Anguille elettriche e dove trovarle

Role | Fumio & Yorune

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    YORUNE FUKAGE
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    C'era una sorpresa per Yorune, da parte di Fumio.
    L'aveva invitato a raggiungerlo, a casa sua, perché potesse godersela meglio. Ma di cosa si trattasse non c'era stato modo per scucire qualche possibile informazione, al che il corvino ci aveva pensato su a lungo. Molto a lungo, da bravo overthinker quale era. L'ipotesi più gettonata era un possibile taser, costruito a regola d'arte perché la curiosità non lo uccidesse, come aveva chiesto al collega in più di un'occasione. Se ne parlava piuttosto bene delle capacità di Fumio in fatto di tecnologia ed equipaggiamenti sia a Deep Void che nell'underworld, e una simile idea poteva essere facilissima da realizzare. Ma si sarebbe fermato a questo? Il corvino non aveva ignorato i se e i ma, anzi. Si era messo anche ad approfondirli giungendo alla conclusione che non potesse essere qualcosa di banale. La fama di Nemo era ben meritata, dopotutto. A questo proposito ricordava un po' bene il discorso avuto con Norio-san.
    Cos'altro poteva fare Yorune durante l'attesa in quella macchina? Tormentare il suo chauffeur con domande su domande tra uno scambio di sguardi e l'altro, come faceva d'altronde ogni volta che veniva a prenderlo per accompagnarlo altrove. Di pazienza Akira Yamamoto doveva averne moltissima, specie se il corvino sapeva essere loquace quando ci si metteva. Un insolito rapporto di fiducia reciproca permaneva fra i due uomini - con quattro anni di differenza - fin da quando erano bambini e si vedevano saltuariamente alla residenza dei Fukage, arrivando persino a considerare Akira come facente parte della famiglia già numerosa di per sé, tuttavia uno dei pochi su cui sapesse di poter contare. Ogni tanto si preoccupava di lui però, pensava potesse fare molto di più che servire il corvino, che starlo a sentire sproloquiare su ogni argomento possibile. Poteva guadagnare molti più soldi di quanti gliene desse la matriarca dei Fukage, col senno di poi aveva tratto le conclusioni e capito di poter contare su di lui soprattutto per la sua lealtà. « Una catena? La troverei interessante, nessuno riuscirebbe a muoversi. » se ne uscì su due piedi, ancora una volta, senza dover preoccuparsi a nascondere la curiosità e l'emozione che la sorpresa di Fumio pareva aver suscitato in lui. Doveva fidarsi tanto di Akira da mettersi a sproloquiare di cose che avrebbero probabilmente destato qualche preoccupazione per una persona normale. Da parte sua ricevette invece un cenno di perplessità, che poté cogliere attraverso lo specchietto interno. « Come non detto, hai ragione. Qualcosa di simile ad una granata? Però dev'essere parecchio pesante. » continuò il corvino, l'espressione abbastanza riflessiva che lasciava capire quanto stesse ponderando in quel posticino adorabile che doveva essere la sua mente. « Potrebbe aver messo a punto una specie di accendino, hai presente? Quelli falsi che quando tiri, provi una piccola scossa elettrica. » forse solo uno dei pensieri più insoliti che potesse uscire dalla testolina del corvino, che pensava bene di non escludere proprio niente. Dalle cose più normali alle cose più sensate, logiche, alle cose più strambe e insolite, tutto era da tenere in considerazione. « Forse sto divagando? Potrebbe essere solo un normalissimo taser e nient'altro. » si accarezzò piano le corna nere, come se tutto quel formulare numerosissimi pensieri in merito alla sorpresa lo portasse infine alla consapevolezza che darvi troppa importanza potesse risultare deleterio. Forse era solo un taser e basta. Forse Fumio aveva davvero pensato a qualcosa di semplice per aver salva la vita di un collega. Forse quell'esperimento sarebbe stato eticamente ragguardevole. Incassò l'occhiata silente ma comprensiva del chauffeur e serrò le labbra, godendosi il silenzio per tutto quel tempo che mancava fino all'arrivo a Shinagawa, più precisamente all'indirizzo ricevuto da Fumio.
    Sì, una cosa bisognava dirlo: Yorune era sinceramente sorpreso che il caporecluta vivesse da quelle parti considerando l'importanza e il tenore di vita che esercitava il quartiere speciale. Un po' lo capiva perfettamente perché, insomma, gran parte del patrimonio dei Fukage riguardava perlopiù gli investimenti in immobili e arte, tra cui alcuni complessi residenziali che si trovavano anche a Shinagawa; un po' perché si era rifiutato di viverci lì preferendo invece Akihabara per diverse ragioni.
    « Da qui proseguo da solo. » alzò la mano sinistra e la voce per farsi notare da Akira, esortandolo a far fermare il mezzo di trasporto. Il punto in cui erano arrivati non distava troppo dall'abitazione di Fumio, giusto... sei minuti di camminata, come aveva calcolato rapidamente nella propria testolina. « Puoi prenderti la giornata libera, credo avrò da fare per un bel po'. — Intesi? » in un primo momento si era soffermato ad aggiustare i bottoncini del gilet che pareva entrare in sintonia con gli occhi, in quello successivo aveva lanciato un'occhiata più seriosa che mai al chauffeur, cercando di far intendere chiaramente che potesse prendersi il resto della giornata per fare quello che voleva senza ripercussioni. Ciò valeva a dire che non dovesse per forza attenderlo e spiarlo su ordine di Ahmya. Non voleva immaginarlo tutto solo e in attesa, questo andava contro le convinzioni in cui credeva e lo rimarcava sempre alla nonna tutte le volte che la vedeva, perciò aveva preferito congedarlo in quel modo e venir comunque pagato profumatamente per la sua gioia. Uscì dall'auto e strinse le spalle nel trench leggero, che lasciava intravedere un outfit in qualche modo uscito da una collezione primaverile dell'epoca vittoriana, solo reinterpretato e adattato ai propri gusti. Forse bizzarro, forse unico.
    In sei minuti quasi precisi - con una ventina di secondi e qualcosa in più - Yorune si trovava fuori l'abitazione di Fumio, intenzionato a premere il tasto per far partire il campanello.
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    FUMIO MASAYOSHI
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    L'orologio sopra il kotatsu del soggiorno-cucina ticchettava intensamente, minuto dopo minuto, scandendo le ore di un pomeriggio che andava sull'affievolirsi. Fumio era tornato a casa da poco dopo una stancante giornata passata in officina ed era di nuovo alle prese con il problema.
    Una cosa era certa: quella storia doveva finire. A volte era necessario mettere dei punti. Tipo in fondo alle frasi, per rispettare la grammatica; di sutura, se sei al pronto soccorso con un brutto graffio; o ancora in certe discussioni, per indicare la propria volontà di non discutere più in merito ad un argomento specifico. Ecco, lui non era mai stato molto bravo a farlo. A giapponese aveva sempre avuto voti pessimi, non era un chirurgo e più di tutti era un indeciso perenne.
    Persino su cosa mangiare a colazione, come se scegliendo il natto avrebbe fatto un torto al riso a vapore e viceversa. Eppure quella volta aveva passato ogni limite: non era di natto o riso che si stava preoccupando, ma di quella bestia con gli occhietti nerissimi che lo fissava immobile dal fondo di un gigantesco acquario nella sua sala da pranzo.
    «Non guardarmi così.» brontolò, quasi come se l'animale potesse sentirlo. Davanti a lui, c'era un quaderno aperto con una miriade d'istruzioni per prendersi cura di quella cosa. A gambe incrociate sotto le coperte del kotatsu, non che ce ne fosse bisogno a primavera inoltrata, era più abitudine che altro, il meccanico stava aspettando con impazienza l'arrivo di Yorune. «Dovresti essermi grata.»
    Già, Yorune. Un altro membro di Deep Void che aveva conosciuto in circostanze non esattamente particolari, se si esclude la retorica del far parte di un'organizzazione criminale come condizione particolare. A quel punto, sarebbe dovuto essere abituato alle stranezze del collega - o insomma, al collega in generale -, ma era evidente che in qualche modo esse avessero avuto la meglio su di lui. Sì, esatto, tagliamo corto: se si trovava in quella situazione, con un'anguilla dentro un aquario nel soggiorno la colpa era solo di Yorune. Chiariamo, in realtà Fukage-san, a parte qualche stramba discussione su quei suddetti pesci, non gli aveva chiesto niente. Fumio aveva fatto tutto da solo, nella sua piena incapacità di mettere dei punti alle discussioni. Ma erano mesi che il corvino non faceva altro che blaterare di taser, anguille elettriche e strani esperimenti con delle cosce di pollo (era sicuro avesse tirato fuori l'argomento anche al matrimonio dell'Eden's Thorn) e aveva raggiunto il limite della sua soglia di sopportazione. Yorune gli piaceva perché era un ragazzo più o meno della sua età e - tolte le due Ying, con le quali, per ovvie ragioni, preferiva parlare il meno possibile - Deep Void non era proprio popolata da persone della sua età. Fumio considerava il gruppo come una famiglia e gli faceva piacere avere una sorta di amico con cui non doversi preoccupare di nascondere sé stesso. Lavorare in azienda lo aveva portato a stringere qualche amicizia, ma era diverso... non poteva che trattarsi di rapporti superficiali: era certo che se avessero scoperto chi era davvero lo avrebbero denunciato alla polizia senza pensarci due volte. Con Yorune questo problema non sussisteva, ma a volte si chiedeva come la sua mente facesse collegamenti tanto bizzarri e quali neuroni gli suggerissero che paragonare anguille e taser avesse senso. Forse la differenza fra gli intraprendenti e gli sfigati come lui stava lì, a fissarti come il tuo mostro sotto il letto mentre non avevi coraggio di dar voce ai tuoi pensieri.
    Nessuna parentesi sentimentale lo avrebbe reso clemente quell'oggi, però. Fumio si era deciso a chiudere quella storia e lo avrebbe fatto. Forse.
    I propositi c'erano, ormai quel dannato serpente aquatico viveva abusivamente già da una settimana nel suo salotto e lui si stava abituando alla sua presenza, quindi doveva sbarazzarsene prima che gli venisse voglia di tenerlo. A forza di rimandare, aveva finito per invitare l'amico a casa sua con la scusa di dover discutere in merito a quell'esperimento con i taser di cui avevano parlato e... sì, non era stato del tutto sincero, ma mica poteva dirglielo che aveva un'anguilla in casa! Non gli avrebbe creduto, Mai. Meglio che la vedesse con i suoi occhi.
    Non sapeva nemmeno cosa lo avesse spinto a comprarne uno, a parte la speranza di placare le tendenze folli del collega, ma si rendeva conto di essere stato impulsivo.
    Come si fosse procurato un simile animale è un discorso che non vale la pena di approfondire, vi basti sapere che a lavorare sul mercato nero si finisce per avere più contatti di quanto uno possa pensare: «Probabilmente ti ho salvato dal piatto di qualche riccone squinternato.»
    Ennesima imprecazione che si risolse in un nulla di fatto. L'anguilla continuò a fissarlo sul fondale melmoso dell'acquario e Fumio sospirò afflitto. Era così preso a "conversare" con il pesce, che il suono del suo stesso campanello per poco non lo fece sobbalzare dallo spavento. Ma non appena si rese conto di come tale evento segnasse il probabile arrivo di Yorune balzò in piedi in fretta, si sgranchì le gambe per un attimo in modo che non s'informicolassero e scattò verso l'ingresso con l'energia di un corridore olimpico.
    Fumio viveva a Shinagawa sì, ma in un normalissimo e deludente appartamento in affitto: l'unico motivo per cui aveva scelto il quartiere quando si era trasferito era la vicinanza con l'ospedale dov'era ricoverato suo fratello. Si sarebbe dovuto sentire una piattola in confronto a Yorune che, a quanto aveva capito, navigava nei soldi, ma al momento non gl'importava: voleva solo che si portasse via l'anguilla.
    Schiusa la porta, Yorune fece la sua apparizione in tutto il suo splendore: elegante e con i vestiti abbinati alle verdi iridi degli occhi, Fumio si prese un secondo per studiarlo e giurò sembrasse uscito da una scenetta dell'Europa vittoriana. Al contrario suo, la prima cosa fatta messo piede in casa era stata cambiarsi e indossare la tuta nera che indossava adesso, un completo sportivo di cotone con un gatto addormentato stampato al centro della maglia e la scritta "i'm not just tired i'm exhausted" in un font orribile uscito forse dal Tumblr del 2009.
    «Ciao.» esordì, eloquente come suo solito. Alzò un sopracciglio da sotto i lunghi capelli azzurrini e si fece da parte, per lasciare entrare il corvino. «Scusa se non è una villa.»
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    YORUNE FUKAGE
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    Si soffermò in un primo momento sul volto di Fumio, in quello dopo sulla maglia e ancora di nuovo su Fumio. Alternava quasi ripetutamente l'attenzione con uno sguardo attento e stranamente paziente, come se stesse mettendo a fuoco l'altro attraverso quelle iridi di un verde acceso, come se lo stesse analizzando con l'ausilio di un microscopio di ultima generazione.
    Cosa...? Oh, sì. Giusto, la sorpresa.
    Sbatté lievemente le palpebre e annuì ritrovandosi poi ad aggiungere. « Salve. – Perché dovrebbe... perché dovresti scusarti? » si corresse alla fine ricordando su due piedi come Fumio preferisse mettere da parte le formalità e darsi del tu. Quelle parole avevano fatto sollevare comunque le sopracciglia del corvino in un'espressione più perplessa e curiosa che interrogativa e offesa. Non ne aveva motivo per esserlo, non capiva perché l'altro avesse pensato fosse - forse? - doveroso scusarsi. Lui, in molti posti, c'era andato alla fine. Posti enormi, sì, ma anche posti piccoli, posti semplici, innocui e comodi. Non c'erano differenze per lui né tantomeno delle strane predilezioni, ecco. Una volta, ai tempi dell'università, aveva preferito accompagnare una compagna del corso nel suo appartamento che era più piccolo e stretto di quello di Fumio e non si era fatto mille problemi a studiare lì per Meccanica dei Componenti. « Visto che stiamo mettendo da parte le formalità, dimenticati di tutto ciò che sai della mia famiglia. È irrilevante ai fini del nostro... rapporto? Mettiamolo così. » si trovò a confessare, scambiando l'espressione con una più amichevole, forse nel tentativo di mettere Fumio a suo agio e fargli cambiare qualsiasi prospettiva potesse avere nei confronti del corvino. Era... un collega """amichevole""", non una persona "coi soldi" o quello "con una villa" né tantomeno l'erede dei Fukage. Era Yorune, tutto qua.
    Notando il caporecluta scostarsi, non lo aveva fatto penare troppo nell'attesa perché, nonostante tutto, le "buone maniere" gli venivano istintive e aveva riservato un cenno del capo in segno di saluto e ringraziamento, prima di mettere piede nell'appartamento. Che, a conti fatti, non era da demonizzare. Era un po' semplice, sì, ma almeno v'era qualche elemento che facesse capire chi viveva lì. Fumio e nessun altro. O almeno così credeva, non lo conosceva tanto bene da sapere anche ogni virgola che aveva dato colore alla sua vita. Non ancora. « Dov'è la sorpresa? Mi ci hai fatto pensare parecchio, non te lo nego. » cercò di riportare il focus sull'argomento senza creare ulteriori imbarazzi o momenti morti, togliendosi nel frattempo il trench leggero per metterlo sull'appendiabiti o qualunque cosa potesse rappresentare tale scopo. Se proprio l'altro avesse preferito prenderlo per metterlo dove riteneva più congeniale, glielo avrebbe lasciato fare. « Ma non aver paura di deludere le mie aspettative, le sto tenendo molto sotto controllo. » gli sembrò il caso di specificarlo per tranquillizzare il collega mentre appiattiva un poco il gilet, non volendo vederlo mangiarsi le preoccupazioni. Non avrebbero lasciato una sensazione bellissima allo stomaco. Gli fece cenno di portarlo dove volesse con la mano destra, chissà cos'era la sorpresa alla fine.
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    Chiedo scusa per il mostruoso ritardo, l'università ha deciso per me D:


    FUMIO MASAYOSHI
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    Il collega di Deep Void accolse quel suo borbottio con malcelato stupore e... come dargli torto, in effetti. L'appartamento in cui stava per mettere piede non era una villa e non c'era nulla di male in questo, dopotutto le persone che potevano dire di possederne una erano certamente meno di quelle che potevano dire di avere un modesto alloggio in affitto, ma con Fumio la questione era semplice: era abituato a inventarsi delle colpe anche quando non ne aveva nessuna, la cosa era tanto radicata nel suo cervello che ad estirparla ci sarebbe voluta un'intera equipe di giardinieri.
    Perciò anche il più giovane rimase una manciata di secondi davanti alla porta come un pesce lesso - per rimanere in tema di fauna marina - prima di realizzare cosa Yorune avesse detto, incassarsi un pochino nelle spalle per la vergogna e stracciare una risposta che suonò più o meno come un: «C-Che ne so io di c-come ragionate voi ricchi?»
    Ad onor del vero non era che Fumio sapesse chissà cosa della famiglia di Yorune; sapeva che erano - appunto - ricchi, importanti e probabilmente nulla di troppo diverso dalla famiglia di Blank: insomma, con un patrimonio che il meccanico non riusciva nemmeno ad immaginarsi a mente. Era solo l'idea di dover accogliere uno che si immaginava vivesse in una magione tipo quella delle gemelle Ying in un appartamento di città con il balcone che si affacciava sulla strada, che lo metteva un po' a disagio; per il resto, in fondo, era il primo che aveva chiesto a Yorune di evitare le formalità: quelle sì che gli facevano venire voglia di sparire dalla faccia della terra.
    «Mah, se lo dici tu.» sminuì infine, sporgendosi a chiudere la porta, una volta che il corvino ebbe superato la soglia. Come preannunciato, casa sua era piuttosto semplice: superato il tipico ingresso alla giapponese, ci si trovava in un lineare corridoio dai muri bianchi che si apriva su alcune stanze. Forse era anche troppo grande per una persona sola, ma Fumio non aveva mai perso le speranze di poterci vivere - un giorno - con suo fratello. La stanza più grande era la cucina-soggiorno, che si intravedeva dalla prima porta scorrevole socchiusa sulla destra e sembrava dare su una piccola terrazza. Ovviamente la maggior parte dei mobili non erano suoi, essendo praticamente scappato di casa non appena aveva messo da parte abbastanza soldi con i lavori di Deep Void non aveva avuto molto tempo per organizzarsi in quel senso e a casa di suo zio non ci aveva mai più voluto mettere piede. Ora che ci pensava probabilmente Yorune era la seconda persona che metteva piede lì dentro, il che la diceva lunga sulla vita sociale del ragazzo dai capelli blu.
    Non fu comunque quello il pensiero che strappò una sottospecie di gemito afflitto alla gola del meccanico, quanto Yorune a ricordargli il motivo per cui fosse lì.
    «In cucina. – rispose, non sprecando nemmeno una parola, manco costassero come la frutta al mercato. – Ma non so se la chiamerei sorpresa... per me è un problema.» Un grosso problema.
    Delle dimensioni dell'acquario. Decise tuttavia di non aggiungere altro, convinto che ogni parola in più fosse superflua prima che Yorune vedesse la bestia che infestava il suo soggiorno. Per cui avanzò e fece cenno al collega di seguirlo.
    Fumio superò la soglia in un silenzio quasi funereo, poi si mise in disparte a lato della porta e sospirò, sconfitto. In mezzo alla sala c'era un kotatsu, che - grazie ad un quaderno poggiato lì sopra - s'intuiva fosse stato occupato dal ragazzo fino a quel momento, e poco oltre il mobile... un grosso acquario azzurro ospitava una creatura serpeggiante che aveva infestato i sogni erotici di Yorune anche troppo a lungo.
    Un'anguilla elettrica, o più esattamente un pesce coltello, che con le anguille c'entrava ben poco in realtà.
    Come la vide per l'ennesima volta, Fumio si prese il viso fra le mani, passandosi la destra sulla fronte come se avesse la febbre e posando la sinistra sul medesimo fianco.
    «Io... non so cosa mi sia preso.» esalò, memore della sua stupidaggine. Era il ritratto della disperazione e non aveva la più pallida idea di come l'avrebbe presa il corvino, ma sperava positivamente perché in qualche modo doveva convincerlo a portarla via di lì.
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    Scusami anche tu :sadbunny:


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    « Non saprei, dimmelo tu. » fece il corvino in un'espressione al limite dell'ironico, con un tono della voce sciolto e rilassato, come se si sentisse a suo agio e non si facesse mille domande come, appunto, Fumio. Nel modo in cui si poneva, fu abbastanza chiaro che non volesse far pesare il suo status al collega né tantomeno si aspettasse una risposta da quell'affermazione che poteva essere meramente retorica. Forse sarebbe bastato un cenno d'assenso che la questione finiva lì e potevano continuare nel modo in cui preferissero.
    Più osservava il collega, più si chiedeva con chi pensasse di vivere in quell'appartamento, che sembrava essere abbastanza spazioso anche per un'altra persona e, perché no, costruirci una famiglia. Naturalmente non significava che si applicasse anche sul caso di Fumio, anche se non spettava a lui stabilirlo ed era ben cosciente di come l'universo sapesse riservare delle sorprese anche a chi amava pianificare fino nei minimi dettagli la propria vita. Mai dire mai, insomma, e l'attenzione del corvino non poté che finire sulle parole altrui. Non una sorpresa ma un problema, ecco cos'era che voleva mostrargli l'altro. Lo seguì cogliendo il cenno senza fiatare e con un'espressione composta - per quanto possibile - per prepararsi a ciò che avrebbe visto di lì a poco, addentrandosi sempre di più tra quelle pareti. E capì effettivamente perché fosse un problema, o quantomeno poteva capire perché Fumio lo considerasse tale. C'era poco da stupirsi, per certi versi.
    « Poteva bastare una piccola scatola con due anelli dentro, Fumio-sama. » se ne uscì su due piedi, Yorune, senza curarsi troppo di come avrebbe reagito il collega al sentire quelle parole, ché poteva immaginare per pochi minuti come si sarebbe comportato. Forse lo avrebbe fissato di nuovo come un pesce lesso, forse si sarebbe messo a farfugliare parole incomprensibili come incapace di far lavorare correttamente gli ingranaggi nella propria testa. Tuttavia erano parole dette senza tutta la malizia al mondo, un commento arguto e ironico che voleva solo collegarsi a quanto gli aveva detto precedentemente via i social. Ne andava il futuro, per l'esattezza quello della scienza ma non era necessario essere terribilmente puntigliosi. « Posso capire perché sia un problema, ma lo è per te? Vorresti sbarazzartene prima che lo veda qualcuno? » domandò, come se fosse finito invischiato in una storiella scomoda e ci fosse qualcuno ben intenzionato a conciarlo male per aver messo le mani su Fumio, intanto che inchiodava le iridi d'un verde ardente su quelle altrui e si avvicinava da affiancarlo quel che bastava per osservare meglio, come una mamma orsa che tiene d'occhio i figli orsi alle prese con un barattolo di miele. « Dimmi un po', è un maschio o una femmina? Come dovremmo chiamare la nostra creatura? » e l'attenzione finì tutta sull'acquario, prendendosi qualche minuto prima per osservarlo e poi per lanciare di sfuggita un'occhiata a Fumio, come ad aspettarsi maggior coinvolgimento da parte sua su quello che non era definirsi un problema quanto più una creatura di cui avevano qualche responsabilità. Si poteva forse immaginare che Yorune stesse tastando un po' il terreno per capire anzitutto come avrebbe reagito Fumio a simili uscite e infine trovare il modo adatto per dirgli cos'era che gli frullasse nella mente da diverso tempo, forse anche troppo. C'entrava sempre il futuro della scienza, nulla di più.
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    FUMIO MASAYOSHI
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    Yorune era una persona profondamente diversa da lui e, con ciò, ormai Fumio ci aveva fatto pace. Il fatto che, tuttavia, ancora non riuscisse a cogliere la sua ironia o a capire quando scherzava e quando no, continuava a mandarlo in crisi.
    Come, del resto, ogni minore inconvenienza che si presentava nella sua vita.
    Credette comunque di apprezzare, almeno in modo inconscio, che il collega stesse cercando di non fargli pesare l'aver accolto in un piccolo e umile appartamento di periferia uno abituato a risiedere in villoni con tre feudi annessi: per il meccanico i ricchi erano tutti snob con la puzza sotto il naso, e non lo diceva perché era invidioso dei loro cellulari nuovi ogni cinque mesi, quindi di certo non l'aveva previsto.
    Il corvino però non aveva affatto finito di sbigottirlo, poiché una volta superata la soglia del salotto e rivelata l'origine del famoso problema... rimase sorprendentemente calmo, e si limitò a commentare che sarebbe potuta bastare una scatola con degli anelli dentro.
    Fumio aggrottò le sopracciglia, senza capire.
    «Anelli? E per fare cosa?» domandò, quasi senza pensarci, troppo occupato a fissare l'acquario. Con sennò di poi avrebbe fatto meglio a contare fino a dieci prima di aprire bocca, perché la risposta gli sovvenne esattamente mezzo istante più tardi, non appena si fermò a fare ciò che non aveva fatto. Pensarci. Colse a che tipo di anelli si stesse riferendo Yorune, e allora sì che divenne paonazzo. Forse persino più paonazzo di quando Fox si era tolta la maglia davanti a lui per provarsi un octopus. «M-M-Ma s-stai zitto!» farfugliò in preda al panico, ricordandosi di colpo di avere un interessantissimo pavimento.
    Inutile dirlo, ma non avendo mai avuto amici stretti, Fumio non era affatto abituato a quel tipo di ironia fra ragazzi, era ovvio che fosse un po' come fare un tuffo in una piscina d'imbarazzo. Cosa voleva dire, poi? Yorune era dell'altra sponda? Cioè, non c'era assolutamente nessun problema, eh! Solo... solo... non lo sapeva, faceva strano pensare che uno come Yorune non avesse una ragazza. O peggio, un matrimonio combinato fin dall'infanzia come facevano le vere persone ricche. Sì, forse Fumio era rimasto bloccato al periodo Edo.
    Solo dopo qualche altro gorgoglio confuso parve ricordarsi di avere delle corde vocali, e decise di donare giustizia a quel povero animale che fissava - forse? - i due umani piantati fuori dalla sua vasca. «Maschio.» Almeno così gli avevano detto. «Ed è un problema perché, se non te ne fossi accorto, vivo in un appartamento e non ho davvero posto per tenere un acquario gigante in soggiorno a tempo indeterminato.»
    Era sollevato che Yorune non gli avesse chiesto come si fosse procurato quella bestia, perché spiegarlo sarebbe stato difficile. Non sapeva nemmeno se allevarle nel privato fosse legale, visto che ovviamente non se l'era certo procurata scendendo al negozio di animali sotto casa. Diciamo che al mercato nero girava davvero ogni tipo di persona e Fumio spesso si ritrovava ad avere più contatti di quanto potesse sembrare.
    «Quindi spero solo di chiamarla tua e non nostra il prima possibile.» riprese, tutto d'un fiato, e mentre si lamentava prese e andò a sedersi a gambe incrociate davanti al kotatsu, dove era rimasto a contemplare il suo danno tutti i giorni e le ore precedenti all'arrivo di Yorune, poggiando i gomiti sul tavolo e il mento fra i palmi delle mani. «Ho già due pesci rossi, mi bastano e avanzano.»
    A dispetto di ciò, Yorune non era l'unico overthinker presente in stanza; nonostante i sui comportamenti schivi e meschini, Fumio si era interrogato a lungo sul perché l'amico si fosse fissato con le anguille elettriche, i taser e persino le cosce di pollo congelate, quindi prima di qualsiasi altra cosa voleva sapere perché.
    «Ora puoi dirmi perché ne volevi una?»
    E dicendolo, si permise di lanciare una lunga occhiata sospettosa all'altro, gli occhi dorati bagnati dai riflessi azzurrini dei suoi capelli. Prima che potessero venirgli strane idee, curiosità scientifica o meno, non gli avrebbe certo permesso di farla fuori.
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