Late Night Fox Blues

AM di Gruppo ETERNIUM | Delin, DualSlayerBlade, Ace

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    Per alcuni erano dei criminali colpevoli dei disordini avvenuti al Corteo mentre per altri erano dei martiri, il capro espiatorio su cui l'opinione pubblica aveva cercato di catalizzare l'attenzione per non prendersi la responsabilità dell'evasione del Sagrestano, ma c'era qualcosa riguardo alla cosiddetta Mutant Task Force su cui tutti potevano essere d'accordo: non si vedevano in giro da davvero tanto tempo. Qualcuno sperava di vedere in loro i primi rappresentanti di una rivolta dei mutant contro le angherie che da sempre subivano, qualcun altro pensava di aver visto coi propri occhi la nascita di un nuovo gruppo di vigilantes dal cuore giusto, sembrava invece di essersi trovati di fronte a nulla più che un semplice fuoco di paglia. Nessuno, in realtà, conosceva le loro vere intenzioni, i loro sogni, le persone che stavano dietro alla ragazza con le mani di forbice, il pericoloso cecchino, la donna d'oro e la giovane medusa. Persone che, semplicemente, si erano trovate nel posto giusto al momento sbagliato o viceversa. Persone che da allora, per ciò che avevano fatto, erano state costrette a vivere nell'ombra per paura delle conseguenze.
    L'idea che tutti si fossero scordati di loro non era abbastanza da convincerli a riprendere la loro vita normale. A causa di tutto il trambusto che aveva colpito Tokyo mesi dopo le loro gesta, un attacco che faceva impallidire senza fatica i lenzuoli scuri indossati dai manifestanti del Movimento Anti-Mutant, gli uffici universitari erano pieni di fascicoli di gente che, come loro, aveva abbandonato gli studi, la loro sparizione non era nulla di più che una goccia nell'oceano.
    Solamente Yori, che non aveva serpi al posto dei capelli o lame al posto delle dita, riusciva a proseguire nella sua vita mondana e tenere tutti gli altri in contatto col mondo. Si erano fatti più schivi e più diffidenti, avevano dovuto prendere delle contromisure per sfuggire alle forze dell'ordine o agli stessi appartenenti al Corteo, insomma, un sacco di cose erano cambiate da quando tutto ciò che volevano fare era salvare Shahar e mandare un messaggio al mondo.
    Il numero che Mari aveva fornito ad Evelynn sembrava avere come unico effetto l'evocare un'interminabile sequenza di squilli a vuoto ma sembrava che, più che non voler parlare, la ragazza preferisse non parlare a voce. Il che, in tutta onestà, poteva anche far destare qualche sospetto: per quale motivo una ragazza le cui dita erano formate da lame acuminate preferiva esprimersi via messaggio, probabilmente incapacitata a scrivere bene, piuttosto che a voce?
    Se si volevano evitare complottismi vari, il motivo era probabilmente semplice: per non farsi identificare e perché la comunicazione scritta, meno istintiva di quella verbale, permetteva di dosare con cura le informazioni da esprimere e quelle invece da celare nel profondo.
    Fatto sta che, chiunque stesse all'altro capo di quei messaggi, dopo essersi sincerato che l'interlocutore fosse una persona non solo conosciuta ma anche gradita visto ciò che aveva fatto per Shahar, aveva acconsentito ad un incontro. Purtroppo, a causa della loro diffidenza, quell'incontro non sarebbe finito a caffè e ciambelle... forse. La risposta suonava probabilmente deludente: "ci faremo vivi noi" e, dopo di quello, nessun'altra comunicazione successiva.
    Era passata più di una settimana da quello scambio di messaggi e non sembrava essere accaduto nulla di eclatante. Era una serata come tante da Patisseryo e mentre Ryo ed Evelynn erano in servizio, pronti alla chiusura, Daisuke aveva deciso di fare un salto lì dopo aver finito il suo turno di consegne giornaliero. Come accadeva spesso il locale a quell'ora, avvicinandosi l'orario di chiusura, era pressoché vuoto. Accompagnando il suono tintinnante di apertura della porta del locale, dando il benvenuto a quello che probabilmente sarebbe stato l'ultimo cliente della giornata, il telefono di Evelynn iniziò a vibrare: il numero sul display era proprio quello di Mari.
    LATE NIGHT FOX BLUES


    CITAZIONE
    Bene ragazzi,
    Benvenuti alla prima AM di gruppo ufficiale del forum. La traccia è al momento decisamente libera, sapete semplicemente dove siete e cosa state facendo. Per entrare subito nel vivo dell'azione ho preso direttamente le redini del contatto tra Evelynn e la MTF discusso nella role con Yami. Il post iniziale è quindi libero, qualora doveste avere bisogno di informazioni specifiche su qualcosa sapete come contattarmi. Anche l'ordine di postaggio è libero ma vi informo già che al prossimo turno dovrà probabilmente iniziare Evelynn quindi se Ace vuole partire già per primo ci togliamo un problema.
    Per i lettori esterni, tutto ciò che voglio fare con questa AM è provare a raccontare una storia interessante ed eventualmente aiutare Evelynn a ricongiungersi con Aya o trovare informazioni su Kimura quindi prometto che pur essendone il capo sarò oggettivo e non cercherò di avvantaggiare ETERNIUM per partito preso. :zizi:
    Incominciamo!

    DualSlayerBlade Ð. × Ace Dëlin
     
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    Evelynn Harcrow
    Ad una certa posso affermare senza troppe difficoltà che avessi perso le speranze, per fortuna con la testa ancora del tutto invasa da quel dubbio atavico che mi affliggeva e che avevo esposto a Yami e nessun altro ancora. Un dubbio davvero grande, qualcosa che una come me non è abituata ad affrontare perché sì, non posso negare di essere una sorta di maniaca del controllo per quello che riguarda determinati ambiti della vita e del mio primo lavoro.
    E' quello che mi fa piacere alle persone, circa: la mia decisione, il fatto che tutto sommato sia una persona relativamente forte e di carattere difficilmente influenzabile o, per meglio dire, malleabile da pesi o chissà quant'altro ma...applicarla anche agli scontri fisici al punto da trovare quasi piacere nel vedere una persona a terra alla mercé dei miei artigli era qualcosa che non ero pronta ad affrontare e che non riuscivo tutt'ora a farlo. Era quel pensiero fisso che mi faceva persino ignorare il freddo e non mentirò dicendo che questa cosa abbia in parte influenzato anche le mie mansioni: un po' più distratta, un po' più incerta nei modi di fare a tratti, combattuta anche sul come trattare i clienti di Ryo che poveraccio sono sicuro non si meriti che una come me non faccia al meglio ciò che è il suo punto forte: interagire con le persone. Insomma non credo possa dire di essere insoddisfatto del mio modo di far sentire chiunque entri a casa al punto da spingerli ad avere un po' più di confidenza con noi eppure in questo periodo, a causa di quel calore che la vista di Sakiko a terra con sguardo furioso ma consapevolmente impotente mi aveva causato e faceva ogni volta che mi tornava alla memoria.
    Come se stessi diventando tutt'una per davvero con la mia ombra. Avevo davvero bisogno di questo controllo per sentirmi bene?

    Diedi uno sguardo all'esterno dalla vetrata del locale emettendo un pesante sospiro: anche oggi era passato senza che arrivassi ad una conclusione.
    O che venissi ricontattata.
    Avevo perso le speranze, mica me n'ero dimenticata: ci era voluto così tanto per contattare Mari e farsi rispondere stranamente per messaggio che lo sforzo era davvero rimasto impresso nella mia testa quasi a fuoco. Quanto mai poteva essere più semplice per una ragazza dalle dita particolari fare una telefonata invece che scrivere? Insomma, guardate le mie di dita: affusolate, affilate, lunghe. Molto lunghe: quanto era più semplice anche per me mandare vocali o telefonare? Posso capire il non voler lasciare tracce ma cosa mai poteva esserci di male nel "prendiamo un caffé qui"? A meno che non ci fosse qualche strano codice che sostituiva "prendiamo" con "organizziamo" ed "un caffé" con "un piano per ribaltare o la nazione" ma che io sapessi, considerando quante volte questa frase veniva usata nell'arco della giornata da pressocché chiunque, non era questo il caso.

    Meglio pulire.
    Andai a prendere quasi svogliatamente un panno pulito e lo spray disinfettante, iniziando dal bancone in modo da renderlo davvero lucido. Il compiere delle pulizie basilari come questa nella pasticceria mi aveva insegnato a tenere un po' più in ordine e pulito anche a casa, di questo dovevo dare atto al locale: non aveva risolto il mio dubbio esistenziale, sistemato tuttavia una cattiva abitudine quella sì. Avrei potuto iniziare a togliere ciò che non era stato consumato durante la giornata ma non si poteva mai sapere, magari la porta si sarebbe aperta proprio in questo secondo togliendo così la possibilità a chiunque di poter prendere quello che volesse, no? Ed io l'avrei accolto con il sorriso di chi era pronta a fare il suo lavoro al meglio.
    La dedizione con cui mi prestavo a questo lavoro era davvero ammirevole per una come me, sembravo quasi una persona normale.
    Anche se stasera speravo di fare in fretta a chiudere, non avevo molta voglia di compagnia: probabilmente era una di quelle sere dove prendevo la mia tuta, mi appostavo su un palazzo bello alto al freddo e mi mettevo a guardare la vita notturna senza far niente a meno che qualcosa non catturasse la mia attenzione con così tanta curiosità da spingermi addirittura a muovermi.

    Come la peggiore delle veggenti, però, avevo indovinato che qualcuno sarebbe potuto entrare. Il tintinnio dell'apertura della porta, inoltre, sembrava aver mosso una piccola corrente d'aria però che credevo non soffiasse più: in genere tenevo sempre il telefono in carica nella zona cava che stava sotto il lettore della cassa e sentirlo vibrare mi portò intrinsecamente a guardare il numero.
    Cavolo.
    Non potevo non rispondere, anzi, dovevo.
    Preso il telefono lo tenni tra entrambe le mani, voltandomi verso la porta che si stava aprendo. Con aria combattuta, sorpresa e quasi panicata avrei gettato un'occhiata all'individuo entrante eseguendo un inchino nei suoi confronti. « B-buonasera! Siamo subito da lei: le chiedo giusto un secondo d'attesa. Un secondino e niente più, grazie. » E mi sarei letteralmente lanciata alla ricerca di Ryo in modo che potesse pensarci lui. Gli avrei indicato il telefono lasciandogli capire che dovessi rispondere, insomma...comunicare a lui e Daisuke il fatto che una settimana prima Mari mi avesse detto che mi avrebbe ricontattata lei era stato d'obbligo ergo non avevo bisogno di dirgli quanto fosse importante.
    Trovato Ryo ed assegnatogli l'eventuale cliente, mi sarei precipitata nel laboratorio dove in genere il collega preparava i prodotti da esporre in modo da poter rispondere senza troppe difficoltà.

    Keep them longing,
    make them plead.

    SCHEDA | VILLAIN | CRONOLOGIA | #LIVELLO 7

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    RYO TATSUKI
    Quando Evelynn chiese soccorso al giovane pasticcere, quest'ultimo stava in realtà ancora procedendo ad impastare abilmente ciò che sarebbe diventato un piccolo gruppo di mochi in futuro. Ryo non era una persona che sperimentava spesso sul luogo di lavoro e preferiva essere metodico e abitudinario quando si trattava della propria vita professionale. In realtà non aveva particolare idea di come riuscisse ad essere così preciso in quell'aspetto della sua esistenza rispetto a... Tutto il resto, nel quale era un disastro. Ma in quegli ultimi giorni voleva provare a variare un po' in vista di Natale, una stagione che anticipava con ansia ed una certa emozione. Sarebbe stato sicuramente un periodo proficuo per la pasticceria e di sicuro non gli dispiaceva guadagnare un po' di soldi in più considerato il tempo che dedicava alla sua attività, ma allo stesso tempo già prevedeva che sarebbe stato un inferno. Il periodo delle feste era sempre così.
    Non solo la gente voleva cose particolari e diverse da portare alla cenetta con gli amici - lo sapeva benissimo, l'aveva fatto anche lui diverse volte - ma le pretendeva pure sempre disponibili ad ogni ora del giorno. C'era chi comprava giusto quel dolce simbolico la sera stessa ed esseri mistici, perlopiù di mezza età, che riuscivano a svuotargli le scorte in poche ore. Si chiedeva spesso cosa spingesse i genitori e i nonni a comprare così tanto cibo quando era ovvio che sarebbe avanzato, ma non era proprio il suo campo di esperienza. In ogni caso, Ryo aveva deciso che provare cose nuove per accontentare tutti era un saggio investimento prima del turbolento periodo natalizio. Aveva pure visto un modo per sfornare i pan a forma di gattino e Babbo Natale e probabilmente avrebbe usato quelli come cavallo di battaglia contro gli studenti per i loro festini. I primi stava pensando se regalarli a Kohaku, secondo lui gli avrebbe fatto piacere considerato il mestiere. Quel ragazzo gli era sembrata una persona professionale e amichevole e per ora non aveva avuto ancora problemi con lui, cosa che lo aiutava ad arrivare a fine giornata. Sapeva che almeno avrebbe potuto mettersi al cellulare e poi dormire senza particolari ansie o preoccupazioni. Il resto di ETERNIUM era comunque parte della sua vita e si era mischiata pure al Patisseryo,
    Avere Evelynn ad aiutarlo era un po' strano, non tanto per un problema suo ma più che altro perché non si aspettava che lo facesse con tale serenità. Ed effettivamente lei piaceva ai clienti, era decisamente più in grado di lui a gestire le relazioni col pubblico. Ogni tanto passava anche Daisuke ora che si era trasferito per conto suo e lavorava legalmente e gli sembrava di tornare quando si vedevano tutti più spesso alla House. Anche quella sensazione era particolare, non era nostalgia ma un semplice rimuginare su quello che facevano prima. Era quasi divertente pensare che loro due erano quelli con un lavoro stabile ora, considerato che si erano conosciuti in un fight club per racimolare qualche soldo. Anche Yami e Yuya avevano la loro vita ma per fortuna riusciva a sentirli spesso. E poi c'era anche Mirai, non presente in quel momento, la quale era un'altra presenza nella sua vita seppur da dipendente. Ad approcciarsi al mondo degli "adulti" aveva stretto talmente tante connessioni che ogni tanto lo stancava solo pensarci. Eppure, sapeva che non si sarebbe mai staccato da quel mondo che lo aveva risputato momentaneamente.
    «Eh? Ah, va bene! Ci penso io.» Sospirò sapendo che doveva uscire dal suo laboratorio per andare nel mondo esterno e farlo anche velocemente. In quel momento aveva una semplice maglia a maniche corte bianca ed il grembiule rosa pallido del Patisseryo, oltre che un paio di pantaloni scuri. Non era una buona idea portarli lì visto che si era già sporcati di farina, ma non ci aveva pensato molto quella mattina. Posò il mochi scuro sul piano e si lavò il più velocemente possibile le mani per uscire fuori a servire il cliente. In quel momento tutti i discorsi sul contatto di Evelynn e sul Corteo gli riaffiorarono in mente e si mise a comporre distrattamente quel vassoio di pasticcini che quell'uomo voleva proprio ad ora di chiusura. Non era un cliente abituale e si chiedeva che accidenti ci facesse proprio nella sua pasticceria a quell'ora, pensiero orrendo per ogni tipo di commerciante. Stava per filare dritto alla porta per chiudere il locale qualche minuto prima, ma notò che era appena arrivato quello a cui aveva pensato poco prima. Di solito non era sorpreso a vederlo lì per caso e aveva già chiarito a tutti che potevano passare quando volevano, ma forse l'aria di urgenza trasmessa dalla donna non gli era ancora passata.
    «Ciao, so che è molto improvvisa come cosa ma credo che ad Eve sia arrivata quella chiamata.» Comunicò velocemente l'informazione all'amico e riprese a camminare verso l'entrata. Si premunì di chiudere il locale girando il cartellino esterno, sperando che nessun disperato si avventurasse nel freddo proprio in quel momento. Tornò indietro velocemente, facendo un gesto di andare nel laboratorio senza fare troppo rumore. Aprì la porta e si appostò nell'uscio, cercando con gli occhi Evelynn e osservando il viso e le sue espressioni, sperando che ci fossero notizie buone dietro quello smartphone.
    « I'M A BAKER, BUT... » / Narrato x Parlato x Pensato
    VILLAIN ✧ ETERNIUM ✧ LIVELLO 6 ▸▸▸ SCHEDAPORTFOLIO » © CODE

     
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    DAISUKE OKADA
    ● VILLAIN ● ETERNIUM ● LIVELLO#8 ●SCHEDAPortfolioART
    Era passato praticamente un'anno da quando Daisuke aveva iniziato a lavorare per la sua azienda, e tutto sommato doveva ammettere che si stava trovando molto bene. Avere una routine, una cosa che non aveva avuto per svariati anni, lo aveva aiutato a mettere la sua vita in ordine, molto più di quanto due anni di fuga all'estero potessero fare. E poi la paga era buona, uno dei principali motivi per cui era così motivato a lavorare, nonostante fosse fisicamente pesante come mestiere.
    Ovvio, non poteva vivere nel lusso, ma guadagnava abbastanza per tirare avanti. Il fatto che fosse uno scapolo poi, senza figli né amanti, lo aiutava parecchio a ridurre le spese.
    Era stato anche molto fortunato a trovare un nuovo appartamento. Non aveva mai avuto molta fortuna con le sue abitazioni infatti. La prima era difficile definirla casa, la seconda era diventata inaccessibile, mentre dalla "terza" era stato fondamentalmente cacciato. Quest'ultima però, un piccolo appartamento a Bunkyo, si stava rivelando più che decente. Era la prima volta che doveva pagare l'affitto poi, quindi era decisamente felice di aver avuto una prima esperienza positiva. Non avrebbe avuto la minima idea di come gestire un padrone di casa aggressivo, poco ragionevole o maleducato. La signora Morita però, una donna anziana che possedeva svariati appartamenti in quella zona, era incredibilmente gentile ed affettuosa.
    Era molto facile rispettarla, e forse era proprio quello il motivo per cui si comportava in quel modo. Creare familiarità con gli inquilini poteva rendere più facile ottenere rispetto, piuttosto che passare all'offensiva, rovinando completamente l'opinione altrui di sé.
    In ogni caso, ora la sua vita si poteva considerare normale. Forse esageratamente normale.
    Il corvino, nel giro di cinque anni, era tramutato da uno spietato criminale - che aveva commesso crimini di cui ancora si pentiva - ad un giovane adulto normalissimo. Forse uno con poca iscrizione sì, visto che il ragazzo aveva ottenuto appena il diploma superiore - facendo homeschooling oltretutto - e non aveva mai nemmeno considerato il proseguire gli studi ulteriormente, ma era comunque un cittadino abbastanza normale. C'erano milioni di persone che avevano scelto di fermarsi alla scuola superiore, consapevoli di non essere adatti all'ambiente universitario. Non tutti avevano il suo stesso sfondo criminale però, una cosa che lo rendeva incredibilmente grato di avere il lavoro che aveva.
    Non aveva la minima idea del perché la sua datrice di lavoro lo avesse assunto. Il suo curriculum era terribile, e non c'era nessuna sicurezza che il Carro non fosse semplicemente un parassita, che vuole un lavoro solo per prendere soldi senza poi fare nulla. Qualunque fossero le motivazioni della Williams però, erano state ben ripagate, almeno secondo il corvino.
    Lavorava sodo. Otto ore al giorno, talvolta anche nove o dieci, cercando sempre di non lamentarsi, di essere grato dell'opportunità che aveva, visto che difficilmente avrebbe trovato alternative legali. E poi, tutto sommato, gli piaceva abbastanza guidare e trasportare pacchi. Era un lavoro fisico che non richiedeva enormi sforzi mentali, quindi non aveva bisogno di mantenere l'attenzione a mille mentre lavorava. Ed ormai, dopo mesi spesi a guidare, era diventato abbastanza fiducioso nelle sue doti di guida, aggiungendo qualcosa di abbastanza utile al suo repertorio relativamente limitato.
    Daisuke però, non era l'unico membro di ETERNIUM che aveva messo in ordine la sua vita. L'altro esempio lampante era Ryo.
    Il Folle - oltre che essere ancora un'ardente cotta del corvino - era maturato parecchio negli ultimi anni, molto più di quanto il Carro si potesse immaginare.
    Era strano immaginare che proprio il ragazzo che torturava persone nei vicoli, e che sembrava basare la sua intera esistenza su odio, rabbia, e violenza, fosse adesso un rinomato pasticcere di Akihabara, con dipendenti e clienti abituali.
    Ogni tanto Daisuke si chiedeva dove Ryo avesse nascosto quel suo passato difficilmente ignorabile, non poteva essersene completamente dimenticato alla fine, ed era convinto che fosse impossibile non avere sensi di colpa o traumi derivati da esso. Quella però, era una domanda che non aveva mai avuto il coraggio di fare. Non voleva mettere l'amico in imbarazzo, ed era sicuro che fosse un argomento di cui non fosse troppo felice di parlare. Non dopo l'inversione ad U che aveva fatto nella sua vita.
    Ora era un uomo diverso, con delle responsabilità non indifferenti sulle spalle, e con un futuro luminoso davanti a sé.
    Andare a tirare fuori il suo passato gli sembrava non solo inopportuno, ma anche inconsiderato. Era come ignorare il progresso più che invidiabile che aveva fatto negli ultimi anni, solo per ricordargli chi era e da cosa non poteva scappare.
    A proposito del Folle e di Patisseryo però. Un'abitudine che Daisuke aveva preso negli ultimi mesi, era andare a trovare il ragazzo poco dopo l'orario di chiusura, o comunque verso quell'ora. Lo faceva sia per vedere il mulatto, cosa che gli piaceva sempre piacere, che per comprare qualche dolce avanzato dalla giornata lavorativa.
    Faceva sempre colazione di fretta, e preferiva decisamente spendere soldi nella pasticceria dell'amico, piuttosto che comprare qualche terribile merendina poco sana. Almeno poteva confermare gli ingredienti. E poi gli piaceva dare una mano a Ryo, ogni tanto rimaneva anche un po' di più per dargli una mano a pulire, magari a costo di qualche sconto sui dolcetti che comprava.
    In quella fredda serata invernale comunque, era successo proprio quello. Aveva finito il turno, e visto che non vedeva i due colleghi di ETERNIUM da qualche giorno, aveva scelto di fare un salto al locale prima di tornare a casa, così da comprare anche qualcosa di buono per la mattina dopo.
    Poco dopo essere entrato però, Daisuke venne accolto da un saluto particolare. Piuttosto che accoglierlo a braccia aperte, Ryo gli comunicò che ad Eve era arrivata quella fantomatica chiamata che stava aspettando, con parecchia enfasi su quella. Evelynn aveva già atteso qualche giorno, ed il corvino si sentiva particolarmente fortunato dell'essere arrivato al momento giusto per sentirla in diretta. Le azioni del fato sono incomprensibili sì, ma quella poteva essere molto facilmente una coincidenza, non era poi così raro che il corvino li andasse a trovare.
    Silenziosamente quindi, con la stessa curiosità di un bambino che sgattaiola fuori dalla sua camera per provare a vedere Babbo Natale, il Carro entrò nel laboratorio, posizionandosi a pochi metri dall'ingresso con le braccia conserte.
    Stava osservando con attenzione le espressioni facciali della ragazza, cercando di cogliere il più possibile tra esse, e le sue risposte. Sperava vivamente che alla base di quella chiamata ci fossero buone notizie, ma non ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
    Ⅶ I can hear the future calling me Ⅶ
     
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    SHAHAR KYOUKA
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    Shahar mise piede all'interno del locale qualche secondo dopo di Yori, impegnata ad aggiustare i suoi tintinnanti capelli che facevano spesso molta fatica a stare al proprio posto. Era passato davvero tanto tempo da quanto era successo col Movimento Anti Mutant e, pian piano, anche la sua bizzarra capigliatura era ricresciuta dopo ciò che aveva subito. Il processo era decisamente difficile ma sembrava quasi che ogni ferita, in fondo, fosse in grado di rimarginarsi.
    Il ragazzo dai capelli color cenere e gli occhi scintillanti di giallo era entrato nel locale per primo, appunto, tenendo la porta aperta dietro di sé per l'ingresso della compagna e attirando la fulminea occhiata di Evelynn prima del suo ritirarsi nel laboratorio del locale per rispondere alla chiamata. Indossava un pesante cappotto di colore nero che copriva tutto il suo corpo lasciando intravedere solamente un paio di jeans e delle sneakers di colore bianco ai suoi piedi. La giovane ragazza invece, entrata qualche secondo dopo di lui e sfuggita quindi alla vista della commessa del locale, indossava una giacca beige su cui spiccavano una sciarpa e dei guanti entrambi di colore rosso. Le sue gambe erano fasciate da dei pantaloni neri e ai piedi portava degli stivali, probabilmente in finta pelle.
    I due avevano tutta l'aria di essere una coppietta o, se non altro, speravano di poter essere considerati tali: una volta messo piede nel locale Shahar si avvinghiò con entrambe le braccia al braccio destro di Yori, che portava entrambe le mani nelle tasche del pesante giubbotto, e si sporsero verso la vetrinetta dove erano messi in mostra i dolci e i pasticcini offerti dal negozio.

    [Buonasera, Evelynn.] - dall'altro capo del telefono, all'orecchio della ragazza rintanatasi nel laboratorio del locale, giunse una voce sconosciuta. Era molto profonda e sebbene paresse ovattata da qualcosa oltre che distorta dall'apparecchio telefonico aveva tutta l'aria di essere una voce maschile. Decisamente non quello che ci si sarebbe aspettati dal numero di Mari, insomma - [E' appena entrata nel negozio una tua vecchia conoscenza. Organizzate un incontro come se nulla fosse.] - aggiunse la voce misteriosa - [Nessun messaggio scritto, nessuna nota che rimanga, e se qualcuno si accorge di qualcosa la trattativa è finita.] - a quelle parole, senza neanche attendere una risposta, seguì il periodico segnale audio che informava l'utente che la chiamata era finita. Evidentemente, ammesso che non si trattasse di una trappola, i ragazzi della Mutant Task Force - pur non essendo sotto i riflettori da ormai ben più di un anno - sembravano prendere la cosa decisamente sul serio. Che ne avessero motivo o meno era tutto da giudicare e forse solo una chiacchierata con loro avrebbe chiarito la cosa, ma era palese che la sicurezza che ritenevano di dover attuare per i loro contatti era qualcosa di più di un semplice linguaggio in codice: se l'avevano davvero raggiunta in negozio significava che dovevano averla tenuta d'occhio, studiato i suoi movimenti, forse per assicurarsi che il suo fosse un interesse genuino e non ci fosse nulla dietro. Che si trattasse di doverose precauzioni o di semplice paranoia, però, era come detto troppo presto per deciderlo.

    Yori e Shahar avevano deciso di acquistare dei pasticcini "per una cena con degli amici", ma vedendo che una volta consegnato l'ordine quello che sembrava il titolare del posto si mosse verso l'uscita per chiudere il locale si resero conto, scambiandosi un'occhiata, che qualcosa nel loro piano era andato storto. Avevano optato per recarsi lì verso l'orario di chiusura in modo da incontrare meno persone possibili ma non solo era entrato un altro tizio dopo di loro, stavano pure per essere cacciati... a differenza dell'altro cliente appena entrato sembrava, peraltro.
    A-ahem. - Shahar prese timidamente parola, affondando il viso pallido nella soffice manica del giubbotto di Yori - C-chiedo scusa... Mi rendo conto che forse non sia il momento più adatto, m-ma potrebbe per caso farmi una cioccolata calda...? - disse quindi, alzando gli occhi rossi verso il proprietario del locale - E' tutta la giornata che siamo in giro e credo di avere un calo di zuccheri... - aggiunse spostando lo sguardo verso Yori. Guardandola, e col volto quindi nascosto agli altri presenti, il ragazzo prima strabuzzò gli occhi e poi li alzò al cielo infastidito. No, non aveva molta pazienza.
    Vede... - prese quindi parola a sua volta, spostando anche lui lo sguardo sul direttore - Il fatto è che eravamo venuti quindi anche per salutare... Umh... Come si chiama già la tua amica, amore... Evelynn, giusto? - aggiunse poi. Pur non riuscendo a nascondere uno sguardo decisamente stranito, Shahar annuì con convinzione. Faceva decisamente strano sentirsi chiamare in quel modo da Yori ma, in fondo, faceva tutto parte della recita - Ma... - riprese, guardandosi visibilmente attorno - Beh, forse per quello siamo nel posto sbagliato... sicura di non aver sbagliato pasticceria? - domandò alla ragazza voltandosi di nuovo verso di lei.
    Umh... può essere... - borbottò la ragazza dai capelli rossi - Ci sono altre pasticcerie nei dintorni, che lei sappia? - domandò al padrone del posto, strabuzzando subito dopo gli occhi e portando la mano destra avvolta nel guanto rosso alle labbra come per coprirle - Ah!!! M-mi scusi, che maleducata che sono, non dovrei certo chiederlo a lei... - aggiunse agitando le mani in cenno di scuse. Entrambi sapevano benissimo che Evelynn lavorava lì, che era presente quella sera e che stava rispondendo alla chiamata di Ganesh ma non potevano certo rivelarsi di fronte a due civili sconosciuti. Speravano solo che la ragazza giungesse presto in modo da salvarli da quella patetica recita. Il fatto che i due presenti fossero non solo amici di Evelynn ma persino informati e coinvolti nella questione sembrava essere sfuggito alle loro osservazioni, si poteva evincere dalle istruzioni date al telefono e da quell'umiliante scenetta a cui si erano loro malgrado sottoposti.
    ❖ I'm a mountain that has been moved I'm a river that is all dried up ❖


    CITAZIONE
    Scusatemi il leggero ritardo ma stavo cercando di riprendere il ritmo dalle feste. C'è stata un'incomprensione nel post di Delin che si è rivelato essere un pelo autoconclusivo ma dovrei aver aggiustato con questo senza creare (troppe) incongruenze. Manteniamo l'ordine che si è venuto a creare!
    Ordine: Master, Evelynn, Ryo, Daisuke.
     
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    Evelynn Harcrow
    Devo ringraziare il cielo perché non solo quella telefonata mi aveva momentaneamente interrotta da quella fiumana di pensieri che da un po' mi tormentavano, mettendomi in una posizione strana nella quale non mi ero mai trovata, ma anche perché aveva dato un po' di sospiro a quel dubbio che mi era nato in corpo dopo quel "ci faremo sentire" che sembrava tanto un rifiuto dopo un colloquio di lavoro andato male. Pensavo che il loro scetticismo e difficoltà nel farsi trovare in giro fosse risultato in un nulla di fatto anche se...beh, ora difficili da trovare era un po' riduttivo dato che mi era bastato mandare un messaggio ad un numero molto vecchio per avere anche solo una risposta.
    Se avessero voluto togliere qualsiasi contatto avrebbero potuto buttare il telefono di Mari che, se non ricordo male oltretutto, era stata pure arrestata il giorno del corteo nero: il mio era stato un azzardo vero e proprio, cercare di comunicare con il telefono di una persona che non era più nemmeno in libertà? Strano che non fosse stato tracciato oppure cancellato, gettato sul fondo della baia di Tokyo e lasciato a marcire con chissà quanti cadaveri o rifiuti tossici.
    Forse avevano ancora una remota idea, prima che mi facessi viva io, di contattarmi per qualcosa? Poteva essere, non lo saprò mai. Forse. Magari mi dicono che per avere l'ombra di un aiuto c'è bisogno che io faccia un altro favore a loro, non escludo niente a questo punto delle circostanze che sono fin troppo...tranquille. Con tutta la criminalità organizzata che si trova in città, possibile che nessuno stia tramando qualcosa o non abbia fatto nemmeno un piccolo proclamo premonitorio? Ne sono alquanto delusa e questa sensazione, oltretutto, sento mi indirizzi verso una specifica inclinazione di quella bilancia che non ho idea di cosa voglia ancora mostrarmi con questo continuo oscillare.

    « Hello there. Non si fa aspettare una donna così tanto. »
    Meglio essere onesti e far presente, a modo mio e con il mio poco elaborato e ricercato sarcasmo, che mi aspettavo qualcosa di un po' più breve: cosa dovevano, prenotare un appuntamento dal dottore per controllare che fosse tutto apposto per vedermi (quale ironia della sorte pensare una cosa del genere considerando chi avrei visto più avanti)? Comunque non si voleva far riconoscere ed in qualche modo si era camuffata, ma va bene. Non mi interessa, attendo più il contenuto della telefonata che altro. Mi sedetti su uno dei banchi che Ryo usava per preparare i suoi dolci, rimanendo all'ascolto.
    Era appena entrata? Non mi sembrava di aver riconosciuto quella persona, magari era quella dietro? Curioso, era già qualcosa però: se l'avevano mandata qui, questa mia conoscenza, significava che mi avevano spiata? Oh ma che persone curiose, gli sarebbe bastato chiederlo anche se penso che a questo punto un approccio così cauto sia quello che volessero.
    Sono dubbiosi e li capisco, da quanto non si fanno vivi? In generale dico, non ho sentito niente dopo quel giorno su di loro né pubblicamente né nei bisbigli che origlio la notte quando faccio le mie ronde. Fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, dicono, mentre dalle mie parti dicevano che aver paura è sempre meglio che prenderne. « Ok bo- » Mi riattacca il telefono in faccia. Sospiro, guardo lo schermo e scuoto il capo. « Che maleducato. Oh beh, andiamo a vedere chi è questa conoscenza. »
    Scendo dal tavolo, rimetto il telefono in tasca e piano piano mi faccio avanti verso il salone dove a quanto pare è entrato anche Daisuke. Dal nulla, peggio di me quando voglio muovermi furtivamente. Anche lui è una persona con la quale non so proprio come comportarmi dopo quella serata di un bel po' di tempo fa: mi ha fatto strano, ha deciso di continuare quasi come se niente fosse e non so se ritenermi soddisfatta - dato che ha fatto proprio come me - o ignorata. Prima o poi metterò ordine anche a questi pensieri, ora le priorità sono altre.

    Sono due, dunque, e ci sta: chi manderebbe una persona da sola in un posto che non conosce avendo il pensiero che possa essere una trappola per loro? Non ho occhi per chi sta davanti, però, perché quel colore di capelli non me lo dimenticherei mai e non lo farò fino a quando avrò vita.
    Spalanco gli occhi e mi porto le mani davanti alla bocca. L'ho vista una, una volta sola nella mia vita ma ci sono tante cose che hanno fatto sì che me la ricordassi fino ad oggi e che con tutta, tutta la velocità che mi possiedo mi trovi ad abbracciarla ignorando Ryo, ignorando Daisuke ed ignorando quell'altra persona entrata con lei. Probabilmente sono l'unica che si sente in quel modo, probabilmente l'esperienza ha lasciato dei segni su Shahar del tutto differenti dai miei e si è ritrovata a non pensarmi nemmeno ma quello è stato il mio lasciapassare.
    No, non proprio un lasciapassare.
    Lei mi ha aperto la porta. « Sono così contenta di vedere che stai bene. » Le mormoro all'orecchio, sempre se non si scansa e mi fa sbattere con la faccia sulla porta in un comico ma poco appropriato scivolone stilistico.
    Le difficoltà provate nel vederla trafiggere un uomo davanti ai miei occhi mentre lo tenevo fermo sono state altrettanto pesanti come la memoria della sofferenza, della disperazione di non perdere quelle piccole pietre trasparenti rosse che dovevano essere attaccate ad una mano, la forza con le quali se le stringeva al petto.
    Il suo tentativo di non piangere e di trovare delle energie che non sapeva dove trovare.
    Il suo corpo che tremava mentre si faceva piccola piccola, sul sedile posteriore di quell'auto, e la speranza che non le facessi del male (anch'io) quando mi ha vista arrivare.
    Uno dei miei primi barlumi di umanità qui in Giappone.
    E stava bene, stava bene. Se non mi fossi ricordata le circostanze mi sarei potuta persino mettere a piangere. Forse sono troppo emotiva, chissà le facce di tutti nel vedermi scattare addosso a quella ragazza con la forza che metterei probabilmente in un combattimento letale.

    Avevo parlato di barlume di umanità, ora dovevo trovare il barlume della ragione che mi tirava fuori da questa situazione cercando di far capire agli altri due colleghi che fosse una persona con cui parlare mentre tenevo tutto in codice. Almeno non dovevo fingere di essere contenta, quello mi sarebbe riuscito abbastanza naturale dunque mani sulle spalle di Shahar, piccolo distanziamento per guardarla con il mio migliore reale sorriso.
    « Finalmente sei riuscita a passare! Ti ho aspettata così tanto tempo che ho quasi pensato di diventare vecchia prima. » Un piccolo pat-pat sulle spalle prima di girarmi verso il ragazzo che era entrato con lei, dandogli una rapida occhiata anche se non mi interessava un granché ma dato che dovevo recitare, recitiamo anche interesse. « E finalmente me lo fai conoscere, mi domandavo se esistesse davvero. Su su, accomodatevi che ci penso io. »
    Tra l'altro nemmeno mi ero accorta che Daisuke mi aveva quasi seguita in laboratorio, tanto ero distratta.
    Devo riordinare le idee ed anche in fretta, generalmente parlando. Indicato un tavolino lontano dall'ingresso ai due, mi voltai verso Dai e Ryo unendo le mani in preghiera soprattutto verso quest'ultimo. « Possono rimanere qua un pochino anche se fuori orario? Li aspettavo, giuro che non te lo chiedo come straordinario. Gli ultimi due. »
    Forse me la sono cavata bene, soprattutto con un occhiolino alla fine che spero sia quel segnale che riescano a raccogliere entrambi.
    Non mi importerebbe nemmeno se mi lasciassero da sola con Shahar mentre loro si prendono il ragazzone e si mettono a parlare di dettagli. Se dicessi che incontrarla mi ha cambiato la giornata un'altra volta non mentirei nemmeno.

    Keep them longing,
    make them plead.

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    RYO TATSUKI
    Nella fretta Ryo si trovò più che verso la porta del locale a camminare tra i propri pensieri. Perché chiamare gli Amanti di ETERNIUM a quest'ora? Quanto tempo aveva per chiudere il locale, vestirsi in maniera consona e recarsi chissà dove in caso avessero invitato Eve? Per quanto fosse conscio che la donna fosse decisamente in gamba e probabilmente più allenata di lui in certe situazioni sgradevoli ormai, non se la sentiva di mandarla da sola da qualche parte. E sicuramente Daisuke avrebbe per primo proposto di andare con lei, cosa che gli sembrava tipica del corvino. Mentre l'aria si faceva pesante e svolgeva le proprie azioni quasi automaticamente, quello che era il suo piano d'azione venne interrotto dalla voce della ragazza entrata poco prima con quello che era evidentemente il suo fidanzato. In realtà Ryo quasi non si era nemmeno accorto di quanto i capelli della rossa brillassero, rimanendo concentrato più su quello che stava succedendo nel suo laboratorio. Si accorse di essere stato parecchio maleducato ed anche se la situazione era tesa per altri motivi, non poteva comportarsi così. Alzò gli occhi quasi stupito e levò le dita dal cartellino che comandava ai clienti di entrare o meno, girandosi verso la ragazza. Per quanto avesse la testa piena di altro in quel momento Ryo non poteva rifiutare qualcuno che aveva un calo di zuccheri, soprattutto nella sua pasticceria. Era come negare l'acqua ad un disperso nel deserto o le medicine ad un malato. Dapprima alzò subito le sopracciglia preoccupato accennando un inchino di scuse, sperando che non svenisse proprio ora nel suo locale.
    «Certamente, se mi date un secondo ve la preparo subito...» Cominciò, prima che il siparietto dei due continuasse per rivelare che erano lì per Evelynn, cominciando a dubitare che la rossa si sentisse veramente male. Qualcosa si accese nella mente del pasticcere e pensò subito che fosse difficile una coincidenza del genere, per quanto il membro di ETERNIUM fosse una persona socievole. Era anche lui molto confuso dall'atteggiamento dei due, tanto che si chiese se non si trattasse veramente di due amici di Evelynn che avevano assunto strane sostanze prima di venire a trovarla. Almeno, lui non avrebbe mai chiesto in un albergo consigli su alberghi vicini. No, non per forza doveva trattarsi di persone di quell'ambiente particolare.
    «Uhm...non si preoccupi. Se volete ve la chiamo un attimo.» Agitò le mani cercando di scacciare quell'imbarazzo che non capiva se fosse vero o falso, prima di girarsi verso il laboratorio in cerca di un attimo di libertà da quella situazione. Cominciò a dubitare per un istante e pensò che forse era una trappola da qualche gruppo terroristico tornato per vendicarsi di lui o degli Amanti. Proprio mentre muoveva il capo la donna dai capelli bianchi era spuntata come un'ombra e gli partì un brivido lungo la schiena: non aveva neanche fatto in tempo a spiegarle che una donna dai capelli troppo brillanti e una specie di delinquente la stavano cercando e temeva il peggio. La reazione dell'amica fu però più positiva di quanto pensasse e volò come un demone verso quella che sembrava veramente una sua amica. Non sapeva se essere contento o meno, anche perché non aveva ancora risolto quel mistero. Ma il fatto che non si fossero accoltellate a vicenda gli sembrava già un ottimo inizio. Salutò i due con un attimo più di educazione e calma, chiedendosi cosa fare dopo quella piccola riunione uscita da qualche capitolo di un manga shoujo. La sua attenzione andò più che altro a quello che sembrava più serio e sull'attenti dei due, Yori, chiedendosi se non fosse il caso innanzitutto di chiedere a lui. Fu chiaro solo poco dopo a Ryo che quei due erano il loro contatto e che semplicemente preferivano continuare a recitare la loro parte. Forse per paura di qualcosa?
    «Prenditi il tempo che serve. Porterò qualcosa giusto per farli sentire più a loro agio La guardò negli occhi, giusto per far capire che aveva capito cosa fare. Si girò verso Daisuke, appena entrato e probabilmente più confuso di lui, sperando che si trovasse qualcosa da fare. In quel momento gli veniva solo in mente di servire i tavolini che si sarebbero formati eventualmente, non sapendo se Evelynn preferisse sedersi con entrambi o solo con la ragazza. Si sarebbe diretto verso il bancone quasi pulito per riattivare la macchina del caffè e altre bevande mentre continuava a rimuginare sul da farsi. Per ora avrebbe continuato a recitare la parte del proprietario del locale, un amichevole ragazzo che non sospetta nulla. Il profumo di caffè avrebbe invaso l'aria del locale, assieme a quello del cioccolato. Oh beh, meglio evitare che quella tizia avesse veramente un calo di zuccheri.
    «Spero vi piaccia il caffè.» - Mise sul tavolino (o sugli eventuali tavolini) un vassoio di plastica grigia il quale ospitava delle tazzine bianche contenenti caffè lungo, assieme ad un cucchiaino per versare l'eventuale zucchero. Una di queste tazzine era leggermente più grande e conteneva della cioccolata calda fatta sul momento. Ad accompagnare il tutto vi erano dei biscottini scelti dal pasticcere in persona che si mantenevano freschi anche a fine giornata. «Vi conoscete con Evelynn da tanto? E scusate per prima, a volte la giornata sembra non finire mai.» Accennò un sorriso ai due, mentre si grattava la nuca imbarazzato e si allontanava verso il bancone, proseguendo eventualmente la conversazione da lì.
    « I'M A BAKER, BUT... » / Narrato x Parlato x Pensato
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    DAISUKE OKADA
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    Il corvino non aveva prestato troppa attenzione a chi ci fosse dentro al locale. Era arrivato poco prima dell'orario di chiusura alla fine, quindi non sarebbe stato strano trovare ancora qualche cliente. E questo era anche il motivo per cui la sua attenzione si diresse subito verso Evelynn, specialmente dopo la frase che Ryo gli aveva detto.
    Quei tipi li dovevano contattare da parecchio ormai, e nemmeno Banana Split in persona poteva essere un cliente più interessante di chiunque avesse chiamato Eve.
    L'ironia della sorte però, voleva che i due ragazzi arrivati prima di lui erano effettivamente più interessanti dell'uomo al telefono, d'altronde erano il loro fantomatico contatto. Ma questo Daisuke ancora non lo sapeva.
    Li avrebbe degnati di uno sguardo solo qualche secondo dopo, quando gli Amanti si fiondò verso di loro, come un'anima in pena che cerca qualcuno da tormentare. A differenza di uno spirito cattivo però, la dolce albina aveva stretto in un caloroso abbraccio una dei due clienti, per la precisione, una ragazza dagli incredibili capelli rossi, che il corvino non aveva mai visto prima di quel momento.
    Sembrava quasi che fossero amiche d'infanzia, vista l'aggressività con la quale Evelynn la stava abbracciando, come se non la vedesse da mesi, se non anni.
    La situazione però, diede la possibilità al Carro di dare un secondo sguardo più profondo ai due "ospiti". Sembravano una coppietta, visti gli atteggiamenti che avevano l'uno verso l'altra, e anche viste le parole - nonostante Daisuke non avesse prestato troppa attenzione - che avevano pronunciato.
    Il ragazzo, dai peculiari occhi cerei e dalla chioma cinerea, era vestito in modo semplice, con una lunga giacca pesante che copriva la maggior parte del suo corpo. Tralasciando quei particolari colori infatti, era tutto tranne che una persona strana. Non che il corvino potesse giudicare poi.
    Lo stile della ragazza invece era già un po' più particolare. Il colore rosso prevaleva sul suo corpo, che si pensasse ai suoi lunghi capelli cremisi, o ai vari accessori punicei che ben risaltavano sulla sua giacca color beige. Erano due persone particolari tutto sommato, ma il mondo moderno imponeva elasticità di pensiero, specialmente per le persone dai colori particolari. Alla fine ben tre su quattro dei suoi compagni avevano i capelli bianchi, non poteva dire molto in merito.
    La cosa che più lo lasciava sconvolto però, era il fatto che Eve non gli avesse nemmeno detto il contenuto della chiamata, una cosa certamente importante, che esso fosse positivo o meno. Si era fiondata subito su quella ragazza, come se fosse certamente più importante di qualsiasi discussione loro tre dovessero fare. Non gli dava così tanto fastidio, sia chiaro, avevano già aspettato parecchio, aspettare di più non cambiava la cosa. Però lo confondeva, ma Daisuke non era certamente il più rapido nel rendersi conto di queste cose.
    Le parole degli Amanti però, con quella strana enfasi sull'aspettarli, e quell'intrigante occhiolino, fecero rinvenire il Carro tutto in una volta. Il collegamento era lì, doveva solo rendersi conto e farlo. Anche se onestamente non si aspettava un approccio così… come dire, diretto e tranquillo. Sì, i due stavano recitando la parte di persone normali, però si sarebbe immaginato qualcosa di molto più grandioso ed elaborato. Come uno stuzzicante incontro segreto, in qualche fabbrica abbandonata dal signore, dove nessuno sarebbe andato a curiosare. Ma forse erano le sue fantasie giovanili a parlare, più che l'effettiva coscienza matura del corvino.
    La cosa problematica ora, era cambiata. Cosa poteva fare lui in tutto quello? Evelynn aveva un ruolo, era il contatto diretto, mentre Ryo poteva benissimo continuare nella sua "farsa" da gestore della pasticceria, agendo fondamentalmente in modo naturale.
    Daisuke però? Non poteva mettersi a fare domande a caso, ma non poteva nemmeno fingere di essere un dipendente, non dopo essere entrato dopo di loro. La prima soluzione che gli era venuta in mente, era quella di mettersi seduto da qualche parte, in silenzio. Ma sarebbe stata incredibilmente sospetta come cosa, e visto il modo in cui il Folle stava agendo, non gli sembrava la migliore delle idee.
    Non era un attore, ma avrebbe dovuto fingere anche lui.
    "Oh, scusami Tatsuki-san, non pensavo ci fossero altri clienti a quest'ora..." - fece qualche passo verso Ryo, prima che l'albino iniziasse a disturbare i due "amici" di Eve - "Se vuoi possiamo rimandare la questione a più tardi?"
    Indipendentemente dalla risposta del compagno, Daisuke si sarebbe comunque messo in un tavolino non troppo distante da quello degli Amanti e la sua amica - e volendo anche il suo compagno - sia per provare ad ascoltare, che per continuare con la recita del cliente abituale.
    Dopo qualche secondo avrebbe tirato fuori il telefono, per mandare un messaggio privato al Folle, chiedendogli esplicitamente cosa dovessero fare. Erano amici e compagni, ma preferiva sapere la sua opinione in merito. Sempre che avesse il telefono a portata di mano e fosse disposto a rispondere. Era l'unico modo per non essere totalmente visibili e sospetti.
    Alla fine era vestito come una persona normale, non si aspettava certamente una situazione del genere. Un dolcevita in lana nera e dei jeans color kaki, che si univano in connubio con delle sneakers nere, che ben richiamavano quella sua maglia. A coprire il tutto, aveva una giacca non troppo pesante color panna, non così lunga da nascondere i pantaloni, ma abbastanza da far apparire solo la parte di dolcevita che gli copriva il collo.
    Un cittadino normale, forse non l'esatta immagine del salary man giapponese, ma nemmeno quella di una persona sospetta. O almeno così Daisuke sperava di apparire. La sua paranoia era la prima a fargli credere di essere incredibilmente sospetto. E più ci pensava, più si convinceva di esserlo. Sperava vivamente che il Folle gli rispondesse in fretta, oppure i suoi sospetti sarebbero diventati realtà.
    Ⅶ I can hear the future calling me Ⅶ
     
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    SHAHAR KYOUKA
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    In fin dei conti Evelynn sembrava davvero lavorare lì, non si erano sbagliati a causa di qualche bizzarro effetto Mandela che a causa dell'agitazione li aveva dirottati nel posto sbagliato. Come un missile la donna si schiantò contro Shahar che, senza pensarci su un attimo, ricambiò il suo abbraccio con vigore. Al di là della recita e della necessità di quell'incontro, la ragazza dai capelli di pietra preziosa era davvero riconoscente nei confronti di Evelynn e felice di vederla. Forse sarebbe stato difficile ed improbabile recitare la parte delle amiche di vecchia data quando si erano viste solamente per una serata ma questo non toglieva il fatto che quella donna le aveva salvato la vita.
    Dopo aver guardato la ragazza con un sorriso sornione Yori non aspettò certo gli onori di casa e prese posto a sedere in uno dei tavolini messi a disposizione dal locale, prendendo per assunto anche dalle parole di Evelynn che sarebbero potuti rimanere per un po'. Se anche il padrone di casa avesse fatto storie era certo che Evelynn avrebbe cercato di convincerlo, perché era nel suo totale interesse farlo. Se qualcosa fosse andato storto in quell'incontro non si sarebbero mai più rivisti e la donna avrebbe perso l'occasione di... fare qualsiasi cosa volesse fare insomma. Per ovvi motivi di sicurezza, e sembrava essere una parola che tenevano a cuore, non glielo avevano ancora chiesto.
    Vi ringrazio... e vi chiedo scusa per l'orario. - disse, dopo essersi accomodato, rivolgendo uno sguardo al gestore del locale - E' stata una giornata molto piena e non siamo riusciti a venire prima. - sorrise - E... Il piacere è mio, Eve.
    Anche Shahar prese posto al tavolo, sedendosi a fianco a quello che stava facendo finta, forse goffamente, di essere il suo compagno. Alla pallida recita di qualche minuto prima si era sostituito un viso sorridente e al limite della commozione così realistico che neppure il miglior attore al mondo avrebbe potuto fingerlo.
    I-io... Umh... - balbettò agitando le mani in aria in confusione, venendo interrotta dall'arrivo del caffé al tavolo - La ringrazio. - sorrise al proprietario - N-noi, umh... - balbettò nuovamente, in risposta alla sua domanda su Evelynn - Da un po', ma non ci vediamo da tanto tempo... Vede, Evelynn... mi ha aiutato in un periodo molto brutto nella mia vita. - spiegò, esponendosi forse troppo, con la voce tremolante. La sua mano vagò sul tavolo alla ricerca di quella della donna per poterla stringere - E penso di non averti mai ringraziata davvero, quindi qualsiasi cosa di cui tu abbia bisogno ti basta chiedere. - aggiunse, forse ad un tono di voce un po' troppo alto, che fece roteare gli occhi gialli di Yori al cielo. Forse la ragazza con un debito di vita e di morte nei confronti di Eve non era la migliore da mandare a contrattare. Il ragazzo allungò la destra verso una delle tazze di caffé e la avvicinò alle labbra.
    A-ah, ma no la prego, resti! - sbottò quindi allungando la mancina verso il cliente dai capelli neri, sentendolo mormorare l'intenzione di andarsene - Non era nostra intenzione essere di troppo! - aggiunse. La mano di Yori si strinse come un artiglio attorno alla sua coscia, sotto il tavolo. Non aveva certamente apprezzato quella mossa di mantenere più persone possibili in quella storia. Al contrario, Shahar lo aveva fatto proprio per fare sembrare più naturale quell'apertura straordinaria, senza destare troppi sospetti. Riflettendoci un attimo dopo, c'era qualcosa di strano in quelle parole. Perché qualcuno sarebbe dovuto andare in un locale sperando di non trovarci clienti? Qual era la questione, chi era quel tizio? Che fosse uno strozzino della yakuza o qualche altra organizzazione criminale lì per ritirare il pizzo? O che fossero dei poliziotti? Li avevano per caso tracciati? Era impossibile capire cosa quelle parole significassero, ma una cosa era certa: quello non era un normale cliente e o era lì per loro oppure la sua presenza avrebbe potuto comunque finire per metterli nei guai.
    Mh. - borbottò posando la tazza sul tavolo - E' molto buono... Tatsuki-san, giusto? - si complimentò quindi, utilizzando il nome che aveva sentito borbottare all'altro "cliente" - Un toccasana per il freddo che c'è fuori. - sorrise, avvicinando la mano destra alla cerniera del cappotto ed aprendolo. Casualmente, dopo essersi fermato a metà della corsa della cerniera, la sua mano scivolò all'interno del cappotto dove teneva nascosta la sua pistola, giusto per sicurezza. Ovviamente non aveva intenzione di tirare fuori un'arma per un semplice sospetto, ma averla a portata di mano era comunque meglio di niente, no? A differenza di Shahar, Yori era decisamente più paranoico e non era certo di potersi fidare di Evelynn... così come non era certo di potersi fidare di chiunque altro, d'altronde. Era tra i pochi suoi compagni che non erano finiti nelle mani del Movimento e che non erano ricercati dalla polizia, ci teneva davvero a mantenere l'anonimato anche considerando il prestigio di cui godeva la sua famiglia.
    Allora, Eve... Magari una cena? - le sorrise Shahar, portando entrambe le mani a cingere la tazza di caffè per bere un sorso. A quel punto stava tutto nelle mani di Evelynn: proseguire quella farsa stando alle regole imposte al telefono o rivelare che gli altri presenti erano suoi compagni e ben consci della storia e chiedere informazioni più dirette? Shahar sembrava pendere dalle sue labbra ma il suo compagno non pareva dello stesso avviso, era il momento di valutare i pro ed i contro di quella storia e decidere quindi il da farsi.
    ❖ I'm a mountain that has been moved I'm a river that is all dried up ❖


    CITAZIONE
    Spero sia tutto chiaro essendo una normale chiacchierata, altrimenti sapete come contattarmi!
    Ordine: Master, Evelynn, Ryo, Daisuke.
     
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    Evelynn Harcrow
    Ci sono...ci sono alcuni eventi che ti segnano ed alcune persone che, anche se incontrate una volta sola, non ti vanno più via dalla testa.
    Quando hai determinate abitudini e ti capita di trovarti di fronte a quell'evento straordinario che pensi non ricapiterà mai più, ci ripensi e ripensi e ripensi fino a quando non diventa quasi un ricordo abituale che ti torna in mente quando ti guardi allo specchio: la sera in cui ho trovato Shahar e l'ho portata via da quel magazzino mi ha tormentata, letteralmente tormentata per settimane sia perché per la prima volta avevo visto un uomo morire di fronte ai miei occhi, sia perché ero rimasta sconvolta da una cosa che non credevo possibile. Se una persona si guarda le mani non riesce ad immaginarsele senza dita, per dire, e non arriva nemmeno a macinare l'idea di poterle perdere un giorno o, se lo fa, non può far a meno di vederci il sangue, dolore allucinante e nausea al solo pensiero di quei pezzi di carne a terra che non potranno essere riattaccati. Almeno da ignorante dico che non potranno.
    Tutto stravolto, tutto. Non sono riuscita a collegare delle dita a quei pezzi di cristallo finché non sono arrivata a casa e tutto, di Shahar, mi ha lasciato addosso un malessere che ha fatto tanta fatica ad andare via al punto da suscitarmi vomito, una reazione di stomaco alla sofferenza come se fosse stata la mia. Quell'abbraccio che mi aveva dedicato adesso era stata una liberazione oltre ogni misura per me e spero anche per lei che in qualche modo, finalmente, aveva potuto incontrarmi ed esprimersi in questo modo: non sapevano entrambi di essere in un ambiente sicuro e capisco la loro segretezza, il non poter parlare, solo che a volte non servono parole e per fortuna grazie al mio primo lavoro mi reputo un po' più brava degli altri a leggere delle piccole cose dietro ai gesti che mi vengono portati davanti.

    Ero così contenta poi di sapere che un minimo ero rimasta nella testa di qualcuno e non per motivi puramente fisici che mi trovavo ad avere un piccolo calore in petto che faceva da toccasana per tutta la confusione del periodo, che mi faceva dire che forse cercare di mantenere ancora un po' di umanità poteva non essere così male. In genere gli occhi li usavo io in qualche modo per ottenere qualcosa in più dai clienti, quelli di Shahar però adesso erano una pugnalata al cuore talmente benevola da non fare nemmeno male.
    Si dice che di fronte alle lacrime - o quasi - non si possa rimanere indifferenti. Non ce la faccio nemmeno io, solo che per l'amor della situazione ho fatto di tutto per mantenere l'autocontrollo. Dopo essermi seduta di fronte a loro, allungo il dispenser di tovaglioli sul tavolo in direzione della ragazza se ne avesse bisogno spingendolo con una coda mentre cerco di prenderle piano piano una mano con la mia come per realizzare che sia davvero tutto apposto. « Oh ma il piacere è tutto mio, ragazzone. » Ricorda Evelynn che devi recitare, dai fondo alla tua quasi morta voglia di diventare attrice da ragazzina e sposta lo sguardo su quel ragazzo che nonostante tutto ti interessa così poco da essere quasi al pare del dispenser. Se non fosse che è parte del contatto, credo non lo avrei degnato di uno sguardo e mi sarei messo già a parlare con Shahar di come sia riuscita a riprendersi da quella sera. « Spero ti stia prendendo cura della mia piccolina. » Scherzai in direzione di Shahar ma potevo ben immaginare che i membri del suo gruppo l'avessero aiutata non poco nel recupero, per fortuna.
    Mi voltai verso Ryo che era intanto passato a fare gli onori di casa, appoggiando la mano libera su una coda a segno di una preghiera molto improvvisata. « Puoi mettere sul mio conto quel che prendono, per favore? » Un piccolo segno di cortesia, dato che avevo insistito per farli accomodare era anche norma che ci pensassi io.

    E quel ragazzo era così teso che se adesso fosse entrato qualcuno per sbaglio, probabilmente gli avrebbe lanciato un coltello se solo lo avesse avuto a portata di mano. Guardai verso Daisuke, cercando di trovare una scappatoia. « Oh, vero! Ryo, mi ero preparata una bozza in laboratorio per quell'ordine di Dai: potresti fargliela vedere? » Non avevo idea di quale fosse la questione, ma meglio far finta di saperlo e soprattutto dare un'impressione già differente: se avessi mostrato di conoscerlo, forse si sarebbero sentiti un po' più a loro agio. In fondo quel tipo al telefono aveva mostrato una cautela fuori dal comune ed incredibilmente alta nella sua soglia, come se si aspettassero che fosse una trappola.
    Da parte mia.

    Davvero?

    Il punto era come proseguire per non fargli venire ancor più paranoie di quante potessero averne. Che ne sapevo che non avessero qualcosa addosso in modo che chi mi aveva telefonato non stesse ascoltando e non desse loro qualche segnale di andarsene. Inoltre dovevo stare attenta perché sembrava mi avessero studiata, non potevo inventarmi troppo. Diedi un'occhiata a Daisuke. « Dacci uno sguardo, sono sicuro sarà soddisfattissima. »
    Un'occhiata ad entrambi ed il sorriso più finto che potessi dare ad entrambi. Per favore reggetemi il gioco, per favore.
    Mi sarei voltata verso i due ospiti avvicinandomi un po' a loro per mostrare loro un sorriso divertito, sporgendomi un pochetto in avanti per parlare a bassa voce. « Sta preparando un'enorme festa di compleanno per la sua compagna e non vuole che si sappia troppo in giro. Non sembra ma è un romanticone. » Mi sarei rimessa a sedere in maniera composta, sto sudando talmente tanto per questo incontro che avrò bisogno di farmi ben due bagni caldi appena tornata a casa.
    Meno male mi aveva chiesto una cena, questo significava fissare un appuntamento per un secondo periodo ed era abbastanza regolare: delle persone normali non avrebbero mai voluto trattenersi troppo in un negozio in chiusura per parlare con una dipendente, fissare una data per parlare meglio e con più calma era la scelta migliore. Battei le mani una volta con entusiasmo, lasciando quasi che mi si illuminassero gli occhi! « Sicuro! Non vedo l'ora! »
    Presi un fazzolettino e tirai fuori una penna dalla tasca - sempre bene averne una a lavoro - allungandogliele con entusiasmo. « Dove e quando e ci sarò. Devo vestirmi per un'occasione ufficiale? Non voglio fare brutta figura. » L'avevo chiesto per sapere se mi sarei dovuta presentare come adesso o magari con la tuta, chissà come l'avrebbero interpretata loro. Però anche un'altra domanda fondamentale.
    « Ah, prima che dimentichi! Ho due cari, carissimi amici che ci terrebbero incontrarvi. Nel caso posso invitare anche loro? » Erano già qui ma non potevano saperlo: Yami mi aveva detto di coinvolgerli e non avevo intenzione di lasciarli fuori dalla faccenda. « Posso garantire per loro. »
    Più di questo al momento non potevo fare.
    Poi insomma a che pro garantire per qualcuno e poi far una trappola? Avevano già mostrato di avermi studiata, passatemi il termine, dunque nel caso avrebbero potuto rintracciarmi e provare qualcosa ai miei danni. Non sembrava ma quella che aveva quasi più da perdere nel mentire ero io rispetto a loro e lo sapevo fin troppo bene.

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    C'era qualcosa di abbastanza divertente in quella situazione, nonostante la tensione si potesse tagliare con un coltello tra di loro. Gli veniva quasi da scoppiare a ridere fragorosamente da quanto stavano cercando di mantenere quella strana recita di ruoli che si addicevano o meno alle varie persone. In realtà non capiva se la ragazza dai capelli rossi fosse veramente così imbranata o meno, quel commento sulle altre pasticcerie aveva fatto un po' male. Non riusciva nemmeno ad abituarsi alle recensioni mediocri online della sua pasticceria, figurarsi qualcuno che gli chiedeva di altri locali in zona. L'altro invece pareva decisamente il più nervoso della coppia ed effettivamente guardandolo in viso persino Ryo si stupì di quanto fossero giovani i due che erano entrati lì dentro per ciò che doveva essere una trattativa di gruppi di attivisti. Non che lui, Yami o gli altri fossero tanto più avanti con l'età quando avevano iniziato ma non poteva che identificarsi leggermente in loro in quel momento. Erano studenti universitari alla fine, no? Forse sarebbero pure diventati amici in diversi contesti.
    «Oh...spero tutto si sia risolto adesso. E sì, non ti preoccupare.» Ryo quindi decise semplicemente di stare al suo posto ed evitare sospetti particolari da parte dei due che probabilmente erano ben più svegli di lui riguardo quelle cose. Si rivolse prima a Shahar e poi ad Evelynn, sperando di non sembrare troppo inquietante. Preparare il caffè in realtà lo rilassava visto che era un'azione abituale e lo distraeva dal fatto che non erano clienti normali. Sorrise ai due e fu contento che il suo gesto sembrava apprezzato, anche se per finta. I suoi pensieri su Daisuke si realizzarono quando stava per servire tutto ai tavoli, facendo chiedere al corvino una richiesta molto generale al pasticcere albino, e ciò scatenò diverse reazioni sia da parte della ragazza dai capelli rossi che da parte di Evelynn in un lasso di tempo piuttosto breve. Sì, la situazione si stava decisamente incasinando e Ryo avrebbe preferito decisamente una riunione più diretta a quel punto ma doveva lasciare la questione ad Evelynn in quel caso. La sua espressione era rimasta quella di un placido sorriso mentre internamente doveva lottare con il pensiero che quella situazione poteva diventare un grande equivoco e fece del suo meglio per non sospirare stanco come suo solito.
    «Ah, hai già fatto? Daisuke-kun, vieni con me allora. In effetti mancano ancora dei dettagli come le decorazioni in pasta di zucchero. Scusatemi se vi abbandono e la ringrazio.» Accettò i complimenti del biondo prima di andarsene, facendo un piccolo inchino verso il trio. Avrebbe fatto un gesto con la mano all'amico di seguirlo all'interno del laboratorio facendo intravedere l'interno molto meno decorato e più artificiale del locale, prima di richiudere la porta dietro di sé mentre parlava ancora di quei dettagli che si stava inventando sul momento. Si mise quindi in fondo alla stanza che seppur non molto estesa era decisamente lunga, in modo da avere un minimo di privacy tra loro due. Era strano che quello fosse uno dei loro primi momenti assieme da soli dopo diverso tempo.
    «Scusa...è arrivato tutto un po' all'improvviso, non avevo capito molto bene.» - Il suo tono di voce non era particolarmente alto, anche se sapeva che difficilmente si sentiva qualcosa da fuori in quel punto. Si mise anche a sistemare veramente le decorazioni dei dolci rimaste sul tavolino appoggiato alla parete, forse per distrarsi. «Mi chiedo come andrà a finire. Potremmo ritrovarci a lavorare insieme, sono passati tipo... tre anni? Quattro? Da quella notte. » Non ne avevano mai parlato tanto, considerato quanto tutti avessero provato a lasciarsi tutto ciò che era successo alle spalle. Ma oltre quella porta bianca stavano forse cercando di rispolverare ciò che avevano sotterrato o messo in un cassetto. Era veramente giusto che fossero così curiosi? Che non volessero semplicemente arrendersi ma allo stesso tempo conservare le loro vite? Erano tanti i dilemmi che affliggevano l'albino e non sapeva bene come parlarne a Daisuke, forse per evitare di farlo preoccupare ancora di più. Dopotutto stava facendo quello che Ryo non avrebbe mai potuto fare, ovvero lavorare per un'azienda grande nel ruolo che per il pasticcere sembrava quasi quello dello schiavo. Doveva essere estremamente dura per lui.
    «Ma in ogni caso spero che Eve se la cavi. Non so quanto è abituata a questo tipo di trattative Terminò l'albino, questa volta a voce ancora più bassa mentre ritirava un barattolo di gocce di cioccolato in un cassetto.
    « I'M A BAKER, BUT... » / Narrato x Parlato x Pensato
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    DAISUKE OKADA
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    Come già detto, Daisuke era tutto tranne che un attore, e nonostante in passato non fosse raro che dovesse fingere o recitare, questo non voleva certo dire che fosse bravo nel farlo. Sì, comprendeva un minimo le basi, d'altronde quella è la fortuna di avere esperienza, ma era molto facile leggergli la verità in faccia. Era anche uno dei motivi per cui non amava mentire, spesso falliva e la cosa si ritorceva contro di lui, portando più male che altro.
    Indipendentemente dalle sue capacità teatrali però, in quel momento fingere era l'opzione migliore. Aveva il fortissimo presentimento di essere la persona più sospetta del mondo, si sentiva come un plebeo in un castello di carte, che alla minima vibrazione poteva crollare e rovinare tutto. Ma non poteva fare nulla per combattere quella sua costante ruminazione mentale. Era fatto così, ed erano ormai anni che si era semplicemente abituato della cosa, accettandola per quello che era.
    Quindi, nel suo migliore tentativo di emulazione del "cliente abituale che deve parlare con il proprietario", il corvino si concentrò sul suo telefono, prestando meno attenzione a quello che gli altri "clienti" avevano da dire. Era molto interessato, certo, però non voleva nemmeno sembrare troppo ficcanaso. Perciò, proprio come si fa quando si incontra qualcuno con cui non si vuole parlare, si mise a far finta di scrivere messaggi e roba del genere.
    Era uno di quei momenti dove gli sarebbe piaciuto prendere e nascondersi in piena vista, non tanto per imbarazzo o vergogna, quanto per la sua totale paranoia di rovinare tutto per il gruppo. Si sarebbe sentito in colpa fino alla fine dei tempi, specialmente quando c'era voluto così tanto tempo a mettersi in contatto con loro.
    La fortuna del Carro fu l'arrivo nel momento del bisogno di Eve, che si invento una scusa raccapezzata ma abbastanza realistica, così da fornire un'alibi, o per meglio dire una motivazione, al corvino. Sperava che da un punto di vista esterno sembrasse qualcosa di abbastanza normale, d'altronde non è così raro che una pasticceria di proprietà prenda ordini o richieste particolari. E Daisuke sembrava abbastanza normale da essere un cliente di quel tipo. Era una delle varie volte in cui essere abbastanza basici e banali lo aiutava.
    "Oh! Grazie mille Evelynn-san, lo spero anche io." - il corvino aveva parlato guardando rapidamente gli Amanti negli occhi, per poi sentirla bisbigliare qualcosa agli altri due "clienti", non era sicuro di quale scusa si fosse inventata, ma non gli importava poi così tanto. Bastava solo che fosse verosimile.
    Questo gli facilitava anche la vita poi, non avrebbe dovuto fare il finto tonto al telefono per così tanto, una cosa che gli faceva più che piacere. Non si fidava delle sue doti, e aveva la costante paura di fare il passo sbagliato al momento sbagliato, mandando tutto in malora. Odiava creare problemi per le altre persone, anche più di quanto odiava crearli per sé stesso.
    La conferma finale furono le parole del Folle, che lo invito a seguirlo nel laboratorio per osservare la fantomatica bozza fatta da Eve, anche se la verità era chiara ad entrambi. Era in quei momenti che era felice delle conoscenze dell'amico, che aveva aggiunto parole di cui era totalmente ignorante all'affermazione della compagna, come se - per ovvi motivi aggiungerei - fosse abituato a lavorare in quel settore.
    Prima di entrare nella parte riservata della pasticceria però, Daisuke diede un ultimo sguardo alla coppia, più per paranoia che per altro. Voleva provare a vedere se sospettassero qualcosa, nonostante non fosse qualcosa di così facilmente osservabile, soprattutto non con una rapida occhiata di qualche secondo. Magari osservandoli per qualche minuto si sarebbe fatto un'idea, però non aveva quel tempo, ed osservare una persona per così tanto ti avrebbe certamente reso sospetto.
    "Non preoccuparti, ero confuso anche io. Non so nemmeno perché ho mentito poi, volevo solo comprare qualche dolce per domani mattina..." - era la verità, e probabilmente non sarebbe nemmeno sembrato troppo sospetto. Un conoscente del proprietario che compra dolci a fine giornata, così da farsi fare anche uno sconto magari. Ma l'ansia della situazione e la paura di sembrare sospetti aveva creato la necessità di mentire nel cervello di Daisuke, andando solo a rendere il tutto più strano e contorto.
    Gli piaceva parlare con l'albino però, lo calmava. Forse era il fatto che lo conosceva da tanto. Forse il fatto che si fidava quasi ciecamente di lui. O forse il fatto che sotto sotto, provava ancora qualche sentimento per lui. Dopo il fallimento al festival, l'estate passata, non se l'era sentita di continuare a provare e provare, preferendo mollare la corda e non pensarci troppo. Le sue emozioni però non cambiavano così facilmente, poteva solo guardarlo da lontano e pensare a quanto incapace fosse, come un bambino che guarda un barattolo di caramelle costose. Chissà, magari un giorno - forse dopo una botta in testa - avrebbe cambiato approccio e ci sarebbe andato senza pensieri, riempendosi di autostima che non aveva. Gli sembrava una possibilità così remota che anche solo pensarci gli sembrava stupido però.
    Sentire le parole di Ryo però, che riguardavano quella terribile missione di qualche anno prima, gli fece comunque scorrere un brivido dietro la schiena, come se quelle memorie che aveva invano chiuso nel retro della sua memoria stessero lentamente tornando fuori. Era come se il ragazzino che aveva ucciso senza pietà stesse ora toccando la sua spina dorsale come un dito, come a ricordargli che nonostante la sua vita fosse cambiata, lui rimaneva comunque un vile criminale. Una persona che andava punita, che aveva rubato il futuro ad uno studente ed ora meritava una sorte crudele. Tanto quanto quella che aveva subito lui.
    Erano pensieri terribili, ma il Carro aveva praticamente imparato a conviverci ormai. E c'era anche da dire che negli ultimi tempi erano molto meno frequenti, all'inizio faceva fatica anche dormire la notte, svegliandosi spesso da incubi in notte fonda. Questo faceva capire quanto cambiare totalmente la propria vita lo avesse aiutato. Ora si sentiva come una persona normale, un lavoratore con delle passioni e delle idee politiche precise, ma alcune volte sentiva di non meritarsi tutto quello. Odiava rimembrare il suo passato, ma era abbastanza sicuro che il Folle non lo avesse fatto di proposito.
    "Vero, ma questa volta sarà meno pericoloso mi auguro" - una mezza risata, così da non pensare troppo al tasto dolente che l'albino aveva toccato. Era quella la sua tattica di solito, scherzare e prenderla sul ridere, così da nascondere le preoccupazioni e tagliare presto il discorso. Non era una cosa sana, ma era l'opzione migliore per una persona così emotivamente ferita.
    La voce di entrambi non era molto alta, stavano praticamente bisbigliando, nonostante fosse difficile che le tre persone potessero udirli da tanta distanza, e soprattutto da dietro la pesante porta del laboratorio. Ma era giusto stare attenti, non sarebbe stato bello fare errori evitabili.
    "Lo spero anche io. Ha una bella parlantina però, suppongo che si possa applicare anche in questo tipo di cose, no?" - la ragazza era effettivamente brava a parlare, Daisuke non poteva negarlo. C'era un motivo se lo aveva così tanto conquistato in quella serata di San Valentino, anche se poi nessuno dei due aveva parlato ulteriormente della cosa, cercando di ignorarla e metterla da parte. Sperava con tutto sé stesso che fosse abile anche in cose più serie, ma aveva fiducia negli Amanti.
    Ⅶ I can hear the future calling me Ⅶ
     
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    SHAHAR KYOUKA
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    Arricciando le labbra e spostando i suoi occhi come fossero la pallina di metallo in un flipper impazzito, rimbalzando tra il proprietario della pasticceria ed il presunto cliente, Yori decise di lasciare la presa dall'arma che portava nascosta nel giubbotto, pur tenendo per ora la mano lì come fosse intenzionato a scaldarla dal freddo che si trovava fuori dal locale. Sia chiaro, la situazione non gli piaceva minimamente ma tutti gli altri membri del gruppo dicevano sempre che era sin troppo paranoico e diffidente e non voleva certo mandare tutta quell'operazione all'aria per i suoi dubbi. A conti fatti quella situazione poteva benissimo essere normale ed era solamente lui a considerarla bizzarra. Molte persone, i cosiddetti overthinker, passano troppo del loro tempo a rimuginare e a riflettere sulle cose e ci pensano e ci ripensano così tanto da distorcerle fino a creare una realtà che esiste solo nella loro mente. Purtroppo quelle situazioni per Yori erano all'ordine del giorno, e non era interamente colpa sua: era la sua stessa unicità a renderlo tale. Il suo cervello troppo sviluppato non si fermava un secondo e in ogni momento cercava di trovare la connessione più logica possibile tra tutti i fatti sconnessi che viaggiavano nella sua mente. Quella era a conti fatti la sua maledizione e ciò che gli impediva di fidarsi degli altri. Non era suo desiderio quello di analizzare le persone come fossero al microscopio, molto semplicemente non poteva farne a meno, gli veniva automatico.
    Molto gentile. - si limitò a ringraziare la ragazza, dopo l'ennesimo sorso, per essersi offerta di pagare per loro, per poi seguire con lo sguardo i due uomini andare verso il retro del locale. Era normale invitare un cliente nel retro della bottega, specialmente all'orario di chiusura? Non poteva saperlo. Potevano esserci nascosti dieci poliziotti pronti ad arrestarli? Improbabile. Come detto, in quel momento doveva fare il possibile per cercare di smettere di pensare.
    Amici, mh? - Shahar si voltò verso Yori un po' dubbiosa. Onestamente, considerando anche che aveva mandato via gli altri due, la ragazza si aspettava che la donna che l'aveva salvata avrebbe semplicemente sputato il rospo lì in quel momento. Erano comunque davvero attrezzati per un altro incontro e probabilmente avrebbe giovato a tutti, ma doveva ammettere di non essersi aspettata quel risvolto. Forse il motivo stesso dell'incontro era presentargli quelle due persone? A che pro? Difficilmente avrebbe trovato la risposta in quel momento.
    Se te ne prendi la responsabilità, ma niente scherzi. - disse con ferma convinzione Yori, che non era certamente mosso da affetto e gratitudine come Shahar, che doveva ad Evelynn la sua stessa vita. La ragazza lo colpì al fianco col gomito, non apprezzando il tono che aveva usato, e lui scosse la testa. A conti fatti però non aveva torto, specialmente considerato che tutti avevano di comune accordo deciso che la parola chiave di tutta quell'esperienza sarebbe stata "prudenza". Forse erano ormai una notizia vecchia, forse nessuno era più interessato a loro, ma dovevano comunque essere cauti perché ne andava del loro futuro.
    Mi fido di te, Eve. - disse la ragazza quindi, dopo aver sorseggiato la bevanda calda - Accettiamo di incontrare i tuoi amici e di aiutarti, qualsiasi cosa ti serva, ma ti prego... sii prudente. - aggiunse guardandola negli occhi. A differenza degli altri, che erano perlopiù timorosi del coinvolgimento della polizia, Shahar aveva anche altro da temere dalla vita e questo Evelynn, che aveva visto in che condizioni versava la sera in cui si erano incontrate, doveva saperlo bene.
    "Chez Moi", la data di un paio di giorni dopo,l'orario delle 19.30 ed un indirizzo erano i dati scritti su un piccolo bigliettino che scivolò sul tavolo verso Evelynn. Un ristorante francese forse, o qualcosa di simile. Prima di raggiungere la ragazza il suo tragitto venne bloccato dall'indice della mano destra di Yori che vi si piantò sopra quasi fosse come un coltello lanciato da un assassino esperto.
    La voce al telefono è stata chiara. - sussurrò guardando la ragazza - Ricorda i dati e poi brucialo. Non deve rimanere nulla. - aggiunse con serietà, lasciando intendere pur indirettamente che si sarebbero sincerati in qualche modo che la ragazza avesse rispettato le regole. Dopodiché, finito di bere le bevande calde gentilmente offerte dal padrone di casa, i due si diressero verso l'esterno lasciando detto ad Evelynn di salutargli il proprietario del negozio, con la promessa di rivedersi presto.

    L'indirizzo segnato sul bigliettino che avevano passato ad Evelynn, e che con ogni speranza era stato consegnato alle fiamme, portava ad un piccolo edificio nei pressi del Campus Universitario di Komaba. Già ad un occhio esterno si capiva che non si trattava di un ristorante e certamente non di uno francese: era un edificio come tanti, spoglio ed essenziale, i cui appartamenti venivano affittati agli studenti fuorisede per offrire loro un alloggio abbastanza vicino all'università. Quella "cena", insomma, non sembrava essere una vera e propria cena quanto più un modo utilizzato per mantenere in piedi la recita. Ad attenderli fuori dalla porta del palazzo si trovava Shahar con indosso un cappotto pesante. Vedendoli arrivare avrebbe chiaramente scrutato i due amici di Evelynn, sperando di poter capire se ci si poteva fidare o meno, probabilmente senza trovare risposta. Se la fiducia fosse stata qualcosa di visibile all'occhio umano il mondo sarebbe probabilmente un posto migliore in cui vivere.
    Spero che nessuno vi abbia seguiti. - avrebbe detto con un mezzo sorriso sul volto, invitandoli poi ad entrare. Il posto non era tra i più puliti al mondo, solitamente agli universitari bastava avere un tetto sulla testa a poco prezzo e il resto era trascurabile. Salendo due rampe di scale li avrebbe accompagnati sino all'appartamento numero 4, il cui numero rimaneva visibile solo a causa dell'alone più scuro lasciato sulla porta in legno una volta che la targhetta di metallo che lo identificava era caduta o era stata rimossa da qualcuno di superstizioso.
    Aperta la porta avrebbe fatto entrare gli ospiti a "Chez Moi", casa mia per l'appunto. Un corridoio molto stretto dalle pareti bianche culminava in un ampio soggiorno con la moquette e un'enorme vetrata sulla parete di fondo che dava su un altrettanto ampio balcone. Sulla destra e la sinistra del corridoio si trovavano due stanze dalla porta chiusa. Col tempo Yori aveva acquistato quell'appartamento che era in un certo senso diventato la loro base, anche se cercavano di recarvicisi il meno possibile. In mezzo al soggiorno si trovava un ampio tavolo con varie sedie sparse e vi si trovavano seduti Yori, una ragazzina in tenuta scolastica dai lunghi capelli bianchi e gli occhi rossi e la decisamente riconoscibile Lidia, indicata dai media ai tempi come il capo della Mutant Task Force, rientrata a Tokyo da qualche tempo dopo la sua piccola fuga. Pur indossando dei lunghi pantaloni neri ed un dolcevita la sua pelle e i suoi capelli dorati erano l'elemento più scintillante nella stanza. Chiaramente attorno al tavolo c'erano altrettante sedie per i tre invitati e per Shahar.
    ... Pizza? - avrebbe quindi proposto la ragazza dai capelli rossi ai tre, indicando vari cartoni presenti sul tavolo di fronte a loro. Alla fine, in fondo in fondo, qualcosa da mangiare c'era davvero.
    ❖ I'm a mountain that has been moved I'm a river that is all dried up ❖


    CITAZIONE
    Occhio alle scadenze per chi era in ritardo. Ho smosso un po' le cose direttamente in questo post per risparmiare sui tempi. Potete organizzarvi come volete per i due giorni che precedono l'incontro.
    Ordine: Master, Evelynn, Ryo, Daisuke.
     
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    Evelynn Harcrow
    Tutta questa diffidenza nei miei confronti stava iniziando ad irritarmi, tuttavia mi trovavo in una situazione dove non potevo permettermi nemmeno una risposta. Non adesso, perlomeno, dato che erano talmente sulle spine che se per caso avessi fatto cadere una tazza a terra questi si sarebbero alzati e sarebbero corsi via senza troppi giri di parole ma anzi, con talmente tanto panico da far impallidire un pesce rosso nella boccia che si scordava di avere un proprietario e lo vedeva per l'ennesima prima volta.
    Questo non vuol dire però che ogni volta che parlasse quel tipo mi venisse quasi da sbuffare ed anzi lo guardavo, una volta rimasti soli, con una tale noia che mi domandavo come mi sarei comportato se mai avessi avuto un cliente come lui non qui alla pasticceria, nel mio primo vero lavoro. Da un lato capivo il perché di quella sorta di mania di persecuzione ovunque, insomma avevano fatto un bel casino ed avevano fatto parlare di sé non poco al Corteo, ma con tutto quello che c'era stato e soprattutto considerando quanto tempo fa era successo il tutto, credevano davvero che ci fosse sempre qualcuno che li cercasse? Non potevo escludere che ci fosse anche qualcun altro sulle loro tracce, altrimenti non mi sarei potuta spiegare la condizione in cui avevo trovato Shahar quella famosa (per me) volta: di sicuro c'erano altre circostanze dietro ed avevano fatto arrabbiare altra gente e...diamine quanto detestavo essere nella malavita giapponese ma al contempo non esserci, da un lato quasi invidiavo chi c'era dentro più profondamente rispetto a me perché almeno loro facevano parte di qualcosa.
    Noi eravamo...lì, sentivo fossimo più dei ragazzi che parlavano di qualcosa più grande di loro ma poi se ne andavano per strade separate come fanno i bambini quando dicono "da grande sarò un astronauta! Oppure diventeremo tutti calciatori fortissimi insieme!" ed alla fine uno lavorava in fabbrica, uno in un supermercato e l'altro per qualche azienda di qualche tipo lasciando morire lì le parole dette diversi anni addietro. Non posso ammettere che la situazione mi frustrasse, cosa che in qualche modo avevo detto anche a Yami ma fino ad ora l'unico progresso era stato il mio con questa situazione.
    E non era nemmeno chissà che. « Va bene, tutta responsabilità mia. » Risposi con aria rassegnata ma sotto sotto soddisfatta di aver raggiunto un compromesso accettabile, almeno mi avevano concesso un secondo incontro da qualche parte che fosse un po' più comodo per loro: immaginavo che il posto dove mi avessero detto di andare la prima volta fosse stato abbandonato. Poco male, ne avrei trovato un altro.
    Spostai lo sguardo sul biglietto che mi stava venendo allungato fino a quando il ragazzino non ci piantò sopra il dito e mi lanciò un altro monito: solo a quel punto roteai gli occhi su di lui con aria veramente seccata, non degnandomi nemmeno di nasconderlo né ai suoi occhi, né a quelli di Shahar. Alternai lo sguardo di tra i due, più soffermandomi su lui che lei dato che alla ragazza non riuscivo quasi a tenere il broncio. « Non tutto il mondo è contro di voi. Se lo fossi stata, nessuno di voi due sarebbe qui. » Avrei spostato una coda sul tavolo in modo da alzare piano piano la mano del ragazzo ed allungare una mia per prendere il bigliettino, nascondendolo nel decolté completamente assente - per ora - della divisa da lavoro. « Siete al sicuro dal momento in cui siete entrati qui dentro e lo sarete nelle nostre vicinanze. » Conclusi così, prima di alzarmi stancamente e fare un bel sospiro: se Ryo e Daisuke mi avessero sentita parlare non sarebbe cambiato niente, però meglio stare con il tono basso per reggere il gioco ancora qualche secondo. Concentrati, fai un bel respiro e poi sorridi come se fossi la persona più felice del mondo guardando quella ragazza che non sei stata in grado di dimenticare e non per i soliti motivi. « Grazie per essere passati! Mi ha fatto davvero piacere, tesoro. » Come se fossi un'altra persona. « Ci vediamo allora fra qualche sera, non mancherò. » Avrei fatto il giro del tavolo per abbracciare una volta lei, poi lui prima di allontanarmi e lasciare loro via libera. « Fate attenzione e buon rientro~ » Li avrei salutati con entrambe le mani ed una volta usciti, avrei chiuso la porta del locale per bene prima di dirigermi nel retro del negozio, nel laboratorio, dove probabilmente avrei trovato ancora i due ragazzi ad aspettarmi. Entrai con aria stanca e seccata, appoggiandomi spalla a spalla su Daisuke.
    « Che seccatura questa mancanza di fiducia. Ma la vostra Eve ha ottenuto un secondo appuntamento ed indovinate? Può portare anche voi. » Cinguettai mettendo la mano nella maglia dove avevo nascosto il bigliettino: ci diedi uno sguardo al volo per memorizzare il posto, poi lo allungai a Daisuke girando lo sguardo verso di lui con un mezzo sorriso in volto spostandolo poi sul proprietario della pasticceria. « Questo poi fatelo sparire e vedete di non farmi fare brutta figura, va bene? »
    Ah, la buona sana vecchia ironia. Mi è mancata per quei dieci minuti buoni.

    Chiaramente mi ero informata su che tipo di posto fosse e per informata, intendo avevo cercato sul web l'indirizzo. Ero stata contenta di essere nei pressi di un campus universitario? Sì e no. In genere questo tipo di posto era uno di quelli che facevano venire subito in mente feste, baldoria e tanto divertimento soprattutto la sera con le confraternite ma probabilmente funzionava solo in America così e...beh, non potevo saperlo dato che non ne avevo frequentato uno qui: però avendo in mente questo concetto stereotipato, nutrivo delle sensazioni abbastanza miste: ero felice di essere in un clima di "festa studentesca" dato che mi ci sarei sentita a mio agio, dall'altro no per lo stesso esatto motivo dato che il mio trauma proprio ad una di queste feste era iniziato.
    La soluzione da me optata era: adattati alla situazione e vedi come va.
    In ogni caso avevo proposto ai due di andare assieme e soprattutto di apparire nel modo più normale possibile - sì Daisuke, sto parlando soprattutto con te - dopo aver raccontato ad entrambi chi fosse quella ragazza e perché mi fossi precipitata con così tanta foga ad abbracciarla: avevo incontrato il ragazzo sopra citato proprio pochi giorni dopo averla tirata fuori da quel magazzino ed il fatto che avesse ucciso qualcuno di fronte ai miei occhi era stata quell'esperienza che mi avevano portata a non dormire per diverse notti, cercando rimedio in una farmacia senza trovarlo appieno. Omisi la condizione a dir poco disperata in cui l'avevo trovata in quel container, non avevo bisogno di questi dettagli, almeno aggiornarli con un po' più di precisione su ciò che avessi fatto prima di incontrare loro mi era sembrato d'obbligo specificando, dopo, come non conoscessi minimamente quel ragazzo che anzi mi stesse pure un po' antipatico a pelle.
    Comunque non avevo grossi piani per i giorni precedenti, se i ragazzi avessero voluto trovarsi per discutere di preciso sul di cosa parlare sarei stata più che volentieri a loro disposizione magari per venire anche a conoscenza di qualche evento che non sapevo - ed ero sicura ce ne fossero ma fino ad ora non avevo quasi domandato più per forma di rispetto che altro. Sottolineai che, però, io la carta datami da Yami l'avrei portata.
    In ogni caso serviva prudenza, no? L'unico modo che c'era per essere prudenti era l'essere naturali, dato che per fortuna non avevamo la stessa attenzione che poteva godere del gruppo che avevamo contattato dunque per quel che mi riguardava non mi sarei conciata diversamente da come avrei fatto nell'uscire anche solo per andare al Patisseryo: stivaletti in pelle, fuseaux e dolcevita scuri, cappottone per evitare il freddo e sciarpa in seta per coprirmi almeno la bocca. L'unica differenza dal solito erano i capelli sciolti e leggermente arricciati, fatti cadere sulla spalla sinistra, ma niente di completamente appariscente.
    « Un po' diverso da quello che ricordo a casa mia. » Commentai avvicinandomi al posto. Non molto differente, ma sempre un pochetto sì almeno per quello che riguardava gli esterni: i pochi posti simili dov'ero stata erano delle grandi ville piene di gente che beveva e la musica a tutto volume, la quiete di questo posto era stranamente calmante anche se mi faceva sentire in un altro mondo. La cultura di questa Nazione era stato un bell'impatto da sostenere, mi ci era voluto tempo ma la calma e la pacatezza dei nipponici era ancora qualcosa che a volte mi faceva un certo effetto e---oh, ecco Shahar.
    ...basta con questa cautela, se avessi voluto sarei arrivata da sola alle spalle della ragazza e nemmeno se ne sarebbe accorta.
    Eravamo talmente sconosciuti ed anonimi che dubito qualcuno fosse interessato a seguirci a meno che non abitasse in questo complesso a sua volta.
    Era un posto piccolino, fatto apposta per questo tipo di quartiere e per sfruttare la questione dell'affittare a più persone possibili in modo che tutti avessero il proprio spazio senza dar fastidio, niente di annotabile però: non potevo aspettarmi qualcosa di differente da un posto simile fatto apposta per un complesso studentesco universitario. Non sapevo come si sentivano i due "amici" che mi ero portata dietro, in qualche modo però mi sentivo stranamente a mio agio nonostante quel conflitto emotivo di cui avevo parlato poco fa.

    Uh che comitato di accoglienza, quasi li pareggiavamo in numero.
    Non che fosse una competizione, almeno però c'erano due volti nuovi anche se uno era riconoscibile tramite giornali e notiziari: forse era per questo che c'era tutta questa segretezza? Probabile e, contemporaneamente, plausibile. « Hello there. » Un saluto anche con la mano ai presenti, attendendo che fossero entrati anche gli altri due colleghi prima di accomodarmi su una delle sedie indicatami: avevo bisogno di qualche secondo per capire che aria tirasse qui dentro e per farlo mi serviva prendere tempo in qualche modo e...uh, c'era davvero qualcosa da mangiare allora. Non ci avrei scommesso uno yen, davvero. « Grazie! » Chi dice di no ad una pizza non credo sia umano o capace di intendere o di volere.
    Però prima di aprire il cartone erano necessarie le dovute introduzioni, dunque mi trattenni e dopo aver dato un'occhiata in giro per valutare le espressioni - tranne che di Yori, lui non mi interessava per niente - mi sarei voltata verso i miei due compagni. « Ma prima credo siano necessarie delle introduzioni. » Sì, stavo parlando a Ryo e Daisuke: ero abbastanza convinta mi avessero studiata, ero altrettanto convinta che su di loro invece non sapessero proprio granché se non "ehi, loro due erano al locale l'altra sera".
    Meglio mettere in chiaro che alla fine eravamo dalla stessa parte.

    Keep them longing,
    make them plead.

    SCHEDA | VILLAIN | CRONOLOGIA | #LIVELLO 7

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    Ryo Tatsuki
    Era decisamente stupito che quel negozio fosse ancora aperto.
    Dopo essere entrato nel laboratorio con Daisuke, il pasticcere non aveva che confermato ciò che aveva detto il corvino rispetto ad Evelynn. Sicuramente quella donna aveva molta più eloquenza di loro due messi assieme e non doveva stare lì a ripeterlo. Nonostante la curiosità lo mangiasse aveva aspettato che la misteriosa coppietta romantica uscisse e che fosse proprio Eve a dire loro che era arrivato il momento di tornare in scena. Aveva garantito per loro per ripetere le sue parole ed aveva raccontato loro l'esperienza traumatica che aveva passato con la giovane ragazza dai capelli cristallini. Ryo sentì quasi che le loro esperienze si assomigliavano, considerato che anche lui era stato salvata da una ragazza dai capelli bianchi mentre era stato rapito da dei brutti ceffi. Forse se fosse rimasto lì mostrandosi per ciò che era realmente avrebbero pure fatto amicizia. Eve aveva proposto loro di apparire il più normale possibile e Ryo concordò inizialmente che si trattasse di un'ottima dimostrazione di fiducia ma cambiò velocemente idea quando venne a conoscenza di dove si sarebbe svolto quell'incontro. Più che essere diffidente delle capacità di Evelynn a preoccuparlo era il modo in cui agivano quei ragazzi. Gli sembrava estremamente sconsiderato invitare all'interno di un campus universitario persone che potevano essere anche i peggiori criminali di Tokyo e tutto ciò si basava sulla fiducia che Shahar riponeva in Eve. Tralasciando i civili che potevano vederli, chi lo sapeva se quella era una trappola o meno? Ryo era rimasto legato a fin troppe sedie per avere fiducia in sconosciuti, considerato che anche il vecchio proprietario del Soseiji era una conoscenza di Yami. Avrebbe chiesto più volte scusa ai due ma aveva fin troppo da perdere e poco da guadagnare per andare lì senza nessuna precauzione e avrebbe comunicato ai due che sarebbe andato lì a volto coperto in ogni caso, anche rischiando di far vedere un figuro sospetto attorno al luogo dove dovevano andare. Preferiva che ci fossero voci su uno strano tizio mascherato piuttosto che su un albino dalla pelle scura che casualmente corrispondeva al proprietario di una pasticceria in centro. Aveva imparato a quell'asta che essere poco prudenti attira attenzione indesiderate e spesso ci si fa riconoscere anche senza volerlo, nonostante lui fosse tutt'altro che famoso.
    Come già detto, non poté che stupirsi nel controllare su internet che quel negozio di maschere era ancora lì in piena attività. Anni prima lo aveva raggiunto tramite una voce e non aveva nemmeno un cellulare per orientarsi ma questa volta cercò per curiosità il nome sul motore di ricerca. Ed era stranissimo pensare che lo stesso negozietto che gli aveva offerto un modo per compiere diversi crimini avesse una pagina dove veniva recensito da ragazzi e ragazze qualsiasi ed aveva pure degli ottimi commenti sul servizio offerto. Il mondo era proprio strano quando lo si analizzava da vari punti di vista. Aveva deciso quindi di recarsi lì per acquistare qualcosa che gli permettesse non solo di coprire il viso ma anche parte del capo. Non sarebbe stato facile tenere a bada tutti i suoi capelli ma doveva comunque provarci ed arrivato lì con nonchalance il proprietario tutto tatuato lo salutò come se fosse un cliente abituale. Si ricordava ancora di lui nonostante Ryo avesse quasi dimenticato il suo viso e notò che come una malattia che piano piano si espande sul corpo la pelle scoperta era ancora più tatuata. Questa volta però non rimase a pensare in maniera particolare cosa significasse l'accessorio che voleva comprare. La prima volta che era venuto lì la maschera era un modo per nascondersi dal mondo e dai suoi genitori, non proteggeva nulla se non la sua voglia di fuggire. Doveva avere un significato per sostituire quello assente nella sua fuga. Ma questa volta non voleva apparire agli altri in maniera particolare ed era lì per assicurarsi che quello che aveva costruito non andasse in frantumi. Scelse semplicemente un design che sembrava il più comodo da portare e mettere poco prima di arrivare lì ed uscì dal negozio sperando di non doverci tornare mai più.Il suo piano era metterla semplicemente quando assolutamente necessario e che nessuno si ricordasse di quel volto finto.
    Arrivò poco prima dell'orario pattuito, aspettando il momento propizio per avvicinarsi. Aveva avvisato Evelynn e Daisuke di non spaventarsi se una persona non particolarmente alta si fosse avvicinata a loro, anche se non aveva mandato la maschera in sé. Il posto sembrava meno frequentato di quanto si aspettasse dalla zona di un campus universitario e ciò lo fece respirare con più calma. Per ora aveva indosso solo una voluminosa ed intricata felpa la quale probabilmente apparteneva allo stile di qualcuno più giovane ma che comunque gli stava bene tutto sommato. Era di colore grigio e verde militare il cappuccio era decisamente più ampio del normale ed ora stava alzato sulla sua testa che si guardava attorno ansiosa. I pantaloni erano un paio di jeans scuri e le scarpe da ginnastica erano piuttosto anonime, senza nessun brand sopra. Sotto la felpa aveva una maglia attillata modificata per evitare che si strappasse all'attivazione del suo Quirk, anche se il problema pantaloni rimaneva. Era difficile trovare prodotti così particolari senza farti guardare storto considerato che la sua Unicità veniva attivata sotto suo comando e lui la licenza non l'aveva. Aveva evitato di portare armi con sé considerato appunto che non ne aveva bisogno con la sua coda, al massimo avrebbe improvvisato qualcosa. Vedendo Daisuke ed Eve avrebbe preso la maschera bianca che sembrava quasi un teschio con delle piccole ali ai lati, mettendola in volto e coprendo anche i capelli bianchi nel procedimento. Era rigida ed era probabilmente fatta di ceramica e metallo, risultando congelata al contatto con la pelle.
    «Oi. Sono io.» Avrebbe proferito quei monosillabi per salutare i due compagni di ETERNIUM, mentre la sua carta era con sé nella tasca interna della felpa. Era qualcosa di prezioso e voleva che si trovasse vicino al suo cuore. Pensò a Yami e che era la prima volta che facevano qualcosa di indipendente senza di lei e si chiese se fosse triste o meno di questa cosa. Sperava di poter portare buone notizie all'amica. Si chiese anche se loro due fossero nervosi come lui o meno. L'apparizione di Shahar lo mise di nuovo in tensione, sperando che non lo riconoscesse e comportandosi come se stesse fissando una faccia nuova. Forse lei era più importante di quanto aveva pensato all'interno di quel gruppo. Non era mai stato in un campus universitario o in quell'ambiente ora che ci pensava e si chiedeva che tipo di persone frequentassero quei circoli. Cercò di apparire calmo di fronte alla ragazza di cristallo e non fece ulteriori commenti se non un cenno del capo a chi li aveva accolti all'interno dell'edificio un po' malmesso, salendo le scale all'appartamento Chez Moi.
    «Buonasera. E no grazie, ho già mangiato.» Combatté contro l'istinto di guardare per primo Yori e volse lo sguardo verso le due donne che erano comunque conosciute dall'albino come ricercate dalle autorità. Ai tempi si era sollevato un enorme polverone mediatico su questo gruppo di attivisti o terroristi che avevano assaltato il corteo anti-mutant. La ragazza dai capelli di serpente era stranamente normale tralasciando appunto la mutazione, ma la donna d'oro invece era decisamente una presenza massiccia all'interno della stanza. Forse era il materiale che le componeva la pelle a renderla più imponente di quanto non fosse, considerato che era piuttosto magra. Prese posto in una delle sedie e mise le braccia conserte, mettendo una scarpa sull'altra per essere leggermente più comodo.
    «Potete chiamarmi Deathstalker. Spero che la maschera non vi dia fastidio, ma preferisco tenere la mia identità nascosta.» Si presentò così, senza particolari fronzoli. La voce di Ryo era deformata dalla maschera ed appariva più profonda del solito. L'obiettivo di Evelynn era sicuramente quello di alleggerire la tensione ma Ryo non voleva fidarsi ancora troppo di loro ed aveva ancora un nodo stretto in gola. Guardò poi i presenti, accennando poi un inizio di conversazione.
    «Come posso rivolgermi a voi...?» Chiese, provando ad aiutare a togliere un qualsiasi velo di imbarazzo. Non che fosse particolarmente bravo a farlo, poi.
    « ...There's a journey that awaits me. » / Narrato x Parlato x Pensato
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