The Place Where Stars Collide

Role || Sakiko & Castiel

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    CITAZIONE
    Nota: per via di impegni precedenti la possiamo aprire solo adesso, ma la role è ambientata all'incirca a Marzo 2023. Network purpose, vietato prendere esempio.

    Almost before we knew it, we had left the ground.
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    CASTIEL LEROY
    SCHEDAVIGILANTES


    Nell'ultimo periodo erano successe tante cose. Così tante che stava diventando difficile contarle per uno con la sua pessima memoria in fatto di numeri, ma era da gennaio, quando aveva rimesso piede nella sua città, che ogni suo tentativo di isolarsi dal mondo e prendersi qualche attimo di pace veniva sempre bruscamente interrotto da qualcosa - o meglio, qualcuno. Prima era stato CYPHER, poi Midori, Shion. Forse l'unica persona su cui aveva le idee chiare al momento era proprio la ragazza che si intervallava fra i due uomini dai capelli bianchi, almeno lì la questione era semplice; quanto al resto, sorvoliamo.
    Aveva pensato che - per una volta - il karma avrebbe avuto pietà di lui dandogli un po' di tregua, ma ovviamente si era sbagliato. Castiel si fece sfuggire un borbottio sconnesso, susseguito da un sospiro afflitto, i lunghi capelli smeraldini che ancora ondeggiavano per il vento. Uno strano rossore gli colorava le guance, e - sebbene si potesse dire che non gli capitasse così frequentemente di sentirsi a disagio - quella situazione lo stava mettendo a dura prova. Avrebbe voluto portarsi le mani al volto, per coprirselo, per spostarsi la frangia dalla fronte o per massaggiarsi le tempie perché sentiva che da lì a poco gli sarebbe venuto un gran mal di testa, ma non poteva. Nello specifico perché era occupato a tenere in braccio una principessa, come fosse un cavaliere e l'avesse appena salvata dal drago cattivo. Pessimo paragone tra l'altro, perché non sempre i draghi sono cattivi. Per inciso quella principessa non aveva neanche alcun bisogno di essere salvata e la mazza da baseball che ancora stringeva in grembo ne era sicuramente la prova, ma andiamo con ordine.
    Era uno degli stellati quartieri VIP di Shibuya, vicino ad Harajuku, e Castiel Leroy era appena atterrato - schermato dalle piante - sul balcone del proprio appartamento, le piume delle maestose ali bianche, ora semichiuse, che sfioravano dolcemente le piastrelle in ceramica. Abbarbicata fra le sue braccia c'era Sakiko Yumeno, la principessa in questione, nonché sua collega e altra idol discretamente famosa. E no, non erano sull'improbabile set di una pubblicità in cui stavano recitando la parte della bad-girl e del suo angelo custode, anche se forse sarebbe stata una spiegazione più credibile di quello che era successo, ma... andiamo con ordine abbiamo detto, no?

    Erano le undici e ventotto precise quando Castiel aveva deciso di uscire, quasi mezz'ora prima. Col senno di poi il motivo per cui aveva deciso di farlo era stupido, ma era solo in casa, Jason era chissà dove e lui si stava annoiando. Aveva già visto tre episodi di "Quirk Anatomy: Medical Division", non aveva più risorse per farmare su HAE e non aveva voglia di rispondere ai numerosi messaggi che si erano accumulati nelle svariate chat sul suo cellulare. Sarebbe potuto andare a dormire, ma non aveva neanche sonno e sarebbe stato triste. E mentre era lì che rifletteva su cosa fare, rimuginava e masticava i suoi pensieri rotolandosi fra i cuscini del divano, gli era venuto in mente che non aveva ancora dato una risposta al gruppo del suo sensei. Che sarebbe rabbrividito a sentirsi chiamare così, ma era quello che Castiel pensava di CYPHER.
    Erano passati quasi due mesi da quando l'aveva incontrato e dire che non fosse quasi un chiodo fisso nella testa dell'ex-idol sarebbe stato fargli un complimento. Alla fine, Castiel aveva seguito i suoi consigli ed era andato anche ad incontrare le persone di cui lui gli aveva lasciato il contatto: così era venuto a conoscenza dell'esistenza di un network che dava la caccia ad Aogiri, ma quando gli avevano chiesto se volesse unirsi a loro Castiel aveva scosso la testa dicendo che non lo sapeva e che ci avrebbe pensato. Aveva accennato la cosa a suo cugino, pur senza scendere nei dettagli più meccanici della vicenda, ma nonostante tutto non era riuscito a venire a capo della questione. Aveva davvero pensato di unirsi a loro? Beh, chiaramente sì. Ci stava pensando da parecchio, a dire il vero. Sentiva che avrebbe avuto un qualcosa a cui fare riferimento, ma al tempo stesso... era rischioso e pensava che una persona ben poco anonima come lui potesse essere più un fardello che un aiuto. Era quasi certo che sarebbe finito a fare la ruota di scorta. Però, anche se sul momento, quando aveva affrontato quegli spacciatori, era rimasto piuttosto scosso, aiutare il Vigilante Bianco gli era piaciuto aveva ancora la concezione che fare "la ronda" fosse... piuttosto figo. Ma soprattutto diverso da quando si era imbattuto in Cutter, perché in quel caso era stata la sorpresa ad averlo rovinato. Per lo più Castiel si chiedeva spesso che tipo di persona fosse Ren Okada e se qualcosa potesse impressionarlo. Gli sarebbe piaciuto incontrarlo di nuovo. Quindi era davvero uscito con l'intento di cercarlo? No, perché se CYPHER fosse stato così facile da trovare, qualcuno lo avrebbe acciuffato molto prima, quindi aveva fatto in modo di pretendere che non gli importasse e quella speranza l'aveva solo tenuta nascosta nel suo cuore. Tanto era pur sempre una speranza e si stava annoiando, in qualche modo il tempo doveva pur passare.
    Tuttavia, nei suoi giri da avvoltoio sopra la metropoli, ad un certo punto aveva assistito ad una scena piuttosto bizzarra: un inseguimento. Castiel era come un'aquila: quando volava aveva la vista piuttosto aguzza. Subito, si era sentito l'adrenalina montare in corpo ed aveva virato per star dietro a quello spettacolo, fin quando non aveva visto i due protagonisti infilarsi in una strada secondaria e poi in un vicolo. Credeva di essere appena fuori dal centro di Shibuya ed era abbastanza tardi affinché le persone in giro fossero poche, inutile dire che i suoi pensieri fossero partiti al galoppo. E se qualcuno aveva bisogno di aiuto? E se erano due malintenzionati? Cosa doveva fare? CYPHER cosa avrebbe fatto? Beh... ecco, non erano due criminali. Apparentemente Castiel aveva la cattiva abitudine di sorprendere vigilantes a lavoro e senza nemmeno farlo di proposito. Incuriosito aveva deciso di seguirli ed era sceso dalla sua posizione da rapace sopraelevata. Eppure non aveva fatto neanche in tempo a posarsi del tutto al suolo che aveva visto uno stendere l'altro e con niente di meno che una mazza da baseball spuntata dal nulla. Poi aveva avuto modo di accorgersi che lo sconosciuto era in realtà una sconosciuta, l'aveva sentita parlare con quel tizio per terra che probabilmente ormai neanche poteva più sentirla ed il suo "Sakiko?!" era risuonato tra le ombre di quel vicoletto quasi come una corda di violino spezzata.

    E ora non riusciva neanche a trovare il coraggio di guardarla in faccia! Lì per lì non si era soffermato molto a pensare sulle cosa, perché prima che avessero tempo di spiegarsi a vicenda le sirene della polizia (che evidentemente qualcuno aveva già chiamato) si erano fatte sentire molto meno lontane di quel che avrebbe voluto, e si era reso conto di aver rallentato la fuga della ragazza intrappolandola in quel vicolo a senso unico. E siccome scappare da lì correndo sarebbe stato come mettersi un gigantesco cartello rosso sulla schiena con su scritto "ehi seguitemi", Castiel aveva fatto quello che gli sembrava più logico fare: si era preso Sakiko in braccio, scusandosi un po' per le sue pessime maniere e borbottando qualcosa che era suonato come "devo farti delle domande", e aveva deciso di spiccare il volo e portarla con sé, sperando di non venir denunciato per sequestro di persona. Dove? Beh, a casa sua, dove erano in quel momento e dove si era reso conto di quanto l'intera situazione fosse assurda.
    «Tutto questo è estremamente imbarazzante. — mormorò infine, rendendosi conto che non aveva la più pallida idea di come attaccare un discorso di senso compiuto. Aveva molte domande per Sakiko, insomma, non era neanche sicuro che avessero tutta questa confidenza. Anche lavorando insieme Castiel le aveva sempre fatto vedere il suo lato più... professionale? Perché era pur sempre un suo fan e ci teneva al suo rispetto. Non sapeva proprio da dove partire. Anche se forse avrebbe dovuto cominciare con il metterla giù. — Comunque sei... molto leggera.» rifletté, e quello lo indusse involontariamente a posare lo sguardo sulla bionda. In effetti, non pesava quasi nulla.

    Narrato - Parlato - Pensato

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    Sakiko Yumeno

    Narrato - «Parlato»





    La sceneggiatura per quella serata si era sviluppata in maniera piuttosto diversa da come aveva programmato la giovane idol Sakiko Yumeno.

    In tutta onesta la ragazza non aveva programmato nessun tipo di attività eccitante per quella serata. Era semplicemente uscita di casa in cerca di sfuggire alla nerissima nuvola di cattivo umore che sembrava aver invaso ogni singola stanza del suo appartamento oltre che ogni angolo della sua mente.
    Imbronciata e frustrata la ragazza era uscita pestando i piedi come se fosse in collera con ogni singola mattonella che calpestava. Aveva varcato il portone d’ingresso del suo palazzo con un look piuttosto sobrio e dismesso, con un semplice paio di vecchi jeans usurati ed una felpa slargata – troppo impegnata ad essere arrabbiata per curarsi del proprio aspetto. Nemmeno la potenziale minaccia di paparazzi pronta a sorprenderla in quella condizione poco glamour e vagamente sciatta riuscì a distrarla dalla propria stizza.

    La motiva di un umore tanto funesto era un litigio. Non un semplice litigio – ma il primo litigio fra lei e Morrigan da quando… beh ecco, si poteva dire che il motivo di fondo del litigio era proprio che Sakiko non sapeva neanche come seguire quel “da quando”. Da quando cosa? Da quando avevano cominciato ad andare a letto insieme? Da quando erano diventate… cosa? Amanti?

    Sakiko non sapeva quale fosse la definizione per il rapporto che adesso legava lei e la ragazza irlandese. In verità non era neanche sicura se ci fosse qualcosa da definire.
    Erano passati praticamente due mesi dalla fatidica notte di San Valentino in cui per virtù di qualche ignota e misteriosa concatenazione di parole ed eventi era riuscita a confessare in maniera piuttosto esplicita il proprio interesse per Morrigan. La sua confessione non aveva ricevuto alcuna risposta effettiva – ma Sakiko già si aspettava un simile responso e si era preparata ad essere paziente.

    Cosi le cose fra le due erano continuate quasi allo stesso modo – beh, ad eccezione che facevano sesso insieme. E non è che a Sakiko non piacesse come stessero le cose in quel momento. Il tempo che passava in compagnia di Morrigan era sempre piacevole e l’irlandese a modo suo non mancava di darle attenzioni.

    Tutto sommato Sakiko era molto soddisfatta del presente di quel rapporto. Quello che preoccupava Sakiko però era il futuro.

    L’incertezza e il dubbio l’assillavano, rosicchiando gradualmente come malevoli roditori gli angoli della sua pazienza. La terrorizzava l’idea che Morrigan un giorno di punto in bianco si potesse stufare di lei e la tagliasse fuori dalla sua vita. E il fatto che la ragazza irlandese fosse cosi testardamente restia a riconoscere quel rapporto come uno di coppia contribuiva ad alimentare i suoi timori.
    Cosi nonostante fosse genuinamente risoluta nel pazientare aveva cominciato ad avere un po’ di difficoltà a trattenersi dall’esternare la propria insicurezza. Ed è cosi che quella sera parlando con Morrigan al telefono si era lasciata sfuggire un commento al riguardo e una parola poco ponderata tira l’altra le due avevano finito per discutere e la chiamata era terminata con Morrigan chiusa in uno dei suoi silenzi perché “non le piaceva che Sakiko le mettesse pressione”.

    Sakiko invece, privata della possibilità di ribattere, era rimasta con un arrabbiatura da smaltire senza nessuno con cui discutere o con cui sfogarsi. In fondo vista la natura di quella relazione e le limitazioni della sua carriera da idol non era esattamente facile trovare qualcuno con cui parlare. Certo avrebbe potuto andare a lamentarsi con Joshua… ma per Sakiko l’americano non era esattamente il miglior supporto per una questione di cuore cosi delicata.

    Cosi, angosciata e indisposta, la idol stava cercando di smaltire la tensione camminando senza meta per le strade del quartiere di Shibuya. Non sapeva neanche lei cosa stava cercando e in quel momento e mentre cercava invano di sfogare il suo nervosismo calciando aggressivamente una lattina vuota sul marciapiede cominciò già a sentire i primi sensi di colpa. Non voleva essere arrabbiata con Morrigan e ancora di meno voleva che Morrigan fosse arrabbiata con lei…

    La idol sospirò esasperata e si fermò vicino ad un vicolo di una palazzina. Cominciò già a contemplare l'idea di inviare un messaggio per cercare di far pace.

    Ma fu in quel momento che si rivelò un primo colpo di scena inaspettato: con la coda dell’occhio la ragazza scorse del movimento sospetto nello spiazzo di un parcheggio alla fine del vicolo. Una figura stava furtivamente armeggiando davanti alla portiera di un auto. Giusto il tempo di squadrare meglio la figura e l’idol sentì il distinto seppur attutito suono del finestrino che si rompeva.

    Un istintivo senso di eccitazione iniziò a pulsarle nelle vene e la ragazza sorrise compiaciuta. Aveva trovato un modo per sfogare la propria irritazione… e in fondo sarebbe stato meglio se avesse scaricato un po’ di tensione prima di cercare di far pace con Morrigan, no?

    Eh, poi si, avrebbe anche sventato un crimine, ma quello era un dettaglio minore.

    Prontamente la bionda si tirò il cappuccio della felpa sopra la testa nascondendo la sua chioma di capelli e parte del viso. Con la stessa prontezza richiamò preventivamente la sua fedele mazza impugnandola saldamente con una mano e approcciò minacciosamente la figura gridando «HEY, TU! Fermo dove sei!» – normalmente si sarebbe sforzata di presentarsi in maniera più teatrale ma le prudevano le mani e saltò i convenevoli.

    La figura colta di sorpresa sobbalzò, si voltò e nel vedere la vigilante armata di mazza, in maniera decisamente coscienziosa, senza pensarci due volte se la diede subito a gambe.

    Sakiko imprecò fra i denti – perché ogni volta che diceva “fermo dove sei” scappavano sempre tutti? La ragazza fece sparire nuovamente la sua mazza dentro il palmo della sua mano grazie al suo Quirk e senza indugiare si lanciò all’inseguimento.
    Il ladro di auto era piuttosto in forma e veloce. Sfrecciava lungo i vicoli saltando e scansando cassonetti, auto e altri ostacoli che trovava per strada.

    Ma anche la vigilante era piuttosto veloce e per sua sfortuna giusto un po’ più veloce di lui.

    Saltando con un balzo atletico una rete la ragazza anticipò abilmente il ragazzo tagliandogli la strada, con ben praticata destrezza richiamò nuoamente la mazza e BANG, subito lo punì con un colpo di mazza mirato all’addome.
    Lì in quel momento Sakiko sentiva la piacevole sensazione di adrenalina che le fluiva in tutto il corpo. Sentiva il cuore pulsare e la sua mente sgombrarsi da stress e preoccupazioni.


    Ma quel momentaneo stato di ebbrezza svanì di colpo quando il furfante atterrato si voltò dolorante a terra rivelando il volto spaventato di quello che era poco più un ragazzino. Il giovane ladro alzò una mano tremante in segno di resa.

    Un pungente ed amaro senso di colpa riempì la bocca della ragazza, sovrapponendosi subito al senso di soddisfazione che aveva provato giusto un momento prima. Qualsiasi desiderio di sfogarsi con la violenza si spense e la ragazza con un espressione a meta fra il dispiaciuto e il frustrato sbottò «Ugh, dannazione! Sei soltanto uno stupido ragazzino!» – quasi come se voleva fargliene una colpa.

    La ragazza seguì ad imprecare di nuovo – ma la sua imprecazione venne opportunamente coperta dalla voce di qualcuno che dal nulla esclamò il suo nome.
    Sakiko sobbalzò quasi in aria nel sentirsi chiamare – il terrore subito le invase il corpo. Qualcuno che la conosceva l’aveva appena colta in fragrante a picchiare un piccolo teppistello? La ragazza si voltò con espressione confusa e spaurita cercando di localizzare la fonte della voce e trovandosi a scrutare una figura alata semi-nascosta fra le ombre del vicolo.

    La confusione della ragazza per un momento aumentò portandola a boccheggiare brevemente come se la bocca volesse esprimere un pensiero che il suo cervello non era ancora riuscito a computare.

    Era per caso il suo angelo custode? Si era palesato in quel momento per rimproverarla e punirla per quello che aveva appena fatto?
    Ma scrutando con più attenzione le ombre la vigilante riconobbe il viso del suo “angelo custode”«Aspetta… Castiel!?» – sbottò con voce colma di pietrificante preoccupazione e per la sorpresa lasciò cadere la sua mazza a terra.

    La ragazza perse sul colpo il dono della parola, ma fortunatamente non c’era alcun tempo per chiacchiere e spiegazioni. Il familiare suono di sirene s’intromise nella già surreale e complicata situazione e Sakiko andò ulteriormente nel panico. La vigilante registrò in maniera molto confusa ciò che avvenne a seguire. Castiel – dall’espressione confusa e spaventata non molto dissimile a quella che lei aveva in quel momento – ebbe più prontezza mentale di lei e raggiungendola senza dire nulla la prese in braccio «Cosa- cosa vuoi fare?» – riuscì a balbettare prima di vedergli spiegare le maestose ali piumate e intuendo le intenzioni dell’amico aggiunse «Aspetta, aspetta,
    aspettaaaaaaaaaaaaaaAAAAAAAAAH!»


    Il sonoro gridò della ragazza si propagò verso l’alto accompagnando il decollo di Castiel. Il vicolo e i palazzi si rimpicciolirono rapidamente quasi sparendo mentre attorno a loro si apriva il cielo notturno sconfinato. Sakiko aveva sognato un miliardo di volte di avere la possibilità di provare una simile esperienza con Castiel, e in diverse circostanze sarebbe stata elettrizzata per quello che stava succedendo e si sarebbe goduta il meraviglioso panorama della skyline notturna di Tokyo. Ma nello stato di confusione e terrore in cu si trovava in quel momento riuscì soltanto a rimanere con gli occhi sbarrati, mormorando a ripetizione «OhmyGod,ohmyGod,ohmyGod,ohmyGod» – come una sorta di mantra, stringendosi istintivamente con forza, forse anche troppa, a Castiel come se andasse della propria vita.

    Quando finalmente ritornarono a terra e Castiel in maniera accorta e gentile la riadagiò su quello che sembrava il terrazzo di un appartamento. La ragazza spaesata e confusa si mosse adagio con gambe tremanti, guardandosi attorno con uno sguardo spiritato come se si aspettasse che qualche altro suo conoscente sbucasse dal nulla per peggiorare la situazione. Con fare spossato la ragazza raggiunse a passi incerti la balaustra del terrazzo e vi poggiò le mani per sorreggersi e si piegò in avanti annaspando con grossi respiri ansiosi.

    Il cappuccio della felpa era scivolato giù durante il volo e adesso la lunga distintiva chioma bionda della ragazza fluiva sulle sue spalle come oro fuso. Dopo essersi presa il tempo necessario per riprendersi dallo shock di quella situazione la ragazza sollevò finalmente la testa inspirando profondamente e guardandosi attorno con espressione relativamente più calma.

    «G-grazie…» – rispose con fare incerto all’inusuale complimento che l’uomo alato gli aveva rivolto portandosi subconsciamente una mano all'addome come a volersi assicurare di non ingrassare di colpo – «D-dove siamo…?» – chiese per prima cosa. Nonostante il loro rapporto di amicizia la ragazza non aveva avuto ancora il piacere di visitare la casa di Castiel e l’agitazione mentale del momento le impediva di trarre la piuttosto ovvia conclusione.
    Ma prima ancora che il padrone di casa potesse risponderle la ragazza venne colpita di nuovo dalla catastrofica realizzazione della situazione in cui si trovava e delle disastrose implicazioni che ne sarebbero potute conseguire «Oh, no, no, no, no…» – lamentò con tono disperato nascondendosi la faccia mortificata fra le mani – «…non posso credere che tu mi abbia vista…»

    La ragazza drizzò però di nuovo la testa rivelando un espressione spaventata, con grossi occhi lucidi che minacciavano un inondazione di lacrime, e si fiondò addosso a Castiel prendendo le mani fra le sue come in un gesto di preghiera «I-io ti posso spiegare… ma ti prego, ti prego, ti prego, ti prego, ti prego… prometti di non dire nulla a mio padre…» – balbettò con orrore rivelando quale fosse la sua prima vera preoccupazione. Senza alcun dubbio l’idea che il genitore scoprisse le sue inappropriate attività da vigilante la spaventava ben più di quanto avrebbe potuto spaventarla perfino la possibilità del finire in un carcere di massima sicurezza come il Tartarus.





    Combat & Status Data



    Liv. 4 | Exp 570| Età 25 | 👗 | |
    Status: Normale | Peso 0/4 | Energia 300 |
    Forza 75 | Quirk 110 | Agilità 90



    I enjoy killing trasgressors. Be WARNED. | CODICE ROLE © dominionpf
     
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    La serata, in realtà, si era svolta in maniera molto diversa anche da come aveva programmato Castiel. Non che avesse effettivamente programmato qualcosa, lo abbiamo detto, era uscito di casa per sfuggire alla noia quanto Sakiko al malumore, quindi figurarsi. Fra il non aver programmato niente, l'aver programmato qualcosa e quello, tuttavia, c'era un abisso profondo quanto la fossa delle Marianne.
    Durante il tragitto si era chiesto tre o quattro volte cosa dovesse aver pensato quel (povero?) tizio del vicolo che aveva assistito alla scena. Una donna incappucciata lo aveva menato con una mazza da baseball e poi era stata improvvisamente portata via da un angelo sceso dal cielo: sperabilmente il colpo era stato abbastanza forte da potergli far credere di aver avuto le traveggole. Senza considerare che lui e Sakiko si erano chiamati per nome quasi urlando come due perfetti idioti e non erano proprio le due persone più anonime del mondo.
    Messa da parte quella questione, inutile dire che ormai aveva completamente dimenticato CYPHER e tutto ciò che era ad egli collegato, preso da un problema ben più intricato. Problema che si presentava sotto la forma di una giovane idol dai capelli biondi affacciata alla balaustra del suo balcone.
    L'appartamento di Castiel era un attico all'ultimo piano di un edificio abbastanza alto, anche per la media di Shibuya, quindi la vista sottostante non era male, a meno che uno non avesse paura delle altezze. Aveva le stanze grandi e somigliava molto di più ad un loft open-space, piuttosto che ad un classico appartamento giapponese. Il perché se lo fosse comprato era piuttosto ovvio, oltre al fatto di sentirsi al limite della claustrofobia quando si trattava di spazi (inserire qui metafora sull'uccello in gabbia), Castiel era stato attratto proprio da l'enorme terrazzo grazie al quale sostanzialmente faceva indisturbato i suoi comodi. In realtà era sempre stato un appartamento anche fin troppo grande per lui da solo, ma da quando Jason si era trasferito lì il problema si era per lo più risolto, tanto che si era ritrovato a sperare che non se ne andasse anche se un giorno la situazione a Shinjuku si fosse risolta.
    “A casa mia”, stava per rispondere infatti, sebbene quello non avrebbe certo contribuito a spiegare la situazione, che stava prendendo le sfumature di un'inquietante sorta di stalking studiato. Insomma, era un po' una strana coincidenza che proprio lui avesse trovato una Sakiko smarrita a giro per Tokyo, quando neanche la stava seguendo. Sì, tanto strana che era difficile spiegarla.
    Però non aveva nessuna intenzione di rinchiuderla in uno scantinato. Anche perché non aveva uno scantinato... ma non era quello il punto.
    Prima ancora che potesse aprire bocca, tuttavia, fu la bionda a realizzare che la situazione prometteva ben poco di buono. Celere, gli venne incontro e gli prese le mani, biascicando qualcosa quasi a singhiozzi e cominciando persino a pregarlo di non dire niente a suo padre.
    E Castiel, che ancora non si era del tutto ripreso, si ritrovò ad arrossire per la seconda volta in meno di cinque minuti, mentre il suo cervello cercava di filtrare i suoi ricordi per vedere se aveva già affrontato una situazione simile dalla quale avrebbe potuto prendere spunto. Responso? Ovviamente negativo.
    Eppure con Sakiko ci aveva parlato un milione di volte, ormai lavoravano "insieme" da quasi un anno, ma niente da fare, il cuore continuava a tamburellargli in petto per nessuna ragione apparente che non fosse il non saper come trasporre a parole quello che stava pensando. E poi cosa? Cosa esattamente avrebbe dovuto dirgli? Che aveva beccato sua figlia a... prendere a randellate un ragazzino in un vicolo e l'aveva portata via volando? Così rinchiudevano entrambi, bella idea.
    «Non dire sciocchezze. — brontolò dunque, voltando la testa di lato ed arruffando appena le piume, come se fosse risentito da quella mancanza di fiducia. E perché non credeva che avrebbe potuto guardarla in faccia un minuto di più, ma quello era secondario. — Non vedo perché dovrei dirgli una cosa che rischierebbe di danneggiare anche me.»
    Sì, meglio buttarla sul lato business. Non credeva che qualsiasi altra cosa avrebbe potuto dire a Sakiko in quel momento sarebbe stata abbastanza da tranquillizzarla. E non voleva assolutamente che si mettesse a piangere. Anche perché... come si consola una ragazza che piange? La abbracci? A Castiel era capitato qualche volta di aver incontrato qualche fan troppo emotiva, ma... era diverso!
    Un sospiro spento gli sfuggì dalle labbra. Il giovane scrollò le mani per farsi lasciare e trovò il coraggio per puntarle sui fianchi e tornare a guardarla di sbieco. In effetti, ora che ci faceva caso, Saki non sembrava al massimo della sua forma: con quella felpa slargata e quell'espressione da cane bastonato, Castiel l'aveva di certo vista più raggiante. Persino lui - che indossava solo dei larghi, pantaloni grigi della tuta che si stringevano sulle caviglie, e una delle sue solite maglie nere a collo alto a cui aveva tagliato via la parte dietro della schiena per lasciar spazio alle ali - era messo meglio. Possibile che la ragazza stesse attraversando una di quelle crisi psicologiche che spesso capitavano alle persone come loro costrette a stare sotto i riflettori quasi ventiquattrore su ventiquattro? Era una cosa piuttosto comune, anche se in Giappone e in Cina, i legali tendevano molto più ad insabbiare tali fatti.
    Probabilmente il Castiel Leroy normale ci avrebbe creduto senza batter ciglio, e avrebbe liquidato la faccenda accompagnandola a casa dopo averle offerto un thè caldo al gelsomino. Ma non quel Castiel Leroy. Non quello che aveva incontrato CYPHER e che se fosse stato normale a quell'ora probabilmente sarebbe stato a dormire o non sarebbe mai uscito di casa. Quello aveva già visto abbastanza per tirare le somme da solo. Ma non gli andava per niente di farlo.
    «Quindi, che stavi facendo? Non provare nemmeno a vendermi la storiella del "non-riesco-a-gestire-lo-stress-e-mi-sfogo-in-questo-modo".» chiese, e sebbene la frase fosse stata pronunciata con gentilezza, il tono di voce gli uscì inaspettatamente severo. Non appena se ne rese conto, il ragazzo dai capelli smeraldini chiuse la bocca di scatto, maledicendosi silenziosamente, ma era già troppo tardi. Per qualche ragione il suo timbro vocale aveva tradito una strana preoccupazione che nemmeno Castiel stesso riusciva a spiegarsi. E la posizione in cui era, mani sui fianchi e ali chiuse, che nonostante lo fossero lo superavano in altezza di ben una ventina di centimetri, non contribuiamo certo a farlo apparire meno ostile. La verità? In quel momento stava riservando a Sakiko lo stesso trattamento che riservava spesso a Jason quando faceva qualche cazzata delle sue. Perché? Non lo sapeva, ma era nella sua indole percepire le persone a lui vicine come un qualcosa da "proteggere". Se al posto dell'idol dai capelli biondi ci fosse stato un qualsiasi altro membro della troupe teatrale o qualche suo collega, si sarebbe comportato allo stesso modo. E improvvisamente capì come dovesse essersi sentito CYPHER quando aveva rimproverato lui, che era - per di più - uno sconosciuto, e così finì per pentirsene. Scosse appena il capo, portandosi una mano alla fronte, e regalò alla ragazza il secondo sbuffo della serata.
    «Scusa. Forget it. Non ti ho neanche chiesto se soffrivi di vertigini. — si corresse, anche se quello non metteva meno in evidenza il fatto che fosse stato un po' brusco. Dopotutto non era proprio che Sakiko gli avesse chiesto di portarla lì. Quindi le pose un braccio sulle spalle, schiudendo leggermente un'ala di riflesso, e la invitò ad entrare. — Vieni, andiamo dentro almeno. Siamo a casa mia.» avrebbe detto, se la giovane avesse accettato di muoversi con lui, sospingendo appena la vetrata scorrevole che divideva il balcone dagli interni.
    Anche se non voleva rimanere, o non spiegare niente, perlomeno poteva uscire dalla porta d'ingresso.

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    Sakiko Yumeno

    Narrato - «Parlato»





    Sebbene Castiel si fosse assicurato che Sakiko ritornasse letteralmente con i piedi per terra sana ed indenne, figurativamente parlando la testa della idol si trovava invece in piena orbita in preda a panico e confusione.

    In qualche modo faticava a ricollegare la sequenza di eventi che l’avevano condotta lì su quel terrazzo sul quale era stata trasportata in volo niente meno che da Castiel. Sembrava lo scenario di una delle fantasie ad occhi aperti che orchestrava con la sua fervida immaginazione – giusto con la semplice differenza che in genere lei era abbigliata con un qualche vistoso costume di scena e che Castiel quando faceva la sua comparsa in genere indossava un angelico abito bianco.
    Il problema era che però aveva un immagine ben distinta di dove avrebbe potuto finire quella faccenda. Il fatto che non temesse la semplice idea di essere arrestata era perché perfino lei era consapevole che se avesse rischiato una qualsiasi conseguenza penale suo padre avrebbe sguinzagliato un plotone di avvocati cosi agguerrito che sarebbe stata scagionata probabilmente senza neanche una macchia sulla sua fedina penale.

    Ma non ci sarebbe stato avvocato avrebbe tenuto contro l’inevitabile scandalo che ne sarebbe scaturito – i danni alla sua carriera sarebbero stati immensi, per non parlare degli sponsor che avrebbero potuto rompere il contratto con la sua compagnia.

    Tutto ciò comunque impallidiva a come avrebbe reagito suo padre – Sakiko non aveva alcun dubbio che anche fosse sopravvissuta a tutto il resto suo padre le avrebbe imposto un tale livello di sorveglianza che forse avrebbe rimpianto la prigione. Avrebbe dovuto dire addio alle sue scappatelle notturne… e soprattutto non sarebbe più riuscita a frequentare Morrigan.

    Era come un catastrofico effetto domino dove ogni tessera che cadeva annientava parte della sua vita.

    La idol cercò cosi un segno di speranzosa comprensione sul volto di quello che ormai considerava un amico – ma l’espressione di Castiel appariva piuttosto accigliata e perplessa. Chiaramente anche lui non sembrava raccapezzarsi molto della situazione e per un istante la ragazza temette che avrebbe di optare per fare la cosa più “responsabile”.

    Fortunatamente invece Castiel rassicurò con fare leggermente contrariato la ragazza che non aveva intenzione di fare una simile “sciocchezza”, motivando la sua decisione con il fatto che non desiderava di certo finire invischiato lui stesso in una faccenda che avrebbe potuto danneggiare anche lui.
    Sakiko fu leggermente sollevata nel sentirlo, seppur sentì un pelo di delusione nel fatto che Castiel non aveva deciso in quel modo in virtù della loro amicizia ma apparentemente per semplice interesse personale. In realtà le veniva difficile credere che quella fosse la reale ragione ma in quel momento non aveva il coraggio ne l’impudenza di provare a replicare.

    Castiel appariva chiaramente a disagio e non è che Sakiko potesse biasimarlo. L’americano liberò le proprie mani da quelle di Sakiko andando a poggiarle sui fianchi assumendo una posa vagamente autoritaria.

    Le mani della ragazza invece andarono a strofinarsi sugli occhi lucidi ma che almeno per il momento non sembravano più minacciare pianti imminenti. La ragazza puntò lo sguardo a terra, un po’ perché si sentiva giustamente mortificata dalla situazione un po’ perché a quel punto non era sicura di cosa fare o dire. Aveva detto a Castiel che gli avrebbe spiegato tutto… ma a conti fatti non era sicura di come farlo senza passare per una squinternata.

    Fu Castiel ad incalzarla reclamando con tono severo la spiegazione che gli spettava . Era la prima volta che Castiel le parlava in quel modo e la ragazza sussultò leggermente sul posto sentendosi di nuovo alle strette. Con lo sguardo a terra e rigirandosi nervosamente le dita della mani cercò di formulare una risposta balbettante «No, io… ecco… non volevo…» – le parole giuste le scivolavano via come sabbia fra le dita e la ragazza non riuscì a pensare ad alcuna risposta soddisfacente. Non era davvero per sfogare lo stress che lo faceva… almeno non soltanto.

    Ma prima che potesse dare un senso verbale ai pensieri nella sua testa Castiel sembrò avere un ripensamento e la interruppe. L’idol americano sembrò aver ritrovato un po’ del suo solito tono gentile e premuroso, seppur ancora visibilmente preoccupato.

    Sakiko rimase un po’ interdetta dal fatto che Castiel sembrasse aver perso interesse nel sentire la sua spiegazione, ma istintivamente scosse la testa e rispose «N-no… io non soffro di vertigini... e solo che mi ha preso un po’… alla sprovvista, ecco. È stato tutto cosi improvviso e non mi ero preparata mentalmente…» – spiegò considerando che già in circostanze normali l’idea di essere trasportata in volo da Castiel le avrebbe fatto venire il batticuore. In quella situazione il suo cuore aveva eseguito invece un completo assolo di batteria.

    Sentì Castiel cingerle le spalle in un gesto di amichevole conforto e seguì ad invitarla dentro casa sua. Sakiko ancora un po’ spossata annuì timidamente ma con evidente riconoscenza «Oh… ecco, grazie.»

    Fu giusto un istante dopo che registrò l’informazione che aveva appena assimilato e si bloccò di colpo come pietrificata girando gradualmente la testa verso Castiel con espressione esterrefatta «…c-casa tua?»
    Lo sguardo della ragazza, iniettato di nuovo panico, schizzò improvvisamente da una parte all’altra come a cercare un effettivo segno concreto che quella fosse l’abitazione di Castiel – quasi come se si aspettasse di vedere le iniziale o direttamente l’effige dell’americano stampata sui muri.
    Improvvisamente il senso di imbarazzo si amplificò e Sakiko ebbe l’impressione di essere come se avesse appena violato una sorta di sacro tempio. Aveva sempre voluto poter visitare Castiel a casa sua… ma decisamente non cosi!

    «Oh my God… tutto questo è cosi imbarazzante…» – sospirò avvilita nascondendo per un momento il volto fra le mani. Detto ciò la ragazza non poteva di certo rifiutare l’invito di Castiel.

    Dandosi giusto un ultima occhiata attorno con premura semi-riverenziale la ragazza si attardò sulla soglia dell’uscio che dava sul terrazzo. Il ligio senso di buon educazione della ragazza si palesò e la indugiò qualche secondo sul posto mostrandosi chiaramente combattuta per poi finalmente a togliersi le scarpe come se stesse entrando normalmente dalla porta d’ingresso. Seguì a perdere altro tempo girando su stessa con le scarpe in mano, quasi facendo una sorta di balletto incerto, cercando di trovare un posto appropriato dove poggiare le scarpe. Alla fine seppur non molto convinta lasciò le scarpe in maniera ordinato di fianco all’entrata.

    Prima di finalmente varcare la soglia la ragazza immancabilmente eseguì un piccolo inchino di cortesia, ripetendolo un paio di volte extra per nervosismo.




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    Castiel era una persona responsabile. Nella parte più adulta, remota e infinitesima del suo essere. Modo carino per dire che non lo era affatto. Ogni tanto cercava di atteggiarsi tale e, talvolta, quella specie di "affascinante portamento occidentale", vecchie parole dei media, che aveva acquisito nel corso degli anni grazie al canto e alla recitazione, riusciva persino ad ingannare gli altri – finché non apriva bocca, quantomeno. Probabilmente non avrebbe fatto la cosa più responsabile nemmeno se le circostanze fossero state diverse, ma trovandosi in una situazione in cui c'era di mezzo il benessere fisico e mentale di una persona che considerava sua amica, non c'era neanche da discuterne.
    Osservare Sakiko stropicciarsi gli occhi come se fosse reduce da un pianto disperato fece scattare qualcosa nel ragazzo dai capelli verdi, che subito si sentì un pochino in colpa per essersi posto in quel modo giudizievole e severo nei suoi confronti pur non essendo a conoscenza di nessun dettaglio, e - per fare ammenda - decise di osare un tentativo per confortarla. In fin dei conti non era successo niente di grave, no? L'aveva solo intravista cercare di fermare un ladruncolo da quattro soldi e non era neanche sicuro di come avrebbe potuto fare a raccontarlo senza sembrare un titolo di una scadente rivista di gossip. Inoltre sapeva già che la ragazza aveva un rapporto abbastanza teso con suo padre (e manager) per quanto riguardava la questione della sua libertà personale e, dato che poteva capirla, non si sarebbe mai sognato di andare a fare la spia. Dopotutto si era schierato dalla parte della giovane sin dal primo giorno in cui avevano avuto occasione di lavorare assieme. Si affrettò a spezzare i suoi farfugliamenti rivolgendole un sorriso comprensivo, sollevato dalla sua conferma sulle vertigini, e poi volse lo sguardo in direzione della soglia.
    «Ti aspettavi la casa con la piscina?» ridacchiò sottovoce, all'evidente smarrimento della ragazza dai capelli biondi, approfittandone per cambiare discorso. Beh, sì... forse era un po' deludente, ma oltre al fatto di essere situata in un attico, casa di Castiel non aveva niente di eccessivamente particolare. Non c'era nessuna effige, né dentro né fuori, e l'unico riferimento al suo nome che Sakiko avrebbe potuto trovare era probabilmente il campanello. Avendo sempre vissuto a spese della propria agenzia, prima di trasferirsi per conto suo, aveva preferito per optare per una scelta tranquilla. Anche perché, in tutta onestà, il periodo immediatamente successivo alla sua rottura con Akihiko era stato così difficile che nei suoi progetti c'era stata solo l'intenzione di ritirarsi dalle scene e passare a fare una vita normale. Poi erano successe tante cose, si era creata la Mankai Company e così via, però ormai quell'appartamento era suo. E poi Castiel era cresciuto con quattro fratelli più grandi, gli piacevano le cose semplici ed era umile per natura. Era rarissimo che spendesse soldi in cose che non necessitava veramente. Non perché non volesse, proprio non ne sentiva il bisogno. L'unica eccezione erano forse vestiti e accessori, quali gioielli e orecchini, ma perché era sciocco e ne cambiava un paio al giorno.
    «Oh, però ho una vasca idromassaggio.» si sentì in dovere di puntualizzare, quasi a voler rendere l'assenza della piscina meno triste, frattanto che Sakiko si guardava attorno in preda al proprio panico mentale. Nel caso ve lo steste chiedendo, sì, di quella aveva assolutamente sentito il bisogno: adorava passarci le ore immerso, fra saponi e bolle profumate, ultimamente scatenando le ire del cugino. Non che si sentisse in colpa, chiaramente. Non era certo lui il parassita.
    La situazione si era in qualche modo ribaltata: grazie alla sua solita attitudine scherzosa, Castiel era riuscito a recuperare un po' della sua integrità psicologica, e quella ad essere in imbarazzo adesso era l'idol dai capelli biondi.
    L'americano, tuttavia, sfruttò solo la sua distrazione per "mettere via" le ali, e risparmiare alla giovane il triste spettacolo della loro scomparsa. Era come guardare un albero appassire e rimpicciolirsi in pochi secondi: le piume si irrigidivano, assumendo una colorazione grigia e sembravano dissolversi nell'aria come polvere. In realtà tornavano semplicemente ad essere composte da materiale simil-osseo, che Castiel era capace di riassobire a partire dalle scapole, ma erano dettagli che non valeva la pena di spiegare. In fin dei conti era un processo troppo rapido perché qualcuno si rendesse conto che le ali non apparivano certo dal nulla come per magia, ma erano solo ossa che gli perforavano la schiena in un processo all'apparenza estremamente doloroso, e lui preferiva che la gente credesse alla prima opzione.
    Scrollò un'ultima volta le penne dal candido colore latteo e in meno di due secondi esse erano sparite come se non fossero mai state lì, mentre il suo corpo riacquistava la propria naturale pesantezza. Non gli piaceva molto quella sensazione di tornare ad essere un semplice terrestre, si percepiva sempre poco legato al cielo, ma non poteva farci granché.
    Scomparse le ali, imitò Sakiko posando le scarpe, e si prodigò a sorpassarla per accendere la luce poco oltre l'ingresso. Non accese il lampadario principale, perché comunque era sera tardi e l'illuminazione che esso avrebbe generato avrebbe solo infastidito gli occhi, ma premette un altro interruttore che accese dei piccoli fanaletti sul soffitto che rischiararono l'ambiente con una tenue e calda luce aranciata. Si voltò per darle il benvenuto e... la trovò ancora indecisa e occupata con le solite formalità giapponesi, il che lo fece sorridere divertito. Peccato che Castiel fosse probabilmente la persona più sbagliata con la quale interagire in tali casi: era un angelo, ma era anche terribilmente dispettoso.
    «Tranquilla, non c'è bisogno di tutte queste formalità, l'unica divinità davanti alla quale devi inchinarti sono io. — trillò, infatti, portandosi una mano al petto e sollevando il muso con fierezza, con tono chiaramente ironico, prima di riacquistare disinvoltura. — E comunque siamo s--voglio dire, Jason non c'è.» aggiunse, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi, rendendosi conto che forse dire "siamo soli in casa" ad una ragazza, non suonava tanto rassicurante, anche se lui era probabilmente la persona più innocua per l'idol sotto quel punto di vista.
    Casa di Castiel... non era per niente giapponese. Una volta entrato e chiusa la vetrata scorrevole che dava sul terrazzo dietro Sakiko, il giovane tirò parzialmente le tende. Nonostante i colori predominanti fossero comunque il beige, il bianco ed uno strano rosa scuro che tendeva verso il marrone, l'influenza occidentale era palpabile. I due si ritrovarono in un salotto molto grande e spazioso, che dava su due porte: una era l'enorme vetrata dalla quale erano appena entrati, l'altra era più un semplice varco che una porta e dava sul resto della casa. A terra, ad accogliere gli ospiti, c'era un tappeto color pesca, adiacente ad una delle pareti era posta una libreria bianca in cui erano riposte riviste, libri, fotografie, e soprammobili d'ogni tipo, mentre un intero anfratto era occupato da un divano ad angolo posto davanti ad un tavolino ed una televisione a schermo piatto. Castiel tuttavia non vi ci soffermò, fece cenno alla ragazza di seguirlo e si diresse verso la sua camera. Quindi sì, Sakiko avrebbe avuto l'onore non solo di entrare in casa sua, ma avrebbe avuto anche la possibilità di scavalcare qualsiasi convenzione sociale e finire direttamente nella sua camera. Castiel ovviamente non stava neanche pensando alle implicazioni che un tale gesto poteva sottintendere, voleva solo andare in camera sua perché disattivare il suo quirk dopo aver volato a diversi chilometri di altezza da terra gli metteva automaticamente freddo e voleva prendersi una felpa. Se Sakiko lo avesse seguito, avrebbe avuto modo di accorgersi che la camera era uguale al resto della casa: c'era un letto in stile occidentale ad una piazza e mezzo, un armadio e altre mensole decorate. Forse le uniche cose particolari erano il beauty desk, pieno di cassetti e accessori, che sostituiva una normale scrivania, un'inusuale amaca in rattan vicino alla finestra che si affacciava sul terrazzo e una cornice con una stampa dell'Albero della Vita di Klimt appesa al muro sopra il letto.
    Castiel si fiondò immediatamente sul grosso armadio, aprendo le ante con la naturalezza tipica del proprietario di casa e si mise subito a cercare l'oggetto del suo desiderio.
    «Quindi... fai la vigilante per hobby o è tutto un equivoco? Perché nel caso, lascia che te lo dica, non è un granché come travestimento in incognito. — domandò, decidendo di venire allo scoperto per primo, mentre frugava fra i ripiani e le numerose grucce per appendere gli abiti. Insomma, una parola come quella non sarebbe nemmeno dovuta stare sulla bocca di una persona come Castiel, e Sakiko avrebbe avuto i suoi buoni motivi per chiedersi perché avesse deciso di porle quella domanda, ben consapevole che forse non sarebbe dovuta stare nemmeno sulla sua. Non che Castiel avesse il diritto di metter bocca sulla questione dei travestimenti in incognito, per il resto. — Non voglio obbligarti a dirmi niente, però so che la "nostra" vita non è facile, e vorrei essere tuo amico prima di essere uno dei tuoi datori di lavoro. Se c'è qualcosa che non va mi piacerebbe che tu me lo dicessi. Non hai proprio una bella cera momentaneamente, sai? Non mi arrabbierò se pensi di volermi mentire, però ricordati che ho visto ogni singola serie in cui hai recitato, quindi sii convincente.» finì per puntualizzare, e risbucò dall'armadio, con una felpa bianca a tinta unita in mano, cercando la sua ospite con lo sguardo, in attesa della sua spiegazione, che sperava sarebbe arrivata.

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    Sakiko Yumeno

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    Sakiko varcò la soglia irrigidita dalla tensione ed una sorta di timore reverenziale che le suscitava l’idea di trovarsi nella casa di quello che prima di essere diventato recentemente un amico era uno dei suoi idoli e per il quale provava ancora estrema ammirazione.
    La ragazza fece piccoli passi addentrandosi dentro l’appartamento rigirandosi nervosamente le mani mentre i suoi occhi smeraldini spaziavano l’ambiente circostante nonostante tutto con un guizzo di curiosità.

    «Piscina…? Beh, effettivamente si… magari qualche statua e un giardino pure.» – rispose schiettamente senza riflettere, troppo nervosa per filtrare i propri pensieri che ovviamente prendevano riferimento da un immagine piuttosto idealistica e fantasiosa di quella che doveva essere la vita di Castiel.

    L’appartamento di Castiel però davvero deludente – almeno finché non ingiustamente paragonato alla sfarzosa dimora immaginaria che Sakiko aveva costruito per Castiel dentro la sua testa. L’appartamento era in realtà piuttosto elegante e lussuoso in maniera sobriamente realistica. Era caratterizzato da uno stile occidentale che non era molto differente da quello che Sakiko era abituata con il proprio appartamento – a dirla tutta i due appartamenti non erano troppo differenti, salvo che quello di Sakiko era arredato in maniera molto più colorata e vistosa.

    Il modo in cui l’appartamento di Castiel era arredato appariva piuttosto modesto ma era quel tipo di modestia di alta qualità che solo persone di un certo livello potevano permettersi.

    La mente della ragazza si smarrì momentaneamente a contemplare l’arredamento e quasi trasalì quando Castiel le rivolse nuovamente la parola puntualizzando il fatto che però aveva un idromassaggio «Idro…? Una vasca idromassaggio? Oh, molto… bello.» – disse con fare perplesso, incerta sul perché l’americano avesse voluto puntualizzare quel dettaglio.

    Fu in quel momento che il suo sguardo si posò sulla propria immagine sbiadita riflessa sulla vetrata che avevano appena attraversato. La ragazza cosi poté constatare lo stato pietoso in cui si trovava. Capelli sporchi e scompigliati, nemmeno una traccia di trucco in viso, vestita con vestiti malmessi e trasandati. La ragazza uscendo di casa di fretta per sbollire la rabbia non si era curata del proprio aspetto – chiaramente non aspettandosi di avere la sfortuna di incontrare un suo conoscente per strada proprio mentre era in quello stato. Per non parlare che doveva aver sudato inseguendo quel ladruncolo – e Castiel l’aveva stretta a se portandola in volo! Ripensò con orrore.

    La ragazza istintivamente cercò di rassettare al meglio le ciocche di capelli attorno al viso, annusò la manica della propria felpa e poi avvicinò, provando ad essere discreta e furtiva, i suoi capelli al naso per annusarli. Purtroppo l’esito non la tranquillizzò – non sentiva alcun particolare cattivo odore… ma non sentiva neanche un buon odore. E forse era troppo nervosa e il suo naso non stava funzionando come doveva.

    Era forse per questo che Castiel le aveva menzionato la vasca idromassaggio? Era un modo cortese per farle notare che lo stava asfissiando con il suo puzzo di sudore? Pensò in orrore mortificato mentre la sua percezione olfattiva degenerava in peggio per assecondare la sua paranoia.
    «I-io non ho una vasca idromassaggio… ho una vasca normale. Ma la uso ogni giorno. Anche più volte al giorno.» – finì a voler puntualizzare rigidamente arrossendo in volto, disperata di convincere Castiel che non fosse una sorta di sciattona con scarso igiene personale.

    Di certo in quel momento c’erano ben altre preoccupazioni che la ragazza avrebbe dovuto contemplare piuttosto che dare la priorità al fatto che Castiel potesse o meno considerarla sciatta, ma senza dubbio la questione si trovava nella “Top 5” mentale della ragazza.


    Mentre era cosi presa ad esaminare se stessa la ragazza non si accorse che Castiel aveva fatto sparire le sue ali e dello spiacevole processo che la cosa implicava, facendo si che l’americano riuscì nel tenere la cosa per se. La ragazza infatti riportò lo sguardo su di lui quando le piume si erano ormai dissolte “per magia” e non registrò nulla di insolito nella cosa, oltre al fatto che era raro vedere Castiel senza le sue distintive ali e vederlo in quel modo dava un sensazione strana come se ci fosse qualcosa fuori posto.


    Castiel dal canto insieme alle sue ali piumate sembrava essersi scrollato di dosso anche un po’ del suo nervosismo, almeno quanto bastava per ritrovare un po’ della sua natura gioviale e dispettosa. Cercò di sdrammatizzare la situazione prendendo un po’ in giro la ragazza. Sakiko era però troppo tesa per apprezzare l’intento dell’americano limitandosi ad un rigido mezzo sorriso.

    Il sapere che però Jason non fosse in casa per la sollevò – non perché avesse nulla contro il cugino di Castiel, ma era una persona piuttosto intesa e sicuramente più severo dell’angelico cugino e pensando al modo in cui la rimproverava quando sbagliava una battuta decisamente non voleva scoprire che strigliata le avrebbe dato scoprendo quello che aveva combinato.

    La ragazza però non colse il disagio che preoccupò Castiel all’idea di trovarsi da sola in casa con lui – non tanto perché fosse troppo innocente o ingenua per figurare cosa la cosa potesse implicare. Ma nella sua mente Castiel era ad un livello cosi distante da lei che non riusciva neanche ad contemplare l’idea che lui potesse mai avere interesse per lei in quel senso. In realtà se avesse riflettuto di più sulla questione la ragazza avrebbe curiosamente constatato che per qualche motivo non riusciva immaginare Castiel con nessuna donna.

    Il padrone di casa fece cenno a Sakiko di seguirlo e la ragazza ubbidì camminando quattamente dietro di lui, tenendosi leggermente più distante del necessario, e guardandosi attorno con nervosa cautela come se temesse che ci fossero trappole o agguati preparati per lei nel tragitto.
    Nessuna trappola però l’avrebbe colta tanto di sorpresa quanto lo scoprire in quale stanza l’avesse condotta Castiel. Non una stanza, ma LA Stanza – niente di meno che la camera da letto di Castiel.

    La ragazza si soffermò giusto un momento sulla soglia della porta prima di realizzare cosa stava guardando e subito si bloccò lì sul posto.
    No, no, no, no.

    Questo era il suo limite – non aveva il coraggio di profanare la camera di Castiel. Specie nelle condizioni in cui si trovava. Fu ancor più motivata nella sua scelta vedendo l’americano fiondarsi subito verso un armadio e intuì che volesse probabilmente cambiare vestiti. Aveva fatto cose stupide e sbagliate quella sera, ma non intendeva aggiungere alla lista l’aver violato ulteriormente la privacy di Castiel.

    Specie perché benché ritenesse che Castiel era ad un livello troppo superiore per vederla in quel modo, lei d’altro canto era ad un livello abbastanza basso da poter tranquillamente intrattenere pensieri decisamente inappropriati. Pensieri che sentiva avrebbero mancato di rispetto a Castiel… e in un certo senso non le piaceva l’idea di tradire mentalmente Morrigan – anche se solo nella sua immaginazione.

    Quel pensiero però le riportò alla mente la ragazza irlandese e come lo smuovere delle braci che ravviva una fiamma, questo ridestò il sentimento di stizza e frustrazione nella ragazza che si era momentaneamente sopito in mezzo a quel trambusto. Come fai a tradire qualcuno quando non ci stai nemmedo davvero insieme? In questo momento Morrigan si sta divertendo con qualcun'altro con cui "non fa coppia" e che non l'assilla continuamente – pensò con velenosa amarezza.

    La ragazza quindi invece di entrare sostò al lato della porta dando le spalle allo stipite cosi da non cader nella tentazione di sbirciare.
    Castiel dal canto suo non sembrava badare molto al fatto che ci fosse una potenziale spettatrice ad osservarlo e immerso nella selezione di un capo di vestiario con non-chalance andò dritto al punto senza più girare attorno alla questione.

    Sakiko esitò a rispondere. Specie in risposta alla frecciatina sul suo abbigliamento che ridestò il suo imbarazzo per il proprio aspetto, ma in quel momento ebbe l’impressione che dire che in realtà aveva un costume da coniglio fatto a mano non suonava particolarmente meno imbarazzante.
    Rimase qualche momento in silenzio. Una vigilante? Sakiko non era sicura se fosse corretto definirsi cosi – in realtà non era neanche sicura su come avrebbe potuto definire quello che faceva.

    In parte lo considerava un po’ un gioco, un passatempo, perché era cosi che era cominciato in primo luogo. Ma allo stesso tempo aveva cominciato a diventare qualcosa di più per lei – non era più solo un modo per sfogare lo stress. Lei credeva davvero di star facendo qualcosa di buono.

    Il fatto che Castiel non sembrasse voler pretendere di avere spiegazioni da lei avrebbe dovuto farla sentire sollevata… ma invece sentiva ancor di più la premura di raccontargli come stessero le cose. Aveva paura che Castiel potesse pensare male di lei, magari che era una poco di buono con scarsa igiene che se ne andava in giro a picchiare la gente per divertimento. E sebbene la verità non fosse troppo lontana da quel concetto Sakiko voleva accertarsi che lui sapesse davvero come stessero le cose.

    Cosi senza neanche voltarsi di punto in bianco si arrestò di nuovo dandogli le spalle e scossa da un lieve tremore nervoso «Io-io non so se sono una vigilante… o meno.» – sbottò con schiettezza.
    “Quel… quel ragazzino stava rubando una macchina! …e i-io non sapevo neanche che fosse un ragazzino! Volevo solo… fermare… un criminale. E poi…» – la ragazza esitò e sospirò mostrandosi chiaramente frustrata – «…giuro non avevo… cattive intenzioni. Solo che ero arrabbiata perché avevo litigato con Momo e…» – si lasciò sfuggire confusamente farfugliando a ruota libera una spiegazione che sembrava avere senso solo nella sua testa mentre gesticolava animatamente sul bordo della porta. Pur non volgendosi verso Castiel sembrava star discutendo come se avesse qualcuno davanti a se.




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    Avere un giardino con una piscina in cima ad un attico nel bel mezzo di Tokyo doveva essere il sogno di almeno un quarto della popolazione mondiale; Castiel, invece, pensava che fosse una bella scocciatura. Poi andava mantenuto, curato, e lui non aveva punta voglia di assumere un giardiniere. Già tenere in vita le piante sul terrazzo a volte si rivelava un'ostica impresa (se qualcuno ci avesse fatto caso, infatti, avrebbe notato che le sue erano quasi tutte piante grasse o piccoli alberelli in vaso che avevano bisogno di poche cure) e lui sospettava che quelle poverette sopravvivessero unicamente perché le minacciava di buttarle giù se non lo avessero fatto: figurarsi se aveva tempo di minacciare un intero giardino.
    Quanto alle statue, solo l'idea lo faceva rabbrividire. Era meglio non pensarci. Quasi non tirava vento, faceva fresco, il cielo era limpido e rischiarato dal pallido chiarore lunare, era una serata troppo bella per poterla rovinare con inquietanti immagini di statue della libertà in miniatura - con la sua faccia - a decorare il tetto di casa propria.
    Inutile dire che, preso da quelle riflessioni, il discorso sull'igiene personale che tanto aveva mandato nel pallone la ragazza, non gli sfiorò neanche l'anticamera del cervello, per cui quando Sakiko gli fece notare che sì, anche lei aveva una vasca da bagno e la usava tutti i giorni anche più volte al giorno, si voltò semplicemente a guardarla con palmo di naso e un sopracciglio inarcato, rispondendo con un: "Eh? Ah, sì. Beh, anche io", piuttosto incognito, ignorando le varie circostanze che avevano portato a quell'affermazione. Dopotutto, l'aveva davvero detto per rendere meno triste l'assenza della piscina.
    Ora, è bene fare una precisazione. Castiel non era particolarmente legato al concetto di privacy; questo perché essendo stato abituato a condividere con i suoi fan molti frammenti di quella che sarebbe dovuta essere stata la sua vita privata, ad un certo punto l'intera idea era diventata qualcosa di astratto e banale. Era probabile che persino l'Internet sapesse quanti nei aveva meglio di lui, per dire.
    Motivo per il quale, nuovamente, non si accorse del disagio di Sakiko finché non fu troppo tardi.
    Quando risbucò dall'armadio e notò che la giovane era ancora lì sulla soglia, per giunta di spalle e senza avergli minimamente risposto, il suo primo pensiero fu quello che dovesse aver pensato che si stava cambiando e, sentendosi a disagio, non volendo invadere i suoi spazi personali, si era voltata per non guardarlo. Castiel, tuttavia, doveva solo prendere una felpa da mettersi addosso, perché era Marzo, ma ancora la primavera era piuttosto lontana, e la sua maglia era troppo leggera - oltre che con la schiena quasi totalmente scoperta. Che avesse esagerato a punzecchiarla a quel modo? D'altronde sembrava essersi dato tante arie, ma nemmeno lui aveva la pretesa di definirsi un Vigilantes. Anche perché le sue imprese si potevano contare sulla bellezza di un dito di una mano: fare da scorta non desiderata ad uno dei più famosi Vigilantes di Tokyo, fine. Forse aveva esagerato fin dal principio, sembrava quasi che stesse ponendo a caso domande volutamente provocatorie appena dopo aver tentato di metterla a suo agio, in una sorta di incalzante ciclo continuo. Andando avanti a questo modo probabilmente avrebbe solo sortito l'effetto opposto a quello sperato. Castiel si fece sfuggire un sospiro e decise di lasciarle il suo tempo. Però non sulla porta! Davvero, quello era inammissibile, non poteva guardala così!
    «Guarda che puoi entrar...» tentò di dire, ma - inaspettatamente - Saki lo precedette, borbottando qualcosa di molto confuso e agitato. Al che... il giovane americano si rese conto che, fra tutti quei detti e non detti, ci doveva essere qualcosa che doveva turbare molto la giovane attrice. Chi era Momo, poi? Il suo coniglio? No, era piuttosto certo che quello si chiamasse Paku. Senza contare che non aveva idea di come facesse a litigare con un coniglio. Una sottile e marpiona espressione da volpe si dipinse sul suo viso e tutti i suoi buoni propositi andarono a farsi benedire. C'era qualcosa sotto.
    «Oho~ non dirmi che sei in imbarazzo perché non sei mai entrata nella camera di un ragazzo. — sogghignò, mentre schiudeva la cerniera della sua felpa e se la buttava con nonchalance sulle spalle scoperte. — Su, su. Puoi far finta che sia la stanza della tua migliore amica. Non vuoi mica costringermi a prenderti di nuovo in braccio?» rimarcò, fissando la sua luminosa chioma dorata, come se le stesse lasciando scegliere quale fosse l'opzione meno imbarazzante. Che onore, eh? Tanto il risultato sarebbe stato lo stesso. Eppure Castiel non aveva cattive intenzioni, anche se Sakiko sarebbe stata liberissima di pensare il contrario. Non ce l'aveva mica con lei perché aveva tirato un cazzotto ad un ragazzino. Se facendolo gli aveva impedito di rubare un'auto tanto meglio. Magari non era il modo più ortodosso del mondo, ma - immedesimandosi nel proprietario dell'auto - se qualcuno gli avesse detto che una figura misteriosa avesse scoraggiato un potenziale ladro tirandogli un pugno sul naso avrebbe apprezzato eccome. Non voleva mettere in dubbio che esistessero delle persone che rubavano per necessità, lui si era sempre impegnato a modo suo per le categorie disagiate della popolazione, raccolte fondi, devolvendo parte dei soldi dei concerti in opere di beneficenza, però l'auto sarebbe comunque stata sua. Insomma, rubare era sbagliato. Muovendosi a piccoli passi verso l'uscio dove Sakiko aveva appena tenuto il suo soliloquio, il giovane dai capelli smeraldini decise di affiancarla.
    «Saki. Va tutto bene.» mormorò, tentando, se la ragazza glielo avesse permesso, di poggiarle delicatamente una mano sulla spalla. Niente onorifici, niente nomignoli o soprannomi strani. Solo "Saki". Voleva apparire amichevole, ma al contempo serio e affidabile. Voleva che capisse che non la stava rimproverando, e che era solo il solito Castiel che ogni tanto non sapeva tenere a freno la lingua. «Ti va di dirmi cosa succede? Vuoi che faccia del thè? Ho delle bellissime tazze nuove da sfoggiare, sai.» si vantò, prima di rivolgerle uno sguardo gentile. Poi tornò dentro e si sedette sul bordo del letto, facendo cenno a Sakiko di seguirlo e mettersi accanto a lui. La minaccia di prenderla in braccio era ancora valida. E poi aveva fiutato odore di gossip. «....Chi è Momo?»

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    Sakiko Yumeno

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    L’improbabilità della situazione aveva ormai superato i limiti del surreale.

    Ecco come suonava la ricostruzione degli eventi quella serata: era corsa fuori di casa dopo un litigio con la sua non-ragazza, aveva colto in fragrante un giovane delinquente per poi essere colta a sua volta in fragrante mentre colpiva con una mazza il suddetto delinquente. A coglierla di sorpresa era stato il suo capo, amico, ex-collega, semi-ex-cotta adolescenziale e decisamente ancora molto attuale idolo Castiel… che ovviamente l’ha “salvata” portandola con via con se in volo al suo appartamento.

    Già a questo punto Sakiko era abbastanza sicura che suonasse come una di quelle self-insert fan fiction che si potevano leggere su internet – e che lei ovviamente aveva letto frequentemente.

    Ma dopo convenevoli, momenti di imbarazzo e altri momenti di imbarazzo Sakiko si era trovata di fronte alla camera da letto di Castiel e mentre lui si apprestava a cambiarsi, la idol sembrò decretare impulsivamente che quello fosse il luogo e il momento migliore per sbottare in un sfogo slash confessione di tutto quello che le passava nella testa.

    Inutile dire che la ragazza ebbe la prontezza di tapparsi letteralmente la bocca con le mani quando ormai era già troppo tardi.

    Rimase qualche secondo in silenzio immobile come se si aspettasse che se non si fosse mossa anche tutto il resto sarebbe rimasto fermo e nessuno avrebbe realizzato la sua gaffe. Purtroppo i suoi immaginari poteri per modificare convenientemente la delusero un'altra volta e la reazione di Castiel giunse comunque.
    Sakiko era ancora girata e quindi non poteva vederne l’espressione ma dal tono di voce l’uomo-angelo sembrò piuttosto comprensivo e vagamente divertito. La bionda incassò di riflesso la testa fra le spalle come un’aspirante tartaruga e ruotò leggermente la testa portandosi una mano sugli occhi per proteggere la privacy di Castiel.

    Ma allo stesso tempo tenendo le dita della mano abbastanza aperte per sbirciare perché lo spirito era forte ma l’interesse di vedere un Castiel mezzo nudo lo era di più. In caso confidava che Morrigan, a sua volta fan dell’ex-idol, l’avrebbe capita e perdonata seppur decisamente anche invidiata.

    Per fortuna e sua segreta colpevole delusione Castiel si presentò ai suoi occhi anche più vestito di prima cosi la ragazza poté abbassare la mano. Lentamente. Giusto in caso Castiel decidesse di iniziare a spogliarsi.

    Sakiko strinse le labbra e distolse lo sguardo con espressione imbarazzata quando l’americano scherzò sul fatto che quella fosse la prima volta che entrasse nella camera di un ragazzo.«Beh, effettivamente è la prima volta…» – confessò arrossendo lievemente. In generale era la prima volta che visitava da sola la casa di un uomo in generale. Ad eccezione di quella di Joshua, ma con tutto il chaos e il disordine che regnava nell’appartamento di Joshua non era neanche sicura se ci fosse una camera da letto lì.

    E d’altro canto la prima volta che aveva visitato la camera da letto della sua migliore amica aveva finito per fare sesso con lei. Ma probabilmente era meglio tenersi quel dettaglio per se.


    Forse vedendo la ragazza ancora esitante ad accomodarsi all’interno Castiel le si avvicinò e cingendole amichevolmente le spalle cercò di incoraggiarla a mettersi comoda e sedersi con lui sul bordo del letto.

    Sakiko non amava essere toccata dagli estranei e concedeva questo privilegio ad una stretta cerchia di persone. Ma senza alcun dubbio Castiel aveva automaticamente accesso alla suddetta cerchia in aggiunta con accesso VIP.
    A prescindere la ragazza poteva percepire che l’americano stesse solo cercando di confortarla e metterla a suo agio e apprezzava molto il gesto. Così decise di non ostinarsi oltre e accettò ubbidientemente, seppur ancora un po’ in soggezione, di sedersi al suo fianco.


    La bocca della bionda si crepò in un piccolo genuino sorriso quando Castiel le offrì una tazza di tè vantandosi scherzosamente del suo recente acquisto. La ragazza allungò le dita su una ciocca di capelli rigirandola nervosamente e rispose con un po’ di esitazione «…una tazza di tè non sarebbe male, forse aiuterebbe a calmarmi un po’… M-Ma non c’è bisogno, non voglio darti ulteriore disturbo!» – si affrettò ad aggiungere agitando le mani, allarmata dalla sua stessa sfacciataggine.


    Giunse infine la fatidica domanda.
    Chi è Momo?

    Lo sguardo della ragazza si incupì di senso di colpa e frustrazione.
    Già, chi era Momo? Bella domanda.

    Era un po’ quello che cercava di capire lei stessa. Nella sua testa aveva contemplato svariate definizioni da affibbiare alla ragazza irlandese e a quello che c’era fra di loro, ma senza mai riuscirci. Era come cercare di inserire un tassello senza mai trovare la forma appropriata e se avesse cercato di forzarlo dentro una temeva che avrebbe finito per romperlo.

    La ragazza sospirò mestamente «Nessuno. Momo non è nessuno. Perché è questo che vuole rimanere. Un nessuno con cui io non ho alcuna relazione – nonostante io vorrei che diventasse un qualcuno con cui avere un qualcosa. Capisci che intendo?» – chiese aspettandosi che Castiel riuscisse a seguire la sua spiegazione vaga e criptata.

    La ragazza sbuffò spazientita dal naso e proseguì lasciandosi trascinare ancora una volta dallo sfogo «…io voglio essere paziente ma sono passati mesi e ogni volta che sollevo l’argomento finiamo per discutere e la questione rimane irrisolta. Onestamente non so più come affrontare la questione con lei…» – concluse in un lapsus troppa assorta a riflettere sulla faccenda per poi cercare di correggersi –«…lui. V-volevo dire lui. Cioè voglio dire Momo, che non è una lei… e nemmeno lui. Un nessuno, insomma, okay?» – ripeté arrossendo violentemente cercando disperamente di convincerlo per coprire maldestramente l’ennesima gaffe.





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    L'espressione sorniona sul viso di Castiel si accentuò ancor di più, nello scorgere Sakiko giocare a quella sottospecie di vedo-non-vedo mentre cercava di tapparsi gli occhi con decisamente poca convinzione, tanto che per qualche attimo fu davvero tentato di far finta di togliersi i vestiti, giusto per vedere come avrebbe reagito. Desistette, ma di certo non per puro spirito d'altruismo. D'altronde l'ex-idol non era quel genere di persona troppo pudica che si sarebbe vergognato di farsi sorprendere appena uscito dalla doccia o qualche altra situazione simile; anche perché era piuttosto consapevole di essere sexy stato benedetto da madre natura e non si faceva alcun problema ad ammetterlo: insomma, se Sakiko voleva che si spogliasse bastava chiedere onestamente. Decise che non fosse il caso di insistere solo perché Sakiko gli confermò che fosse davvero la prima volta che metteva piede nella camera di un ragazzo e - sebbene non fosse neanche del tutto convinto di poter contare come ragazzo - quello bastò a calmare la sua voglia di scherzare. Già, non sarebbe stato proprio carino prendere in giro una collega per una cosa che a loro era praticamente proibita. Castiel era mai entrato in camera di una ragazza? Beh, . Ma non per quei motivi. Ad esempio, una volta aveva duettato con un'altra idol della sua stessa agenzia e per il video musicale avevano dovuto fare delle riprese l'uno in camera dell'altra, quindi sorvolando sul fatto che abitassero entrambi in due appartamenti di proprietà del colosso aziendale che dava loro lavoro, si poteva dire che ci fosse entrato. Ma agli idol non era permesso avere relazioni sentimentali, per questo la maggior parte di loro le teneva segrete e se venivano a galla si creavano i peggiori scandali possibili. L'industria non era molto gentile a riguardo. Quindi non c'era granché da scherzare a riguardo.
    Tuttavia... capiva. Per quello il discorso che la bionda intavolò qualche istante più tardi lo sorprese, ma neanche tanto. Seduto accanto a lei, incrociò braccia e gambe assumendo un'espressione pensierosa e provò a far finta di niente quando ella tentò di riparare ai suoi disastrosi errori. Ora, Castiel aveva molte doti e sebbene l'astuzia non fosse propriamente tra di queste, non si poteva nemmeno dire che fosse del tutto uno sprovveduto. Anche volendo crederle, Sakiko gli aveva appena detto di non essere mai entrata prima in camera di un ragazzo, le due affermazioni cozzavano un po' fra di loro ed una era certamente falsa. Non c'era neanche da chiedersi perché fosse più portato a credere che si trattasse della seconda.
    «Ah-a. Qualcuno qui sta affrontando la sua prima delusione amorosa.» accusò, e la frase gli venne fuori così naturale che non ebbe neanche il tempo di pentirsene.
    Forse sarebbe dovuto andare davvero a fare del thè. «...Beh. Ti darei un tre su dieci. Per la bugia. — esordì, e cercò di riparare alla sua fastidiosa irriverenza tossendo appena, il pugno chiuso della mano destra davanti alle labbra. — Anche se fosse una lei non ci sarebbe nessun problema. Non per me, almeno.» Di certo i problemi non mancavano, ma non per quello specifico motivo e non era lui la persona a cui avrebbe dovuto rispondere nel caso fossero venuti fuori.
    Il fatto era che Castiel capiva fin troppo bene cosa la giovane volesse dire. Aveva passato anni in quello stesso limbo fatto di dubbi e incertezze. Anni interi. Come uno stupido sciocco troppo abbagliato da una fragile speranza per rendersi conto di come stessero veramente le cose. Per quello sentirlo da una bocca esterna gli fece particolarmente impressione. Sperava che Sakiko non si fosse cacciata in una situazione simile alla sua, perché nel caso era suo dovere tirarla fuori prima che fosse troppo tardi.
    «Senti, so che può sembrare strano detto da me, ma dovresti lasciare che le cose facciano il loro corso. Mettere pressione o fretta ad una persona è un ottimo modo per rovinare un rapporto, di qualunque tipo esso sia.» mormorò, con un briciolo di titubanza, visto che non sapeva esattamente come stavano le cose. Però non lo diceva tanto per dire, ma perché ci era passato e di errori simili a quello che ora vantava Sakiko ne aveva commessi tanti. Bastava pensare come fosse finita quando aveva fatto pressione su Akihiko affinché prendessero una decisione con la loro relazione: la cosa gli si era ritorta contro, e ancora ne subiva le conseguenze. Come se quella sottile ansia di legarsi in modo sentimentale alle persone non lo accompagnasse ancora.
    «Coooomunque! Vado a fare il thè. Torno subito. — suggerì, diede un buffetto sulla guancia alla giovane dall'espressione mestamente imbarazzata e balzò in piedi, incamminandosi verso la porta. Non voleva che l'atmosfera si facesse troppo pesante, e Sakiko aveva bisogno di prendersi qualche istante di solitudine per riorganizzare i pensieri. — E non ti addormentare.» minacciò, voltandosi un'ultima volta e lasciando ondeggiare i lunghi capelli verdi sulla schiena, prima di sparire oltre l'uscio della porta.
    Eppure, nonostante la tranquillità con cui si fosse lasciato andare a quelle parole, non appena mise piede in corridoio, non riuscì a fare a meno di lasciarsi sfuggire dalle labbra un pesante sospiro che di rilassato aveva ben poco. Era un bel problema. Come poteva darle dei consigli senza rischiare di tradirsi da solo? Sakiko era sua amica, certo, ma alcune non poteva semplicemente dirgliele! Non riusciva a fare a meno di pensare di essersi cacciato in qualcosa di più grande di lui. Come aveva fatto con Cutter. Con CYPHER. Come faceva sempre. Scosse la testa. Probabilmente aveva ragione.

    Castiel tornò cinque minuti più tardi con, ovviamente, il thè e le sue bellissime tazze nuove. Ridendo e scherzando, quel poco tempo a guardare il bollitore riscaldare l'acqua e a cercare gli ingredienti da arrangiare su un vassoio gli era servito per riguadagnare un po' di fermezza mentale.
    Le tazze, invece, le aveva rubate a Shion. Cioè, non nel senso che si era intrufolato nel suo negozio di notte per andare letteralmente a rubargliele, però le aveva trovate immensamente carine quando il fioraio gliele aveva mostrate qualche settimana prima - a San Valentino, o meglio, il giorno dopo - ed erano rimaste il suo chiodo fisso, tanto che alla fine aveva deciso di comprarsele simili. Solo che aveva decisamente sottovalutato il potere della cosa. Perché sulla credenza in cucina stavano benissimo, ma ogni volta che le vedeva gli veniva in mente quella sorridente faccia da schiaffi incorniciata da quelle morbide orecchie rosa, quegli affascinanti capelli bianchi e... no. Insomma, non era difficile immaginare perché dopo un giorno e mezzo le avesse rimesse nella scatola e ce le avesse lasciate.
    Per quale motivo aveva deciso di tirarle fuori adesso? Beh, stavano parlando di delusioni amorose, gli sembrava adatto.
    Entrò in camera trionfante. Il vassoio in porcellana bianca con sopra una teiera d'acqua calda, abbinata a due tazze dalle decorazioni floreali, zollette di zucchero e delle bustine di thè da scogliervi dentro.
    «Ta-dà. Beh, ovviamente non avevo il tuo amato thè al gelsomino, ma questo è un infuso ai fiori di pesca bianca e... uh, aloe? — mormorò, cercando di ricordarsi quello che aveva letto non meno di trenta secondi fa sulla confezione che non si era portato dietro. No, forse era solo pesca senza fiori. Pazienza. Alzò appena le spalle, come se non fosse poi così importante, e si avvicinò al bordo del letto, posando il piccolo vassoio sul comodino al suo fianco. Armeggiò qualche istante e poi porse una delle due tazze colorate alla giovane. — Viene da... boh, qualche posto in Europa. Me lo hanno regalato. Se non fosse buono mi lamenterò con il diretto interessato. Quanto zucchero vuoi?»

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    Sakiko Yumeno

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    Non era inusuale che la bocca di Sakiko si muovesse sempre dieci passi in anticipo rispetto al suo cervello. Questo ovviamente comportava che questa blaterasse praticamente alla cieca e che il cervello della ragazza si trovasse più spesso occupato a rimediare alle cose che diceva piuttosto che a pensare cosa dire.
    Aveva fatto un ennesima gaffe – e questa volta era non era un semplice passo falso ma un salto olimpionico falso. Purtroppo nessuna medaglia era prevista per la sua stoltezza e tutto ciò che le spettava era un onda di intenso imbarazzo e pentimento.

    Lei. Lei. Aveva detto “lei”. Come poteva essere cosi imbranata? Non aveva imparato nulla dopo lo scandalo?
    Il viso della idol si avvampò di rosso in un incendio di panico e disagio come una sirena d’allarme.
    Castiel d’altro canto sembrò più divertito che scioccato da quella goffa rivelazione accidentale.
    Il che era strano considerando quanto fosse taboo la natura di questa rivelazione.

    Forse era a conoscenza del precedente scandalo che aveva coinvolto Sakiko e una sua collega di lavoro sul set e forse già sospettava qualcosa.
    Detto ciò l’ex-idol si mostrò decisamente comprensivo e rispettoso riguardo alla questione e non sembrò intenzionato ad infierire su di lei o peggio farne una scenata – con grande sollievo della ragazza.

    Sakiko però tornando nuovamente tesa e nervosa si mostrò comunque cauta al riguardo, per quanto ormai il danno fosse fatto, e cercò di replicare riuscendo solo a balbettare a vuoto.
    Di nuovo fece per prendere parola aprendo la bocca e puntando l’indice della mano come a voler puntualizzare qualcosa – ma dalle sue labbra non uscì suono e si serrarono nuovamente con fare frustrato.

    La ragazza con espressione vagamente imbronciata alla fine borbottò «Io n-non ho detto nessuna bugia però.” – fu l’unico punto che si senti sicura a rimbeccare – «…e-e-e non ammetto n-nulla, ok? Il mio era solo… un discorso ipotetico, si. Ipotetico – ripeté soddisfatta di quel compromesso improvvisato. La ragazza chinò leggermente la testa in avanti e lanciò di traverso un sguardo cauto all’americano – «…ma ipoteticamente parlando apprezzo le tue parole.» – confessò con un accenno di gratitudine sul viso.

    Non le era facile aprirsi da questo punto di vista. Era un tasto particolarmente dolente per non dire traumatico per lei. Era troppo spaventata dall’idea che la sua relazione proibita divenisse di dominio pubblico e per quanto si fidasse di Castiel dubitava che lui potesse capire davvero la sua posizione.

    Il consiglio di Castiel però la punse nel vivo. Sapeva che l’ex-idol aveva ragione ma non era quello che davvero avrebbe voluto sentirsi dire. Quello che avrebbe voluto sentirsi dire era che faceva bene a professare in maniera schietta e costante i suoi sentimenti verso Momo e che la forza di questi sentimenti avrebbe fatto breccia nel cuore dell’irlandese e tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi. Era una prospettiva molto più congeniale per la idol seppur chiaramente poco realistica.

    La bionda sospirò frustrata e smossa da questa frustrazione allungò le mani stringendole sul braccio vicino di Castiel e iniziandolo a scuoterlo in preda all’agitazione «Ma – ma… ipoteticamente parlando, se avessi paura che questa le-questa persona si allontanasse? Ipoteticamente. E s-se le facessi pressione solo perché, ipoteticamente, io volessi solo avere una qualunque certezza che l-l-lei, ipoteticamente, non mi consideri solo un passatempo e mi molli non appena si sarà annoiata? Ipoteticamente – ripeté per l’ennesima volta con maggiore enfasi, come se fosse una sorta di parola magica che rendesse nullo tutto quello che diceva.

    Prima di proseguire la questione però l’americano si congedò momentaneamente con l’intento di andare a preparare il tè che le aveva offerto. Prima di allontanarsi l’americano ammonì la ragazza di non addormentarsi.

    Sakiko non ne aveva avuto alcuna intenzione in primo luogo, troppo agitata e nervosa per anche solo considerare l’idea. Di fronte a quell’ammonimento la idol si irrigidì ulteriormente e serrò gli occhi aperti evitando anche solo di sbattere le ciglia come se ne andasse della sua vita.
    In questo stato mentale la ragazza quasi sobbalzò quando Castiel fece il suo trionfale ritorno, quasi come se l’avesse sorpresa di nuovo in fragrante a fare qualcosa di discutibile.

    L’angelico ex-idol era squisitamente armato con uno splendido vassoio sul quale erano disposte le fantomatiche tazze e tutto l’occorrente necessario per la consumazione del tè.

    L’espressione della ragazza si ravvivò di fronte alla concreta prospettiva di un buon tè. Non avrebbe voluto far scomodare Castiel ma visto che ormai si era scomodato sarebbe stato stupido e inopportuno non approfittarne.

    La ragazza lo osservò in silenzio armeggiare con la preparazione finale della bevanda per poi volgersi verso di lei e porgerle una delle due tazze – «Due zollette vanno bene, grazie.» – rispose educatamente la ragazza prendendo eventualmente la tazza con entrambe le mani. Percepì subito il piacevole tepore attraverso la ceramica della tazza scaldarle le dita e il profumo aromatico della bevanda salire come un serpente sinuoso raggiungendo le sue narici solleticandole con una fragranza dolce e fruttata.
    La ragazza si perse per un momento in quella confortevole sensazione familiare chiudendo brevemente gli occhi, prima di portare la tazza alla bocca e prendere un primo assaggio.
    Il tè le scaldo il palato e la mente aiutandola a ritrovare un po’ di tranquillità.

    Prima di apprestarsi a prendere un secondo sorso la ragazza si soffermò a contemplare con espressione assorta il suo tè ondeggiare pacificamente dentro la tazza. Spostò la sua attenzione sulla tazza ammirandone brevemente la fattura dei temi floreali e con un mezzo sorriso commentò – «…è una tazza davvero carina.»
    In altre circostanze si sarebbe prodigata in un complimento molto più entusiasta, probabilmente seguendo ad elencare e mostrare tutti i design di tazze che possedeva o intendeva possedere.
    Ma pensieri e preoccupazioni gravavano nella mente frastornata della idol sopprimendo il suo usuale carattere solare ed espansivo.

    Dopo una breve pausa di riflessione silente la ragazza indugiò per un momento prima di rivolgersi cautamente all’americano – «Hey, Cassie…» – l’uso di quell’affettuoso nomignolo era un segno che la ragazza si sentisse un po’ più a suo agio adesso – «…tu te ne intendi molto di ragazze?» – chiese infine a bruciapelo – «V-voglio dire posso immaginare di non essere la prima ragazza che tu abbia portato qui…» – ipotizzò arrossendo con evidente imbarazzo nel solo immaginare una simile circostanza.






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    «Quindi state insieme.» ribatté Castiel, ponendo particolare enfasi sulla parola centrale. Se doveva essere sincero - e non vedeva perché no - al momento aveva capito una sola cosa, e cioè che la precisa relazione fra Sakiko e questa sua chiaramente ipotetica ragazza non fosse chiara neanche a loro. Per questo la giovane attrice non aveva saputo come spiegarla. Il problema era che, al contrario, aveva paura di avere chiarissima la risposta alla sua affermazione: era un doloroso "No". Probabilmente si frequentavano, magari andavano a letto insieme, ma non stavano davvero assieme. Insomma, quel nebuloso limbo che a volte precedeva due persone che si sarebbero potute fidanzare, ma nel quale qualcuno o nessuno dei due voleva addentrarsi oltre per impegnarsi nel passo successivo. In altre parole? Friends with benefits.
    Castiel non aveva chissà che opinione in merito a quel tipo di relazione: non la considerava né positiva né negativa, a pelle, se ci pensava, gli veniva in mente Shion, forse perché era una vicenda recente o perché credeva che fosse l'unico tipo di rapporto che avrebbe potuto costruire con una persona come lui, ma non credeva che sarebbe stato in grado di sostenerlo troppo a lungo. Aveva pensato se richiamarlo, ma si conosceva troppo bene, da quel punto di vista forse assomigliava a Sakiko, sapeva che una parte di lui si sarebbe inevitabilmente affezionata e avrebbe preteso di più. I sentimenti erano rognosi. E a quel punto Shion non avrebbe voluto sentir parlare di lui nemmeno da lontano.
    Chissà se la ragazza di Sakiko era una Shion-femmina.
    «Temo valga il contrario.» rispose dunque, sorridendo dolcemente alla giovane abbarbicata al suo braccio. Già, probabilmente non era quello che avrebbe voluto sentirsi dire, ma Castiel si sarebbe sentito infimo a darle false speranze. Riteneva che i rapporti fossero qualcosa da costruire in due e che anche con piccoli gesti opprimenti si potesse arrivare a tarpare involontariamente le ali a qualcuno. A volte succedeva anche quando si pensava di fare la cosa giusta, figurarsi quando non se ne era certi.
    Una volta libero dalla presa della ragazza, Castiel si congedò brevemente, tornando pochi minuti più tardi con il vassoio di thè, sperando che l'amica avesse avuto tempo di calmarsi e riflettere qualche attimo. Anche avendo molto di cui parlare era meglio procedere per gradi.
    Dopo aver lasciato cadere le due zollette di zucchero richieste nell'acqua, allungò la fumante tazza dal design floreale alla giovane dai crini dorati e si accinse a preparare la propria.
    «Hehe, vero?» squittì felice, dando ragione alla voce fuoricampo di lei che aveva fatto i complimenti alla tazza, mentre optava per prendersi due zollette a sua volta. Appena sovrappensiero, fece compiere loro qualche giro all'interno del recipiente di porcellana, facendo sì che si sciogliessero, e poi se lo portò alle labbra, per controllare se andasse bene o se ne dovesse aggiungere altre. Solitamente gli piacevano i sapori aspri, ma in quel momento sentiva di aver voglia di qualcosa di dolce, forse per digerire l'amarezza totale della discussione. Era quasi in procinto di recuperare il discorso precedente, infatti, quando...
    "Hey, Cassie… tu te ne intendi molto di ragazze? V-voglio dire posso immaginare di non essere la prima ragazza che tu abbia portato qui…"
    «Co--ugh--.» un colpo di tosse, e per poco non gli andò di traverso l'aria, il thè e anche il resto dell'universo. Checcosa. Castiel era ancora fermo in piedi rivolto verso il comodino, stava dando le spalle a Sakiko, e fu una vera fortuna, perché la sua espressione dovette riavviarsi tre o quattro volte, quasi alla stregua di un cellulare bloccato.
    Fu solo dopo un istante di quella completa confusione, ripreso fiato, che il giovane dai capelli verdi riuscì a raddrizzare appena le spalle ed a voltarsi lentamente (molto lentamente) a guardare la ragazza che lo stava fissando con una punta di imbarazzo.
    E ci credeva. Che erano quelle domande assurdamente private sulla sua... vita romantica?
    «Uhm. — esordì, con circospezione. Tono, Castiel. Doveva darsi un tono. — Beh, ovvio, cioè sì, insomma...» tenendo sollevata la tazza con la mano destra, agitò quella opposta quasi come volesse sminuire la faccenda. Cioè, sì, insomma... era ovvio, no? Lo sapeva con chi stava parlando? Era un playboy nato lui. Uno che non aveva mai avuto una singola ragazza in vita sua. Okay, doveva cambiare discorso. E in fretta.
    «Insomma.» La tazza finì poggiata sul comodino in modo un po' brusco, con il classico rumore del bordo inferiore che sbatte sul piattino di porcellana. Castiel sospirò e si puntò le mani sui fianchi. Era, come sempre, quel tipo di persona che mentiva raramente, ma allo stesso tempo, molto raramente diceva tutta la verità.
    «Non dovrei proprio dirtele queste cose, ne va della mia reputazione, sai? Il mio cuore è sempre appartenuto solo ai miei fan. — sbuffò, gonfiando appena le guance come se fosse una ragazzina gelosa dei suoi segreti. E lo era. Molto. Però era anche Castiel e non poteva far finta di niente davanti agli occhi di un'amica che gli stava evidentemente chiedendo consiglio su come comportarsi, per cui finita quella scenata da finto permaloso, si fece sfuggire un leggero mormorio comprensivo e si passo una mano sulla nuca. Alla fine se stava attento con le parole non aveva nulla da perdere, no? — Beh, diciamo che potrei essere incappato in una situazione simile alla tua, tanto tempo fa.» confessò. Dimenticò totalmente la tazza e si sedette accanto a lei sul bordo del letto, dal lato opposto rispetto a dove si era appostato prima di andarsene a fare il thè.
    «Mi sono comportato in modo molto impulsivo, e non è finita bene. Per niente bene, direi. Ora, questo discorso non deve assolutamente uscire da questa stanza. Sei l'unica persona che è venuta a saperlo oltre Jason e mia sorella, quindi... quello che posso dirti è che dovresti... dar tempo alle persone di realizzare i loro sentimenti. — annuì, cercando le iridi verdognole della ragazza e tentando di posarle delicatamente una mano in cima alla testa, come se volesse scompigliarle i capelli. Non sapeva perché, ma era un gesto che Richard, il più grande dei suoi fratelli maggiori, aveva sempre fatto con lui, e Castiel lo trovava molto familiare e affettuoso. — E se non dovesse capire i tuoi non è detto che tu debba arrenderti. Le persone si conquistano a poco a poco, a piccoli gesti, non essendo pressanti, quello mai. Se hai bisogno di qualcuno con cui parlarne considerami a tua disposizione.» concluse, abbozzando un sorriso tenue. Se non fosse stato per la tazza che la giovane stringeva probabilmente le avrebbe offerto un abbraccio. A Castiel piaceva abbracciare le persone, era una sorta di calmante.
    Non sapeva come Sakiko avrebbe preso i suoi consigli, ma sperò che quello chiudesse almeno la parentesi che si era appena aperta su di lui. Insomma, il focus non era quello, no?

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    Sakiko Yumeno

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    Sakiko fece una smorfia combattuta prima di sbottare “Si... ma no. Cioè io direi si ma lei direbbe no –insomma, non lo so, è complicato, ok!?” – concluse con fare esasperato piegandosi in avanti poggiando i gomiti sulle ginocchia e facendo una smorfia imbronciata. Ovviamente non era con Castiel che era imbronciata ma dalla sua sventurata relazione amorosa.
    La ragazza poggiò il mento sulle mani sostenute dalle ginocchia e dopo un momento di silenziosa riflessione sembrò rammentarsi di qualcosa e lanciando un occhiata di sbieco si ricordò di aggiungere a scoppio ritardato “…ipoteticamente.”


    Purtroppo il confrontarsi con Castiel in quell’improvvisata ed imprevista seduta di supporto sentimentale non le stava dando le utopistiche rassicurazione che avrebbe voluto – l’angelo con un ammirevole compostezza, specie dopo l’essere poco idol-escamente strattonato dalla ragazza in piena frustrazione amorosa, sgonfiava tutte le sue improbabili aspettative fantasiose con semplici ma oggettive verità.

    La ragazza si afflosciò liberando il braccio del fortunatamente piuttosto paziente e abbassò lo sguardo demoralizzato verso il pavimento. Rilasciò un profondo sospiro carico di paura e rassegnazione “Si… lo so.” – confessò. “Lo so che cercare di spingerla ad impegnarsi più probabilmente otterrebbe l’effetto contrario.”
    La ragazza non era un esperta di relazioni amorose ma perfino lei era consapevole di questa semplice ma odiosa verità.
    C’era un opprimente ammasso di consapevolezza che pulsava nel petto della ragazza.

    Nonostante la ragazza si sforzasse di reprimerlo e ignorarlo lo sentiva diramarsi dentro di se, insinuarsi nella sua testa dando voce alle sue angosce e le sue insicurezze. Temeva che eventualmente avrebbe finito per avvelenare i suoi sentimenti se non lo avesse tirato fuori ma allo stesso tempo non osava farlo perché non aveva il coraggio di affrontare la verità che portava al suo interno.

    .....



    Grazie all’ospitalità di Castiel, Sakiko poté mettere, almeno temporaneamente, una tazza di tè fra se e quello spiacevole sfogo nervoso. Il tepore della bevanda le portò un po’ di sollievo distendendole un po’ i nervi. La ragazza ne approfittò per cercare di sviare almeno per un momento l’attenzione da se e chiedere consiglio direttamente a Castiel. In qualità di sua genuina fan storica Sakiko sapeva che non c’era mai stata alcuna notizia concreta sulla vita sentimentale dell’ex-idol americano.
    Castiel era sempre riuscito a tenere la sua vita privata per se evitando gossip e scandali. Oh, senza dubbio c’erano state insinuazioni, teorie e voci di corridoio ogni volta che l’americano veniva colto in compagnia femminile – ma non c’era mai stata alcuna prova concreta e tutto era sempre sfumato in un alone di mistero.
    Per quanto agli occhi di Sakiko fosse plausibile che l’ex-idol conducesse una austera vita da monaco dedicata unicamente alla sua arte e ai suoi fan – era più facile pensare che l’americano fosse solo molto bravo a proteggere la propria privacy.

    La domanda sicuramente sembrò cogliere alla sprovvista Castiel che quasi si soffocò con il proprio tè. Sakiko trovò quella reazione più intensa del previsto ma si sentì comunque in colpa per avergli posto una domanda cosi inopportuna.
    “Uhm – mi spiace, non volevo… essere indiscreta.” – si scusò in risposta alle rimostranze di Castiel che adesso sembrava un po’ meno rilassato. Forse aveva toccato un tasto delicato senza rendersene conto?
    L’americano che fino a quel momento si era mostrato piuttosto calmo e composto nel darle dritte sulle sue pene d’amore sembrò incespicare un po’ nel parlare delle proprie.

    Nonostante ciò le confidò comunque di una propria esperienza passata – un esperienza spiacevole che non differiva molto da quella che stava passando lei.
    Sakiko non fu stupita dal fatto che Castiel rivelasse di essere piuttosto impulsivo come lei – non era un caso che sentisse una innate affinità con l’americano.
    Ciò che la stupì di più in realtà fu che esistesse una donna che avesse la faccia tosta di rifiutarlo.
    Che razza di donna sarà mai stata per avere il coraggio di spezzare il cuore a quel magnifico angelo!?

    Castiel concluse il suo breve racconto con il consiglio di non fare pressioni per ottenere un immediato cambiamento ma di conquistare la persona a piccoli passi e con piccoli gesti.
    E ancora una volta dentro di se Sakiko riconobbe la legittimità di quelle parole… ma la cosa dentro il suo petto pulsò malignamente in risposta con una nuova scarica di ansia e incertezza.

    Il tè perse il suo effetto calmante – ricordi sgradevoli le ritornarono alla mente e la sua bocca si riempì di amarezza che avrebbe avvelenato anche il più dolce dei tè. La ragazza si privò cosi della tazza ancora mezza piena riponendola sul vassoio.

    “Il fatto è che sono già passata in una situazione simile in passato… e ho paura che finisca allo stesso modo.” – rivelò di getto con sofferente sincerità, quasi come un conato di vomito forzato dal corpo che cerca di liberarsi. Il ricordo della sua prima delusione amorosa, e il profondo trauma che ne era conseguito.

    Gli sguardi furtivi.

    I sorrisi di complicità.

    I baci proibiti scambiati al buio.

    Poi i flash dello scandalo e della vergogna.

    Labbra amate che scandivano parole gelate di addio.

    Il suo cuore spezzato abbandonato nel buio senza più baci per confortarlo.


    Si liberò una nuova ondata di ansia e tensione nel corpo della idol, che cercò di scaricarle inconsciamente iniziando a dondolare leggermente avanti e indietro con il busto sfregandosi nervosamente una mano sul braccio.
    “…mi sento intrappolata dai miei stessi sentimenti. Sia che io assecondi il mio cuore e le faccia pressione rischiando di allontanarla, sia che io assecondi lei e lasci le cose come stanno solo perché lei si allontani comunque in futuro… sono destinata a perdere in ogni caso. In entrambi i casi sarò di nuovo io a rimanerci ferita…” – man mano che verbalizzava questa sua consapevolezza il nervosismo le andava crepando sempre di più la voce arrivando quasi a spezzarla, mentre i contorni dei suoi occhi si perlavano di nuove lacrime. La ragazza cercò di trattenersi e di comprimere di nuovo tutto dentro di se, portandosi la manica slargata della felpa a strofinarsi e coprire convenientemente gli occhi più a lungo del necessario. “…è cosi frustrante… cosi ingiusto!” – le sfuggì con un bisbiglio a denti stretti mentre un tremito di frustrazione e avvilimento le scuoteva il corpo e l’animo.

    La ragazza aveva già provato sulla propria pelle quanta verità ci fosse nel detto “Nel gioco dell’amore il primo che si innamora perde.” – ma evidentemente non aveva imparato la lezione e adesso c’era di nuovo ricaduta.

    Sakiko riprese per un momento di nuovo consapevolezza di dove si trovava e cercò di ricomporsi abbassando il braccio solo per rivelare un paio di occhi gonfi e arrossati. Consapevole della cosa la idol commentò “Mi spiace che tu debba vedermi cosi… Devo avere un aspetto terribile e patetico.” – seguì a tirare su con il naso dalla punta adesso arrossata. “Forse il problema è solo che c’è qualcosa di sbagliato in me…” – ipotizzò in maniera tentativamente scherzosa, perfino accompagnando le parole con un mezzo sorriso forzato, ma il tono asciutto e svilito implicava che fosse un pensiero genuino.




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    "Essere un fan significa volere che i propri idoli siano dei buoni bugiardi".

    Lo sguardo arrossato di Sakiko fu una fitta al cuore; Castiel percepì un lieve brivido risalirgli lungo tutta la spina dorsale e si sforzò d'ignorare quell'eco lontano che gli avevano appena ricordato.
    Che sciocco. Pensava di aver appena evitato un proiettile e ora si ritrovava con una spada di Damocle pericolosamente sospesa sopra la testa. Quante? Quante volte? Quante dannatissime volte si era trovato in una situazione del genere? Da solo in una camera d'hotel, divorato dalla gelosia, mentre sapeva che fuori da quella porta Akihiko stava telefonando alla moglie. Ad addossarsi tutta la colpa di ciò che stava succedendo semplicemente perché non poteva essere di nessun altro? Frustrato, deluso e arrabbiato, cosciente che il manager sapesse come si sentiva, ma che le sue lacrime non valessero nulla, perché, una volta che quella porta si sarebbe aperta, si sarebbe di nuovo gettato fra quelle braccia che lo avrebbero stretto come la cosa più importante del mondo. Come se l'amore lo avessero inventato loro e all'esterno non ci fosse altro. Vedere Sakiko sul punto di piangere e sforzarsi di non farlo faceva male il doppio. Si immedesimava in lei, percepiva le sue circostanze come fossero proprie, ne assorbiva la tristezza e non capiva. Come si poteva rimanere indifferenti di fronte ad una persona che soffriva per colpa tua? Era orribile, la consapevolezza di poter essere tutto o niente, e per questo non voleva lasciare sola la giovane attrice al suo fianco. Ma non sapeva cosa fare. Avrebbe solo voluto abbracciarla, dirle che sarebbe andato tutto bene, che non doveva preoccuparsi e che la situazione si sarebbe risolta nel migliore dei modi, ma... quel nodo che gli bloccava le corde vocali come una matassa di fili aggrovigliati era difficile da districare.
    «Non dire sciocchezze. — la ammonì, infine, cedendo dopo qualche attimo di rigoroso silenzio, passato ad accarezzarle dolcemente i capelli dorati sciolti sulle spalle, aspettando che la più giovane si calmasse. — Se ci fosse qualcosa che non va in te, ci sarebbe qualcosa che non va anche in me. E io so per certo che non c'è nulla che non va in me.» concluse, concedendosi una botta di autostima. Per proprietà transitiva, non c'era niente che non andava nemmeno in Sakiko.
    "Ipocrita". Si sforzò di sorriderle, ma una vocina nei recessi più profondi della sua psiche lo infilzò come un marshmallow allo spiedo e Castiel si trovò di nuovo a rabbrividire come prima. Si ricordava di Asuka Nikaido. La leader del primo gruppetto di idols di cui Sakiko aveva fatto parte. E ricordava anche qualcosa riguardo alle loro vicissitudini e allo scioglimento del gruppo. Era ironico forse, ma Castiel, in realtà, aveva sempre ammirato quella parte di lei per essere riuscita a tornare alla ribalta dopo quello scandalo che, per quanto piccolo, sulla loro anima era come uno sfregio indelebile.
    Forse perché la sua agenzia era stata sempre parecchio severa a riguardo, ma se fosse successo a lui avrebbe potuto dire addio al mondo della musica. «Vedrai che andrà tutto bene.» si sentì in dovere di aggiungere, ma la vocina lo chiamò di nuovo, questa volta più forte. Castiel vacillò appena e tirò indietro la schiena, stordito, trovandosi ad indugiare con lo sguardo puntato nel vuoto, mentre il mondo attorno a lui gli sembrava perdere di senso e diventare sfocato. Aveva... gli occhi ludici?
    Ma sì, certo che era un ipocrita. Lo era sempre stato. Lui era interamente fatto per vendere menzogne.
    A volte si chiedeva se ce l'aveva davvero una personalità, o era solo il risultato di ciò che gli altri avevano costruito. Gli idol. Ah sì, che bella la vita degli idol. Non facevano altro che raccontare bugie su bugie, non importava quanto potesse diventare dura la loro vita, e sul palco cantavano come se fossero le persone più felici del mondo. Erano il sostegno di milioni di persone, ma non c'era mai nessuno che sosteneva loro. Che c'era di male nel volere delle certezze una volta ogni tanto?
    "Essere un fan significa volere che i propri idoli siano dei buoni bugiardi".
    Quelle in realtà erano le prime parole che il direttore della sua agenzia gli aveva rivolto quando Akihiko lo aveva presentato come nuova promessa del mondo dello show-business. Non "perché vuoi diventare un idol?", che tanto all'epoca Castiel nemmeno lo sapeva, dato che era un ragazzino a cui piaceva solo cantare appena uscito da un talent show a cui tra l'altro aveva perso. Se vuoi essere un idol devi essere bravo a mentire, non a cantare. Cantare lo sanno fare tutti. Devi sorridere. Devi piacere. Devi mentire. Onestamente, non si era mai pentito della propria scelta.
    Tutti noi ci leghiamo a qualcosa. Castiel l'aveva fatto con quella carriera nel mondo dello spettacolo, forse perché era l'unico mondo che aveva conosciuto veramente; eppure proprio quell'ambiente l'aveva tradito. Aveva imparato a sue spese che la felicità aveva un prezzo: la sua carriera in cambio dei suoi sentimenti, o i suoi sentimenti in cambio della sua carriera. Perché doveva scegliere una o l'altra cosa per essere felice? Lui voleva entrambe. Voleva essere avido. E lo era stato, si era tenuto strette entrambe le cose fin quando aveva potuto, fin quando quella stessa avidità non lo aveva fatto crollare come un castello di carte. Era sempre stato un bugiardo. Altro che mentire raramente. Non aveva mai fatto altro.
    Ma perché gli stava dando tanto fastidio adesso? Perché non voleva essere un bugiardo con Sakiko?
    Non voleva, ma non riusciva a trovare le parole per spingersi oltre. Era sua amica, ma una parte di lui continuava a vederla come una sua fan e non voleva deluderla, non voleva mostrargli quella persona leggermente avida ed egoista che si celava sotto il suo viso da angelo.
    Lentamente, come se solo sfiorarla gli facesse orrore, come se avesse paura di contaminarla, scostò la mano dalla sua schiena e la portò a coprirsi le labbra. Chiuse gli occhi, e si impedì di piangere, ma prima di rendersene conto scivolò con la testa sulla spalla di Sakiko, inspirando piano come in preda ad un delirio febbrile. Non si ricordava nemmeno quand'era l'ultima volta che si era confidato con qualcuno.
    «Vorrei che la mia felicità fosse qualcosa di vero e reale. Nessuno lo capisce, ma anche noi abbiamo emozioni e una vita.» mormorò d'improvviso, scostando le mani dalle labbra quel tanto che bastava per farne uscire delle parole.
    Voleva proteggere la sua felicità e quella delle altre persone che lo circondavano. Ci stava provando ora, con la Mankai Company. Stava provando a fare del suo meglio per creare un'oasi verde e rigogliosa in quel deserto arido di sentimenti. Voleva solo proteggere quello. E voleva piangere, ma era abituato a gestire le proprie emozioni e a trattarle come fossero niente, e non si sarebbe mai concesso più di trenta secondi per essere depresso in compagnia di qualcuno.
    Contò mentalmente una manciata di secondi, poi prese e si alzò di scatto, scuotendo la testa come nulla fosse successo. Passò di fronte allo specchio sopra la sua scrivania, e sbirciando il proprio riflesso d'istinto fece un sorriso: la sua immagine allo specchio non gli avrebbe mai risposto senza un sorriso, fosse anche finto con l'angolo della bocca minuziosamente calcolato come una funzione geometrica. Raggiunse la finestra e la spalancò, affacciandosi al davanzale; il fresco vento marzolino gli accarezzò le guance, il viso, e gli scompigliò gli ordinati capelli verdi sulla schiena. Castiel sollevò il viso verso l'alto, a fissare la luna e le stelle come un lupo solitario in una notte d'inverno. Le luci di Tokyo offuscavano le stelle, ma andava bene lo stesso. S'immaginò a solcare il cielo, il vento sotto le ali, la terra in basso ridotta solo ad un ammasso di puntini colorati, e tutte le sue preoccupazioni svanirono all'istante. Solo a quel punto trovò di nuovo la forza di voltarsi verso l'attrice.
    «Saki. Uhm, so che forse è un'altra cosa che non vorresti sentirti dire, ma... se ti senti triste vieni da me. Quello che hai fatto stasera... non farlo da sola. Non sai mai chi o cosa potresti trovarti di fronte ed è... pericoloso. Per favore.» mormorò. Si sentiva davvero uno schifo in quel momento e la sua tazza di thè sembrava destinata ad aspettare ancora un po', ma qualcosa lo teneva ancorato alla realtà ed era il pensiero che Sakiko potesse ritrovarsi sanguinante a terra perché aveva incontrato il ladro sbagliato. Cutter. Che potesse finire come Ken, l'ex-fidanzato di Jason. Non voleva che facesse quella fine solo perché una ragazza l'aveva resa triste. Meritava di meglio.

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    Sakiko era momentaneamente troppo impegnata a cercare di riprendersi dal suo sfogo di auto-commiserazione per notare come questo sembrasse aver suscitato un certo subbuglio interiore in Castiel. La ragazza sentendo sentendo una certa vergogna cercò di nascondere e sopprimere la frustrazione e le emozioni che aveva appena esposto – ma era come quando si svuota un contenitore dentro il quale era stata compressa molta più roba di quanto potesse tollerare la sua capienza e adesso per quanto potesse appallottolare, schiacciare e spingere era impossibile infilare di nuovo tutto dentro.

    Nel caso di Sakiko il contenitore in quel momento era come un vasetto di vetro – anche nascondendole al suo interno era facile vedere le sue insicurezze e le sue angosce attraverso la superficie trasparente. E più spingeva e si affannava a cercare di richiudere tutto dentro più il contenitore si crepava.
    In un certo senso Sakiko sentiva come se lei stessa fosse intrappolata dentro quel vasetto di vetro con le sue emozioni.

    La sua personale campana di vetro. Quella in cui inizialmente era stata cresciuta dai suoi genitori, ma dentro la quale eventualmente lei stessa si era rifugiata per fuggire ai problemi del mondo esterno – del mondo reale.
    Ma adesso la campana sembrava diventata una prigione che la intrappolava e ogni giorno sembrava soffocarla ogni giorno sempre di più.

    Il solo pensiero quasi le fece sentire mancare il fiato per davvero – ma fu in quel momento che sentì la mano di Castiel carezzarle in un gesto di conforto per tranquillizzarla. Quel contatto riportò la mente della ragazza alla realtà e l’aiuto a ricomporsi un po’. Si strofinò il naso con la manica della felpa in maniera un po’ bambinesca e rivolse un sorriso d’apprezzamento alle parole di incoraggiamento di Castiel «Grazie, Cassie, ma…» – il sorriso si crepò d’incertezza – «…ma non penso che sia proprio la stessa cosa. Cioè – tu sei Castiel. Tu beh… sei normale – concluse la ragazza seppur dubbiosa che quello fosse l’aggettivo più adatto per descrivere l’americano.

    Sicuramente sarebbe stata più incline ad usare qualcosa come “perfetto” – ma non voleva passare troppo come una fan ruffiana adulante. Si era già messa abbastanza in imbarazzo quella sera.

    La ragazza scosse la testa e come a voler a spiegare meglio quello che intendeva seguì a fargli una nuova confidenza «Sai… quando venni coinvolta in quello scandalo – prima ancora che la notizia esplodesse nei media – andai a cercare aiuto da mio padre. Gli spiegai quello che era successo e la prima cosa che mi disse in risposta fu…» – la ragazza si soffermò per un momento, il suo viso si indurì come a prepararsi all’impatto con quel ricordo sgradevole – « …’Perché dovevi proprio farlo con una ragazza?’» – la ragazza seguì a sbuffare amaramente quasi con fare divertito, come se in una maniera contorta trovasse la cosa vagamente comica – «…era la mia prima relazione, la mia prima cotta… ed eventualmente la mia prima rottura. E la prima cosa che ha preoccupato mio padre quando gliel’ho confidato è stata non era stato con un ragazzo– concluse con fare sconfortato e risentito.

    Il punto di fondo espresso in maniera implicita era che Sakiko non riteneva che Castiel potesse davvero comprenderla, perché seppur avessero avuto esperienze simili erano differenziati da una ben specifica stigma. Per quanto ne sapesse la idol a Castiel non era mai stato detto che avrebbe dovuto provare vergogna per quello che provava, ne aveva mai dovuto dubitare che quello che desiderasse fosse “naturale” o meno.

    Per via di questo Sakiko era convinta che le parole di Castiel fossero dovute al suo essere gentile e premuroso piuttosto che alla sua capacità di comprendere davvero quello che provava.
    Fu a questo punto però che venne colta di sorpresa quando sentì il capo di Castiel adagiarsi sulla sua spalla – non un gesto per cercare di confortare lei ma per confortare se stesso.

    Sakiko rimase paralizzata per qualche secondo con gli occhi sbarrati, senza sapere cosa fare o come reagire.
    La sua fan-girl interiore era già pronta a prendere il sopravvento e lanciarsi nel tipico colorito repertorio di farneticazioni mentali.
    Ma prima che ciò potesse succedere, le parole mormorate delicatamente da Castiel la colpirono.

    Quelle parole pronunciate con genuinità e malinconia risuonarono in maniera assordante nella mente della ragazza silenziando qualsiasi altro pensiero.
    La sua testa si ammutolì e si raffreddò – quasi come un ferro rovente immerso nell’acqua gelata. I mille pensieri che fino ad un momento prima le ronzavano nella testa come lucciole roventi vennero sommersi da un onda fredda e densa come la pece.

    Sakiko volse lo sguardo verso il volto di Castiel, scrutandolo con attenzione. Guardando oltre i bellissimi tratti simmetrici e delicati del suo viso.
    Fu cosi che le sembrò di vederlo davvero per la prima volta.

    Non l’affascinante ex-idol.
    Non l’amabile direttore della compagnia teatrale.
    Non il premuroso amico.
    Solo e semplicemente Castiel, che improvvisamente sembrava come lei, affranto e smarrito.


    Sakiko non era sicura se quello che stava leggendo in quel viso era reale o era solo frutto della sua immaginazione, ma in quel momento senza riuscire a spiegarsi come sentì una forte connessione con Castiel. Come due naufraghi piaggiati su due isole diverse ma nello stesso oceano che improvvisamente per la prima volta incrociavano lo sguardo a distanza.
    Non rispose nulla, perché non aveva alcuna risposta da offrire. Si limitò dopo un breve indugiò ad allungare la mano verso quella di lui in un semplice ma genuino segno di solidarietà.


    Dopo giusto neanche un minuto Castiel balzò di scatto in piedi facendo quasi sobbalzare Sakiko per la sorpresa – quasi come se si fosse trovata in trance e qualcuno avesse appena schioccato le dita per svegliarla.
    La ragazza un po’ scombussolata seguì Castiel con lo sguardo mentre questo attraversò la stanza per raggiungere la finestra e spalancarla. Osservò l’americano sporgersi sul davanzale come in cerca di sollievo. Guardando le spalle della sua figura stagliata contro la skyline notturna di Tokyo, Sakiko non poté fare a meno di notare quanto fosse davvero bello, in maniera quasi mistica ed eterea, ma allo stesso tempo adesso percepì nella sua figura una nota di malinconia che prima non aveva mai notato.
    Per un breve istante Sakiko ebbe l’impressione che l’americano fosse in procinto di lanciarsi in volo lì dalla finestra – ma invece Castiel diede le spalle al cielo e si voltò nuovamente verso di lei. C’era premura e apprensione nel suo sguardo mentre si rivolgeva a lei invitandola ad rivolgersi a lui quando sentiva bisogno di sfogarsi piuttosto che andare in giro da sola a picchiare malviventi con la mazza.


    Sakiko però, già normalmente non particolarmente arguta, ancora un po’ scombussolata dalla situazione faticò a comprendere quello che lui intendesse e aggrottò la fronte nello sforzo mentale di elaborare il suggerimento per poi rispondere con incertezza «Cosa stai suggerendo esattamente…? Che io venga a prendere a colpi di mazza te, piuttosto che qualche malvivente per strada...?» – chiese un po’ inorridita e confusa da quel potenziale scenario.




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    La notte risplendeva di un cupo viola indaco. Affacciato alla finestra del suo appartamento all'ultimo piano, Castiel scrutava il cielo come una principessa rinchiusa nella sua torre più remota del suo castello, chiedendosi quante persone si stessero sentendo come lui in quel momento. Come loro. Con una manciata di sentimenti da chiudere nel loro personale vaso di Pandora da non aprire per nessun motivo, perché solo sollevare il coperchio a quel modo poteva essere doloroso.
    Era grato di essere in compagnia. Il suo sguardo saettava dalla plumbea volta celeste, al viso vagamente in subbuglio dell'attrice: almeno la sua presenza stava facendo da tampone per quella malinconia che gli era salita addosso, mentre le sue parole lo facevano riflettere e, di tanto in tanto, ridere.
    «Beh, puoi provarci. Ma sono piuttosto sicuro che riuscirei a sconfiggerti in una dozzina di modi diversi.» ridacchiò, infatti, tornando fugacemente a sorridere. Quella inguaribile sicurezza gli veniva dal pensare alla ragazza come una civile comune, e immaginarsi una Sakiko furiosa e con gli occhi di fuoco, roteare una mazza da baseball per cercare goffamente di colpirlo mentre lui le svolazzava intorno era una delle cose più divertenti a cui gli fosse capitato di concepire nell'ultima settimana. Forse anche perché il suo unico metro di misura era Jason, e quindi - per sapere se era in grado di tener loro testa o no - valutava le persone appioppando loro un etichetta "più forte di Jason" o "meno forte di Jason". Ad occhio avrebbe detto che Sakiko apparteneva alla seconda categoria.
    Al di là di quello, tuttavia, non era ciò che voleva effettivamente trasmettere a Sakiko. Per quanto il pensiero fosse simpatico, non era il tipo di persona che si sarebbe lasciato letteralmente prendere a mazzate, nemmeno per risollevare il morale ad un'amica, e la sua premura aveva origini diverse. Voleva semplicemente dire che poteva chiedere aiuto, e che non c'era nulla di male nel farlo, ma il suo discorso sulla normalità di poco prima lo aveva colpito nel segno. Era felice che lei lo percepisse a quel modo, ma... cosa significava essere normali? Non farsi piacere una ragazza? Comportarsi secondo le regole stabilite dalla società? Essere un modello per le generazioni a venire?
    Tornò a guardare fuori dalla finestra e sollevò una mano verso la luna, come per afferrarla.
    «Normale, heh. Sicuramente sono più normale di tante altre persone.» mormorò, fissando il cielo fra le fessure delle sue dita, e i suoi pensieri andarono inevitabilmente al Vigilante Bianco. Chissà se anche in quel momento stava picchiando degli spacciatori di Aogiri, da solo, con quella mesta furia che non era riuscito ad interpretare del tutto. Gli sarebbe piaciuto fare qualcosa per lui, si sentiva così triste a pensarci. Un ultimo sguardo alla skyline della metropoli gli fece decidere di accostare la finestra: era meglio che nessuno dei due si prendesse un malanno. Sarebbe stato complesso da spiegare.
    Lentamente tornò sui suoi passi; i suoi piedi sul pavimento freddo ripercorsero a ritroso le stesse mattonelle che prima lo avevano portato davanti alla finestra. Stavolta però non tornò a sedere accanto a Sakiko, si fermò davanti al suo personale beauty-desk che talvolta usava anche come scrivania e dove era solito accumulare le sue cose. Disposti in fila di fronte alle lucine che contornavano lo specchio c'erano svariati prodotti per il viso e la pelle. Castiel ne prese uno, finse di leggere l'etichetta e dopo qualche istante lo posò con un sospiro.
    Era così difficile decidere quale scelta fare. Ecco, forse... se gli avessero dato in mano una console per concedergli di decidere i parametri della sua vita prima di iniziare... avrebbe scelto di essere normale. Sarebbe stata l'unica cosa che avrebbe cambiato di sé stesso. La sua storia con Akihiko non sarebbe mai cominciata, ma... era davvero così sbagliato? Aveva rovinato la sua famiglia con il suo egoismo.
    Avrebbe voluto che Sakiko lo capisse senza aver bisogno di dir nulla, ma c'era un limite anche a quanto l'empatia poteva fare. Per farsi capire doveva inevitabilmente scoprire le sue carte, e non era sicuro di volerlo fare. Però voleva davvero essere compreso. E voleva anche perché capisse perché lui capiva lei.
    Castiel si portò una mano al petto, inspirò appena e poi... la voce gli venne fuori con naturalezza, come un pennello su una tela bianca guidato unicamente dalle onde dell'ispirazione. Melodica, tenue, con quella nociva abitudine che avevano molti di nascondere i propri sentimenti nei versi di alcune melodie.

    «Look at me, what exactly do you want to be?
    Look at me, can you tell me what you long to see?
    Look at me, can you see the one I try to be?
    Is there light out piercing through the night,
    guiding me on to my life?»

    Senza nessuna base di sottofondo la sua voce si quietò rapidamente. Erano dei pezzetti di una strofa di una delle sue canzoni più famose. L'originale era in giapponese, ma il successo era stato tale che Castiel ne aveva cantata anche una versione in inglese. Sebbene i testi non fossero totalmente identici, per via della diversa musicalità delle lingue, erano molto simili ed era una canzone a cui era molto legato. Non sapeva perché gli fosse venuta in mente, né perché avesse sentito il bisogno di cantarla. La voce gli era venuta fuori da sola, come per tamponare qualcosa.
    Poi fece una cosa inaspettata. Continuando a dare la schiena a Sakiko, sganciò la felpa che aveva indossato prima e se la tolse, poggiandola sul tavolo che aveva di fronte. Un brivido di freddo gli scosse le braccia, ma dopo aver temporeggiato qualche altro istante, acchiappò anche il bordo della maglia nera che gli era rimasta indosso e tirò via anche quella, lasciando scivolare i lunghi capelli verdi lungo le spalle ora scoperte. Poi li raccolse con le mani e li scostò. Il suo fisico era longilineo, snello e affusolato, la muscolatura fine e accentuata dalla danza, un po' come la sua agenzia lo aveva sempre voluto. Ovviamente era consapevole del proprio corpo, ma non era lì per fare l'esibizionista. Voleva che la sua compagna vedesse un'altra cosa. Sulla schiena, poco sotto le scapole e lungo la parte alta dei fianchi c'erano delle cicatrici chiare ed evidentemente recenti. Erano sei, o forse di più, con una forma simile ad una mezzaluna. Normalmente uno avrebbe potuto non farci caso, ma illuminate dalle luci aggiuntive dello specchio risaltavano molto bene. «Diciamo che... potrebbero esserci delle cose che non sai di me. Ma se te le dicessi l'immagine che hai di me probabilmente finirebbe rovinata per sempre. Pensi di volerle sapere lo stesso?» mormorò, stringendosi le braccia al petto nudo, come se si stesse abbracciando da solo. Era difficile cercare di immaginare come quel discorso potesse collegarsi con la stigma che Sakiko credeva di portarsi addosso, ma lo faceva, eccome. In modo complesso e che gli faceva male raccontare, ma era disposto a farlo, se Sakiko era disposta ad ascoltarlo.
    Se la ragazza avesse detto di no Castiel si sarebbe rivestito, si sarebbe di nuovo seduto accanto a lei, avrebbe finito di bere il suo thè, aspettando che finisse di calmarsi ed infine l'avrebbe riaccompagnata a casa. Quella conversazione sarebbe finita nel dimenticatoio, sepolta insieme alle altre bugie a cui entrambi erano abituati, e nessuno ne avrebbe più riparlato. Ma se la ragazza avesse detto di sì, allora Castiel avrebbe continuato a fissare il suo riflesso allo specchio, forse cominciando finalmente ad esporre la sua normalità, come Sakiko prima aveva fatto a sua volta.

    Narrato - Parlato - Pensato

    LIVELLO: 7
    Forza: 250 | Quirk: 270 | Agilità: 215
    ENERGIA: 750
    HSexH6X

    CITAZIONE
    La canzone di reference è questa. Si sempre cover di vocaloid, non so cosa vi aspettavate da me.
    contattiwww
     
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22 replies since 13/9/2021, 18:16   520 views
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