto ne sapeva Yuya quello era praticamente un covo di orfani che la Madame si era divertita a raccattare in giro per il mondo.
    Detto ciò, la lasciò chiacchierare un po' per conto suo, ondeggiando la coda e guardandola muoversi in su e giù per la navata della chiesa. Personalmente non credeva nelle coincidenze. Almeno, non dal punto di vista biologico. Era vero che quirk come i loro erano abbastanza rari, ma Robin era pur sempre la terza persona che incontrava con un'unicità simile: era un caso? Certo che no. Era biologia. Avresti chiamato un caso incontrare due persone con un quirk che consentiva loro di manipolare l'acqua? No, ne esistevano a bizzeffe. Quirk con la coda? Pure. Ali? Altrettanto. Era come incontrare due persone con i capelli neri. Al massimo potevi chiamare "caso" incontrare una persona con il tuo stesso nome.
    «Ohoh~ qualcuno è agitato adesso.» commentò fra sé e sé, quando la recluta dell'Eden fece notare come gli sarebbe piaciuto che il suo cervello rimanesse intero. Anche Yuya alzò di nuovo lo sguardo verso l'alto, squadrando il soffitto in cemento armato della chiesa, e poi cominciò mentalmente a contare. Doveva mancare poco ormai. Pensò se farle notare che la memoria muscolare si chiamava così per un motivo, ma decise di tenersi quell'argomentazione per un'altra volta, dato che apparentemente la rossa doveva aver frainteso il suo discorso sull'essere appariscenti. Dopotutto, lui amava essere una persona appariscente. Villain o meno, aveva l'indole da protagonista, quella che gli aveva salvato la pelle tre o quattro volte e quella che aveva portato Robin a riconoscerlo seduta stante una volta messo piede in chiesa. Non era fatto per passare inosservato, eppure... quando voleva, sapeva farlo benissimo.
    Aveva detto che non poteva usare il quirk prima, nessuno gli vietava di farlo al momento giusto.
    «Mi dica... lei è un uomo di fede, signor Allard?» domandò, mosse un passo in avanti e allungò una mano per prendere il cellulare della criminale, rigirandole quasi di proposito la domanda che gli era stata posta all'inizio e a cui lui aveva accuratamente evitato di rispondere. Proprio in quell'istante cominciarono a suonare le campane. Yuya sogghignò scoprendo i denti e mettendo in mostra i canini appuntiti, quasi sapesse che sarebbe successo, agguantò il cellulare di Robin e sparì. Ci fu un piccolo scoppio ed una nuvoletta di fumo nerastro, come se qualcuno avesse bucato un palloncino pieno di polvere da sparo, ma il rumore del vicino e imponente campanile lo sovrastò completamente e nessuno si girò verso di loro. O meglio, verso Robin che era rimasta senza telefono. Il corvino riapparve una frazione di secondo più tardi, dietro di lei, schioccò la coda per attirare la sua attenzione e dopo qualche istante le appoggiò il cellulare sulla spalla, per restituirglielo. Sullo schermo adesso era scritto il suo numero di telefono. Pensò a Yami, attaccatissima al suo primo smartphone, quando aveva usato quel trucchetto con lei lo aveva infamato per dieci minuti buoni. Lo aveva fatto anche con il suo coltello la prima volta che si erano incontrati. Yuya doveva avere una sorta di passione per provare a fregare gli oggetti alla gente in quel modo, sapendo che loro difficilmente potevano opporsi. Ma non era un cleptomane, poi li restituiva.
    «Fossi in lei crederei nel Diavolo. È più affidabile. Le restituirò il quirk proprio come il cellulare. – asserì, con la sua solita teatralità, alzando un po' la voce per non passare in sordina sotto le campane. Era dell'opinione che Dio facesse aspettare troppo. Forse aveva troppe richieste di cui occuparsi, chissà. Non aveva neanche finito di leggere l'Apocalisse, non poteva ancora saperlo. Ma insomma, Yuya non aveva mai davvero abbandonato quella sua indole da mercenario. Era un piccolo giovane demone che si legava alle persone per mezzo di contratti, in fin dei conti. Sorrise. Quello era un ottimo esempio su come essere appariscenti in pubblico, no? Ora però era tempo di levare le tende. Non voleva mica farsi sommergere di domande, l'idea di rimanere in parte misterioso gli piaceva abbastanza. Mica lo dava a tutti il suo numero, poi. – Buona serata. Ci vediamo~.» E prima che l'ultimo rintocco risuonasse nella navata della chiesa, accanto a Robin sarebbe rimasto solo un lieve pungente odore di zolfo.
    « learn to love your inner monster. »
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    La prestidigitazione è un'arte che attrae un molto specifico tipo di persona: non è da tutti, in fondo, voler passare la propria vita su un palcoscenico a riempire di falsità gli occhi del pubblico. Ciò che accomuna maghi, illusionisti e artisti della fuga è la loro innata arroganza, una tendenza al protagonismo, la capacità di rubare la scena con un certo magnetismo implicito. Ma i prestigiatori bravi, quelli che fanno davvero carriera, sono quelli che sanno giocare con gli spettatori rendendoli parte dell'esibizione, elevandoli al ruolo di complici anziché pugnalarli alle spalle per poi vantarsi della loro intelligenza e prendersi una sediata sulla schiena.
    Ogni riferimento a fatti e zecche dai capelli blu realmente esistenti è puramente casuale.

    Ma questo Yuya, ah, lui sì che avrebbe successo se fosse interessato a cambiare carriera. Le campane, il sorriso, la frase drammatica, il tempismo perfetto prima del puff. Mi è impossibile non ridacchiare come un adolescente, di fronte a tanta teatralità.
    Uno schiocco dietro di me; un tocco sulla spalla. Ah, rieccolo! Mi volto per riprendermi il cellulare, un raro sorriso sul volto, assolutamente deliziata da questo trucco di magia.

    "Spero solo non voglia la mia anima come pagamento, signor Diavolo. Dubito la mia sia di gran valore."

    Opportuno stare al gioco, ricambiando la drammaticità con una frase altrettanto drammatica. Ma lui è già sparito di nuovo, e dubito mi abbia sentito.
    Un Diavolo. Beh, preferisco affidarmi a un tipo simile che a uno dei tanti dottori incontrati fin'ora: perlomeno se morirò lo farò in maniera interessante.

    Mi avvio verso l'uscita di questa deludante chiesa, dalla bellezza molto meno interessante del numero sullo schermo del mio cellulare. Solitamente salvo i contatti con il nome e il ruolo tra parentesi, per evitare di confondere masse poco interessanti, ma il primo impulso è quello di salvare il nome del dottore come Lucifero.
    Dubito mi dimenticherò presto chi sia, dopotutto.

    Robin Allard

    Scheda • Villain • Eden's Thorn • Livello 2 •

     
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15 replies since 5/8/2021, 23:39   373 views
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