Now's your chance to be a [BIG SHOT]

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Sapeva che prima o poi sarebbe dovuto passare di lì, non solo per stare nuovamente faccia a faccia con i demoni che lo perseguitavano ma per vedere con i suoi stessi occhi quanto fosse cresciuto. Era passato quasi un'anno da quel fatidico giorno e continuava a sembrargli assurdo che tutto quello fosse vero, che non si trovava in una realtà virtuale e che, boh, si era addormentato o qualcosa del genere. Vedere Roppongi in quello stato era davvero scioccante, anche se a dire il vero non si poteva nemmeno parlare di Roppongi siccome quella zona era ancora fuori commissione. Avevano distrutto il coso che emetteva il gas, aveva parlato con Damian però alla fine non è bastato - chissà se il Joshua presente avrebbe potuto fare di meglio. Non importava, quel giorno era lì per mettersi alla prova, aveva pensato abbastanza al passato. Era ora di guardare il futuro e dimostrarsi, fare l'ennesimo passo verso un futuro radioso dove le sue azioni avrebbero portato un mondo migliore.
Quel giorno era fra le strade di Minato-City con un singolo, semplice obbiettivo in mente: fare un atto da vigilante. Perché non uno da supereroe, se si definiva tale? Semplice, perché anche nella sua mente distorta Joshua si rendeva conto che doveva iniziare dal basso, non dissimile in ciò che uno fa per salire di livello in un videogioco, oppure fare ore ed ora di pratica sui picchiaduro prima di passare alle cose davvero emozionanti e fighe. Quella serata la poteva definire una sessione d'allenamento, in tutta onestà. Aveva cercato di avviarsi verso la parte con meno gente, quella dove immaginava si sarebbero trovati eventuali spacciatori, ladruncoli o quant'altro ai quali sperava di poter fare una chiaccherata. Quello era un bonus, un sogno, in tutta onestà per quanto non voleva fare del male a quei criminali (parola che usava con molta difficoltà, dato che forse nemmeno li volevano fare quei lavori), sapeva che la violenza era una realtà alla quale uno non può fuggire. Aveva dovuto fare del male a più gente, difendersi ancora di più e quella sera probabilmente non sarebbe stato assai diverso. Era per questo motivo che aveva preso con sé la sua tuta da supereroe in formato chip, l'ennesima genialata che aveva comprato da Nemo-chan-san un po' di tempo fa. Era stupenda, non vedeva l'ora di metterla in azione.
Fischiettando per i cunicoli fra gli edifici della zona di Tokyo, mani nelle tasche ed una breve impugnatura con una parte metallica che penzolava dalla sua cintura, l'americano sembrava tranquillo ma in tutta onestà quella ricerca gli stava mettendo i brividi.
Si ricordava ancora del suo primissimo incontro con quel dannato biondo. Chissà se non lo avrebbe trovato?
Scosse la testa. Anche se fosse così, non importava niente, avrebbe comunque portato a compimento il proprio compito. Girò l'ennesimo angolo e si trovò faccia a faccia con uno spiazzo, e lì una figura incapucciata che l'aveva appena visto... e si era subito messo a fissarlo. Uno dei pregi dei suoi vestiti era che non dava l'apparenza di essere uno sbirro né un locale, e per qualche strano motivo lo scambiavano per un teppista. Bah, roba da matti, fatto sta però che l'individuo sembrava sospetto. Joshua, tranquillo essendo armato e pronto, ricambiò lo sguardo ed a quanto pare bastò per farlo aprire.
In una scena che gli fece ricordare uno dei tanti film criminali o d'azione che aveva visto, gli venne offerta della roba. Non essendo mai stato in quella posizione, la sua risposta fu semplice: « è la mia prima volta, me la potresti far vedere? ». Ringraziando che quello fosse un maschio, l'idea di giocare la carta del novizio era geniale, ancora di più visto che fare lo scemo gli veniva benissimo (chissà perché). Infatti il tizio incapucciato, dopo aver leggermente borbottato, tirò fuori da una delle tasche della giacca un sacchetto con dentro delle 'caramelle'. Avendo speso del tempo al mercato nero, sapeva bene cosa fossero quei affari o almeno sapeva che erano droga grazie al fatto che erano vendute lì - sicuramente non erano caramelle gommose o energetiche. XSQ, il diavolo fatto droga. « Damn, me le offri così, senza esitare? C'mon man, puoi fare di meglio, » esclamò, già più sicuro e facendo assumere all'altro una posizione difensiva, simile ad un ratto pronto alla fuga. « Gettale via a datti una ripul-- » niente, il tizio si mise in fuga obbligando Joshua a passare al piano B.
Correndo verso di lui, trasformà la sua mano destra in un revolver per poi sparare un colpo ad un bidone dell'immondizia lì vicino. Il gesto fece sussultare il tizio che, per un motivo o un'altro, non sembrò notare che non c'era stata nessuna esplosione, fin troppo preoccupato dalla possibilità di essere sparato. La reazione però bastò a Joshua per raggiungerlo, lanciandosi verso di lui e placcandolo alle spalle finendo a terra assieme a lui. « Chill the f**k out! Ti voglio solo aiutare! » gli disse, premendolo a terra ma quello non sembrava voler sentire, dimenandosi e per poco colpendolo con il dorso della sua mano destra. Che fare? L'americano non stava guardando in giro, fin troppo preoccupato dal suo gesto di altruismo non ricambiato.

... non c'era una serata tranquilla.
Una. Non chiedevo troppo. Per qualche ragione, tutte le sere che mi ritrovavo a uscire per verificare che la rete di diffusione della XSQ fosse a posto, c'era qualche grana. Per fortuna non ero più di ronda tutte le sere, ma solo ogni tanto per verificare che nessuno provasse a fare il furbo.

Ma ovviamente, c'erano i bambini che volevano giocare a fare gli eroi. Li odio. Li odio con tutto il cuore. Nello specifico, avevano deciso di giocare nell'angolo che stavo tenendo d'occhio in quel momento. Ero comodamente seduta sul bordo di una piccola palazzina di un paio di piani, proprio quando successe il fattaccio. Prima regola, controllare con chi si stanno facendo affari.

« ... che scocciatura. »

Certo, forse ero un pochino troppo arrogante, visto quello che era successo volta scorsa.
Non riuscivo ad acchiappare un "cattivo" da un secolo, praticamente. Sembrava quasi che ci riuscissi solo in Off-screen. Oh, scusate, la quarta parete. Mi capita ogni tanto, so che mi state guardando.

Non so neanche di cosa dovrei parlare.
Il discorso sulla ripetizione ve l'ho fatto qualche topic fa. Insomma, alla lunga, i miei argomenti di discussione letteraria finiscono. Oh beh, mi verrà qualcosa in mente, pensai mentre mi lasciavo cadere dal secondo piano. Atterrai in maniera aggraziata, nel più classico dei superhero landing a qualche decina di metri dai due che si stavano ... picchiando.

« S-SIGNORA WESTMACOTT! POSSO SPIEGARE! »

... signora?
E quanti anni dovrei avere?
Mi tirai su, sistemandomi i capelli chiari che mi erano finiti davanti al volto e davanti alla maschera antigas.

« Shush. Tu, con la mano pistola. Gradirei che lasciassi andare il ragazzo, altrimenti non posso picchiarlo. Ke-kek. »

Mi davano un pochino fastidio le ginocchia, ma quel leggero fastidio sarebbe andato via presto. Sentivo già il mio quirk entrare in azione per sistemare quello che mi ero leggermente rovinata buttandomi dal secondo piano.

« Che cosa sei? Un eroe, un vigliantes, un civile annoiato? Così posso capire dove devo rispedirti. »

Dissi, con tutta la gentilezza del mondo.

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Dare le spalle a possibili direzioni dal quale potrebbe arrivare un avversario era una delle cose più basilare che venivano insegnate in giro, però Joshua non ha mai frequentato nemmeno un secondo di quei corsi. Voleva calmare quel tizio e dirgli che voleva dargli una mano, però era una bella gata da pelare, quello. Non voleva sparare ancora una volta, però che altre opzioni aveva se non minacciarlo o picchiarlo per poi farlo ragionare? Aveva funzionato con Saki, però a dirla tutta quella era una situazione un po' diversa da quella lì. Che fare, dunque?
Per sua fortuna, o sfortuna, non doveva darsi una risposta.
Sentì un tonfo dietro di sé e si ritrovò faccia a faccia con... beh, una figura femminile. Non era molto alta, una decina di centimetri meno di lui e dei bellissimi capelli di un colore pallido, forse bianco ma si sa, Joshua come tanti maschi faceva schifo nel riconoscere i colori. L'avrebbe guardata in faccia ma la maggior parte dei tratti facciali erano occultati da una maschera anti-gas. Il mantello poi completava l'immagine di quella che doveva essere, con una buona possibilità, la capa del tizio. Il panico nella voce di quest'ultimo, poi, confermò la sua teoria, facendosi una nota mentale quando lui la chiamò Westmacott.
Si girò verso di lei, cercando di non perdere d'occhio lo spacciatore che trovandosi dietro le spalle dell'americano in tutta onestà aveva una chance di fuggire. Lo avrebbe fatto? Chissà. L'attenzione di Joshua ora era puntata interamente alla tizia di fronte a lui, che disse di voler picchiare quello che lui pensava fosse un sottoposto. « Non ti han detto che è brutto picchiare le persone? 'Ste ragazzine d'oggi, » era nervoso ma non poteva dimostrarsi vulnerabile, tirò fuori la sua parte da gradasso pieno di sé per non usare l'alternativa, ossia essere paralizzato ed intimorito dalla gravità della situazione. Da come era caduta da chissà dove sicuramente non era una da sottovalutare, però non era un debole. Non era lo stesso Joshua di un'anno fa, ora era certo di poter fare la differenza. « Che poi, perché ti importa così tanto di lui? Voglio dargli una seconda chance, tutto qui, » stava vendendo droghe, era un bastardo ma si era promesso che avrebbe fatto di tutto per dare a gente come lui un'opportunità per redimersi. Voleva lottare per creare un mondo dove gente come lui poteva ritornare nella società senza stigmi, dunque il fatto che quella Westmacott lì lo voleva menare andava contro ogni suo principio.
« Eroie? Vigilante? Nah sister, hai l'onore di stare faccia a faccia con il superhero più badass di Tokyo, » esclamò con un sorriso sornione sul viso, con tanto di pollice per indicarsi. Dubitava che quella se ne sarebbe andata senza fare storie, dunque era meglio prepararsi al peggio, il che voleva dire... « Sei fortunata, ti ho anche preparato un regalo, » detto questo rizzò la schiena, gambe divaricate e mani sul lato del corpo. Provava dei tremolìì per tutto il corpo, era felice e determinato, stava provando una sensazione che era quasi una droga - ne andava matto. « HENSHIN! » sentenziò, orgoglioso e gasato, prima di passare la mano destra di fronte al proprio viso, per poi indicare con l'indice della stessa mano la ragazza. Immediatamente al posto dei vestiti del ragazzo apparve prima una suit nera, non dissimile ad una di un eroe di qualche show giapponese con tanto di impermeabile nero e sciarpa rossa. L'elmo venne subito dopo, ricordando vagamente i tratti di un insetto, anch'esso nero ma con due enormi occhi composti di colore rosso. Era proprio come gli era stato detto, i due chip che aveva velocemente premuto (occhiali da sola e giacca) hanno avuto effetto.[ Holy sh*it, it worked! Ora, ritornando a noi, se non hai intenzione di andartene sappi che non ho paura di far male ad una donna, ] le sue parole stavano passando attraverso il filtro di voce, rendendola più macchinosa e profonda, ideale per nascondere la propria identità. Non in questo caso, ovviamente, ma in futuro. Detto questo, con la mano già da un bel pezzo ritornata al proprio stato naturale, Joshua alzò le proprie difese ed aspettò l'inevitabile risposta della ragazza.

... era un supereroe?
Però aveva detto di non essere un eroe.
Ma era un supereroe.
... non vedo la differenza, aiutino da casa?

« Oh. Civile annoiato, allora. »

Gli eroi in genere hanno la buona decenza di presentarsi come tali, sbattere qui e lì il loro metaforico membro distintivo, ma... quello che avevo di fronte non era un eroe. Non capivo cosa fosse, ma non mi serviva etichettare tutto. Per il momento, mi bastava sapere che aveva accettato di farsi prendere a schiaffi. Restai ferma e tranquillina mentre si prodigava in una vestiaizone degna delle migliori ragazze magiche.

Non che avessi mai visto un anime a riguardo, ma ogni tanto Helena guardava una vecchia edizione delle guerriere sailor. Qualsiasi cosa volesse dire. E mi chiedevo sempre perché i cattivi non si limitassero ad attaccarle durante la trasformazione. Ed era chiaro, erano impegnati a guardarle - erano così...

portai istintivamente le mani a fare un piccolo applauso, la bocca aperta in una O di muta meraviglia.

« Ooooh. Non male, non male!
Dopo lo faccio anche io, va bene? »

Chiesi, gentilmente, prima di abbassare leggermente il mio baricentro.
Era il momento di testare quel ragazzo e vedere dopo quanto avrebbe deciso di dire basta. Speravo presto, perché non avevo tutta la notte e volevo andare a casa il prima possibile. Ma tra questo, il pestaggio di quell'altro... ci sarebbe voluto tempo. Uhf.

Scattai il più velocemente possibile in direzione dello sconosciuto dall'armatura molto favolosa, la mano sinistra tirata indietro come per simulare un chiaro e palese montante. Giunta a portata avrei appunto finto di caricare appieno il pugno per colpirlo all'addome con quella mano, salvo invece sbilanciarmi sul lato destro del corpo, usare la mano per l'equilibrio e invece attivare il mio quirk all'altezza della mia gamba sinistra.

Una scarica d'energia avrebbe attraversato tutto il mio corpo per permettermi di lanciare la mia gamba sinistra in un possente calcio all'altezza delle ginocchia del mio avversario, dal suo lato sinistro. Avevo tirato quel colpo con abbastanza energia da abbattare un piccolo muro - chissà come le sue rotule avrebbero reagito. Kekekek! Subito dopo, avrei sfruttato l'energia cinetica di quel movimento per tirarmi fulmineamente in piedi e tenere a mia volta la guardia alta, pronta a reagire a qualsivoglia attacco il mio avversario avesse in serbo per me.

Non mi interessava molto cosa stesse facendo il vermetto a terra. Poteva anche scappare per quanto mi riguardava.

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Con una nota di disappunto per la indifferenza più totale della tipa al definirsi un supereroe, Joshua ben presto comprese che la ragazza di fronte a sé non era una semplice superiore (teoria non ancora confermata) ma qualcuno di ben più pericoloso. Non era solo com'era apparsa o come parlava, c'era proprio qualcosa in lei che gli faceva mettere i brividi. Forse gli occhi? O era l'istinto di preservazione di Joshua ad urlargli di fuggire? Qualsiasi cosa sia, l'americano l'aveva messo in secondo piano, troppo spinto e motivato dal proprio orgoglio che, ben presto, si rivelererà essere non abbastanza. Si guardò intorno per osservare ciò che lo circondava, analizzando possibili oggetti e la prima cosa che notò era un bidone dietro di lui, un lungo pezzo di legno a cinque metri alla sua sinistra e varie cianfrusaglie tipiche di un luogo come quello. Non era pratico nell'usare oggetti di quel tipo, non era come Saki ed il suo quirk, però chissà se non tornasse utile.
[ Certo, se vuoi ti posso anche offrire da bere, ] rispose a modo con tanto di ironia, preparandosi al peggio nel mentre cercava di pensare a quale potrebbe essere il quirk dell'altra. Era apparsa con un tonfo, dunque volare? Non pareva avere ali o mutazioni visibili, dunque un emitter di qualche tipo? Si trasformava in qualcosa? Niente di tutto ciò, la risposta era molto più semplice e, per sfortuna di Joshua, ben più letale.
La prima cosa che notò non era solo la velocità allarmante dell'altra ma come si portava, dava un'aria di qualcuno che aveva già combattuto prima. L'americano però non aveva tempo per pensarci su, notò che aveva caricato un pugno e le sue mani si posizionarono per intercettarlo. Grosso errore, grazie alla suit i danni risultarono essere minimi ma venne comunque sbalzato un po' indietro, giusto il tempo per osservare il prossimo colpo dell'avversaria. Non poteva farsi beccare, se venne sbalzato indietro da un sol pugno un calcio lo avrebbe sicuramente lanciato indietro. Che fare? La sua memoria si ricordò del bidone dietro di lui, che ora era ancora più vicino - bingo. Con rapidità cercò di afferrarlo e metterlo in rotta di collisione col calcio che...
Beh, diciamo che Joshua aveva previsto male le cose.
Venne lanciato via un metro e mezzo, forse due, per fortuna indenne ma la caduta gli fece male alla spalla sinistra. Il bidone? Da buttare, il calcio per poco non l'aveva tranciato in due. [ Ma che cazzo vi danno da mangiare?! ] un quirk di forza, ottimo, stupendo. Tutti li definivano banali finché non ti distruggevano le ossa, dandoti un biglietto di sola andata per l'ospedale più vicino ed un paio di traumi. Joshua di quel passo li avrebbe avuti pure, però per sua fortuna non era obbligato a combattere a corto raggio. Scosso e, diciamocelo, ora anche un po' impaurito, trasformò il suo braccio destro in un lanciagranate ancor prima di rimettersi in piedi. Aspettò circa un secondo, anche meno, lasciando brevemente cuocere la granata prima di lanciarla in direzione della ragazza. Esplosione? Si, ma non nel senso classico del termine.
Si aspettava, anzi, sperava che quella fosse così scioccata di vedere una dannata granata di fronte a sé che non avrebbe pensato che si trattava di una flashbang. Come lei, in quel momento a Joshua non importava niente di quel tipo, ma non aveva usato quella tattica per fuggire, bensì per recuperare un po' di terreno e possibilmente ferirla abbastanza da placarla. Aveva delle mosse che potevano far sanguinare, era anche agile però che cavolo poteva fare contro una come lei? Pareva superiore in ogni possibile modo, dunque il minimo che poteva fare era combattere... e sperare di poter raggiungere l'ospedale.
Chissà se Saki quella sera era occupata?

--- EHI!
Non vale usare i bidoni della spazzatura! Dovrebbe essere una mia prerogativa.
Come quando la gente cita altra gente in paper accademici senza aver letto tutta la fonte. C'è un profondo simbolismo nel fatto che io utilizzi ciò che trovo in giro, per ricordare le mie umili origini. Cioè, allora. Quote the sources.

« Ehi, ehi, ehi... »

Mi ritrovai a commentare mentre scattava indietro come un'anguilla. Lo fanno tutti, nessuno che vuole rimanermi vicino. Tch. Poco male, per fortuna sono veloce sulle gambe, non dovrebbe essere un problema coprire di nuovo le distanze. Il tempo di alzare lo sguardo e notai che il suo braccio stava cambiando ancora. Beh, cosa avrebbe tirato fuori? Una pistola? Oddio, che paura. Un terribile shotgun?

...
no, era un lanciagranate.
Del resto, chi non sparerebbe CON UN LANCIAGRANATE A TOKYO. Dannata America, rende la vita di noi poveri, puri giapponesi molto più complicata. Con questa fissazione per le armi - il giappone feudale era molto meglio. Del resto, una Katana posso spezzarla facilmente, per un lanciagranate ho l'esigenza di avvicinarmi, invece. Vista la mancanza di tempo, feci la cosa più sensata, portai le braccia davanti al corpo nascondendoci dietro la faccia.

No, non avevo la presunzione di prendermi un missile in faccia e ridere. Infatti le mie braccia divennero immediatamente più grosse, mentre il mio cervello sovrastimolava i lipidi in esse contenuti, lasciando che diventassero un morbido cuscino capace di sostenere forti impatti. Al contempo, la cute più esterna si sarebbe inspessita, con una robusta iniezione di sostanze chimiche adatte allo scopo. Poi, non mi restava che sperare.

Inutile descrivere la mia sorpresa quando la granata fu più morbida che altro e ... non mi fece per niente male. Tuttavia, il calore emanato subito dopo, misto all'assordante rumore fu sufficiente a scombussolarmi le idee per più di qualche secondo. Quando il mondo smise di essere un party troppo in voga per un'accademica come me, alzai lo sguardo verso di lui.

« MA SEI FUORI? SONO IO IL VILLAIN! DOVREI FARLE IO QUESTE COSE! »

Scelsi semplicemente di iniziare ad avvicinarmi di gran lena, senza attaccare in alcuna maniera. Ero ancora troppo confusa per riuscire a fare di meglio. Avevo in corpo una discreta quantità di rabbia, adesso, forse era il caso di iniziare a fare sul serio.

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Per sua fortuna, la sua strategia sembrò funzionare. La tizia aveva una forza inaudita, i suoi colpi a volte sembravano essere comparabili ad un treno ed onestamente la cosa più terrificante era che lui non sapeva distinguere quelli potenziati da quelli non. Non assumevano una colorazione diversa, non diventavano più grandi, erano solo più forti e basta. Gli toccava dunque sperare di vincere quella sfida senza farsi toccare? Beh, si, ma non aveva così tanta fiducia in se stesso. Come detto prima, il suo obbiettivo era semplicemente di far fuggire quello là e calmare la tipa, poi se ne poteva uscire con le proprie gambe intatte meglio così. A proposito, dunque, mentre la flashbang risuonava nell'aria e la ragazza era stordita (grazie al cielo se l'era bevuta). [ TU, VATTENE! DATTI UNA PULITA E VIVI UNA VITA MIGLIORE!! Prometti a Silver Face che lo farai, ] e ritornò ad osservare la propria avversaria, che ora che ci pensava aveva solamente alzato le braccia a mo di difesa.
Possibile che era così fiduciosa di poter incassare il colpo di una granata? Beh, una delle sue granate, non sapeva se erano uguali a quelle vere e proprie.
[ BITCH, YOU ALMOST KICKED MY LEG AWAY!! DI CHE CAZZO TI LAMENTI?! ] urlò come risposta l'americano, non vedendoci nulla di strano nel usare quelle tattiche. Un eroe pure lo avrebbe fatto, non che lui ne sapesse molto a riguardo però insomma, si trattava di una sfida con una posta in palio. Almeno per lui lo era, per lei? Non così tanto, ma a proposito dell'avversaria, doveva considerare che se lei era pronta a mangiarsi l'impatto della granata alzando solamente le mani non poteva essere sicuro che i suoi colpi avrebbero fatto molto effetto. Forse si, però era davvero pronto a rischiare? Anche se svenisse dalla fatica, magari lo avrebbe risparmiato e lo avrebbe rispettato come in un film criminale? Non ci riponeva molta fiducia in quella fantasia, ma in quel momento non aveva molte alternative.
Ignorando per l'ennesima volta ciò che stava facendo l'altro tipo, si rizzò in piedi e, mantenendo la massima distanza che sapeva i suoi colpi potevano attraversare, attivò il suo grande asso nella manica. Il suo cuore iniziò a battere all'impazzata, delle linee rosse apparvero sul suo braccio destro (non che questo fosse visibile, ma andiamo avanti) e poteva percepire il potere scorrere dentro di sé. Non proprio, però sapeva che ora i suoi colpi avrebbero fatto più male.
Più ferro voleva dire più botte, dunque fatto il power-up trasformò il suo braccio destro ora in una brush gun che velocemente puntò alla gamba destra avversaria. Normalmente quell'arma faceva anche sanguinare i propri nemici, però con quei proiettili con più ferro? Era diventata tutta un'altra bestia, però contro la bestia che aveva di fronte a sé era tutto da vedere. Lei per fortuna stava ancora subendo gli effetti della flashbang, era un bersaglio perfetto e non si poteva far sfuggire quell'opportunità. Colpire la sua gamba destra, si spera quella principale, voleva dire meno mobilità e più fatica nel sferrare colpi ed un passo più vicino alla sua salvezza. Quel colpo era davvero uno dei più importanti che aveva mai fatto.
Here. Goes. Nothing.

Il mio compagno di Aogiri, dopo aver sentito quelle parole si era defilato, rapidamente.
Non sapevo se avesse ascoltato o meno Silver Face, ma non era un mio problema. Probabilmente, vista la sua faccia, le parole del giovane Vigilantes avevano colpito nel segno. Forse c'era persino stato uno sguardo intenso, carico d'emozione. Ci sarebbe stata una storia strappalacrime su come avrebbe provato a sfuggire dai rami dell'albero. Ma non era una storia che avrei raccontato oggi. Perché ho altro da raccontare, adesso.

Non avevo intenzione di sottovalutare il mio avversario. In primo luogo perché mi era già capitato di scottarmi in precedenza con questo tipo di atteggiamento. Poi, non volevo rischiare di farmi troppo male. Pertanto, quando rialzai lo sguardo e mi resi conto che stava di nuovo cercando di spararmi addosso, conclusi che dovevo terminare in fretta quello scontro.

Complice anche la confusione derivante dalla flashbang precedente, non riuscii a difendermi come avrei voluto dal colpo, finendo per riportare una ferita alla gamba che il ragazzo aveva mirato. Un verso di dolore proruppe genuino dalla mia gola, rotolando per terra proprio come me. Mi accasciai al suolo, come una bambola rotta. Uno, due, tre secondi.

...
Era come se non ci fosse più nessuno in casa.
Per un istante, era rimasto tutto vuoto. Niente Flaubert, niente Baudelaire. Chomsky, Carrol - non era rimasto nessuno.
Solo un suono, in fondo alla testa.

Così dolce.
L'avevo sentito un paio di altre volte prima.
UCCIDILO

Il collo mi fece scattare la testa insù
gli occhi accesi di un innaturale colore violaceo, le arterie degli occhi gonfie di sangue

La gamba bruciava
non mi importava
Non mi serviva adesso

dovevo rispondereaquellavoce
che mi diceva di uccidere
strappargli un braccio
assaggiarlo
vedere com'era

puntellai la gamba sana a terra,
l'altra si piegò nel dolore
un fiotto di sangue, il proiettile che pulsava

il mio cervello che lo ignorava
Spiccai un balzo in avanti, l'energia che scoppiava nelle mie vene
E come una meteora, il mio obiettivo era chiaro.
Dopo aver eliminato la distanza che mi separava dal mio obiettivo, avrei lasciato che la mia mano destra semplicemente si abbattesse al suolo.

L'effetto successivo sarebbe stata una vera esplosione di forza cinetica, che si sarebbe diffusa nei dintorni dell'area d'impatto. Non mi interessava cosa avrei coinvolto, cosa sarebbe volato via. Dovevo portare a termine questo compito, questa sera.

Anche se quel ragazzo aveva del cuore.
Ma che dovevo fare? Ignorare la voce?
Quella che mi chiedeva di mangiarlo?
E come avrei potuto?
non assaggio da tanto

Dopo mi sarei rialzata, mentre il sangue tornava a circolare a velocità normale. Feci del mio meglio per cercare di soffocare quella voce, riprendere il controllo. Permettere di nuovo a Waverley di trovare la strada dell'estetismo, allontanarlo dall'orrore del realismo. Chiudere la camera di Barbablu, rimettere i vestiti addosso alla cappuccetto rosso della Carter.

Ma era così
buono
difficile

non ascoltare quella ferita alla gamba.
Attesi che il polverone andasse via, per decidere la mia prossima mossa.

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La notizia buona era che il tizio era fuggito, apparentemente ascoltando le parole dell'americano. Cosa avrebbe fatto non gli era dato sapere, si doveva fidare di lui e sperare che ciò che gli aveva detto l'aveva smosso abbastanza da cercare una vita migliore. Non aveva il tempo per pensarci su, siccome la notizia cattiva era tutto il resto di quella dannata situazione. Si, anche il colpo che era andato a segno, quello sul quale Joshua aveva messo così tanto affidamento.
Per ricominciare, ci troviamo a pochi istanti prima del fatidico colpo del ragazzo che, usando uno notevole sforzo d'energia per potenziare i suoi proiettili, stava mirando alla gamba dell'avversaria. Il colpo partì e per fortuna andò a segno portandola a terra con tanto di verso di dolore, sollevando Joshua che ora non sapeva cosa fare. Nel dubbio il suo istinto lo fece indietreggiare, mentre la sua mano sorvolò l'area dove teneva il cellulare. Non sapeva se ne avrebbe avuto bisogno, ma nel dubbio meglio essere certi che ce lo avesse. Quei tre secondi parvero secoli per la mentre del ragazzo, che solo ora si era reso conto del proprio fiatone. Stanchezza, energie che calavano, non sapeva quanti colpi aveva ancora in sé e l'ultima cosa che voleva fare era svenire.
Complice proprio il suo stato fisico, non si rese conto della rapidità con la quale Wesmacott si riprese ma per qualche perfido motivo notò il cambiamento nei suoi occhi. Erano rossi, gli venne in mente l'immagine di un vichingo berzerker e nonostante non fosse alta due metri con muscoli da vendere era comunque terrificante. Magari con più esperienza e forze avrebbe potuto mantenere la lucidità mentale, ma fra il terrore, la stanchezza e la sorpresa era come se il suo corpo fosse paralizzato. Quell'avatar di furia e rabbia scattò in avanti, e per tutte le divinità nel pantheon giapponese fece una cosa che Joshua non si sarebbe mai aspettato.
Un colpo a terra e tutto esplose.
Non come una delle granate, ma interamente di energia cinetica che lo mandò a sbattere contro un muro lì vicino. Era impossibile evitare quel colpo, non in quello stato d'animo. Il tonfo che il suo corpo fece con il muro echeggiò nell'area circostante, seguito da un verso di dolore lancinante che lo seguì. La sua schiena stava scoppiando di dolore, rotolò a terra e le urla, sebbene meno intense, continuarono mentre le mano cercavano di toccare la zona ferita e, si spera, dargli un qualche momento di sollievo. Era il dolore più intenso che aveva mai provato, non lo poteva nemmeno descrivere e la sua mente in quel momento non ne sarebbe nemmeno stata capace. Era un continuum di dolore, così tanto che in quei attimi si era completamente scordato della propria avversaria.
Non poteva però starsene lì e rischiare di morire, dunque fece la cosa più sensata che poteva fare. Ignorante della posizione dell'altra, cercò di tirare fuori il cellulare e velocemente cercò la propria chat con Saki e si limitò a mandarle le proprie coordinate. Più di tanto non poteva fare, era troppo immerso da dolore per scrivere e nessuno gli poteva assicurare che la pazza lo avrebbe aspettato. Fatto questo, ancora steso a terra, avrebbe tentato di lanciare un'altro colpo in direzione della tipa, questa volta sulla gamba non ferita. Non era minimamente preciso quanto prima, la schiena era stata ferita gravemente ed in quella posizione prendere la mira era più difficile, però rimanendo lì rischiava di non tornare a casa. Se era riuscito poco prima a mandare le coordinate alla sua migliore amica, ora avrebbe dovuto guadagnarsi quanto più tempo possibile. Facendo diventare il suo braccio destro lo stesso fucile di prima, trattenendo a stento i gemiti di dolore, fece partire il colpo.

Avevo fiaccato il suo spirito.
E probabilmente gli avevo anche rotto qualche costola - era proprio ciò a cui puntavo. Fiaccarlo in più punti, possibilmente mangiargli la faccia e strappargliela dal volto. Non in questo ordine ovviamente, avrei fatto del mio meglio per mettere tutte le cose nel giusto posto. Dopo aver fatto un pochino di disordine.

Il colpo indirizzato alla mia gamba, mi bastò chinarmi di lato ed estendere la gamba a cui aveva mirato con impegno, lasciando che il proiettile sibilasse appena al di sopra di dove aveva mirato. All'atto pratico, un nulla di fatto dovuto alle sue ferite. Dopo, mi sarei tirata su con un movimento lento, mentre le mie ferite iniziavano lentamente a rimarginarsi grazie al mio quirk. Era più semplice muoversi, adesso, nonostante bruciasse tantissimo. Ma avevo altro a cui pensare, il dolore ora era una cosa secondaria. Era molto più importante continuare sulla strada che avevo in programma.

sssss

Grazie a quel leggero boost in stabilità, era già più semplice muoversi. Non avevo bisogno di usare nuovamente il mio quirk per avventarmi su di lui e semplicemente caricai indietro il braccio destro. Era sufficientemente debole da consentirmi di colpirlo in pieno, secondo me. Il braccio si ingrossò leggermente, le vene iniziarono a pulsare per un singolo istante più piene del solito. Potevo fare di meglio, probabilmente, ma non volevo strappargli la testa. Per ora l'obiettivo era stordirlo e dargli una lezione. Miravo al volto, sicura che l'elmo avrebbe tenuto abbastanza da permettermi di non fare troppi danni.

Avrei deciso dopo quali sarebbero state le conseguenze.Pian piano quello che era successo prima iniziava a scemare, diventare meno intenso e più tranquillo. Poco alla volta, la calma prendeva il sopravvento sulla voce rossa che mi sussurrava dolci parole.

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Non sapeva cosa si fosse aspettato date le sue condizioni, soprattutto comparate a Westmacott che tutto sommato stava anni luce meglio di lui. Non solo, anche la stenchezza aveva giocato un enorme ruolo in quella lotta, usare quelle tecniche non era qualcosa a cui era così abituato, specie se contro un'avversaria ben più forte di lui ed in rapida successione. Infatti, quando la vise evitare il proiettile con così tanta facilità ci rimase con l'amaro in bocca, specie quando quella si avvicinò sempre di più da lui. Con le forze al limite, indebolito e senza alcuna idea per tirarlo fuori da lì l'unica cosa da fare era sperare e raccogliere quel poco di energia che gli rimaneva.
Non poteva notare che le ferite dell'altra si stavano rimarginando, forse era meglio così per non farlo sprofondare ancora di più nella disperazione.
Vedendola oramai ad un paio di passi da lui, Joshua si stava preparando al peggio. Non poteva muoversi, o per lo meno non mettendosi in piedi né lanciandosi come un pesce con la schiena che gli faceva ancora un male bestia. Per fortuna però non eseguì di nuovo l'esplosione di prima né si lanciò su di lui come una bestia assetata di sangue, bensì si limitò a caricare un pugno non dissimile ad un robot. Non si fidava per nulla del suo elmo, dunque stringendo i denti e facendo leva con le sue mani cercò di rotolare verso di lei, evitando in colpo ma arrivandole letteralmente sotto. Una mossa rischiosa ma in quel momento non aveva chissà che opzioni, col muro dall'altra parte e non potendo andare su né giù. Rotolare di lato era la sua unica opzione per schivare quel colpo letale, che probabilmente avrebbe lasciato il segno - letteralmente.
[ O-Oi oi, ] disse, interrotto però da un colpo di tosse e dei gemiti, [ che s-succede, stai provando pietà? ]. Altra ondata di tosse e gemiti, cavolo se la schiena gli faceva male ora che era stato obbligato a smuoversi, però non poteva zittirsi ora, aveva qualcosa da dirle. [ Sister, t-ti trovi davanti al supereroe di T-Tokyo, ] e guardandola direttamente negli occhi, il suo tono si fece serio, freddo e senza il minimo cenno di giovialità, [ vedi di trattarmi come tale. ]
Non sapeva se dirle quello sarebbe stata la sua opzione migliore, in quella posizione era un bersaglio non facile, di più. Però era anche vero che lui era andato lì per testarsi, voleva davvero diventare ciò che diceva di essere e certo, forse aveva salvato quel spacciatore però aveva anche trovato un'altro test, un vero ostacolo che gli aveva aggiustato la prospettiva. Era debole, relativamente parlando, però quel dolore era un segno che non era più il Joshua di prima, il fatto che le stava parlando in quel modo e che aveva agito come aveva fatto era un segno indelebile che era cresciuto. Silver Face man mano stava diventando meno una promessa e più un'azione, una verità e chissà come si sarebbe evoluto se sarebbe stato in grado di ritornare a casa vivo. Perché certo, non era uno sayan, però pure lui diventava più forte dopo aver sopravissuto ad una situazione di vita o morte. Era successo a Roppongi e sarebbe successo anche quella sera.

Mi venne improvviso un tic al collo.
Come se una piccola scossa elettrica mi avesse preso dal nulla. Ma poi, così come era venuto, andò via. Poggiai lo sguardo, ora più annoiato, sull'uomo di fronte a me.

Uomo?
Ragazzino.
Stando a Waverley si diventa uomini quando si smette di guardare il mondo attraverso l'estetismo. E diamine, l'estetismo in quel ragazzo era troppo per essere contenuto in una sola persona. Buoni propositi, poche idee e molto confuse.

Mettiamo le cose in chiaro.
Ho rispetto per chi si rialza quando tutto sembra perduto.
Li trovo stupidi, specialmente quando provano a lanciarsi contro qualcosa di più grande di loro. Che sia chiaro, non è questo il mio caso. Quando mi trovo in queste situazioni artificiose, che spingono a scontri uno contro uno che si esauriscono nel giro di trentamila battute o poco meno, trovo che in qualche maniera si sfugga sempre alla ovvia conclusione in situazioni come queste.

La galera.
La morte.
Sono così vicine ma così lontane.
E questa sensazione patinata, così fastidiosa, così pesante.
Mi dà fastidio.
Mi sento soffocare. Come se non potessi davvero sfuggire dall'estetismo, come se ballassi per qualcuno.
ballassi per te

Sono stanca.
Stanca di questo, stanca di tutto.
Mi tirai in piedi, portando una mano alla tasca sinistra. Esaminai con attenzione lui. Non era colpa sua. Era finito nel vicolo sbagliato il giorno sbagliato. Forse non aveva avuto fortuna, forse era stato troppo onesto per il suo bene.

trattalo come un eroe
strozzalo
è questo che fai agli eroi

ma non puoi.
Digrignai i denti, infastidita. La mano avrebbe potuto estrarre un coltello, avrei potuto tirarglielo.
E qualcosa sarebbe andata per il verso sbagliato. Mi guardai intorno, come se qualcuno mi stesse guardando.
non farlo, per favore

Tirai fuori una pillola.
Di quelle che spacciavo tempo fa.
Farfalla da un lato, bianca dall'altro.

« Testa, ti tratterò da supereroe. E ti ucciderò. Finirai la tua carriera in questo vicolo, dovesse essere l'ultima cosa che faccio. »

Sapevo che sarebbe uscito croce.
Era così ovvio. Così fastidiosamente prevedibile.
Forse quel colpo di prima mi aveva smosso qualche nervo portante - non ero un'esperta di medicina. Ma ora sentivo uno sguardo sulla nuca, che continuava a premermi e darmi fastidio.

« Croce, ti lascio vivere un altro giorno in questa ... cosa, partorita da un Pirandello sotto acidi. »

Testa.
Testa.
Ci piace testa.

Croce.
Ovviamente uscirà croce.
Troppe scartoffie.

C'era così tanto altro in questa equazione.
Un'altra persona, ad esempio.
Di fronte a me, che aveva combattuto sino a questo momento, aveva gridato a gran voce - non contro di me, ma contro gli altri di voler vivere così profondamente - di far vivere gli altri.

Insomma, una gatta da pelare.
E io?
Io in prima persona?
Io ero solo stanca.

Tirai la pillola.
E, puntuale come un orologio, uscì croce.
Guardai verso di lui, mostrandogli la parte di pillola che era uscita.

« Ci crederesti?
Tch. Ke-kekek
keke.
Kekekekekekekek.
Non farti più vedere vicino i miei ragazzi. »

L'avevo detto come se ci credessi davvero.
Come se quella minaccia non fosse cava.
Capiamoci - io ci credevo davvero.
Ero sinceramente convinta che avrei dovuto colpire per uccidere, volta prossima.
Certa. Come è vero che la pioggia cade dal cielo.

Ma qualcosa dentro di me

mi diceva che non era vero.

E sentivo un gran bisogno di vedere al di là.

Mi voltai, iniziando a zoppicare lentamente verso l'uscita di quel vicolo.
Era stata una serata pesante. E qualcuno sarebbe andato a prendere quel tipo.
Lo fanno sempre.
Vanno sempre a prenderli.

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Non voleva dire che per la prima volta nella sua vita, guardando gli occhi dell'altra, provò genuino terrore, però era una delle poche volte che aveva provato quella sensazione. Guardarla negli occhi con quella convinzione nel corpo non era abbastanza per negarne l'effetto, il freddo che si avvinghiava intorno al suo cuore e la pesantezza in fondo allo stomaco. Il dolore lancinante alla schiena faceva male, però in quel preciso istante passò in secondo piano. Non sapeva cosa aveva in mente però il fatto che non lo aveva immediatamente attaccato era una buona notizia, almeno per il momento ed il tutto poteva cambiare in una frazione di secondo. Però non accadde, invece rimase lì fermo senza la forza di muoversi nel mentre l'altra tirò fuori... una pillola?
No, non glie la voleva far ingoiare, invece voleva giocare ad un gioco, una sfida per decidere la sua sorte. Non che lui avesse molte chance, era alla merce della ragazza ed in quello stato ci sarebbe voluto poco per metterlo fuori gioco. Dunque perché non giocare? Non aveva nulla da perdere. [ Andata, ma occhio a non insultarmi mettendomi nella stessa lega di quei poliziotti in calzamaglia, ] era un vero affronto compararlo agli eroi di tutti i giorni, loro erano l'esatto opposto di ciò in cui lui credeva. Gli scappò un colpo di tosse causata dai danni, seguito da un fulmine di dolore da parte della schiena per ricordargli che se parlava rischiava di provocarsi altri danni, dunque era meglio star zitto. Difficile, considerando che per lo meno gli avrebbe fatto piacere andarsene in gran stile.
Quando la pillola venne lanciata il tempo si fermò, assecondato dalla sensazione di terrore precedente diventare ancora più forte. Che avrebbe fatto se sarebbe uscita testa? Beh di sicuro sarebbe stato brutto, Saki si sarebbe ritrovata il suo corpo e... oh cavolo, si era completamente scordato di lei. No, non poteva finire così, se ne sbatteva della sua carriera da supereroe se ciò voleva dire traumatizzare quella povera ragazza. Il respiro si fece sempre meno profondo, il suo corpo attivò l'iperventilazione e se prima tutto sommato aveva accettato, o quasi, la sua fine, ora invece si era reso conto di quanto si stava mentendo. Certo, c'erano anche i loro genitori ma combattere per ciò in cui credeva, come un adulto, era qualcosa che per lo meno suo padre aveva già accettato. Saki? Lei no, lei era come una sorella per lui ed in quanto tale non poteva permettere che lui le causasse ulteriore tristezza.
Quando l'oggetto toccò terra il mondo intero si fermò, tutto il cosmo sembrava aspettare il verdetto. Non sapeva cosa aspettarsi, era fermo e stava trattenendo il resiro senza nemmeno rendersene conto. La ragazza subito dopo sentenziò l'esito, mostrandogli la pillola che per miracolo divino mostrava croce. Sembrava che la dea della fortuna non lo aveva abbandonato. [ Baby, non è stata fortuna - il mondo ha ancora bisogno di me, ] e, come sempre, fare uscite di quel tipo era l'unico modo col quale sapeva sfogare tutto quel terrore, ansia e paura. Ci credeva davvero, o almeno doveva crederci per non rischiare di scoppiare a piangere nel bel mezzo del vicolo.
Che fare, però, ora che l'altra si stava allontanando? La vise zoppicare ma non provava niente, né tristezza né rabbia. Toccò nuovamente le aree dei chip ma questa volta per disattivare la suit e rimase lì, steso a terra aspettando che l'amica lo venisse ad aiutare. Non gli sembrava vero, gli sarebbe servito del tempo per rendersi conto di ciò che aveva vissuto e solo lì, probabilmente, la diga si sarebbe nuovamente rotta. Però quella volta le cose stavano diversamente.
Ora che era sopravissuto non era triste, non era arrabbiato e neanche deluso. Quella, più di tutto, era una possibilità. Provava un po' di pena per lei, senza volerlo aveva commesso un grosso, grosso errore. Non solo lo aveva lasciato vivere, non solo lo aveva aiutato nel piantare in lui un seme che sarebbe germogliato in un albero impossibilmente alto e robusto, lo aveva fatto migliorare e gli aveva fatto male. Era del dolore che non aveva mai provato, una botta di realtà di quanto aveva da imparare e questo normalmente era demoralizzante, ma non per lui. Guardò la notte, la luna e le stelle e sorrise. Non era più un gioco, non era all'inizio ma era già partito, stava davvero attraversando la strada che lo avrebbe portato al proprio traguardo. Era una strada lunga, non sarebbe stato facile ma aveva fatto progresso, non era più agli inizi. Da piccolo giocava ai cowboy e gli indiani per le strade del vicinato dove era nato, un anno fa giocava a fare l'adulto ed un paio di mesi fa aveva iniziato a giocare a fare il supereroe. Come detto prima, però, ora quello non era più un gioco, ora era davvero un cowboy.