She was a punk, he did ballet

[Role] Hana | Castiel (Extra)

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    Nella hall della scuola di danza classica "Stjärna" a Ueno, c'erano tante foto.

    Tantissime.

    La stragrande maggioranza di queste ritraeva una giovane ballerina avvolta da bianchissimi e svolazzanti tutù, immortalata nella perfetta esecuzione dei più difficili salti, spaccate e piroette del balletto classico.

    In particolare, l'attenzione di un visitatore sarebbe stata catturata da uno scatto decisamente più grande degli altri, incorniciato in una "sobria" cornice dorata e posto alle spalle della reception, troneggiante su tutta la stanza.

    La ballerina in questione era una donna giovane, che nonostante la costituzione minuta esprimeva, attraverso le linee definite dei muscoli delle gambe e un'epressione del viso dura e concentrata, una forza unica e ipnotica.

    Il fotografo aveva catturato magistralmente il momento dell'esecuzione di un grand jeté, ovvero un salto con spaccata a mezz'aria.

    Ma chi era quella straordinaria ballerina dai capelli arancioni?

    E perché somigliava così tanto alla ragazzina che se ne stava stravaccata sulla sedia della reception, coi piedi sulla scrivania, la switch in mano, e l'espressione di una che sta farmando meccanicamente in un livello già completato mille volte?

    No, un momento: in effetti le due non si somigliavano poi così tanto.

    A parte il colore identico, i capelli della donna nella foto erano raccolti in uno chignon impeccabile, mentre quelli dell'altra erano un guazzabuglio di ciuffi irregolari.

    La ballerina poi era decisamente al 100% occidentale, la ragazzina no.

    Per non parlare dell'abbigliamento: tutù indossati con la fierezza di una Regina, contro felpona oversized e pantaloni cargo muniti di un numero di tasche impossibile da definire, ma probabilmente compreso tra sette e venticinque.

    Hana odiava stare lì, circondata dalle prove tangibili che sua madre alla sua età era già diventata una Stella.

    Le didascalie delle foto riportavano date, premi, spettacoli, riconoscimenti e conquiste.
    Tutte in ordine, tutte sbattute in faccia, a calpestare i contrattini di merda e i miseri compensi per le prestazioni occasionali di cui iniziava a vivere lei, la figlia di quella ragazza prodigio del balletto.

    A volte ci pensava, a come sarebbe potuta essere la sua vita se da piccolina si fosse lasciata condizionare da sua madre, che la voleva Prima Ballerina prima dei vent'anni.

    Probabilmente ci sarebbe anche riuscita, perché i meriti di Astrid Holm erano completamente legittimi, ed ora era anche un'ottima insegnante.

    Probabilmente, quel giorno sarebbe stata lei ad andare a quell'audizione a Saitama con sua madre, e non una certa "Kaori".

    Probabilmente.

    Sbuffò, alzando gli occhi al soffitto. Mancavano ancora tre ore alla fine di tutti gli allenamenti e di quel suo improvvisato turno alla reception.

    Ed anche il farming compulsivo alla switch iniziava a venirgli a noia.


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    Erano un paio di mesi che si diceva che avrebbe dovuto ricominciare a fare sport, anche se non era comunque per quello che in quel momento si trovava davanti ad una scuola di danza.
    Forse esattamente da quando aveva incontrato Desmond e si era reso conto di essere giusto un pochino fuori allenamento. A dire il vero faceva stretching quasi tutte le mattine prima d'infilarsi sotto la doccia e poi andare a lavoro, ma - anche tenendo conto di ciò - non si poteva proprio dire che Castiel fosse chissà quale ammasso di muscoli in grado di farti ombra se ti passava accanto in palestra. Ma andiamo oltre.
    La scuola di danza, dicevamo.
    Forse in realtà gli sarebbe piaciuto ricominciare a fare danza, senza impegno e a tempo perso, per scaricare lo stress del lavoro magari, ma una parte di lui temeva di essere troppo arrugginito anche solo per mettere piede in una sala da ballo. E anche se molta gente la considerava una forma d'arte più che una disciplina sportiva, lui preferiva non sbilanciarsi e considerarla tutte e due le cose: anche perché era l'unico genere di sport che si poteva considerare adeguato ad uno che aveva un fisico come il suo.
    Ad ogni modo, davvero, era lì in tutt'altre vesti: i lunghi capelli smeraldini sciolti sulla schiena, una giacca da ufficio e una cravatta nera che si annodava attorno al colletto di una camicia color panna, veniva in vece della Mankai Company, per la precisione. E se non aveva proprio un'offerta di lavoro, aveva qualcosa che gli si avvicinava.
    Dato che le cose ultimamente stavano andando bene su quel fronte, in modo diametralmente opposto a quanto stava andando bene la sua carriera da vigilante, aveva pensato di espandere un poco gli agganci di cui disponeva, e aveva pensato che una partnership con una scuola di danza di quel livello, per formare giovanissime aspiranti hero-idol come Midori, fosse una buona mossa.
    ...Come faceva a sapere che quella particolare scuola di danza a cui era davanti in quell'esatto momento fosse una buona scuola di danza?
    Beh, a gestire lo stabile era niente di meno che Astrid Holm, ex-ballerina professionista, nonché una delle sue vecchie insegnanti. Sorpresa.
    A quel ricordo, il giovane sorrise appena e levò lo sguardo verso l'alto. "Stjärna".
    Il nome della scuola era in svedese e anche se in quel frangente non rammentava cosa volesse dire, aveva ricordi di essersi lamentato dozzine di volte sulla sua pronuncia. Era "Stella", forse?
    Castiel aveva imparato i fondamenti di danza classica, moderna e contemporanea. Non era considerabile un ballerino vero e proprio, perché non era assolutamente capace di competere con chi quella roba la studiava dalla nascita; aveva semplicemente ricevuto l'educazione che la sua agenzia aveva reputato necessaria per farlo risultare "appetibile" al pubblico.
    Ciononostante, fra tutti gli insegnanti che aveva avuto, Astrid se la ricordava meglio di molti altri perché... sostanzialmente, essendo straniero, era stata l'unica con cui avesse mai potuto parlare in inglese. Ed era stata una cosa maledettamente importante non doversi sforzare di capire quello che diceva, manco sedicenne, catapultato in una terra di cui non conosceva la lingua e di solito reduce, quattro ore prima, da corsi di pronuncia, dizione e lingua.
    Ovviamente dubitava che la donna si ricordasse ancora, perché di scapestrati come lui ne aveva allenati a decine ed era passato un bel po' di tempo, ma... pazienza, al massimo avrebbe fatto qualche uscita delle sue ed era sicuro che si sarebbe ricordata.
    Era quasi metà settembre, ma anche se tirava un leggero venticello faceva ancora caldo e le prime ore del pomeriggio non contribuivano a rendere il sole meno pesante sulle sue spalle.
    Castiel sospirò e sospinse la porta.
    «È permesso?» fece, avvicinandosi alla reception e gettandosi una rapida occhiata intorno. Come immaginava, era un orario strano per presentarsi ad una scuola di danza e - oltre l'addetta - non c'era nessuno. «Buongiorno, sto cercando Astrid Holm, sa per caso dove posso trovarla?»
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    Aveva ancora gli occhi puntati al soffitto, quando sentì la porta aprirsi.

    Toh, un visitatore! pensò, cercando nella sua testolina una frase di benvenuto adeguatamente ironica -- quel tanto che bastava a divertirsi un po' senza creare (troppi) danni all'immagine della scuola di mamma.

    "Salve, benvenuti da McDonalds" sembrava perfetta, sì.

    « Salv-- » ...ma non fece in tempo a pronunciarla fino alla fine. « --EH? »

    Quello davanti a lei non era un visitatore. Era una VISIONE.

    Perché non era possibile che Castiel Leroy si trovasse proprio lì davanti a lei, nella scuola di mamma, quel pomeriggio, tutto affascinante e perfetto esattamente come se fosse appena uscito dal poster della sua cameretta.

    Non era possibile che Castiel Leroy stesse cercando precisamente Astrid Holm, la sua mamma.

    Cosacazzostavasuccedendo.

    Per poco non cadde dalla sedia. La console le sfuggì di mano. Con un gesto goffissimo riuscì a salvarla dall'impatto col pavimento, e contemporaneamente saltò in piedi - quasi sull'attenti, sbattendo il ginocchio sullo spigolo del cassetto della scrivania.

    Con tutti quei danni era tardi per fingere nonchalance, non ci provò nemmeno.
    Insomma.
    Cioè.

    Castiel Leroy.

    A dire il vero quella era ben la seconda volta che lo incontrava dal vivo. Però, ecco, trovarselo di fronte così faceva tutto un altro effetto rispetto all'incontrarlo ad un evento pubblico, dove i ruoli erano ben precisi: lui il divo, lei la groupie.

    Invece lì, in quella precisa situazione, quali erano i loro ruoli?
    Lei, "la receptionist semi-abusiva"?
    O "la figlia della persona che Castiel Leroy stava cercando"?
    E lui? Lui cos'era, in quel momento? Castiel Leroy, l'agente? Lo sponsor?

    Oppure... oddio: poteva essere l'amante segreto di mamma?!

    « .........la mamma oggi non c'è. »

    Non le era venuta una risposta migliore, sul momento. Era semi-congelata, con il cuore in tachicardia e le gambe che sembravano sprofondare nella gelatina.

    Resasi conto di aver dato probabimente l'impressione di avere sette anni anziché diciotto, cercò di raddrizzare la schiena e darsi un certo tono.

    « Si trova a Saitama per l'audizione di una sua allieva. Non tornerà prima di domani mattina. »

    Silenzio.

    « ... »

    Hana no.

    « ... »

    Non chiedere.

    « .........perché?? »


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    La scuola di danza era esattamente come se la ricordava. L'hall luminosa, l'accessoriato bancone della reception, il ritratto di Astrid sospeso poco sopra di esso, le pareti bianche tappezzate di fotografie: Castiel si diede una rapida occhiata attorno, lasciando che un lieve sorriso nostalgico gli ombreggiasse appena il viso. Beh, quasi come se la ricordava. In realtà la posizione di alcuni mobili era cambiata, forse le foto erano aumentate, e alla reception non c'era più quella signora severa che lo guardava male ogni volta che spalancava la porta, ma più o meno erano cose che poteva aspettarsi. Quello che non poteva aspettarsi affatto era, invece, causare una commozione generale di tale tipo.
    Davanti a lui si trovava, infatti, una ragazzina non più alta di un metro e sessantacinque, gli occhi verdissimi e gli sfavillanti capelli arancioni. Aveva un'aria vagamente familiare; quando era entrato Castiel l'aveva scorta stravaccata sulla sedia a giocare con una console, indice che dovesse starsi annoiando parecchio, ma non aveva fatto in tempo neanche a vedere a cosa stesse dedicando la sua attenzione, perché non appena lei aveva visto lui era schizzata in piedi come una molla carica, rischiando di far cadere l'aggeggio elettronico e cadere dietro di esso.
    Lui - che non era uno sprovveduto - aveva capito subito cos'era successo, e aveva anche capito che probabilmente non avrebbe avuto alcun bisogno di presentarsi. E seppur la scena lo avesse divertito moltissimo, anni e anni di sessioni di autografi e meet&greet lo avevano allenato bene e riuscì a non scoppiare a ridere apertamente, risparmiandosi quella che sarebbe stata una pessima prima impressione. Si fece sfuggire solo un cordiale «Tutto bene?», giusto per sperare che il suo ginocchio fosse ancora intero, per poi tornare a scrutare i lineamenti di quel viso tondo che gli pareva di aver già visto da qualche parte. Non rammentava dove, ma la risposta gli venne fornita subito dalla ragazza stessa, lasciandogli, in tutta risposta, solo la facoltà di aggrottare le sopracciglia perplesso.
    "...la mamma non c'è oggi."
    «...mamma mormorò sottovoce, giusto un pelo interrogativo. Ora, Astrid aveva una figlia e non era una domanda, Castiel lo sapeva benissimo, ma era una ragazzina di dieci anni nemmeno e...
    No, un momento. Forse era una ragazzina di dieci anni quando lui ne aveva tipo sedici.
    Prima che potesse trarre a sé le conclusioni della faccenda, tuttavia, la nube di confusione che gli aleggiava in testa venne spazzata via come da una folata di vento fresco, non appena la giovane gli spiegò dove fosse finita la sua insegnante e il suo cervello processò l'informazione. Il che finì per distogliere la sua attenzione dal resto.
    Non c'era? Astrid era a Saitama per un'audizione di una sua allieva e non sarebbe tornata prima di domani? Oh. Quello non era buono.
    «Ah, davvero?» borbottò, deluso, e... cascando un po' dalle nuvole, perché ovviamente non aveva avuto modo di sapere in anticipo della sua assenza. Se fosse stato un cane o un gatto avrebbe sicuramente afflosciato le orecchie in quel momento.
    Possibile che fra tutti i giorni avesse davvero dovuto beccare l'unico in cui era via? Al di là del fatto che non era venuto preparato per un'evenienza simile, aveva tutto il resto della settimana impegnato e così le successive, chissà quando sarebbe potuto tornare! Certo, certo, la colpa era sua, come minimo avrebbe dovuto chiamare per farsi dare un'appuntamento, ma... non poteva negarlo, aveva avuto una mezza intenzione di farle una sorpresa. Più o meno come andare a trovare gli insegnanti di scuola, e dato che quello Castiel non poteva farlo perché i suoi erano per la maggior parte in America...
    Non gli restava che girare i tacchi e andarsene. E l'avrebbe fatto, se la curiosità della ragazzina arancione non lo avesse ancorato al suolo qualche altro istante, ricordandogli le buone maniere.
    «Oh giusto, che sbadato. Non mi sono neanche presentato. Sono Castiel. Castiel Leroy. Sono qui per... — cominciò a dire, estraendo da una tasca della giacca un portafogli di pelle nero e da esso un piccolo bigliettino da visita, bianco e con dei fiori di ciliegio stampati a lato. Sì, da quel che leggeva nello sguardo verde di chi gli stava di fronte il presentarsi era ridondante, ma dato che non era più l'idol che forse un tempo lei aveva osannato, le convenzioni sociali avevano parlato per lui. In quel momento rappresentava la Mankai Company. Eppure, quella sensazione di familiarità che aveva provato non era certo svanita, e quando - poggiato il rigido biglietto di carta sul bancone - si ritrovò a sollevare di nuovo il viso per osservare la giovane receptionist... le sue labbra si mossero ancor prima che potesse ordinar loro di tacere. — ...Non ci siamo già visti da qualche parte, per caso?»
    Recente o meno, i processi mentali che si erano congelati qualche istante prima ripresero a far lavorare i pochi neuroni dell'ex-idol. Il tempo passava per tutti, fino a prova contraria. Occhi verdi, capelli rossi devi essere un Weasley, dieci anni, aveva chiamato Astrid "mamma"...
    Vuoi vedere che... «Aspetta, sei... Hana-chan?!»
    E l'incredulità si dipinse sul suo viso.
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    Quella nello sguardo di Castiel era per caso... profonda delusione?

    Oh nooo.
    ...però così era ancora più carino del solito--EHM.

    Calma. Sangue freddo.
    In quel momento lei era la professionale e competente receptionist di una scuola di danza di alto livello. Si sarebbe sotterrata nell'asfalto se proprio Castiel Leroy avesse finito col lasciarle una recensione negativa.

    A proposito, cosa aveva causato quello sguardo tanto adorabile quanto deluso? Bisognava assolutamente trovare il colpevole di quel crimine contro l'umanità.

    Era stata l'assenza in loco della Manager, cioè sua madre?
    E, ancora una volta: p e r c h é.

    Mentre macinava nei suoi pensieri tutte le possibilità che potevano aver portato l'ex-idol più carino di Tokyo alle porte della Stjärna, abbassò lo sguardo sul tavolo della reception per analizzare ciò che lì vi era stato appoggiato.

    Il biglietto da visita di Castiel Leroy.

    Eh già, "che sbadato a non presentarsi", come se Hana non fosse stata in grado di distinguere quella precisa sfumatura di verde tra mille altre, proprio com'era successo quella sera al Kura Sushi.

    Lo prese con entrambe le mani e profonda venerazione.
    Quello finiva incorniciato asap.

    Comunque, il misterioso movito per cui lui era lì stava per essere svelato. Sollevò nuovamente lo sguardo per incrociare il suo, curiosissima di sentire la fine di quella frase...
    ...che non arrivò mai.

    Al suo posto, una domanda.
    Anzi: LA domanda.

    « Uh? Beh, sì in realtà... » disse con un filo di voce, mentre sentiva che la faccia le stava diventando dello stesso colore dei capelli.

    Certo che si erano già visti. Aveva anche un selfie a provarlo.

    La sera di San Valentino al Kura Sushi era stata qualcosa di... boh, magico.

    Castiel. Arabella. L'alcool. Arabella.

    Sì insomma. Era stata interessante.
    Mai però avrebbe detto che Castiel si sarebbe ricordato di lei, la ragazzina maschiaccio con la giacca di pelle che gli aveva chiesto un autografo sul braccio.

    Il suo sguardo si era illuminato a quel pensiero, giusto in tempo per essere spazzato via da un'espressione decisamente più confusa.

    [Regia, mi date l'effetto sonoro del vinile che si ferma all'improvviso? Grazie.]

    ..."-chan"??

    Hana era Hana, sì, quello era corretto.

    Ma -chan??

    "-chan" lo era solo per una ristretta cerchia di persone e non ricordava che Castiel Leroy ne facesse parte.

    Cercò di non svenire sul colpo.

    « S-sì...??? » Sulla sua faccia c'erano molti più punti di domanda di quanti se ne possano trascrivere qui.

    « Ehm... perché?? »

    E niente: quello era ufficialmente diventato il pomeriggio dei "perché".


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    La confusione sul viso di Hana era palpabile. E come darle torto. Anche Castiel aveva degli idoli e se uno di loro avesse dato segno di sapere il suo nome, chiedendogli se si conoscevano e chiamandolo - per giunta - con un vezzeggiativo, la sua reazione sarebbe stata pressappoco la stessa se non peggiore.
    Chiaramente non aveva idea che Hana nella sua testa lo stesse semi-divinizzando, perciò svanito lo stupore iniziale grazie alla sua conferma, l'ex-idol rimase solo a fissarla tutto sorridente e contento.
    «Hana-chan!» ripeté, l'entusiasmo dipinto negli scintillanti occhi viola, con lo stesso atteggiamento di chi ha appena visto un adorabile cucciolo di gatto, probabilmente non facendo altro che alimentare ancora la confusione della giovane ballerina.
    Sì, stava andando tutto per il verso sbagliato. Sebbene l'americano avesse capito di esser stato riconosciuto, non aveva affatto collegato al Kura Sushi. Anche perché se pensava a quella serata, suo malgrado, gli veniva in mente Shion, e non avrebbe saputo se annoverare quel ricordo fra i positivi o i negativi.
    Dapprima aveva pensato di essersi imbattuto in una vecchia angels, visto il duraturo potere di persistere che avevano i fan, ma ora si era assolutamente convinto che la sorpresa della receptionist fosse dovuta al fatto che Hana si ricordasse di lui, esattamente com'era vero il contrario. Che poi non era verissimo, perché se non fosse stato per lo sgomento della fanciulla che aveva esposto ai quattro venti che Astrid fosse sua madre, Castiel non ci sarebbe mai arrivato, fin troppo preso dalle sue faccende lavorative.
    Al momento, invece, la questione del biglietto da visita e della Mankai Company era passata leggermente in secondo piano. Castiel era come il piccolo principe: aveva l'abitudine di non scordarsi mai delle domande, quando ne faceva una, lo stesso - tristemente - non si poteva dire per quelle altrui. Di quelle si dimenticava spesso e volentieri, a volte faceva proprio finta di non sentirle e ci voleva uno bravo per interpretare i suoi sproloqui e cavare le informazioni che cercava da essi.
    Spiegazione per i comuni mortali?
    Beh? Non vi è mai capitato di dover portare vostro figlio a lavoro? Probabilmente perché lavorate in ufficio, o non avete figli. Ad Astrid qualche volta era successo. Forse addirittura nella speranza che la figlia s'interessasse alla danza classica. O almeno, Castiel si ricordava i dettagli a sprazzi, ma era sicuro che la sua insegnante qualche volta si fosse rammaricata del fatto che quella bambina scalmanata preferisse dedicare le sue attenzioni all'hip-hop.
    Generalmente i bambini gli piacevano e ci andava abbastanza d'accordo (forse perché aveva una mentalità molto simile a loro, ehm), ricordava di aver giocato con Hana più di una volta, dopo i suoi allenamenti, mentre aspettava che il suo manager venisse a riprenderlo.
    «È fantastico vedere che stai bene. Sei cresciuta un sacco, stavo davvero per non riconoscerti.» continuò, svelando l'arcano mistero.
    O forse lo infittì ancora di più. Perché le stava parlando come un nonno avrebbe parlato alla nipote che non vede da anni.
    «Ti ricordi di me?» concluse tutto, con un sorriso speranzoso.
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    Castiel Leroy non rispose alla domanda di "Hana-chan".

    "Hana-chan", nel frattempo, aveva iniziato ad avvertire un lievissimo ma persistente biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiip nelle orecchie che sembrava antecedere una di quelle famose esperienze extracorporee.

    Era come stare davanti al sole. Non riusciva quasi a tenere gli occhi aperti, tanta era la luce che sembrava emanare il sorriso dell'ex-idol.

    Possibile che la fonte di tutto quell'entusiasmo e calore fosse proprio lei?

    Non ci stava capendo una mazza. Aveva la sensazione di avere davanti a sé un puzzle i cui pezzi erano tutti appartenenti a figure diverse, assolutamente incompatibili tra di loro.
    Alcuni appartenevano alla serata del Kura Sushi.
    Altri alla scuola di sua madre.
    E altri ancora a ciò che ricordava della carriera di Castiel Leroy.

    Era impossibile che quei frammenti potessero combaciare in uno scenario sensato. Ma allora perché Castiel Leroy sembrava aver già risolto quell'assurdo rompicapo?

    Forse l'aveva scambiata per qualcun'altra?

    Sicuramente lei non era l'unica "Hana-chan" diciottenne di Tokyo.
    Però altrettanto sicuramente, di "Hana-chan" diciottenni coi capelli arancioni naturali a Tokyo ce ne erano un po' meno.
    E ancora meno erano quelle che potevano avere un motivo di trovarsi alla reception di una scuola di danza classica dal nome impronunciabile come quello.

    «È fantastico vedere che stai bene. Sei cresciuta un sacco, stavo davvero per non riconoscerti.»


    biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

    «Ti ricordi di me?»


    iiiiiiiiiiiiiiiiiIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIP

    "No. NO che non mi ricordo di te. Insomma, Sì, mi ricordo di te, ma non mi ricordo di te come tu vorresti che io mi ricordassi di te. MI RICORDO DI TE ma NON MI RICORDO come POTREI ricordarmi di TE adesso, qui, in QUESTO CONTESTO no, non me lo ricordo e questa cosa mi stA FACENDO IMPAZZIRE."

    Ecco, avrebbe voluto rispondergli così.
    Lo stava quasi per fare, quando un pensiero la colpì improvvisamente come una mattonata sulla nuca.

    Stava guardando un pezzettino di quell'incomprensibile puzzle e, ancora una volta, era quella precisa sfumatura di verdino.

    Non si era mai fermata a riflettere sul perché fosse in grado di ricordarsela così bene. Eppure era così ovvio: perché l'aveva già vista.

    Grazie al cavolo, certo che l'aveva già vista: nei poster, nei cd, nei video su internet...
    Però no, nel senso: l'aveva già già vista.

    C'era un ragazzo più grande di lei, un allievo della mamma, che aveva i capelli di quello stesso colore.
    Però era stato, tipo, un botto di tempo prima.

    Quando gli orari dei corsi di hip-hop dei bambini non combaciavano con gli impegni dei suoi genitori, la piccola Hana veniva momentaneamente parcheggiata ai bordi delle sale di danza della scuola di mamma, a passare il tempo inventandosi nuovi e assurdi passi, o più spesso, a fare le boccacce alle bambine smorfiosette in tutù.

    E... e c'era quel ragazzo più grande di cui mamma sembrava andare così fiera.

    E poi, anni dopo, aveva visto per la prima volta Castiel Leroy in un video che le aveva mostrato la sua amichetta Sachiko e aveva pensato

    Wow

    Capelli verdini

    Come quel vecchio allievo di mamma


    ...............UN MOMENTO.

    « ... » La bocca si aprì in una tondissima "o" mentre il suo cervellino compiva una semplice addizione di elementi.

    La soluzione era lì.
    Il puzzle era completato.
    E AVEVA SENSO.

    « No. » Disse istintivamente. Prima reazione: negazione.

    « Cioè, sì! » Si affrettò ad aggiungere. « Sì, sì, ma... » Seconda reazione: il bisogno di conferme.

    Il suo sguardo iniziò a vagare tra le tantissime foto appese alle pareti, le stesse che per tutti quegli anni erano rimaste lì, i volti immobili, come severi guardiani di quel santuario, e che lei aveva sempre ignorato, sempre osservato con superficialità e leggero fastidio.

    Ora le stava passando tutte ai raggi x, alla disperata ricerca di... eccolo: QUEL DANNATO VERDINO.

    Una vecchia foto di gruppo in cui compariva anche quel ragazzo.

    La indicò.

    « ...Quello sei tu? »

    A quel punto aveva una cristallina paura di sentire una risposta positiva.



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    Chiedo ancora scusa per il mega ritardo ç_ç Ora sono viva!
     
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    Nonostante si potesse dire che tendenzialmente finissero bene, le sue avventure con le ragazze dai capelli arancioni avevano sempre un che di divertente o problematico. Ad esempio, quando aveva incontrato Camilla la giovane per poco non gli era svenuta fra le braccia nel bel mezzo di Tokyo Disneyland, facendogli prendere uno spavento non da poco, mentre adesso... come poteva non scoppiare a ridere davanti ad una reazione del genere? Semplice, non poteva. Per cui non ci provò nemmeno.
    «Pff-...» Castiel soffocò lo sbuffo di un mezza risata, portandosi le dita alle labbra per coprire quel sorriso obliquo che vi era spuntato sopra. Sperò che Hana non se la prendesse a male, ma non era colpa sua! Era lei che aveva un viso fin troppo espressivo e gli stava rendendo difficile il rimanere serio. Non che fosse una cosa negativa, era ottimo essere espressivi per dei ballerini: le coreografie non erano mica solo una serie di passi da eseguire in sequenza senza emozione, erano interi spettacoli in cui una persona metteva anima e corpo.
    Tuttavia, a Castiel sembrava di avere davanti un libro aperto, uno di quelli che continuava ad invitarti a sfogliarlo lasciandosi trascinare le pagine dal vento, ed era pronto a giurare di poter quasi sentire il rumore degli ingranaggi del cervello di Hana che si sforzavano di mettere in ordine gli avvenimenti. E sebbene il proprietario della Mankai Company non avesse ancora ricevuto in dono la preziosa facoltà di leggere nel pensiero, a forza di interagire con i fan, aveva sviluppato quella peculiare capacità di percepire come gli altri lo percepivano ed interpretare il viso della ballerina non era per niente difficile.
    Quindi non si ricordava, eh? O meglio non nello stesso modo in cui lui si ricordava di lei. Beh, era comprensibile. Castiel si riteneva molto cambiato da quando era un ragazzino. Si era calmato un sacco, tanto per dirne una. Ora concentrava tutte le sue energie nel lavoro, era meno stressato e la notte riusciva persino a dormire! Cioè, roba da altro pianeta. Infatti qualcosa gli diceva che non avrebbe dovuto scherzarci sopra. I suoi capelli erano rimasti dello stesso colore certo, ma era diventato più alto, più atletico, più... adulto. Forse. O forse no, però gli piaceva crederlo.
    Felice di aver fatto quel salto nel passato, tossì, si ridiede un po' di contegno e si avvicinò al muro, passando a scrutare la fotografia incriminata e vittima delle accuse di Hana. La foto ritraeva effettivamente un gruppo di ragazzi piuttosto giovani, Astrid al centro, tutti con indosso dei leggings neri e un'attillata maglia bianca.
    «Ahww, che capelli corti che avevo.» esclamò, riconoscendosi sulla sinistra dello scatto, accanto ad un ragazzo con due piccole protuberanze nere sulla fronte che parevano piccole corna. Quello era a braccia incrociate, lui stava facendo il segno della vittoria con un sorriso a trentadue denti.
    Per essere pignoli, in realtà, non li aveva proprio così corti; nella foto gli arrivavano sotto le spalle, era solo che adesso li aveva esageratamente lunghi, ecco. Si girò vero Hana, specchiandosi nei suoi luminosi occhi verdi che lo fissavano quasi come se sperasse che l'idol le rispondesse "no, ti stavo prendendo in giro, torniamo a parlare di lavoro" e le sorrise. «Yes. Sono proprio io. Hehe, vedo che ha esposto uno degli scatti più ordinati. È proprio da lei.» confermò, forse tristemente(?) per lei, tornando a guardare la fotografia. L'impressione che Castiel aveva sempre avuto di Astrid era quella di una persona molto... ordinata. E non poteva negare che lui e quelle persone che gli facevano compagnia nella foto fossero stati un manipolo di studenti abbastanza casinisti. Una valanga di ricordi lo travolse come un fiume in piena. Per qualche secondo gongolò fra di essi, sorridendo come un ebete davanti ad una cosa altrettanto stupida. Ricordava abbastanza bene quanta fatica era costata ottenere qualche foto decente dove nessuno aveva tentato di prendere in braccio qualcun altro. Era stato il loro ultimo giorno lì alla scuola.
    «Ah, vedi, questo qui accanto invece è Azari mormorò, indicando il giovane ragazzo con le corna. Il suo sguardo si addolcì appena. «Dopo si è colorato i capelli ed è diventato il rapper degli Starchasm Nyx. — continuò, menzionando un altro gruppo maschile di idol che a suo tempo aveva avuto discreto successo. Si erano sciolti abbastanza precocemente, qualcuno si era ritirato, altri aveva continuato la loro carriera da soli. Azari era uno di quelli, credeva fosse ancora un cantante, oltre ad essere diventato uno gnocco assurdo, ma quello era meglio ometterlo, sì. — Non so se li conosci, lavoravano nella mia stessa agenzia. All'inizio anche io avrei dovuto farne parte, ma poi hanno deciso che era meglio farmi debuttare come solista. Quindi, insomma. Non mi stupisco che tu non mi abbia riconosciuto, venivamo qui per lo più per studiare coreografia, dopo il nostro debutto abbiamo smesso. Era Astrid-sensei a venire da noi, qualche volta.» mormorò, snocciolando un po' di informazioni che anche i suoi fan più fedeli raramente conoscevano. Un po' assorto nei suoi pensieri, tamburellò due dita sulla parete, lasciando scorrere lo sguardo nell'immagine all'interno della cornice. Poi d'improvviso si voltò di nuovo verso Hana, come se si fosse ricordato una questione cruciale, e la scrutò con una punta di indecisione, come se non sapesse se fosse il caso di chiedere o no.
    «...C'è qualche altro motivo per cui dovremmo conoscerci?» In effetti era abbastanza cruciale.
    Improvvisamente una miriade di domande cominciarono a spuntargli in testa come funghi. Si erano già incontrati da qualche altra parte per caso? Tipo, un concerto? Ma no, dai. Astrid glielo avrebbe detto se sua figlia fosse stata quel tipo di fan. Almeno avrebbe fatto in modo che l'agenzia le regalasse i biglietti. Le cose stavano iniziando a complicarsi anche per lui. Già, un momento...
    «...ma tu cosa fai qui, lavori?»
    Hana che ci faceva lì? Lavorava? Non faceva tipo hip-hop da bambina? Aveva smesso? La madre l'aveva spuntata con la danza classica?
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    Conoscete la teoria degli universi paralleli?
    Ma sì che la conoscete, la Marvel ci sta facendo i miliardi con quella scusa.

    Ecco.

    Di tutte le infinite possibilità, di ogni scelta compiuta da ogni singolo essere senziente su questo e altri pianeti, di tutte le cose che potevano ma non sono state, tutte le strade non prese e le cose non dette, di tutto questo e molto altro - così tanto altro che il cervello umano non è in grado di concepire qualcosa di così ampio ---

    --- per ognuna di queste possibilità, esiste un universo.

    Ma, solitamente, a tutti noi sembra sempre di vivere nel miglior universo possibile.

    Il nostro unico e insostituibili perfetto universo.
    In cui il caso non esiste. In cui ogni scelta che abbiamo preso - anche quelle più amare e dolorose, e anche quelle più superficiali e gaie - si è rivelata essere la migliore.

    Aaaaah.

    Che bello il nostro universo. Non lo cambieremo con nessun altro, vero?

    "Allora Hana, sei proprio sicura di voler fare hip-hop?
    Non preferiresti fare balletto classico come la mamma?
    Diventeresti brava, sai.
    Sei proprio sicura-sicura-sicurissimissima?"


    The End. Titoli di coda.
    Sipario.

    Quel film si concludeva così.

    Qualche sala più in là, invece, proiettavano il film di una giovane ballerina che aveva deciso di seguire le orme della madre, faticando per essere sempre all'altezza delle sue altissime aspettative. Ma fortunatamente la giovane avrebbe incontrato un ballerino affascinante dai bellissimi capelli verdini, che sarebbe diventato prima il suo amico e primo sostenitore, poi la loro relazione si sarebbe evoluta in un flirt, poi in una cotta, poi in un amore più maturo e infine all'apice della loro carriera avrebbero debuttato insieme in uno spettacolo in diretta mondiale e sarebbe andata benissimo e poi lui le avrebbe fatto la proposta DAVANTI AL MONDO INTERO E LEI AVREBBE DETTO DI Sì E SI SAREBBERO SPOSATI E AVREBBERO VISSUTO FELICI E CONTENTI.

    Si lasciò cadere sulla sedia dietro di lei.
    Le gambe molli, la testa svuotata e la pressione sanguigna in discesa libera.

    Non aveva ancora detto niente. Lo aveva sempre fissato però, e ascoltato, certo.
    In un'occasione aveva persino annuito. Come se le importasse davvero di Azari e degli Starchasm Nyx.

    Molto interessante, sì sì interessantissimo. Così tanto che si era già dimenticata metà di quello che aveva detto.

    Miglior universo UN CAVOLO.

    Le loro vite si erano sfiorate senza mai incontrarsi davvero, come due farfalle in estate.

    Una cosa era sicura però: sua madre l'avrebbe sentita.
    Possibile che quella donna non avesse nemmeno mai considerato l'idea di far sapere, a sua figlia adolescente, di essere abitualmente in contatto con un'importante manciata di personalità emergenti del panorama idol?

    Che cos'era, una personale vendetta contro la figlia disertrice del sacro balletto?

    O più ingenuamente ignoranza? Non si rendeva conto di quanto fossero influenti gli idol, per le categorie-target di cui Hana faceva parte?

    Dannazione.
    Avrebbe voluto vedere almeno un pezzetto di quell'altro film, e invece.

    « ...ci siamo incontrati al Kura Sushi. A quell'evento di San Valentino con il gioco dei lucchetti e delle chiavi. » Rispose con tono inaspettatamente piatto e apatico, come se la sua voglia di vivere avesse momentaneamente abbandonato il suo corpo e anima lasciando solo un cartello con su scritto "torno subito".

    « Non avevo un foglio di carta con me, quindi ti ho chiesto di autografarmi il braccio. Non l'ho lavato per una settimana. » Non le importava di mettersi in ridicolo, tanto ormai il treno era passato, il film era finito.

    Fu solo la seconda domanda di Castiel a risvegliarla un po', più che altro perché inizialmente le venne da ridere.

    « Lavorare qui? Dio, no, pfff. No no, è solo per oggi. Io lavoro-- uh »

    Ehi. Momento.
    Effettivamente lei lavorava come ballerina.

    Le luci della sala si riaccesero. Il film non era finito.
    C'era ancora il secondo tempo.

    Si rialzò, frugando in ognuna delle settordici tasche dei suoi pantaloni e pregando di avere... sì, eccolo! Un po' vissuto e dagli angoli ammaccati, ma c'era: un suo biglietto da visita.

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    "Leap"
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    Hip-hop / Breakdance / Moderna


    A seguire numero di cellulare, mail e codice QR per il canale youtube (era quello della scuola in realtà, ma lei compariva spesso e c'erano tutti i tag per trovarla).

    Grafica semplice, dall'aria per nulla professionale, ma sempre meglio di niente.

    Glielo porse.

    « Io ---ecco, ho continuato con l'hip-hop e ora... insomma... ho degli ingaggi come freelance... ogni tanto... »

    Si fece piccola piccola stringendosi nelle spalle.
    Non ci poteva credere che stava davvero dando i suoi contatti a Castiel Leroy.

    Possibile che alla fine quello potesse ancora essere l'universo giusto?



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    In quel viaggio mistico fra universi paralleli e pianeti sconosciuti che Capitan Harlock spostati, l'afflosciarsi di Hana sulla sedia ebbe l'effetto di riportarlo sulla terra in modo talmente brusco che forse un atterraggio di fortuna di qualunque ipotetica astronave spaziale sarebbe stato meno traumatico. Anche se più che in un altro universo Castiel si era perso in un fiume di ricordi.
    Ovviamente non poteva sapere di aver appena distrutto psicologicamente una diciottenne che aveva immaginato di sposarlo, ma - se qualcuno glielo avesse detto - non gli sarebbe risultato affatto difficile crederlo. Diciamo che aveva letto tante fanfiction sul proprio conto, molte delle quali includevano anche il suo reincarnarsi in altri mondi, universi e finire invischiato in "ship" altamente improbabili, e per quanto le avesse trovate assurde non poteva negare che alcune gli fossero piaciute, quindi... sì, beh, non era nuovo a quel tipo di immaginazione fantascientifica.
    Sostanzialmente dopotutto anche lui poteva dire di avere una grande fantasia e qualche volta si era chiesto come sarebbe potuta essere la sua vita in un universo parallelo, ma aveva rinunciato sempre molto in fretta: quello perché, essenzialmente, c'erano troppe possibilità e credeva dipendesse un po' da quale biforcazione uno avesse preso in esame. Era un po' come avere davanti un albero da potare e dover decidere quali rami tagliar via. Non aveva la pretesa di credere che quello fosse il migliore degli universi possibili, ma nemmeno il peggiore, considerando che magari nell'universo di fianco non avrebbe più rivisto la luce del sole dopo la notte di Cutter perché un salaryman come Masao magari aveva deciso di non fare degli straordinari. Insomma, meglio prendere le cose con filosofia.
    La fotografia passò comunque in secondo piano e Castiel si voltò a guardare la giovane dai capelli arancioni inclinando appena il muso, innocente ed etereo, con un interrogativo ed esplicito "qualcosa non va?" scritto negli occhi. Lì per lì pensò di averla intristita dicendo qualcosa di sbagliato, ma se si erano incontrati a San Valentino e aveva anche il suo autografo forse allora... no, un momento. Cosa?
    Si erano incontrati a San Valentino...?
    No.
    COSA.
    Quindi voleva dire che l'aveva visto fare gli occhi dolci a Shion tutta la sera?!
    «O-Oh. Il Kura Sushi... Capisco.»
    Per grazia divina non aveva una sedia sulla quale accasciarsi a sua volta perché in quel frangente faticò tantissimo a mantenere intatta la sua poker face, mentre le guance gli si coloravano di un tenue rosso vivo. Avrebbe voluto far qualcosa per impedirlo, ma... mortal boundaries.
    Che imbarazzo. Ma davvero?
    Figurati se gli importava qualcosa del braccio.
    Probabilmente il fioraio manco si ricordava di lui, ma il contrario purtroppo non era valido: Castiel considerava Shion una sorta di macchia sulla sua fedina penale, ed era terribile che non fosse ancora riuscito a far pace con sé stesso e quel... ricordo, errore? Decisamente errore.
    Per fortuna in suo soccorso venne anche un altro ricordo, che lo salvò da quella pozza di disagio nella quale stava annegando.
    «Ah-! Mi ricordo di te.» disse, all'improvviso. Gli era appena venuta in mente un'energica testa arancione che gli si doveva essere avvicinata ad un certo punto della serata. Molto arancione. E molto energica. Ah ecco, ora tutto aveva senso. Il puzzle si era completato anche per Castiel.
    Quindi Hana pensava che lui si ricordasse di lei per San Valentino e l'autografo. Comprensibile.
    Equivoco chiarito. Più o meno.
    «Beh, ne vuoi un altro?» ridacchiò, spostandosi una ciocca di capelli verdi dietro l'orecchio.
    Stava giocando a fare l'imbarazzato. Un po' perché lo era sul serio, un po' perché era nel suo personaggio, un po' perché sperava che con un pizzico di fortuna Hana avrebbe sovrapposto le cose pensando di esser lei l'origine di tutto. Chiaramente avrebbe preferito fargli un autografo su un foglio, piuttosto che nuovamente sul braccio, almeno sarebbe stato permanente, ma decidere non era in suo potere ed avrebbe esaudito qualsiasi richiesta da parte di una fan così fedele. Poi che la giovane avesse accettato o meno non era così importante, lui di certo non si sarebbe offeso, più concentrato a tentare di sviare il discorso dalla serata di San Valentino.
    Per fortuna ci pensò di nuovo Hana! Era davvero una ragazzina astuta. Recuperata una scorta di energia da chissà quale anfratto, Castiel la osservò schizzare in piedi, di nuovo animata da tutta la sua voglia di vivere, e si vide porgere un bigliettino un po' stropicciato, che riportava tutti i dati della giovane ballerina.
    «Oh, ma è fantastico. — esordì, allungando subito una mano per prenderlo, pur avendo cura di non urlare e riuscendo in qualche modo a contenere l'eccessivo entusiasmo a cui era solito dar sfogo in casi del genere. Quindi apparentemente era riuscita a coronare il suo sogno di fare la danza che piaceva a lei. Era davvero una bella notizia. Castiel le rivolse un sorriso, non c'era mica bisogno di essere così timidi. Doveva esserne fiera, altroché! — Quando ti andrà di lavorare per me fammi un fischio, mi raccomando.» mormorò, ridacchiando sotto i baffi, con tono anche forse troppo scherzoso. Al contrario di quel che poteva sembrare, non si stava prendendo gioco di lei, però si immaginava che il curriculum della figlia di Astrid fosse pieno zeppo di performance importanti e che la sua agenda straboccasse di incarichi, nonostante la giovane età. Altrimenti avrebbe preso la faccenda più seriamente, ma la sua agenzia era ancora piccola e non poteva assolutamente rivaleggiare con i grandi colossi del mondo dello spettacolo, quindi... Hah! Figurarsi se poteva offrirle anche solo un impiego degno di nota. Certo, ricevevano lo stesso i loro spazi sotto i riflettori grazie alla sua faccia e alla collaborazione con Sakiko, ma erano in pochi e lui stesso si comportava da manager per molti dei suoi ragazzi. Senza contare che magari Hana non aveva neanche la più pallida idea di cosa fosse la Mankai Company.
    Castiel fece una pausa, rigirandosi il biglietto fra le mani e borbottando qualcosa fra sé e sé. Beh, se glielo aveva dato probabilmente significava che poteva tenerlo, quindi prese e lo infilò in una tasca interna della giacca, con la promessa di non fargli fare la stessa fine di quello del Kagejikan, e poi risollevò lo sguardo sulla ballerina.
    «Pensi di potermi accompagnare a fare un giro della scuola? Cioè, insomma, normalmente avrei chiesto a tua madre, ma non c'è... magari puoi dirle di telefonarmi, mi farebbe piacere parlarle. C'è il mio numero di telefono sul biglietto di prima.» chiese, gesticolando appena. Del resto era venuto lì a parlare di lavoro, voleva sapere se Astrid insegnava ancora coreografia e chiederle se potesse prender sotto la propria ala alcune delle sue idol.
    Certo, a quel punto era anche una mezza scusa, perché avrebbe potuto semplicemente andarsene con il bigliettino di Hana e tornare un'altra volta. Non voleva certo allontanare Hana dai suoi doveri (o forse voleva?), ma si sentiva come se avesse ritrovato una vecchia amica che non vedeva da tempo, quindi doveva recuperare il tempo perso.
    «O forse non dovrei chiedertelo? In effetti sei da sola alla reception, se arrivasse qualcuno...» Precisazione: in realtà a Castiel non importava un fico secco. Lui era arrivato prima.
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    Ho avvisato in assenze, ma CHIEDO PERDONO PER IL RITARDO NON SUCCEDERA' PIU' I SWEAR
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    Se voleva un altro autografo?
    Certo.
    Ma non sul braccio, no: qui ci voleva un bel SELFIE insieme come si deve, che poi avrebbe fatto STAMPARE su carta fotografica in formato non più piccolo di un A2, autografare e incorniciare.

    La cosa incredibile era che, giunti a quel punto, era abbastanza sicura che la cosa fosse addirittura realizzabile.

    E non aveva ancora sentito quello che lui avrebbe detto subito dopo.

    « L-lavorare per...? » Per Castiel Leroy????

    Era a tanto così dal mettersi a saltellare agitando fortissimo le sue manine. Serrò la mascella, deglutì e sbattè un paio di volte le palpebre.
    Respiro profondo. Sorrisetto sbieco. La sua espressione in quel momento aveva le potenzialità per diventare un meme.

    Oh yeah. It's all coming together.

    « Mh. Controllerò la mia agenda. » Si passò una mano tra i capelli con fare molto snob, recitando piuttosto bene la parte della celebrità impegnatissima e super richiesta.
    ...Sperava solo che Castiel capisse che stava scherzando.

    Al contrario di quello che ci si poteva aspettare, la sua agenda non era così fitta di impegni. Certo, quando veniva assunta per la produzione di un video poteva capitare che lavorasse anche dieci-dodici ore al giorno tra prove, trucco, riprese, eccetera, ma non è che avesse proprio un impiego dietro l'altro, ecco.
    E quando non ne aveva, tutto quello che era tenuta a fare in quanto ballerina era semplicemente allenarsi e ascoltare musica.

    In sostanza: aveva un sacco di tempo libero, anche se non voleva darlo a vedere, perché se sei giapponese e hai del tempo libero, significa che sei o uno sfigato o non lavori abbastanza o entrambe le cose.
    Doveva giocare bene le sue carte se voleva farsi prendere sul serio da uno come Castiel Leroy.

    Già temeva che l'ex-idol se ne sarebbe andato dopo lo scambio dei biglietti da visita, non volendo perdere altro tempo dopo il giro a vuoto, e invece... invece le congiunzioni astrali di quel pomeriggio sembravano voler assecondare ogni suo desiderio: Castiel le aveva chiesto di accompagnarlo in un tour della scuola.

    « Non entrerà nessuno. » Rispose con troppa fretta e troppa enfasi: questa volta non era riuscita a contenersi e aveva fatto sembrare quella frase quasi una minaccia nei confronti di quasiasi visitatore che non rispondesse al nome di Castiel Leroy.

    « Ahem, voglio dire: di solito a quest'ora non viene molta gente. Ci sono solo due corsi dei livelli intermedi adesso, e finiranno tra un'oretta. Non succede niente se mi allontano qualche minuto. Basta che non lo dici alla mamma, eheh. »

    Occhiolino.
    Aveva fatto l'occhiolino a Castiel Leroy. Era al settimo cielo.

    Con un movimento a metà tra un saltello e un passo di hip-hop, aggirò la scrivania della reception e iniziò a fare strada verso il corridoio principale.

    « Non è cambiato molto in questi anni. Ci sono ancora le due sale grandi e la sala piccola... ah, ma forse una volta erano due le sale piccole? Credo che una di quelle ora sia la sala della ginnastica. Mamma l'ha riempita di palloni da pilates e robe del genere. Eccola. »

    Le porte di tutte le sale erano doppie e completamente vetrate, fatte apposta per sbirciare all'interno. In quel momento la sala della ginnastica stava venendo utilizzata per lo stretching del corso intermedio, ed era piena di ragazzini e ragazzine tra gli otto e i dodici anni che facevano allungamenti, spaccate e altri esercizi.

    In una delle sale più grandi invece si stavano ancora allenando sulle note di una sonata di Bach, sotto la guida di un paio di ragazze più grandi, probabilmente allieve più esperte chiamate a sostituire Astrid per quel giorno.
    Si soffermò a guardare quello che poteva essere stato uno dei suoi universi paralleli.

    « Bah. Davvero ti piaceva questa rob-- ehm, la danza classica? »

    Si era resa conto che forse aveva usato un tono un po' troppo confidenziale e si era morsa la lingua a metà frase.

    Non voleva fare l'antipatica, era che proprio non comprendeva la passione per quel tipo di danza.


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    Non faccio battute sul ritardo sennò la lapidazione me la cerco :stare:
     
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    Lo sapeva. Quindi Hana era una persona davvero impegnatissima.
    ...O forse no.
    Aveva più o meno colto l'intrinseca autoironia in quelle parole sul controllare l'agenda, ma a lui di quelle cose fregava relativamente. Voleva solo produrre musica e far divertire le persone con cui lavorava assieme. Chi se ne importava di quanto famosa fosse la gente. Aveva salvato una troupe teatrale sull'orlo del collasso, abbandonati anche dal loro direttore, solo perché odiava vedere la gente costretta a rinunciare ai propri sogni. Se ne aveva la possibilità gli piaceva prendere sul serio il compito di essere lui a far diventare "famosi" gli altri. «Oh-oh. Sarebbe un grandissimo onore.» ribatté, infatti, copiando pari pari il tono snob di Hana e puntandosi le mani sui fianchi in una posa ancora più altezzosa della sua. Se era una gara, avrebbe vinto. Però adesso ci contava sul serio, quindi Hana avrebbe fatto meglio a non deluderlo, o ci sarebbe rimasto molto male.
    Quando poi la ballerina dai capelli arancioni gli confermò che non sarebbe entrato nessuno, si sentì d'improvviso come complice di qualcosa di terribilmente eccitante, e gli sembrò di essere tornato undicenne a fare gli scherzi ai propri genitori con i fratelli maggiori.
    "Acqua in bocca", dicevano sempre loro, e lui li guardava affascinato con gli occhietti vispi che emanavano scintille. Erano grandi e all'epoca, per Castiel, qualsiasi cosa dicessero era come la Bibbia per un cristiano.
    In quel caso quello grande era lui, ma ciò non gli avrebbe impedito di retrocedere ad un'età mentale di tre anni se necessario.
    Certo, di solito era anche così che cominciavano i rapimenti nei manga, ma Hana non avrebbe di sicuro avuto le capacità per rapirlo, no? ...no?
    Occhiolino compreso.
    Comunque si passò sulle labbra indice e pollice uniti fra loro, sciogliendo la sua spocchiosa posa arrogante, e mimò una cerniera.
    Non avrebbe detto una parola.
    Inoltrandosi nei corridoi della scuola di danza, seguendo la più giovane, Castiel ebbe modo di constatare che avesse ragione: non era cambiata poi così tanto. Le sale erano sempre le stesse e apparentemente anche gli orari dei corsi.
    «Erano due sale piccole, sì. Anche io mi allenavo qui, che nostalgia.» mormorò, tuttavia, quando Hana si soffermò davanti ai doppi infissi della sala da ginnastica, e scrutò appena oltre il vetro, prima di ridacchiare e passare oltre.
    Gli faceva così strano sentir parlare di Astrid come "mamma".
    Non completamente a sorpresa, poco dopo arrivò la Domanda.
    Proprio mentre sbirciavano le allieve più grandi muoversi elegantemente sopra le note musicali di Bach. Castiel sorrise in modo fugace. Non che non se la aspettasse, ma ponderare una risposta sensata non era per nulla facile. Aveva... aveva dei bei ricordi di quel periodo, quando ancora era niente più che un ragazzino innocente che a malapena spiccicava tre parole di giapponese, non si era cacciato in nessun guaio con il suo manager e il peso delle aspettative era meno di zero.
    «Mmh, sì, direi che mi piaceva. Ma non farti strane idee, ero qui per lo più per studiare coreografia, sono la cosa più lontana da un ballerino che tu possa immaginare. — rispose, senza distogliere lo sguardo dalle ragazze oltre la porta. In realtà, se uno ci avesse fatto attenzione, si sarebbe accorto che stava solo fissando il proprio riflesso sbiadito sul vetro. — E ora sono talmente fuori allenamento che penso che uno qualunque dei bambini in questo edificio possa... come dire, farmi le scarpe.»
    La sua voce era leggermente sofferente e tirata, perché in fin dei conti erano tutte sensazioni che gli mancavano. Fare musica, ballare, stare sul palco, vedere gli occhi della gente luccicare come quelli di Hana. Stare seduti dietro una scrivania ad occuparsi delle cose burocratiche era molto meno divertente, ma aveva fatto le sue scelte.
    Poi si voltò verso Hana e le tese una mano, l'altra ben nascosta dietro la schiena.
    «Però sono bravissimo a ballare il valzer. Vuoi?» esordì, dal nulla, mento sollevato e un sorrisetto anche fin troppo sornione stampato in faccia, ben conscio che in realtà il valzer con una scuola di balletto c'entrasse poco o niente.
    Bugia grossa come una casa.
    Non aveva la più pallida idea di come si ballasse il valzer. Sarebbe certamente stato più bravo ad improvvisare una qualunque altra coreografia di coppia ed era fondamentalmente ironico, ma... gli pareva d'aver inteso che la giovane ballerina stravedesse per lui e ormai era fin troppo curioso di vedere come l'avrebbe presa.
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    Eh sì, me l'ero completamente persa e non so perché. Chiedo scudo.
    Visto il finale direi che è canon che Hana ha avuto un infarto alla richiesta di Castiel di ballare il valzer.

    Castiel: +50exp +50exp (bonus livello)
    Hana: +50exp

    Chiudo (di nuovo)!
     
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