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Social Role| Sakiko Yumeno - Gabriel Daystar

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    Sakiko Yumeno

    Narrato - «Parlato»





    Sakiko Yumeno era una ragazza piuttosto romantica.


    Anzi Sakiko Yumeno era una ragazza profondamente romantica.


    No, Sakiko Yumeno era una ragazza disperatamente romantica.

    Sin da piccola aveva assimilato come una spugna praticamente ogni possibile film, rappresentazione, serie tv o serie anime a tema romantico che era stata concepito dal genio umano. Nella sua ben arieggiata testa bionda questa amalgama di fantasie e cliché aveva fermentato in una fede assoluta nell’esistenza dell’amore. Del vero Amore. Quello con la “A”maiuscola e scritto in genere con ghirigori decorativi e cuoricini.

    Lei ci credeva davvero. Credeva nei colpi di fulmine, nelle coppie legate dal destino e nell’Amore che trionfa su ogni difficoltà. La sua esistenza vissuta in una campana di vetro che l’aveva schermata ed emarginata dalla maggior parte delle interazioni con il crudo e cinico mondo esterno aveva senza dubbio esacerbato questa convinzione.

    Questo non significa che fosse ingenua in merito. O almeno non del tutto. Specialmente dopo che le sue uniche esperienze si erano rivelate più realisticamente complicate e deludenti rispetto a quelle di fantasia che aveva originariamente visionato nella sua testa. Sakiko aveva intrattenuto una relazione con tre sole persone nell’arco della sua prima vita. La prima le aveva spezzato il cuore e l’aveva lasciata con un profondo trauma interiore.
    La seconda, seppur di natura piuttosto effimera e meramente carnale, le aveva spezzato le gambe e le aveva fatto scoprire il vero significato del detto “le apparenze ingannano”. Specie se queste apparenze sono attraenti e formose.

    E la terza era… un lavoro in corso.

    Un lavoro sicuramente più faticoso e stressante di quanto avrebbe voluto. Lei ci stava provando, provando davvero. Ma aveva l’impressione che più si impegnava meno otteneva. Le pareva di star scalando una montagna dove ogni volta che avanzava verso la cima veniva trascinata nuovamente giù da frane e valanghe.

    Ma nonostante ciò Sakiko non demordeva, perché come menzionato prima lei ci credeva nell’Amore che trionfava sulle difficoltà. Il suo problema era che dubitava che Morrigan O’Brien ci credesse come lei. Ma ancora peggio non era certa che Morrigan O’Brien provasse quello che provava lei.

    Era passato esattamente un anno. Trecentosessantacinque giorni fa Sakiko si era fatta coraggio, aveva preso il suo cuore fra le mani e l’aveva offerto alla ragazza dai capelli color ciliegio.
    Era da quel giorno che era cominciata quella loro relazione. O meglio quella loro non-relazione.
    Perché con grande angoscia della bionda ad un anno di distanza Morrigan ancora si rifiutava di definire il loro rapporto e quindi Sakiko rimaneva la “non-ragazza”.

    Ma la bionda era determinata a cambiare la cosa. Questo non sarebbe stato un semplice San Valentino, ma sarebbe stato anche il loro anniversario e Sakiko intendeva renderlo un esperienza speciale cosi da poter mostrare alla irlandese quanto considerasse lei speciale.
    Aveva pensato ad ogni dettaglio e non aveva badato a spese, con l’intento di sbalordire e meravigliare Morrigan proprio come in una di quelle storie romantiche che adorava.

    Aveva fatto prenotazioni e noleggi, stilando l’itinerario più romantico che potesse immaginare. E non si era certo risparmiata per il proprio outfit. Oh, no, certo che no.
    La showgirl aveva deciso di mettersi in gioco in tutto e per tutto, perciò non intendeva esitare nel utilizzare il proprio fascino per impressionare la ragazza. Aveva acquistato per l’occasione un vestito nero che decisamente rientrava nella categoria “sexy” con una vistosa scollatura frontale che normalmente avrebbe evitato ma per quella sera aveva deciso di indossare in via eccezionale. Per mettere in risalto l’abito avrebbe portato la sua folta chioma bionda in una voluminosa coda di cavallo legata alta come una sorta di pennacchio.
    La ragazza mirava ad ottenere un effetto “WOW” per stupire e lasciare a bocca aperta la sua bella irlandese.

    Tutto sembrava da copione. C’era lei imbellettata e raggiante di anticipazione, c’era il locale elegante e sofisticato che aveva designato come prima tappa del romantico itinerario, c’era perfino una splendida luna in cielo, lì incastonata nel manto notturno come una brillante perla.
    Ciò che purtroppo mancava a completare quel quadro era l’ospite d’onore stessa – Morrigan.

    …e presto Sakiko scoprì che non sarebbe mai arrivata. Al suo posto giunse un suo messaggio con cui le comunicava che aveva avuto un emergenza imprevista e non sarebbe potuta venire all’appuntamento.

    La musica che Sakiko sentiva nella sua testa morì di colpo. I riflettori si spensero e il sipario calò.

    Fu cosi che la ragazza si ritrovò seduta a fissare il vuoto al bancone bar del locale con espressione smarrita e sbigottita per lungo lasso di tempo indeterminato. Quando ritornò in sé poté solo constatare che era sola. Sola la sera della festa dell’amore. Sola la sera di quell’anniversario che significava tanto per lei. Si guardò attorno girando sullo sgabello del bancone e improvvisamente le sembrò di vedere solo coppiette felici e amoreggianti attorno a lei. Le luci soffuse che davano un aria tenue e romantica all’ambiente e prime le apparivano calde e atmosferiche adesso le sembravano fredde e fioche.

    Cominciò a percepire un ammasso emotivo iniziare a salirle dal petto verso la testa dove era certa sarebbe sgorgato eventualmente in forma di lacrime. Puntò rabbiosamente gli occhi lucidi sulle proprie gambe concentrando ogni fibra del suo essere per impedire che ciò accadesse.
    L’ultima cosa che voleva per quella serata era scoppiare a piangere cosi tutti i presenti notassero quanto fosse sola e patetica la sera di San Valentino. La ragazza riuscì a sopprimere le lacrime incombenti, ma sapeva che rimanendo in quello stato sarebbe stato solo una questione di tempo.
    Ma cosa le restava da fare?

    Poteva tornare mestamente a casa con il cuore colmo di delusione, appallottolarsi nel divano e fare una maratona dei suoi tanto amati film romantici divorando il proprio peso corporeo in gelato. Era un alternativa invitante ma un vago senso di orgoglio e rivalsa le rendeva difficile assecondare l’impulso di tornare a casa per rimuginare e deprimersi.
    Si era impegnata con tutta se stessa per organizzare quella serata e l’idea che andasse sprecata rincarava il suo senso di avvilimento.

    Avrebbe potuto cercare di salvare la serata invitando uno dei suoi amici per sostituire Morrigan e cercare di divertirsi a dispetto della situazione. Ma era abbastanza sicura che i suoi amici sicuramente avevano già dei loro piani per festeggiare la festa di San Valentino e non voleva rovinarglieli per farli venire a compatirla e confortarla. Oltre ad essere avvilita e delusa si sarebbe solo sentita anche in colpa nei loro confronti.

    Quali altre opzioni aveva? Beh – in verità non riusciva a pensarne alcuna. Il suo sguardo si posò sconfortato sulla parete dietro il bancone dove poteva vedere scaffali riempiti da file di bottiglie di alcolici.
    Istintivamente pensò che magari bere un po’ l’avrebbe aiutata a distendere un po’ i nervi. E magari bere molto l’avrebbe aiutata a dimenticarsi l’imbarazzo e la frustrazione che sentiva in quel momento.

    …dopo un po’ di tempo e dopo molti White Russian ingeriti scoprì che aveva pensato male. Bere non la stava aiutando a sentirsi meglio. La stava facendo solo sentire brilla e confusa.
    Poteva sentire la testa rimbombare leggermente, mentre la serata per il resto delle coppiette si era ormai già avviata e l’atmosfera le sembrava impregnarsi di schiamazzi affettuosi. Sentì un senso di nausea e disgusto salirle nella gola e decise che ne aveva abbastanza. Avrebbe optato per l’opzione C: tornare a casa, sola e depressa, arrotolarsi nelle coperte e piangere. Almeno tornando a casa avrebbe evitato di rischiare di fare brutte figure in pubblico.

    Pur pensando questo rimase ancora per qualche momento seduta al suo posto. Una parte di lei era restia a lasciare che quella serata finisse cosi. Quella parte ostinatamente romantica di lei nonostante ancora voleva credere che potesse arrivare un miracolo dall’Amore. Voleva credere che come nei migliori cliché romantici proprio in quel momento di disperazione a sorpresa contro ogni aspettativa razionale, sarebbe giunto il suo cavaliere azzurro – o meglio la sua principessa rosa – a “salvarla” e portare un lieto fine.

    Con espressione titubante Sakiko rimase a fissare l’ingresso del locale in attesa di quel miracolo. Ma eventualmente si arrese all’idea che se anche lei credeva nell’Amore forse l’amore non credeva in lei.

    Su questa frustrata e alticcia linea di pensiero la ragazza fece per alzarsi dallo sgabello – solo per scoprire che bere tanto oltre a non farla sentire meglio aveva anche sabotato il suo senso dell’equilibrio. Incapace di stabilizzarsi sugli stivaletti stilettati che portava ai piedi, la bionda si ritrovò a cadere all’indietro…









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    Gabriel Daystar era una persona per nulla romantica.

    Anzi Gabriel Daystar ripudiava il romanticismo.

    No, Gabriel Daystar era irritato dal concetto stesso.

    Dal bancone poteva osservare il locale intero e posare lo sguardo su ognuna delle coppiette lì presenti. Uno spettacolo che gli dava quasi più nausea degli odori alcolici di cui l'aria era pregna.

    Baci, risatine, sguardi persi negli occhi del proprio partner. Per Gabriel tali dimostrazioni erano l'essenza distillata di tutto ciò che odiava negli esseri umani. La loro capacità d'indossare maschere e fingersi qualcun altro pur di piacere, e il loro morboso desiderio di colmare il vuoto nell'anima con tutto eccetto quel che davvero poteva farlo.

    L'amore era soltanto uno dei tanti cerotti per dimenticare. Un altro modo per ammanettarsi a qualcuno e stringersi un cappio al collo nella speranza in quel gesto si nascondesse la felicità.

    Soliti pensieri da San Valentino.

    Ci fosse stato luogo migliore da cui supervisionare la zona sarebbe entrato da un'altra parte, ma l'enorme vetrata di quel posticino offriva una visuale perfetta sul parco all'altro lato della strada. Gabriel poteva nascondersi tra i normali clienti e tenere un occhio sulle panchine.

    Dopo gli avvenimenti di Ailen non poteva risparmiarsi la minima premura acquistando XSQ.

    Poteva apparire crudele, essere già in cerca del prossimo fornitore quando il ragazzo era finito in cella solo poche settimane prima. Ma era fuori dal suo controllo, le caramelline erano necessarie al suo benessere quanto il semplice respirare, ricaricarsi la scorta era questione di sopravvivenza.

    Ormai nemmeno riusciva a vederla come droga. Per quant'era stato ingordo negli ultimi due anni aveva alzato la sua tolleranza al limite, dopo un breve kick iniziale l'unico beneficio dei farmaci era mantenerlo ad una baseline normale. La funzione di ogni dose era ritardare l'astinenza di un altro giorno.

    E considerando la sua ultima mancanza l'avesse quasi fatto secco...

    Ecco spiegata la presenza dell'azzurro lì dentro. Avrebbe potuto valutare il suo contatto dal bar una volta si fosse presentato, giudicare se fosse affidabile, e solo allora uscire allo scoperto.

    ...Ma non si era ancora fatto vivo, ben oltre l'orario dell'appuntamento. Forse a vederlo così – solitario se non per quattro bicchieri vuoti, prima colmi di bevande analcoliche – qualcuno avrebbe pensato fosse vittima di un due di picche.

    Persino Akahito era convinto gli stesse nascondendo un amore segreto sapendo fosse uscito la sera del quattordici Febbraio... Preferiva si convincesse di quello piuttosto che scoprire la verità.

    In generale al cinghiale sembrava importare troppo dello status sentimentale di Gabriel. Dopo che l'affare con Morrigan era imploso aveva tentato di accoppiarlo con chiunque gli capitasse sotto tiro. Clienti in pescheria, persone a caso per strada, gli aveva persino dato il numero di un certo tizio che lavorava per lui, Ken...shiro? Un nome simile.

    Era un'attitudine posseduta da molti, quella. La convinzione che fosse una relazione amorosa l'ultimo tasselo necessario alla loro completezza. Il fatto che dessero ben più peso all'essere innamorati, invece che la persona che tal amore dovrebbe riceverlo, tradiva i loro reali desideri.

    Prendeva come esempio la bionda all'altro capo del bancone, diversi sgabelli distante da lui. Tra un'occhiata al parchetto e l'altra si era soffermato diverse volte su di lei... Per intrattenersi un po' sbirciando nella sua disperazione.

    Non che volesse deriderla o gioire delle sue sfortune, anzi, le faceva il tifo.

    Il fatto che si fosse presentata così bella e curata ma fosse sola, affranta, e con gli occhi fissi al fondo dell'ennesimo bicchiere di troppo, telegrafava stesse soffrendo di un classico cuore spezzato.

    E Gabriel era felice per lei.

    Un cuore viene infranto quando finalmente si riesce a vedere oltre il sipario delle proprie illusioni. E la realtà spesso ferisce. Ma se fosse stata in grado di superare i propri limiti senza andarsi a cercare un nuovo amore con cui mascherare i tagli, finalmente avrebbe imboccato la strada della guarigione.

    Sarebbe stata libera.

    Dopotutto ogni opinione dell'azzurro in merito era informata da esperienze vissute in prima persona. Era caduto nella menzogna dell'amore perché in disperata ricerca di una cura al suo mal d'essere, di qualcosa che potesse rimarginargli l'animo... Ma adesso era tornato intero, senza bisogno di tali indugi infantili.

    In ogni caso, stava divagando con la mente. Tutto pur di distrarsi da quell'attesa deludente. Se l'appuntamento non era ancora stato onorato, aveva poco senso attendere oltre, gli avevano dato buca. O ancor peggio, era sfuggito per un soffio ad una trappola.

    S'alzò dallo sgabello e camminò al fianco del bancone verso l'uscita, sorseggiando l'ultima metà di mint soda rimasta nel bicchiere prima d'abbandonarlo... Peccato che qualcosa gli spinse sul gomito, anzi, qualcuno.

    Una ragazza gli stava cadendo addosso, la stessa innamorata devastata che ora ne pagava le conseguenze. Molto più bassa e gracile di lui, restava comunque ingestibile dai suoi arti disastrati, non poteva sorreggere quel peso.

    Aveva due opzioni: Scansarsi o salvarla dallo schianto.

    Gli fosse stato concesso più di una frazione di secondo, forse avrebbe scelto diversamente. Invece ruotò su di se ed accolse la caduta della ragazza col petto, lei affondò la faccia sul suo maglione e lui la sorresse tenendosi a busto retto.

    Si era risparmiata d'impattare il naso sulle assi di legno ma avrebbe probabilmente sentito un tocco di menta sulle labbra. La scossa di quel salvataggio aveva versato l'intera bibita di Gabriel sul suo maglione.

    « ...Careful~ Se già il tuo San Valentino non sta andando come speravi, finire al pronto soccorso non migliorerà la situazione ♥ ​»

    Sorrise mentre l'accompagnava a tornare in piedi con le proprie forze.
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    Edited by Stan - 15/2/2022, 16:58
     
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    Sakiko Yumeno

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    Sakiko sentì momentaneamente la trazione della gravità attirarla inesorabilmente in un doloroso incontro faccia-a-faccia con il pavimento. Le sue braccia rotearono maldestramente davanti a se in un vano goffo e tentativo di ritrovare stabilita quando ormai si trovava in piena caduta.
    Se avesse avuto tempo e lucidità per contemplare sulla cosa avrebbe trovato che quella caduta sarebbe potuta essere il miglior esempio simbolico di come quella serata avesse toccato il fondo.
    Ma in quel frangente di panico e confusione l’unica cosa che riuscì a pensare fu “Oh- shiii… Uh?”

    Straordinariamente la ragazza realizzò che la sua caduta era stata misericordiosamente interrotta. Una nuova abilità Quirk che aveva risvegliato nel momento del bisogno? No, neanche per sogno.
    Un intervento divino intento ad evitarle di rompersi il naso ad un paio di settimane dal lancio del suo nuovo album? Forse.

    Ma divino o meno, l’intervento era giunto per mano umana. O quanto meno petto umano.
    Sakiko infatti si trovò a sbattere la faccia contro il suddetto petto.

    Era quindi arrivato il suo miracolo d’Amore? Morrigan si era presenta lì in tempo giusto per coglierla fra le sue braccia e ribaltare tutta quella orribile serata in una bellissima storia a lieto fine?

    No, decisamente no. A meno che Morrigan nel lasso di tempo in cui non si erano viste non fosse cresciuta di una ventina di centimetri e si fosse fatta drasticamente più muscolosa.
    Sakiko aprì cautamente gli occhi sbarrati che aveva istintivamente chiuso in previsione dell’impatto con il pavimento. Si trovò la visuale invasa da un maglione arancione.

    La ragazza aggrottò la fronte e strizzò gli occhi come perplessa da ciò che stava vedendo.

    …e seguì ad allungare le mani a tastare il suddetto maglione come ad accertarsi che fosse vero.
    Le dita perfettamente smaltate e curate di Sakiko strofinarono con fare investigativo la superficie morbida e arancione del maglione e non contenta la ragazza seguì a dare anche un paio di pacche per testarne la solidità e quindi constatare che ciò sotto il maglione c’era un fisico piuttosto tonico e asciutto. E decisamente non era il petto di Morrigan.

    A quel punto gli giunsero le parole mielose del suo salvatore e Sakiko sollevò lo sguardo verso l’altro con espressione sorpresa. Il maglione a quanto pare aveva anche una testa.
    Il suo soccorritore aveva dei capelli azzurri, occhi gialli ed un viso dai tratti tutto sommato piuttosto attraenti. L’uomo ad occhio più o meno della sua stessa età, indossava un espressione furbesca e ammiccante.

    Sakiko però non colse molto di quello che l’uomo le aveva detto e mostrò invece un espressione piuttosto spaesata e confusa.
    A quel punto si rese conto che una delle sue mani sembrava essere umidiccia. La ragazza abbassò lo sguardo per studiare la cosa e realizzò che si trattava della mano con cui aveva studiato il maglione dell’uomo e che fosse umidiccia perché il maglione era fradicio dell’alcool che era caduto addosso al suo soccorritore ammiccante.

    Nonostante fosse un po’ brilla e il suo già poco brillante acume fosse piuttosto ridotto, la bionda riuscì straordinariamente a collegare gli elementi della situazione ed intuire che l’uomo si fosse rovesciato il drink addosso nell’atto di pararle la caduta.
    «Oh, no… il tuo arancione è tutto fradishio per colpa mia…» – biascicò con genuina apprensione alzando nuovamente lo sguardo verso il volto dell’uomo.
    A questo gli occhi verdi da cerbiatta della ragazza colmi di perplessità e dispiacere s’incrociarono con un paio di penetranti occhi gialli.

    In quel momento Sakiko sentì qualcosa di inaspettato. Un brivido la percorse tutto lungo il corpo come una scossa. Una sensazione di disagio sembrò prendere forma alla base del suo stomaco e risalire facendosi strada attraverso la gola.

    La ragazza aprì la bocca per dire qualcosa ma subito percepì che non erano parole quelle che pressavano ad uscire. Istintivamente portò una mano alla bocca per frenare la disgustosa fuoriuscita e si distanzio di un passo dall’uomo per non aggiungere danni al suo maglione.

    La morsa della nausea la fece piegare in avanti e rimettere un conato di quello che nella sua testa la bionda preferirebbe ricordare come un fiotto di stelle e arcobaleni ma per chiunque altro rimase un getto di vomito alcoolico che finì sul pavimento… e sulle scarpe del suo sfortunato soccorritore.

    Dopo aver alleggerito il suo stomaco dal contenuto alcoolico che aveva accumulato nelle ultime due ore Sakiko eventualmente alzò lo sguardo mortificato adesso irrimediabilmente in lacrime verso l’uomo «Oh, no, oh, no, no, no… Mi s-spiace coshi tanto… Oh, no, oh, God…» – balbettò coprendosi ancora la bocca con la mano mentre lacrime tinte di mascara colavano sulle guancie.








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    L'aveva salvata dallo sfasciarsi sul pavimento, ma la bionda si era già disastrata da sola, senza bisogno di cadere. E non solo per quant'aveva bevuto. Gli alcolici l'avevano ridotta in quelle condizioni, ma alla radice del suo stato pietoso c'era la folle, sciocca decisione d'immischiarsi in qualcosa come l'amore.

    Se ne fosse tenuta fuori, ora non gli starebbe palpando il petto come un gatto estremamente confuso, guardandolo con un paio d'occhioni totalmente spaesati che tradivano non stesse registrando una singola parola dell'azzurro.

    « Tranquilla, non l'ho pagato io ♠ ​»

    Le sorrise per calmare le sue preoccupazioni sul maglione (e per levarsela di dosso)... Poi vide la premura e la vergogna nel suo sguardo mutare. La ragazza sbiancò in un istante, e immediatamente gli istinti di Gabriel suonarono l'allarme:

    Oh no.

    Sta per vomitarmi addosso, vero?


    All'indietreggiare di lei, lui fece lo stesso, balzando all'indietro con la stessa prontezza che avrebbe usato per schivare un attacco in combattimento. Avesse tardato a reagire la macchia sul maglione sarebbe stato l'ultimo dei suoi problemi.

    Prima la bionda era messa male... Adesso era proprio distrutta. Labbra bagnate dal rigurgito, guance fradice di lacrime e macchiate dal trucco che indubbiamente sperava l'avrebbe resa irresistibile al suo partner, si fosse presentato.

    Infilandosi in quell'outfit ben studiato, curando al meglio la propria acconciatura e i dettagli del proprio viso, non poteva immaginare sarebbe finita in quel modo.

    E Gabriel, dinnanzi a tale sofferenza e in risposta agli sbiascichi colpevoli e apologetici... Comprese fosse ora di andarsene.

    Passò di lato alla pozza giallognola per posare il suo bicchiere vuoto al bancone, intanto che lo staff imprecava sotto il fiato all'idea che toccasse a loro ripulire quel disastro.

    Poi si diresse all'uscita.

    Il disagio da quel momento in poi poteva soltanto crescere, e non voleva trattenersi per rischiare di venirne ulteriormente coinvolto. Non riusciva a provare troppa pena per lei, era sua colpa e responsabilità ciò che la stava tormentando, così come lo era stato una volta per Gabriel stesso, o meglio, per Hisoka.

    Strinse la maniglia tra le dita... Però prima di andarsene, i singhiozzi della ragazza lo costrinsero a volgerle un ultimo sguardo. E non solo quelli, c'era anche il bisbigliare non troppo mascherato delle coppie sedute poco distanti dagli sgabelli. Non sapeva se in quelle voci sparse ci trovasse pena o derisione, ma era un coro che accentuava ulteriormente quanto sola fosse lei, lì dentro.

    Era difficile vedere quella situazione dall'esterno senza collegarla a se stesso. Dopotutto, non tanto tempo prima erano state le sue fantasie ad esser deluse. Con un po' di fortuna anche lei ne sarebbe uscita con lo stesso cinismo guadagnato da Gabriel al chiudersi della storia con Morrigan... Ma ne sarebbe stato capace, lui, se non avesse avuto nessuno al suo fianco in quel periodo?

    Ricordava bene quanto si fosse inasprito col tempo. Anche se nella sua particolare maniera malsana poteva dirsi innamorato, il fatto che i suoi sogni fossero irrealizzabili lo riempiva di frustrazione. Chissà che non avrebbe imboccato una strada ancor più tossica, senza il supporto di qualcun altro.

    ...Sospirò profondamente.

    Quasi con fare sconfitto lasciò andare la porta e s'addentrò nuovamente nel locale. Raggiunse la ragazza guardandola come squadrava i suoi gatti qualvolta s'incastravano in un posto in cui non dovevano essere.

    « Ti serve dell'aria fresca, qua dentro si respira alcool. ​»

    Disse, scandendosi il più chiaro possibile affinché potesse forse capirlo stavolta. Dopodiché le afferrò la mano – quella pulita, preferibilmente – e cercò di guidarla verso l'uscio. Doveva trattarla come una pecorella smarrita, cercare di mantenerla sulla giusta strada stringendola a se grazie all'altra mano che portò alla sua spalla.

    Spalancò la porta col piede permettendo al fresco invernale d'investirli. Un cambio positivo anche per Gabriel, in contrasto all'atmosfera pesante tipica di qualsiasi locandina simile.

    « Siediti un attimo. ​»

    L'accompagnò a sedersi sul marciapiede, poggiando la schiena alla stessa vetrata che fino a quel momento l'azzurro aveva usato per monitorare il parchetto. Oltre il vetro vedeva gli impiegati avessero preso a pulire, mentre qualche persona ancora li guardava dai tavoli... Forse preoccupati che un tizio a caso si fosse impossessato di una ragazza così vulnerabile.

    Non aiutava che avesse iniziato a spogliarsi.

    Si sfilò l'indumento macchiato restando con la camicetta a maniche corte che portava sotto, sfoggiando quindi anche le cicatrici alle braccia e peggiorando ulteriormente come fosse percepito dai passanti.

    « Look at me, please~ ♦ ​»

    Sibilò, scendendo in uno squat davanti alla bionda seduta. Se gliel'avesse concesso avrebbe portato le dita al suo mento, alzandole leggermente la testa per inquadrarle bene il volto.

    Voleva di sistemarla un po', usando il maglione come fosse uno straccio. Prima ripulì la bocca sporca di vomito, poi – con una parte diversa, pulita – le schiarì le guance dalle lacrime e dal trucco.

    « Ricordi almeno il tuo nome, o sei messa anche peggio di quanto sembra? ​»
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    Sakiko Yumeno

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    Durante un appuntamento ad un acquario, mentre guardavano un esposizione dedicato agli habitat abissali, Morrigan le aveva spiegato che nell’oceano Pacifico esisteva un luogo noto come la Fossa delle Marianne. Il punto più profondo della superficie terrestre. Un abisso gelido e buio dove erano in grado di sopravvivere solo bizzarre e, a parere di Sakiko, mostruose creature delle profondità.

    E in quel momento, lì china con la gola e gli occhi che bruciavano di vergogna e imbarazzo, Sakiko pensò che anche quel terrificante abisso non sarebbe bastato non raggiungeva nemmeno la metà della profondità in cui lei avrebbe voluto sprofondare e sparire.


    Forse anche lì avrebbe trovato le orribili creature marine degli abissi a compatirla e deriderla.


    Presa dal panico del momento e dal disagio la sua visione si restrinse come un imbuto, i suoi divennero farfugliamenti ovattati nelle sue orecchie e sentiva il suo avvampare rosso d’imbarazzo. Smarrita, spaesata e scombussolata la ragazza neanche praticamente notò che il suo “Salvatore Arancione” si era inizialmente approssimato ad allontanarsi da lei – comprensibilmente era probabile che non volesse farsi coinvolgere ulteriormente in quella situazione disastrosa.

    Con espressione vacua e terrorizzata si guardò attorno come se decidere sul da farsi senza riuscirci. Si sentiva accerchiata dagli sguardi degli astanti curiosi che sentiva come spilli roventi sulla pelle. Avrebbe voluto solo gridare loro di smetterla di guardarla e di lasciarla sparire nell’ombra. Ma sentiva la sua gola chiudersi, strozzandola con un nodo acido che dissolveva qualsiasi parola cercasse di emergere.

    In retrospettiva nei giorni seguenti sarebbe stata giusto grata che il locale fosse abbastanza prestigioso e riservato da tener fuori eventuali paparazzi e curiosi per tutelare la privacy della sua clientela.
    L’unica cosa che avrebbe potuto rendere più umiliante quel disastro e se fosse diventato anche un disastro mediatico per la sua immagine. Non era esattamente il tipo di pubblicità che voleva associare alla sua immagine ora che si stava lasciando alle spalle il ruolo di idol.

    Nonostante i fumi dell’alcool avessero drasticamente offuscato i suoi processi mentali e facessero pulsare dolorosamente le sue tempie come se stessero cercando di sfondarle il cranio dall’interno, Sakiko sentì istintivamente che la cosa migliore da fare sarebbe stata per il momento uscire di lì, lontano dagli sguardi e da quell’atmosfera opprimente che sembrava strozzarla sempre di più ogni secondo che passava.
    Ma mentre lei cercava di sgranare la vista per localizzare l’uscita una figura adesso familiarmente arancione gli si parò davanti bloccandogli la visuale. Colta un po’ alla sprovvista e leggermente intimorita all’idea che l’uomo fosse tornato indietro per reclamare l’orribile trattamento che lei aveva riservato ai suoi indumenti, Sakiko fece quasi per ritrarsi all’indietro.

    L’uomo però nonostante tutto sembrava ancora propenso ad aiutarla – dopo averle sbrigativamente “suggerito” di cercare un po’ d’aria fresca le afferrò la mano e fece per guidarla fuori dal locale.
    Normalmente Sakiko avrebbe reagito malamente a quel tipo di contatto fisico diretto, ma fortunatamente non era cosi completamente stordita da rifiutare la mano di chi la stava chiaramente aiutando.

    Si lasciò quindi condurre quietamente fuori come una docile bimba smarrita in un supermercato speranzosa di essere ricongiunta con chi l’aveva persa in primo luogo. Ma in quel momento non c’era nessuno a reclamarla, nessun avviso che faceva “Plin-Plon~ La signorina Morrigan O’Brien è pregata di recarsi alla cassa numero 7 dove l’aspetta la piccola Sakiko. Plin-Plon~“.
    L’unica cosa ad attenderla oltre la soglia del locale era il pungente freddo invernale che l’accolse un abbraccio di aria gelida le pizzicò la pelle arrossata del viso e quella scoperta del corpo. In quel contesto probabilmente avrebbe preferito non avere quella vistosa scollatura che la esponeva impietosamente alle intemperie oltre che eventuali occhiate lascive.


    Ma la sensazione di quel gelo improvviso risultò effettivamente fresca e stimolante per la bionda, come un bagno freddo dopo una sauna. Lo shock termico la destò un po’ dal torpore alcolico e le permise di mettere un po’ più a fuoco i suoi pensieri.


    La ripresa non fu immediata – come un computer andato in palla nel momento più inopportuno il cervello della ragazza se la prese comoda nel riavvio del sistema, computando lentamente la situazione in cui si trovava.
    Nel mentre Sakiko seguì docilmente le istruzioni con espressione mortificata e leggermente assente, forse volendo subconsciamente cercare di dissociarsi dalle imbarazzanti circostanze. Su richiesta dell’uomo dai capelli azzurri si sedette limitandosi a tirare un po’ su con il naso, singhiozzare leggermente ad intervalli casuali e occasionalmente tremare per il freddo stringendosi le mani sulle braccia.


    Al contrario dei clienti probabilmente sospettosi che li osservavano attraverso la vetrata, Sakiko non sembrò in alcun modo guardinga riguardo alle azioni dell’uomo.
    Nemmeno quando questo si sfilo l’ormai rovinato maglione arancione rivelando delle braccia orribilmente segnate da cicatrici.

    Piuttosto sembrò reagire con più interesse al fatto che l’uomo le chiese di volgere lo sguardo su di se – parlando in lingua inglese. Non era esattamente una cosa molto comune che qualcuno adoperasse in maniera cosi casuale una lingua straniera nella metropoli nipponica.

    Ad ogni modo anche in questo caso Sakiko senza riflettere molto acconsentì alla richiesta, giusto per vedersi arrivare contro il suddetto maglione arancione che l’uomo strofinò con relativa premura prima contro la sua bocca e poi sul resto del volto. Ancora di più Sakiko si sentì accudita come una bambina. Una sensazione che normalmente l’avrebbe frustrata e magari anche offesa. Ma in quel momento si sentiva scombussolata e vulnerabile. Sentiva il bisogno di un mondo che almeno per un momento la trattasse bene e con gentilezza – anche se questa gentilezza arrivava per mano di un estraneo a cui aveva vomitato addosso.

    La superficie del maglione era ruvida e umidiccia, non esattamente la sensazione più piacevole per la delicata pelle del suo volto, ma svolse comunque l’ingrato compito per cui era stato riciclato e riuscì a cancellare l’orribile maschera di lacrime, trucco, muco e altri fluidi corporei sgraditi che le avevano pasticciato la faccia. Decisamente non il tipo di volto che qualcuno si aspetterebbe di trovare sulla copertina di una rivista.

    Mentre l’uomo si prendeva la briga di ridare un minimo di dignità al volto della bionda le chiese il nome. Il volto della ragazza che aveva recuperato un po’ della sua naturale avvenenza con la grossolana pulizia, si corrugò leggermente alla domanda e la ragazza finalmente cercò di rispondere.
    «Non sono sh-sicura di volermi presentare in questo stato patetico…» – considerò ad alta voce. Le parole le uscivano dalla bocca come impastate. Sentiva la bocca fastidiosamente asciutta e sulla lingua sentiva ancora gli strascichi acidi del rigurgito. Si strofinò il naso e gli occhi con un mano tirando su con il naso e sospirò «…mi chiamo Sachiko
    Istintivamente preferì non rivelare il suo vero – in parte per vergogna ma anche perché pur in quello stato era sempre subconsciamente cauta per quanto riguardava la sua identità. Si sarebbe considerata fortunata se nessuno in quel locale l’avesse riconosciuta e preferiva che la cosa rimasse cosi.

    A quel punto allungò le mani per cercare di prendere lei stessa in mano il maglione che l’uomo stava usando come straccio e dopo essersi stropicciata nuovamente gli occhi, lanciò un occhiata colpevole verso il maglione ormai irrecuperabilmente sporco «…mi sh-spiace per il tuo maglione.» – fece una breve pausa per poi aggiungere con voce imbarazzata – «…e per le tue scarpe. G-giuro che normalmente non mi riduco… cosi.» – asserì comepreoccupata che l’uomo potesse pensare che ubriacarsi e vomitare in pubblico fosse un abitudine per lei. Seppur si trattasse di un estraneo non voleva che pensasse che fosse una qualche svampita ubriacona.

    «…è solo che questa… è stata una pessima serata per me.»
    – aggiunse per motivare lo stato patetico in cui si trovava e la voce le s’incrinò emotivamente minacciando un altro pianto.






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    Le domandò il nome per stimare quanto ancora fosse conscia di se, e dopo la vomitata sembrava leggermente più sveglia. Che la vergogna fosse uno stimolo abbastanza crudele d'averle smaltito un minimo la sbornia?

    "Accudendola" a modo suo, Gabriel non poté fare a meno di paragonarla ulteriormente ai gemelli felini che aveva a casa. Quando si mettevano nei guai era sempre repentino ad aiutarli e garantirne il benessere, ma silenziosamente sperava quel trauma li segnasse, che non si dimenticassero a cos'aveva portato la loro imprudenza.

    Così che la prossima volta non sarebbe servito il suo intervento.

    « Ti ho detto di non scusarti, i vestiti sono la mia ultima preoccupazione nella vita. ​»

    Continuò a sorriderle, mentre la porta al loro fianco si riapriva. Il barman era uscito con un bel bicchierone d'acqua fresca, sperando risanasse un po' del danno fatto versandole più drink di quanti forse avrebbe dovuto.

    « Thank you~ ♣ ​»

    Gabriel accettò la bevanda dal suo squat e la scese subito a Sachiko seduta davanti a lui. L'altro uomo ancora lo guardava con una certa diffidenza, ma si trattenne giusto un'occhiata prima di tornare alla postazione di lavoro.

    Scolandosi quell'Elisir di lunga vita forse la bionda avrebbe lavato il sapore di vomito che sicuramente le infestava la bocca, e gli organi avrebbero ringraziato di una bevuta priva d'alcool.

    « Anzi puoi tenerlo, se vuoi. ​»

    Disse riferito al maglione inzuppato e sporco che ora impugnava lei stessa.

    « Perché piuttosto che prendermi la briga di lavarlo a dovere lo getterei in un cassonetto... Mentre a te potrebbe ricordare cosa succeda a fidarsi della persona sbagliata. ​»

    Fissava i suoi occhioni verdi in maniera leggermente più intensa, dopo quella frase. Lei chiaramente rimpiangeva come si stesse chiudendo il suo San Valentino, ma le circostanze presenti sono determinate dalle scelte passate, ed era lì che avrebbe dovuto incanalare la propria delusione.

    « Probabilmente non è la serata ad esser pessima, ma il partner con cui non l'hai spesa. ​»

    Glielo consigliò con fare conclusivo, e intanto si alzava, tornando ad essere una torre rispetto a lei. Le porse una mano coperta di sfregi così da aiutare anche lei a mettersi in piedi.

    « Pensi di riuscire a raggiungere casa da sola o dovrei chiamarti un taxi? ​»
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    Sakiko non era mai stata una ragazza problematica – un pò goffa, svampita sicuramente, eccentrica e ingenua molto spesso, ma non era mai rientrata nei canoni di diva che creava scandalo. Non era mai stata il tipo di celebrità che avresti trovato a fare baldoria in eccessi di alcool e spudoratezza.
    Sakiko non sembrava avere quel tipo d’inclinazione.

    Ma era anche vero che era cresciuta sotto la ermetica custodia del padre che era allo stesso tempo anche il suo datore di lavoro. Per certi versi si poteva dire che Sakiko aveva vissuto per molto tempo contrattualmente obbligata ad essere una brava ragazza. E forse aveva assimilato subconsciamente questa consapevolezza astenendosi dal mettersi in situazioni rischiose in primo luogo.

    Questa inclinazione ovviamente fu aggravata dal trauma che conseguì dopo l’unico scandalo in cui fosse mai stata coinvolta e che ancora portava interamente come una stigma mentale.
    Per questo Sakiko era in genere molto attenta al suo comportamento in pubblico ed evitava a lasciarsi andare in presenza di sconosciuti.
    Non era di certo una totale novellina per quanto riguardava la consumazione di alcool ed in passato si era già trovata in quello stato altre volte – ma sempre in compagnia di gente fidata come Joshua, Castiel e Jason.

    Questo mostrava quanto lo stato mentale della ragazza fosse in quel momento alterato e vulnerabile per abbassare cosi tanto la guardia in quella situazione.
    Ma pure in quello stato l’indole di “brava ragazza”, che fosse genuina o solo il prodotto di un abitudine, le suscitava un profondo senso di colpa e responsabilità per il disturbo che stava causando.
    La ragazza quindi scosse energicamente la testa, forse più animatamente del dovuto e dondolandola leggermente, in risposta alle tentate rassicurazioni dell’uomo riguardo l’orribile trattamento che il suo maglione aveva dovuto subire.
    Sakiko fece per rispondere ma venne interrotta dall’apparizione del barman che li aveva seguiti fuori dal locale per portarle cortesemente un bicchiere d’acqua. Lei si limitò a fargli un cenno di muta riconoscenza con il capo – il giorno seguente dopo aver smaltito la sbornia sarebbe sicuramente tornata per fare ammenda di quel disdicevole incidente.


    Ma per il momento la ragazza accettò ben volentieri il bicchiere d’acqua e ne vuotò avidamente il contenuto in un solo lungo sorso. Indubbiamente l’acqua fresca portò un po’ di sollievo alla sua gola irritata e sciacquò almeno parzialmente l’acidità dalla sua bocca.
    Il volto della ragazza si ruppe momentaneamente in una breve smorfia mentre questa cercava di riprendere familiarità con la propria bocca allappata esibendosi in una piccola esibizione di boccacce e linguacce.

    Repentinamente però il suo sguardo riportò la sua vivida attenzione sul suo soccorritore.
    Non colse a pieno il cinico suggerimento dell’uomo che la invitava a conservare l’indumento come memento di quella orribile serata. La mente della ragazza era ancora troppo offuscata per recepire le impietose insinuazioni che l’uomo stava rivolgendo verso la sua “partner”.

    D’altronde in quel momento la mente della ragazza era concentrata a contemplare una linea di pensiero del tutto differente che esternò finalmente rispondendogli «Non… Non posso accettare una cosa… cosa simile. Ins-Insi-Inssssssisto a prendermi la cosa… la resa… no, la ruspa. La responsabilità! Ecco. La responsabilità delle mie azioni…» – proclamò con fare risoluto che non sembrava voler dare spazio a repliche o obiezioni.
    La ragazza sostò momentaneamente in silenzio con espressione un po’ assente come se avesse perso il filo del proprio discorso per poi riprendere di punto in bianco «Io… io porterò il tuo magl-maggio… il tuo coso arancione in lavanderia e te lo riporterò pulito!» – esclamò con entusiasmo come se avesse appena avuto un idea geniale.
    Poi forse una parte dell’amarezza delle parole dell’uomo sembrò raggiungere a scoppio ritardato la coscienza della ragazza e la portò ad un assunzione infondata: forse l’uomo era triste e amareggiato perché era astato bidonato anche lui per il suo appuntamento di San Valentino?
    O forse – ancora peggio – il suo appuntamento era stato rovinato perché lei gli aveva vomitato addosso? Pensò inorridita la bionda.

    Mossa da un onda di colpevolezza auto-inflitta la ragazza si volse verso l’uomo con un espressione di contrizione e allo stesso tempo di solidarietà. “Mi ssspiace di aver… aver rovinato la tua s-s-sserata di San Valentino.” – disse con fare sentito poggiando una mano su quella dell’uomo, mentre con l’altra stringeva ancora il suo maglione, come se adesso fosse lei responsabile del consolare lui.


    Quando lui però le chiese se voleva chiamare un taxi la ragazza fece nuovamente un smorfia espressiva per comunicare la sua disapprovazione «Non voglio- non ho bisogno di alcun tac-tat-tassì… perché non ho nessuna parte dove andare…» – lamentò con un fare un po’ simile ad una bambina capricciosa che non vuole tornare a casa perché vuol continuare a stare al parco giochi.
    In realtà in parte una parte di lei subconsciamente era angosciata all’idea di tornare al suo grande appartamento vuoto. Un'altra parte di lei invece sempre più ingenuamente sperava ancora nell’arrivo di Morrigan.

    A quel punto, come a volerla scoraggiare, una gelida brezza invernale soffiò su di loro facendola rabbrividire fino alle ossa «Ugh—» sussultò infastidita «…ma non posso stare qui fuori cosi o prenderò un malanno.» – decretò con apparente buon senso.

    Ma subito mostrò che non era stato il buon senso a dettarle quelle parole.
    La ragazza infatti piuttosto che cercare riparo nel locale o riconsiderare il suggerimento dell’uomo e ritornare a casa, decise invece di aprire il palmo della propria mano, la cui distintiva voglia a forma di cuore si aprì improvvisamente e ne fuori uscì un calzino rosa.






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    « Oh~? È una maniera timida per chiedermi di rivederci? Ti consiglierei almeno di prenderti una pausa tra una delusione sentimentale e l'altra ♠ ​»

    Stuzzicò la bionda con tono divertito in risposta alla sua offerta delirante. Realizzava che nell'ubriachezza forse l'ironia le sarebbe sfuggita e avrebbe preso la cosa sul serio, ma davanti a certe opportunità non riusciva a tener sotto controllo la propria natura provocatrice.

    Intanto lei sbiascicava scuse ininterrotta – anche quando già le era stato detto non servissero – e anzi adesso guardava lui come fosse la vittima della situazione. Persino la stretta alla mano era carica di troppa premura.

    Che idee si stava facendo dentro quella testolina deragliata?

    L'aiutò a tornare in piedi solo per modo di dire, quelle braccia inutili piuttosto che alzarla a se potevano al massimo fare da perno su cui lei potesse tirare per issarsi. Non particolarmente elegante o cavalleresco, ma funzionava.

    E quando sembrava quella vetrina imbarazzante stesse per giungere alla conclusione... Si rivelò essere una senzatetto?

    No, dubitava potesse farsi così bella e frequentare un locale simile da nullatenente. Magari conviveva con il fantomatico e ipotetico partner, e non voleva riunircisi dopo qualsiasi cosa avvenuta quel San Valentino?

    Della verità all'azzurro importava relativamente, erano arrivati al punto dove poteva darle una pacca sulla spalla, la buonanotte, e un augurio che presto avrebbe compreso quanto futili fossero quei sentimenti così fragili e superflui. Le aveva dato tutto l'aiuto possibile.

    Ma no. Lei voleva la botte piena e se stessa ubriaca.

    « Quindi... Non hai una casa a cui tornare... Ma non vuoi stare fuori casa. ​»

    E glielo disse con lo stesso tono sconfitto con cui l'aveva convinto a prendersene cura. Era brava ad avvolgersi nell'aura di un animaletto sperduto nella foresta. Un modo galante per dire fosse in una condizione patetica e che Gabriel empatizzasse troppo col proprio passato per abbandonarla alle intemperie come avrebbe dovuto.

    Se si fosse concentrato a dovere sarebbe stato in grado di isolare e caricare l'alcol nel suo sangue, disintegrandolo con un'esplosione localizzata? Gli stava salendo la tentazione di provarci. Il piano di riserva era portarla al vomito un'alta volta.

    Però rischiava di sporcarsi anche i pantaloni nel secondo splash, e togliersi quelli avrebbe peggiorato quella che già era una situazione troppo ambigua visto che sotto non vestiva nulla.

    « Listen, prendi questi. ​»

    Dalla tasca estrasse qualcosa d'inusuale per lui: Un portafoglio. Offerto in dotazione da Akahito, nonostante il suo stile da sempre fosse tenere i suoi pochi possedimenti disorganizzati nelle tasche. Tuttavia il cinghiale s'impuntò che finché erano i suoi soldi che portava in giro, li avrebbe trattati bene.

    E furono proprio quelli che tirò fuori, in banconote che nemmeno spese tempo a contare ma che ad un'occhiata dovevano essere attorno ai trecento yen. Li offrì a Sachiko con la stessa disinvoltura con cui prima le porse un semplice bicchier d'acqua.

    « L'Hana Hotel dovrebbe essere da queste parti. Passa la notte lì. ​»

    Un'apparente generosità che in verità celava la predisposizione di Gabriel nel trovare la maniera più rapida e indolore per risolvere un problema. E visto il poco valore che dava a quei pezzi di carta, sembrava un buon metodo per lavarsi quel senso di responsabilità nei confronti della donna.

    « Sai dov'è? ...Anzi, sapresti arrivarci da sola? ​»

    Domanda legittima visto che senza il suo intervento invece che vomito la ragazza starebbe assaporando il suo stesso sangue, forse. Prima che fosse in grado di carpirle una risposta... Realizzò che in ogni momento da quando l'aveva incrociata, lei aveva fatto o detto qualcosa di sempre più incomprensibile.

    « ...Un calzino. Okay. ​»
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    Sakiko batté vacuamente le palpebre una, due, tre volte. I suoi occhi fissarono con vaga incomprensione il viso dell’uomo chiaramente sforzandosi di dedurre il significato delle parole che questo gli aveva rivolto. Poi improvvisamente un lampo di realizzazione le illuminò il volto e la ragazza sorrise mostrandosi leggermente divertita “Oh – sei simpatico… ma io non s-… non sss-… non sono quel tipo di ragazza sai?” – dichiarò cercando di mostrarsi con un espressione stoica e sostenuta ma riuscendo al più a sembrare confusa e costipata, per poi seguire ad aggiungere – “…e poi non sono romo... remo- romanticamente delusa, ok? Sono solo giusto un po’… contrariata, ecco.” – testardamente negando l’evidenza.

    Essere stata bidonata da Morrigan quella sera senza dubbio era stata una brutta delusione per lei, ma come spesso accadeva la ragazza era più incline a colpevolizzare se stessa piuttosto che la ragazza irlandese. Insomma non sapeva neanche perché non si era presentata lì in primo luogo – magari era qualcosa di grave o importante. Magari lei era lì a piagnucolare per uno stupido appuntamento mancato, mentre magari Morrigan stava passando un vero brutto momento.
    E Sakiko era ben disposta a credere davvero che quello fosse il caso, solo che…

    Solo che non spiegava perché Morrigan non le avesse fornito una spiegazione più concreta. Perché non l’aveva chiamata invece di mandarle uno stupido messaggio di due righe in croce?
    Non si erano in fondo dette di dirsi tutto e non nascondersi mai la verità? Sakiko non le aveva in fondo rivelato i suoi più grandi segreti? Non si meritava di ricevere altrettanta fiducia?
    Qui è dove la ragazza iniziava a sentirsi contrariata. Perché in questo modo non solo si sentiva delusa per l’appuntamento mancanto, ma in aggiunta si sentiva preoccupata per lei. Era il colmo! Non riusciva a meno di stare in pena al pensiero che magari la ragazza non potesse venire perché le fosse successo qualcosa.
    Come faceva a rimanere arrabbiata con lei quando allo stesso tempo doveva preoccuparsi che stesse bene?

    Mentre questi pensieri attraversavano la sua testolina confusa, contribuendo a peggiorare il suo mal di testa, la sua espressione si rabbuiò momentaneamente.


    Ma il broncio della ragazza mutò nuovamente in un espressione di confusione quando vide l’uomo offrirgli. Se la ragazza fosse stata abbastanza sobria da considerare l’idea di un secondo fine si sarebbe perfino offesa di fronte a quell’offerta – ma fortunatamente non era abbastanza lucida per fare simili considerazioni e si limitò ad osservare i soldi nella mano dell’uomo con espressione perplessa come se non avesse mai visto soldi in vita sua.

    Fortunatamente l’uomo si prese la briga di spiegarle chiaramente cosa voleva che lei facesse con quel denaro cosi da permettere alla ragazza di comprendere – eventualmente.
    Sakiko scosse ancora una volta la sua testa bionda in segno di rifiuto “No, no, no…! Non capisci… Io ho una casa, ma non voglio tornarci. Perché lì non c’è nessuno, ok? E non v-vvvoglio stare in casa da sola a deprimermi la notte di San Valentino. Sarebbe uno spreco, capisci…?” – la ragazza concluse indicando l’uomo con l’indice in maniera enfatica ma con un espressione interrogativa “…com’è che hai detto di chiamarti?”

    Dopo aver rifiutato la generosa offerta del suo soccorritore la ragazza si esibì nel suo bizzarro numero di magia con l’ausilio del suo Quirk. L’uomo apparve piuttosto stranito dall’apparizione del calzino… ma anche Sakiko si soffermò a fissare l’indumento rosa come se non avesse idea neanche lei come ci fosse arrivato lì.

    La ragazza in realtà era abbastanza consapevole di come ci fosse arrivato lì, il suo problema era che non era quello che desiderava, non realizzando che il suo stato alticcio stava alterando il controllo che aveva sul suo Quirk. Sbuffando con fare seccato la ragazza quindi procedette a fare quindi un ulteriore tentativo… e poi un altro, e poi un altro ancora.
    Impunemente la ragazza tirò fuori dal suo Nexus un cappello con un pon-pon rosa, una vestaglia bianca e una morbidissima sciarpa arancione. La ragazza frustrata dai suoi insuccessi andava lasciando cadere gli indumenti a terra come un prestigiatore che continua a tirar fuori gli animali sbagliati dal suo cilindro.

    Solo all’ennesimo tentativo Sakiko riuscì a richiamare l’indumento che desiderava: una felpona celeste che riportava la scritta leggermente sbiadita I’M A BUNNY GIRL, IN A BUNNY WORLD. La ragazza subito si apprestò ad indossare vittoriosamente la felpa mostrando però difficoltà nell’infilare testa e braccia negli appositi buchi, incurante di star dando uno spettacolo vistoso e potenzialmente problematico.





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    Il sorriso di Gabriel s'allargò divertito in risposta alla reazione della donna dopo una provocazione spiritosa. Apprezzava incrociare qualcuno che poteva cogliere alla sprovvista in tal modo, ma senza rischiare ne rimanessero istantaneamente offesi.

    Shion – ad esempio – lo accontentava sempre, e proprio per quello non c'era gusto a tentare di stuzzicare uno stuzzicatore. L'altro estremo era gente come il suo sosia incontrato alla casa spettrale, fin troppo pronto a prendere ogni cosa sul personale.

    E quando Sachiko sembrava praticamente implorarlo con "non voglio tornare a casa tutta sola soletta proprio a san valentino, UwU", dovette frenare i suoi impulsi più caotici per non affondarla due volte di fila.

    Nemmeno uno come lui voleva disorientare in quel modo una persona ubriaca marcia... Che soddisfazione c'era a punzecchiare chi nemmeno era tutto lì con la testa? Meglio aspettare fosse un po' più sobria, e potevano scambiarsene ad armi pari.

    Però fece nota mentale che l'atteggiamento di lei non sarebbe stonato in uno dei video a tripla X che il suo coinquilino si divertiva a "studiare", come fossero documentari del National Geographic.

    Chissà se Mirai l'avrebbe visto diversamente quell'interesse puramente antropologico di Akahito.

    « Puoi chiamarmi Gabriel. ​»

    Si presentò su richiesta della bionda. Intanto quest'ultima continuava ininterrotta a sfoderare poi scartare un indumento dopo l'altro dalle voglie sui palmi. Chiaramente nella sua ebrezza faticava a creare o evocare ciò che cercava.

    L'azzurro riportò le banconote al portafoglio e il portafoglio alla tasca, ormai spazientito dalla sua ostinazione. Tutte quelle spiegazioni erano oneste, frutto degli alcolici, oppure scuse valide per stagnare nella propria autocommiserazione? Forse pensava di meritarsi quella situazione patetica, tanto da resistere i tentativi di qualcun altro dal rimetterla in riga.

    « Qualcosa mi fa sospettare ti piacciano i conigli ♠ ​»

    Disse ironico guardando come lei si fosse apparentemente persa nel proprio mondo, svanendo all'interno di una felpa che sembrava troppo complessa per le sue facoltà attuali.

    Gabriel afferrò la collottola dell'indumento tra l'indice e il pollice, strattonandolo verso il basso finché la testa della ragazza non fosse emersa dal giusto buco. Per le braccia si sarebbe dovuta arrangiare.

    « Quindi purtroppo non posso invitarti a casa mia, per il tuo stesso bene. Ho due gatti e potrebbero volerti assaggiare se davvero sei una bunny girl ♦ ​»

    No, non riuscì a sopire del tutto un commento legato alle sue frasi precedenti. Non c'era dubbio però che la risposta formulata in origine fosse infinitamente più inappropriata.

    « Tuttavia per evitare tu crepi di noia o solitudine, posso concederti di farmi compagnia finché non si fa troppo tardi ♣ ​»

    E dopo quell'invito magari fraintendibile, le porse l'avambraccio, in un gesto volutamente esagerato e sarcastico di galanteria, lo stesso che un cavaliere gentiluomo avrebbe offerto alla propria donzella.

    Nonostante Gabriel l'avesse proposto come un favore fatto a lei, non era un'offerta che avrebbe fatto se non fosse stato incuriosito dalla "contrariazione" amorosa citata poco prima.

    « Inoltre non mi fido ancora tu riesca a stare in piedi a lungo termine. Ormai sono io quello con più esperienza nel raccoglierti da terra, mi sento responsabile dell'integrità del tuo cranio ♥ ​»
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    «Gabriel…?» – Sakiko seguì a muovere le labbra come a ripetere nuovamente il nome sillabandolo senza però effettivamente pronunciarlo come se lo stesse riesaminando mentalmente. «Gabriel…» – ripete eventualmente con espressione di intensa concentrazione come si stesse sforzando di ricordare qualcosa. Eventualmente riuscì nell’intento e il suo viso s’illuminò d’entusiasmo nella realizzazione «Oh, oh – Gabriel! Come, come l’angelo, giusto? Q-Quello, quello della canzone! Hai presente? Si, vero? Quella che fa… » – senza attendere effettivamente una risposta d’assenso e attaccò a canticchiare la suddetta canzone dondolando con la testa ritmicamente –
    «I can fly~
    but i want his swings.
    I can shine~
    Even in the darkness
    but i crave the light that he brings.
    Revel in the songs that he sings – my angel Gabriel~»
    – concluso questo piccolo stacchetto musicale improvvisato volse un espressione entusiasta verso il cosidetto “angelo” aspettandosi un responso positivo. La canzone era stata cantata con ritmo accelerato e la ragazza aveva un po’ biasciato alcune parole, ma anche in quello stato si poterono intravedere le sue concrete doti canore.

    La ragazza eventualmente riuscì a venire a capo del complicato processo dell’indossare correttamente la felpa che era riuscita faticosamente ad estrarre dal suo Nexus. Non appena la sua testa fece capolino con la sua espressione soddisfatta, la ragazza si occupò sbrigativamente di far passare anche la sua folta di capelli riuscendo a non disfarla. A quel punto Gabriel commentò ironicamente la piuttosto ovvia scritta stampata sul fronte della felpa.

    La ragazza però non colse l’ironia delle sue parole e gli rivolse un espressione di puro fanciullesco stupore con tanto di spalancamento di bocca – «Oh, wow – come…!? Da cosa l’hai capito!? Sei tipo uno di quei… geni teleantipatici– chiese con disarmante ammirazione, chiaramente ignara del palese indizio che portava stampato sul petto.



    La ragazza però sembrò poi mostrare un espressione contrariata quando Gabriel menzionò la possibilità di invitarla a casa, ma scosse semplicemente la testa sorridendo con leggerezza e sembrò più interessata a contestare la ragione per cui Gabriel poteva invitarla «Non ho… non ho paura dei gatti, sai? Mo-Mo… Momotaro…» – disse optando subconsciamente di preservare l’anonimato di Morrigan nonostante il suo stato di poca lucidità – «…aveva due gatti carinissimi e non mi hanno mai fatto nulla.» – dichiarò con uno strano moto di orgoglio.

    Il viso della ragazza però si illuminò nuovo di meraviglia e stupore – e rimase per qualche secondo ad osservare l’uomo con esterrefatta ammirazione «Ge-geniale… Geniale! È tipo… una super-idea!» – esclamò applaudendo euforicamente come se Gabriel si fosse esibito in un numero da standing ovation. La ragazza nei suoi capricci e le sue lamentele non aveva preso minimamente in considerazione di chiedere di indurre l’uomo a tenerle compagnia ne tanto mento chiederglielo in maniera diretta. Perciò la proposta giunse come una inaspettata piacevole sorpresa. «È perfetto! Visto che siamo stati entrambi bidonati… Possiamo tipo passare il San Valentino insieme e tipo super-super-divertirci cosi possiamo poi rinfacciarglielo! E loro quindi… diventaranno super-gelosi e sicuramente ci chiederanno di perdonarli e uscire con noi! Si, fantastico – sei proprio un genio!» – concluse complimentando l’uomo attribuendogli il merito di quel piano disperato.

    La ragazza saltellò energicamente sul posto chiaramente eccitata ed energizzata dal nuovo proposito che le si era presentato. Lo sguardo della ragazza a quel punto si soffermò su Gabriel finalmente realizzando che l’aveva lasciato senza maglione. «Ah – ma non posso portarti con me in giro in quel modo. Aspetta un secondo…» – e senza indugiare o dare il tempo per reclami o proteste, la ragazza si esibì nuovamente nel suo numero da Mary Poppins estraendo un paio di indumenti di dubbia utilità fino a finalmente estrarre quello che sembrava cercare e lo porse a Gabriel: si trattava di un'altra felpa rosa, questa volta con una cerniera e sul retro era riportata la scritta LOVE QUEEN accompagnata con la raffigurazione stilizzata della regina di cuori di un mazzo da poker. Sul lato sinistro del petto portava ricamata la lettera "Q ".
    "Questa dovrebbe essere abbastanza grande da entrarti.» – disse fiduciosa ignara che il design dell’indumento avrebbe potuto essere poco gradito.

    Una volta che la questione del vestiario venne in un modo o nell’altro risolta, Sakiko seguì ad estrarre questa volta il proprio telefono, miracolosamente al primo colpo, e dopo aver faticato un po’ a sbloccare l’accesso al dispositivo riuscì a chiamare il suo autista «Ah – heeeeeey, Tatsumi-san! Io- io e... Noi siamo fuori dal locale. Puoi passarci a prendere.»

    Dopo qualche minuto l’autista – che sin dal principio era in attesa posteggiato nei paraggi come pianificato da Sakiko – giunse alla guida di una lucida BMW nera che parcheggiò proprio di fronte ai due in attesa sul marciapiede. Attraverso il finestrino abbassato l’autista rivolse uno sguardo di perplessità e sospetto a Gabriel, chiaramente aspettandosi di trovare la ragazza bionda in ben diversa compagnia e decisamente meno ubriaca.






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    « Wow~ Good job ♥ ​»

    Le concesse un applauso degno delle migliori sfilate canine o dei primi passi di un pargolo poco brillante, in apprezzamento della sua... Performance? Sagacia a parte, era sorpreso fosse capace di produrre una melodia così stabile anche nel suo stato alterato. Doveva essere una skill così ben allenata da potercisi destreggiare anche in autopilota, allo stesso modo in cui Gabriel avrebbe potuto fare trucchi di carte nel sonno.

    Prima che perdesse le braccia, ovviamente.

    In ogni caso, riconobbe pienamente le sue abilità, anche se in silenzio.

    « Peccato che non abbia idea di cosa tu stia parlando. ​»

    Le sorrise, mantenendo lo stesso tono non proprio condiscendente... Ma nemmeno non tale. C'era un angelo di nome Gabriel? Ed era... Fosforescente? Si era perso della storyline per strada, lo ammetteva. Solitamente non veniva paragonato agli angeli, eccetto forse quelli caduti, sfigurati in una versione demoniaca di loro stessi.

    In generale la ragazza continuava a sorprenderlo per come s'interfacciava con lui. Lo stava trattando... Bene. Posizione in cui era più unico che raro ritrovarsi per l'azzurro.

    Anche quando faceva del suo meglio per relazionarsi ad uno sconosciuto tutti sembravano sempre "captare" qualcosa sotto la superficie. E inevitabilmente il tempo li aiutava a trovare qualche motivo con il quale screditarlo totalmente, confermando i propri "vibe" maldisposti dal principio.

    Quindi rimase perplesso una volta che la bionda reagì entusiasta alla sua proposta mezza-sarcastica di spendere la serata assieme. Saltava d'anticipazione e lo inondava di belle parole, un netto contrasto alle sue esperienze tipo, dove la gente lo seguiva controvoglia o per esplorare certe loro curiosità morbose.

    Sì, era conscio gran parte del suo atteggiamento fosse prodotto degli alcolici e del trauma sentimentale, chissà che immagine mentale aveva di lui nella propria testa, per essere così distante dal vero Gabriel.

    ...Ma finché era lei a volerlo, che male c'era a darle un po' di corda?

    Era stata persino abbastanza premurosa da fornirgli un cambio di vestiti. Non poteva saperlo, ma coincidentalmente aveva scelto anche uno dei suoi temi preferiti: Le carte. Era dai suoi tempi da Jester che non indugiava così sfacciatamente in tale simbologia nel suo guardaroba.

    « Queen of Hearts. Sai, in molti giochi la strategia migliore è evitare questa carta ♠ ​»

    Nella sua carriera aveva visto gli occhi d'innumerevoli persone incupirsi al pescare o rivelare della Regina. C'era un certo fascino nel comandare un potere distruttivo simile.

    Colse l'abito dalle dita di lei e se lo infilò con più fluidità di quant'aveva invece dimostrato la bionda con la sua felpa conigliesca. Dopo aver alzato la zip fece qualche movimento di test, giusto per attestare se fosse comoda e riuscisse a muovercisi bene. Gli stava leggermente larga, fatto che preferiva rispetto all'indossare qualcosa di attillato.

    « Non vado matto per il rosa, ma è sempre meglio di un colore bislacco come il nero, o il bianco. ​»

    Commenti che fece quando Sachiko era ormai nuovamente svanita nelle proprie faccende, stavolta chiamando al telefono un certo... Tatsumi? Doveva essere un appuntamento a tre, e l'amante misterioso aveva piantato in chiodo entrambi? A proposito:

    « By the way, ti correggo – Non sono stato bidonato da nessuno ♦

    ...Stanotte, almeno. ​»


    Nel dire una frase simile lei quindi confermò che fosse stata scaricata, nonostante cercasse sempre di ammorbidire la questione.

    « Quando qualcuno a cui tenevo mi ha tralasciato non esitai a vendicarmi. E – alla fine – l'ultima bidonazione l'ho avuta io ♥ ​»

    Ancora compativa lo stato della ragazza, ferita, ma così dipendente da quei sentimenti da vedere il suo benessere imminente non come piacere fine a se stesso, ma strumento per riconquistare chi evidentemente non le concedeva gli stessi riguardi.

    A Gabriel non importava che Morrigan approvasse o meno della sua felicità, che lo pensasse con gelosia o con sollievo. La donna dalla chioma rosea non era proprio più nelle sue considerazioni.

    Voleva guidare anche Sachiko verso la stessa salvezza.

    Poi fu preso alla sprovvista dall'accantonarsi vicino a loro di una vettura apparentemente costosa, ma che a Gabriel saltò subito all'occhio assieme al pensiero "davvero la gente s'infila in questi posti minuscoli?"

    Era forse troppo abituato al viaggiare sulle limousine a servizio di Akahito, e che concedeva liberamente sia a lui che a Mirai.

    « ...Giuro che quando l'ho trovata era già così ♣ ​»

    Scherzò con l'autista, chiaramente scettico della presenza di uno e delle condizioni dell'altra. Tatsumi quindi non era il terzo vertice di un triangolo amoroso, ma soltanto la terza ruota. Il che gli fece ripensare al fatto che la bionda avesse rifiutato un taxi, poco prima.

    « Se non stiamo andando a casa di nessuno, qual è il piano esattamente? ​»

    Gabriel di itinerari non se ne era mai fatti, offrendole la sua compagnia l'idea di base era vagare per Tokyo in cerca di qualsiasi elemento interessante catturasse la loro attenzione. Un microcosmo di come viveva la sua intera vita, insomma. E tutto poteva esser reso interessante con la giusta compagnia.
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    Sakiko accolse il modesto applauso di cortesia di Gabriel con un genuino sorriso di apprezzamento e mimò con fare giocoso un piccolo inchino in segno di ringraziamento come se si fosse appena esibita ad uno dei suoi concerti.
    Si mostrò piuttosto stupefatta quando il suo benefattore professò ignoranza riguardo all’angelo del quale condivideva il nome «Davvero? Non conosci la storia dell’arci… arcu… acciangelo Gabriel? Che peccato!» – replicò con fare vagamente deluso – «Sai, mia madre ha sempre detto di credere negli angeli e mi raccontava spesso storie su di loro quando ero piccola. Anche sul tuo angelo! Mamma diceva che era tipo un messaggero che suonava la tromba.» – sintetizzò in maniera molto approssimativa.

    La ragazza pausò per un momento trovandosi momentaneamente assorta in una reminiscenza del passato dove in una notte in cui non riusciva a dormire la madre si coricò di fianco a lei e si misero a sfogliare un libro di illustrazioni con i suddetti angeli. Sakiko ricordò quelle raffigurazione di quegli angeli sempre circondati di luce con splendide ali piumate. Curiosamente rammentò anche però che non riusciva a ricordare alcuna raffigurazione in cui un angelo sembrasse sorridere – avevano sempre un espressione pacifica e distaccata ma non sembravano mai davvero felici.

    La cosa le suscitò un ennesimo cambio d’umore in malinconia e di puntò in bianco commentò come se stesse riprendendo un discorso mai iniziato «…sai, io ho un amico che è praticamente un angelo. Lui è tipo… super-attraente e dolce… e gentile …e altruista e-e-e insomma è tipo super-angelico, capisci?» – lo sguardo della ragazza si perse per un momento in lontananza come se stesse cercando di avvistare il suddetto amico angelico magari mentre svolazzava sopra i palazzi circostanti – «…probabilmente si preoccuperebbe a vedermi in questo stato.» – aggiunse pacatamente la ragazza con inaspettata consapevolezza.

    L’umore della ragazza cambiò diverse volte durante il seguito della conversazione con Gabriel mostrandosi volubile e altalenante.
    La ragazza ascoltò con espressione perplessa ma attenta quando l’uomo le spiegò il valore strategico della carta della regina di cuore. Ovviamente concretamente assimilando ben poco di quella nozione la ragazza annuì con fare poco convinto «Che peccato – povera regina. Lei probabilmente si impegna molto…» – commentò in maniera poco sensata.

    La stessa compassione che Sakiko manifestò per la sventurata carta da gioco la mostrò anche per lo stesso Gabriel quando questo spiegò in maniera sintetica la sua effettiva situazione sentimentale. Ancora una volta la ragazza non comprese appieno quello che l’uomo le spiegò e decisamente interpretò in maniera completamente erronea quel poco che aveva capito.
    Rivolse all’uomo un espressione dispiaciuta e comprensiva come se fosse lui il poveretto da compatire in quella situazione malgrado lui avesse professato di essere uscito relativamente “vittorioso” dalla sua sfortunata esperienza sentimentale.

    Forse perché subconsciamente senza volerlo proiettava la propria tristezza su di lui, o forse perché per qualche ragione percepiva un ombra di tristezza affine alla propria in quella storia.

    «Sembra una storia molto triste…» – replicò curvando le labbra in un broncio sinceramente addolorato – «…devi aver sofferto molto. Ma non preoccuparti sono sicura che troverai eventualmente la persona giusta.» – professò con sicurezza assoluta, ancora erroneamente convinta che l’uomo avesse bisogno di essere consolato come lei.

    Colma di risoluzione ed entusiasmo la ragazza salutò energicamente l’autista agitando esageratamente le braccia – «Heeeeey, Tatsumi-saaaan! Heeeeeeey!» – completamente ignorando la palese preoccupazione che l’uomo mostrava sul volto.
    Sakiko si soffermò giusto un momento per chinarsi sopra la piccola pila di indumenti che aveva “magicamente” estratto dal suo Nexus e puntando il palmo della mano verso di essi in pochi secondi lì fece sparire aspirandoli, incluso lo sventurato maglione arancione di Gabriel.

    La ragazza si volse con fare spazientito verso quest’ultimo quando chiese dove fossero effettivamente diretti – «Te l’ho detto – io ho già… pianificato tutto. Un grande piano sai? Super-romantico. Sarebbe totalmente uno spreco non sfruttarlo, capisci?» – lo rimbeccò nonostante all’effettivo non aveva mai menzionato in alcun modo nulla di quel piano.
    «Addesso, su, su, saliamo in macchina e partiamo!» – lo incoraggiò sbrigativamente aprendo la portiera e infilandosi per prima nel veicolo seguendo ad accomodarsi goffamente sui sedili posteriori rischiando quasi di sbattere la fronte.
    Nel momento in cui si fosse affacciato sulla portiera aperta Gabriel avrebbe subito notato che l’interno spazioso dell’auto era stato opportunamente decorato per l’occasione: i sedili erano completamente coperti di petali di rosa. C’era un piccolo scompartimento frapposto nel mezzo dei sedili dentro il quale si trovava una bottiglia di champagne dentro un apposito secchiello di ghiaccio.

    Sakiko gattonò sul sedile di fondo e dopo aver preso posto batté enfaticamente la mano sul sedile per invitare Gabriel a seguirla «Andiamo, andiamo! La prima tappa è la promenade sul fiume Meguro!» – annunciò con fare esaltato.





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    Vista l'assente esperienza di Gabriel, doveva affidarsi al "sentito dire" per inquadrare l'ubriachezza della bionda. E se era vero si passasse per varie fasi, Sachiko stava attraversando la malinconia da sbornia, in quel momento.

    Sin dall'inizio sapeva i fiumi di alcolici fossero un disperato tentativo di sopire la tristezza, eppure le sostanze sembravano aver sortito infine l'effetto opposto, ovvero portare in superficie anche più che il semplice spezzacuore.

    Glielo vedeva nello sguardo, perso in un passato ormai fuori portata, ricordando la madre. E nella voce densa d'autocommiserazione pensando ad un altro dei molteplici angeli che apparentemente l'attorniavano. Persino una banalità come la carta da gioco della Regina sembrò toccare qualche corda emotiva in lei.

    Nel suo vortice di dramma il discorso potenzialmente incoraggiante dell'azzurro andò a perdersi, corrotto, distorto, fino a che i suoi occhi verdi non videro in Gabriel ciò che in realtà avrebbero dovuto trovare in Sachiko stessa.

    In risposta lui... Non aveva commenti da fare. Forse era più interessato ad osservarla tentando – probabilmente invano – di comprenderla meglio. E poi non era in grado di consolare qualcuno. Si faceva spesso i fatti degli altri provando a offrire soluzioni per i loro problemi, ma il lato emotivo lo lasciava sempre a qualcun altro.

    Vederla sotto tale luce però chiariva il suo entusiasmo verso il passare una serata con qualcun altro, anche un individuo come Gabriel. Meglio che rimanere sola coi propri pensieri. Un desiderio che a lui non era estraneo.

    Senza considerare poi che l'uomo si era messo in tale posizione proprio perché attenzioni tipo quella non ne aveva. Era un'occasione unica, anche per lui.

    L'intera situazione vergeva tra il tragicomico e il tragico soltanto.

    « Impressive sucking abilities~ ♥ ​»

    Complimentò il quirk della ragazza, le cui capacità di creare disordine erano mediate dal potere di portarlo via con se. Non capì tuttavia perché l'autista rispose ad un commento così innocuo con un'occhiataccia malevola.

    Alla bionda invece toccò ricevere uno sguardo confuso dall'invitato a quello strano "appuntamento". Intuiva che i suoi misteriosi piani fossero gli stessi pensati in origine per il famigerato amore latitante, ma chissà perché non si sentiva rassicurato dalle garanzie su quanto super sarebbe stato, se venivano da lei.

    « ...Di domande ne avrei, eppure anche le sorprese hanno il loro fascino ♠ ​»

    Disse, accettando l'invito a seguirla nell'auto. Scostò i vari petali dal sedile prima di prender posto, il contrario della compagna che invece si buttò a capofitto in quel segnale d'amore.

    Dodiché chiuse la portiera... Realizzando solo in quel preciso momento quanto equivoca si fosse fatta l'atmosfera. La vettura smorzava i suoni della strada e dei locali lì fuori, i vetri scuri creavano una semi-luce che portava in risalto le fragranze di cui profumava l'interno della BMW. Il tutto circondava loro due, seduti assieme sul retro, uniti da una bottiglia di champagne.

    Non si aspettava di finire in un ruolo simile con la donna che quasi gli aveva vomitato addosso.

    « Wow, manca solo della musica romantica a completare questa scenetta. Sicuramente te ne intendi più tu, hai proposte? ♦ ​»

    Gli venne in mente avvistando la radio/player al fianco di Tatsumi, che intanto dava il via ai motori e si preparava a tornare in strada. Una domanda principalmente volta a rompere il ghiaccio di un conteso in cui era indubbiamente fuoriluogo. E magari ad allentarla un po', prima di incuriosirsi maggiormente degli affari suoi.
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    Se fosse stata più sobria e lucida normalmente Sakiko si sarebbe guardata bene dal fidarsi cosi ciecamente di uno sconosciuto appena incontrato – a prescindere che avesse un nome angelico o meno. Indubbiamente non avrebbe neanche considerato lontanamente l’idea di trascinarlo con se in una bizzarra avventura romantica senza intento romantico.

    La Sakiko alticcia però non si sembrò curarsi minimamente di ciò. La ragazza sembrava tanto ebbra di alcool quanto di entusiasmo saltellando spasmodicamente sopra il suo sedile mentre aspettava che Gabriel prendesse posto, come se fosse una bambina che sta per passare l’intera giornata ad un parco di divertimenti.
    Questa Sakiko non aveva in fondo molto interesse a considerare potenziali implicazioni e conseguenze di questa sua iniziativa. La cosa avrebbe richiesto di fermarsi a pensare e contemplare la sua situazione – ed era una cosa che al momento voleva evitare ad ogni costo.

    Perfino nel suo stato era subconsciamente consapevole che si fosse soffermata ad esaminare i pensieri che galleggiavano nel suo cervello imbevuto d’alcool si sarebbe sicuramente trovata a confrontarsi con la deprimente e frustrante realtà della situazione.
    Da lì si sarebbe inevitabilmente trovata trascinata in un abisso di tristezza e autocommiserazione. E nessun angelo o benefattore sarebbe riuscita a salvarla da lì.

    No. La Sakiko brilla del presente era abbastanza cosciente da lasciare che fosse la Sakiko lucida del futuro a fronteggiare l’aspetto più serio e deprimente di quella serata. Lei preferiva concentrarsi a trovare il lato positivo di quella situazione – o più esattamente a crearne uno.

    Si era impegnata per curare ogni dettaglio di quella serata e per quanto potesse sembrare stupido e superficiale voleva che i suoi sforzi fossero ripagati in un modo o nell’altro. Voleva che nonostante tutto potesse rammentare quella sera come una serata piacevole piuttosto che ricordarla soltanto come la giornata in cui era stata bidonata.

    Fu con questa risoluzione in mente che quando Gabriel le porse senza molte aspettative la domanda la ragazza sfoggiò un ghigno compiaciuto con un espressione furbesca che stonava decisamente con le facoltà intellettive che aveva mostrato fino a quel momento.

    La ragazza ridacchiò con il fare sicuro di se di chi ha non un solo asso nella manica ma un intera scala reale. “Ottima domanda… Gabbie. Ti ho detto che sono… preparata. Ho l’occorrente proprio qui…” – la ragazza fece per raggiungere qualcosa sotto il sedile di fronte a lei ma dopo aver apparentemente tastato l’aria a vuoto per qualche secondo la sua espressione di tracotante sicurezza mutò in una di perplessità. “Accidenti, dov’è? L’avevo messo qui sotto… aspetta…” – brontolò fra sé e sé e senza tanti complimenti decise di proseguire la sua ricerca sotto il sedile dell’autista. Per far ciò la ragazza si alzò dal suo posto e gattonò con incuranza sul lato di Gabriel poggiandosi momentaneamente con il busto sulle gambe per rovistare sotto il sedile.
    “Ah-ah! Eccolo! L’ho trovato…” – esultò con la testa chinata verso il basso, apparentemente ignara di trovarsi in una posizione fraintendibile – “…ah, diamine è scivolato sul fondo. Ugh – è troppo grosso, non riesco a prenderlo con una sola mano.” – constatò ad alta voce spanciandosi ulteriormente sulle gambe dell’uomo per poter usufruire anche dell’altro braccio.

    Finalmente la ragazza riemerse esultando vittoriosa “Yes! Eccolo! Ta-da!” – sollevando euforicamente il trofeo che aveva cercato cosi duramente.
    Si trattava di una macchina da karaoke portatile. Il dispositivo appariva come una piccola cassa acustica sulla cui facciata superiore era stato applicato un interfaccia touch-screen. Sui lati figuravano due microfoni sorretti da due ganci di plastica.

    Trascinando maldestramente l’apparecchio la ragazza si spostò a ritroso tornando nuovamente al suo posto per poi poggiare il dispositivo da karaoke fra se e Gabriel.
    Il suo sguardo era cosi pieno di aspettative ed entusiasmo che sembrava quasi di potervi vedere delle stelline all’interno.
    Con quello sguardo stellato la ragazza declamò in maniera schietta e prevedibile le sue intenzioni “Con questo possiamo cantare durante tutto il tragitto in macchina! Non è un idea super-divertente!?” – enfatizzò applaudendosi da sola l’idea – “Comincio io! Comincio io!” – seguì ad esclamare come se pensasse che Gabriel ci tenesse quanto lei a mettersi subito a cantare.

    La ragazza iniziò a trafficare con l’interfaccia del dispositivo con un espressione molto concentrata – chiaramente il navigare l’interfaccia di selezione delle canzoni richiedeva un grande sforzo mentale. Miracolosamente però Sakiko sembrò riuscire nell’impresa di selezionare la canzone desiderata. O quanto meno lei sembrò positivamente soddisfatta quando dalla cassa emersero le prime note.

    Che fosse stata selezionata in maniera accidentale o intenzionale, la canzone in questione era la sigla d’apertura di uno degli anime preferiti di Sakiko – “Again” tratta dal popolare “Full Plastic Alchemist”. La bionda non perse una battuta e subito seguì a cantare a voce spianata apparentemente senza neanche bisogno di leggere il testo delle canzone che scorreva sullo schermo illuminato dell’interfaccia. Ancora una volta le doti canore ben affinate della ragazza trasparirono a dispetto del suo stato ebbro – seppur ovviamente non mancarono le piccole stonature e la ragazza finì diverse volte fuori tempo perché si soffermava a prolungare le ultime note di un verso agitando scenicamente le braccia in maniera enfatica.


    “…this is the kind of pain i loveeeeeeeeee!”
    – terminò finalmente reclinando la testa e chiudendo gli occhi con fare teatrale. Rimase in quella posa per qualche secondo quando la musica si era ormai silenziata e poi di bottò spalancò gli occhi e la bocca volgendosi verso Gabriel con fare sorridente “Wooo! Hai visto!? Divertente, vero!? Dai, dai – tocca a te adesso! Scegli una canzone!” – disse porgendo il microfono quasi premendoglielo sulla faccia.




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