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Specializzazione Lab Quirk ; [Desmond Archisorte, Kalyani Raji]

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    TSUKIYO KARDAMA
    Era una normale giornata lavorativa per Kardama. Pur essendo uno dei più talentuosi ingegneri della nazione non si era mai montato la testa e anzi, dopo la sua pluriennale esperienza in India aveva capito il valore di intrattenere rapporti con i propri dipendenti, di valorizzare l'opinione di tutti e in generale di mantenere la testa sulle spalle e i piedi per terra. Purtroppo una parte di lui era cambiata dopo l'incidente accaduto alla sua famiglia e più o meno tutti in azienda avevano notato il cambiamento. In un certo senso però, sporcarsi le mani e lavorare a nuovi progetti era una delle poche cose che gli dava la parvenza di essere ancora un essere umano in vita... oltre a tutto ciò che faceva di notte lontano da occhi indiscreti. Proprio per questo motivo, però, non era raro vederlo armeggiare con prodotti destinati a clienti più piccoli o singoli, indipendentemente dal valore monetario che avrebbe portato all'azienda: in gioventù era sempre stato un sostenitore dell'ingegneria ad utilizzo pubblico e civile ed in generale sperava di poter migliorare la vita alle persone tramite l'utilizzo della tecnologia. Proprio per questo motivo, era stato lui la voce principale nella collaborazione intrapresa ormai da qualche anno con 30MINUTESINDUSTRIES per la produzione di apparecchi che potessero alleggerire la vita a pazienti affetti dai cosiddetti negaquirk. Uno degli ultimi progetti su cui avevano lavorato lui e sua moglie era la produzione di quei tubi necessari all'utilizzo dell'unicità di suo figlio che ora avevano trovato posto nelle sue braccia, per cui gli sembrava il minimo cercare di mettere al lavoro il suo genio per il bene comune. Era senza dubbio ciò che loro avrebbero voluto.
    Lavorando in una realtà molto grande, il suo consulto al di fuori di progetti personali veniva richiesto raramente e quindi dedicava buona parte del suo orario lavorativo proprio alla produzione o manutenzione di quegli aggeggi prodotti ad personam: la maggior parte della produzione dell'azienda, che forniva equipaggiamenti alle principali agenzie di eroi sul suolo giapponese, era strettamente in serie e quindi la sua presenza risultava del tutto superflua.
    Come detto, dopo la morte della sua famiglia Kardama non aveva cambiato abitudini, ma aveva certamente cambiato atteggiamento. Pur continuando a costringersi ad avere un contatto con i clienti, anche con chi non era un miliardario in cerca d'affari, ultimamente non riusciva a sentire i loro bisogni e le loro sofferenze vicine come un tempo. Era indubbio per chiunque, persino per lui stesso, che la parte migliore di lui fosse morta assieme a sua moglie e suo figlio. Ciò non significa che si comportasse male con i clienti - anzi - né che non fosse più disposto ad aiutarli, ma semplicemente ora lo sentiva più come un vero e proprio lavoro che come una vocazione di sorta. Nonostante questo, però, quel lavoro riusciva davvero a mantenerlo coi piedi per terra: in un certo senso riusciva a ricordargli che non era l'unico a soffrire sulla faccia della terra e che molte persone vivevano dei drammi ogni giorno a causa del loro stesso corpo. Per questo, sebbene non riuscisse più ad empatizzare con loro come un tempo, aiutarli continuava a sembrargli comunque la cosa migliore da fare.
    Di recente aveva lavorato su un progetto che gli era giunto per manutenzione ordinaria qualche giorno prima. Era un sistema rinfrescante, per così dire, per un uomo dalla temperatura anomala del sangue. Inutile a dirsi, essendo in un certo senso simile alla sua unicità e a quella di suo figlio, quelle tematiche gli stavano particolarmente a cuore. Pur avendo visto molto di peggio in carriera, aveva avuto modo di rimuginarci su spesso ed era giunto all'inequivocabile idea che le unicità legate al sangue fossero di quanto più insidioso e pericoloso si potesse possedere. Collegato sia al nutrimento delle cellule che alla loro respirazione che allo stesso sistema immunitario, quel fluido era in un certo senso la vera e propria anima del corpo e qualsiasi anomalia avrebbe potuto uccidere una persona ad una velocità inaudita. Il caso in questione era pericoloso perché nonostante il corpo si fosse abituato, come accadeva con tutte le unicità, alla temperatura anomala, negli anni questa aveva continuato ad aumentare. Oltre ai sintomi della febbre, questo avrebbe potuto portare alla lunga alla denaturazione di tutte le proteine prodotte dal corpo che per forza di cose, per i materiali stessi presenti in natura, non potevano adattarsi a quelle temperature come il resto del corpo. Kardama comunque non era un dottore, quindi tutto ciò che poteva fare era produrre un qualcosa in grado di raffreddare il corpo dall'esterno, quasi come fosse il sistema di raffreddamento di una macchina, per tenere le cose sotto controllo finché le medicine non sarebbero riuscite a risolvere la situazione.
    A mezzogiorno meno un quarto avrebbe avuto un incontro col cliente per riconsegnargli l'equipaggiamento dopo la manutenzione. Il sistema sembrava funzionare egregiamente, per cui oltre a qualche cambio al tessuto non aveva dovuto lavorare chissà quanto. Solitamente quegli incontri, oltre alla componente umana, lasciavano anche un bell'impatto sul cliente, che riusciva a sentirsi in un certo senso più vicino ad una realtà spesso percepita come industriale e lontana dagli interessi del singolo cittadino: accedendo al grattacielo dell'azienda situato a Shinagawa e consegnando il tagliando su cui erano riportati data e ora dell'incontro ad uno degli impiegati dietro il lussuoso bancone di vetro presente nell'atrio si veniva indirizzati agli ascensori con un pass momentaneo. Kardama era solito accogliere gli ospiti nel suo ufficio ai piani alti, solitamente offrendo loro una tazza di the. Purtroppo non era mattina abbastanza presto, né pomeriggio abbastanza inoltrato, quindi difficilmente una tazza di una bevanda calda avrebbe fatto il suo effetto, ma ci avrebbe pensato solo una volta effettivamente giunti gli ospiti: capitava abbastanza spesso che le persone dovessero rimodulare l'appuntamento o semplicemente se ne scordassero.

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    CITAZIONE
    .Sapphire Kohchan eccoci qui alla Spec. Dopo un po' di brainstorming e col benestare di Sis, ho definito questo scenario: molto semplicemente i due vengono incaricati da Shinjiro, impegnato sul lavoro, di ritirare il suo equipaggiamento anti-surriscaldamento dalla manutenzione periodica. Per ulteriori specifiche su come questo avvenga, se necessarie, potete benissimo accordarvi tra di voi e/o con Sis. Kalyani è senza dubbio la persona più adatta al lavoro ma Sapph aveva già un'idea su come aggiungersi, quindi lascio fare a voi. Potete benissimo giungere fino in ufficio con questo primo post. :neko:
     
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    alyani non avrebbe dovuto trovarsi lì… in teoria.
    Non era stata lei, nello specifico, ad essere stata incaricata di portare a termine quella piccola commissione. Inizialmente Shinjiro aveva chiesto unicamente a Desmond di recarsi a ritirare un equipaggiamento a suo nome, dal momento che quel giorno era impegnato… ma Kalya aveva deciso di aggregarsi per due motivi: innanzitutto, perché quando si parlava di equip lei si sentiva assolutamente chiamata in causa, in quanto era il suo lavoro e, in quel network, non esisteva persona più competente di lei a riguardo. Anzi, era rimasta sorpresa del fatto che Shinji non lo avesse chiesto direttamente a lei, visto che avevano parlato anche abbondantemente dei suoi equipaggiamenti…
    Se fosse stato solo questo il motivo, però, non sarebbe stata così tanto determinata a mettersi in mezzo.
    Aveva scoperto infatti che quello che stavano andando a ritirare non era un semplice equipaggiamento da combattimento… era un equip che serviva a raffreddare il corpo di Shinjiro, spedito lì per la manutenzione periodica. Scoperto ciò, Kalya era rimasta molto sorpresa, considerando che… non aveva idea che lui avesse bisogno di questo genere di dispositivi. Non gliene aveva mai parlato.
    Ciò l’aveva lasciata un po’ sbigottita, quasi offesa al pensiero che non sapesse molto a riguardo, e aveva deciso di accompagnare Desmond per saperne di più. Nonostante lui non sembrava essere molto contento di quel cambio di programma, lei era stata piuttosto irremovibile e, alla fine, lo aveva convinto – o meglio, lo aveva costretto.
    E così, vestita in maniera formale per quell’incontro, dal momento che sapeva che avrebbero incontrato non un dipendente qualsiasi ma l’ingegnere più importante di quell’azienda, camminava per le strade di Shinagawa a fianco a Desmond. Non aveva parlato molto durante il tragitto, dal momento che non aveva molta confidenza con lui e non sembravano andare molto d’accordo, visto che avevano due punti di vista abbastanza diversi. Nonostante ciò, Kalya si stava comunque impegnando per mantenere un rapporto professionale e decente con i suoi colleghi, altrimenti rischiava veramente che Shinjiro la cacciasse dal network.
    Mostrato il tagliando all’ingresso, gli addetti all’accoglienza di quel posto molto lussuoso – molto più della sua azienda – diedero loro un pass per accedere agli ascensori, dove furono guidati. Kalyani entrò in uno di questi insieme a Desmond, prima di cliccare il pulsante del piano dove si trovava il luogo dell'appuntamento e lasciare che le porte dell’ascensore si chiudessero, il tutto senza dire nulla.
    Fu solo quando loro due si ritrovarono da soli nell’abitacolo, Kalya poggiata sul muro opposto a Desmond con le braccia incrociate, che sollevò lo sguardo verso di lui. “Non sapevo che Shinjiro avesse bisogno di questo tipo di equipaggiamenti,” parlò infine, con un tono di voce un po’ basso e uno sguardo serio, stringendosi leggermente fra le sue braccia. “È da molto che… ne ha bisogno?” Domandò e la sua espressione dura parve vacillare leggermente. Avrebbe voluto fargli molte altre domande, ma mancava poco a raggiungere il piano designato e qualcosa le diceva che, molto probabilmente, lui non avrebbe risposto a tutte le sue domande.
    Avrebbe dovuto chiedere direttamente a Shinjiro.
    In ogni caso, il piccolo ding dell’ascensore annunciò a entrambi l’arrivo sul piano dove si trovava l’ufficio di Kardama.
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    DESMOND P. ARCHISORTE
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    Doveva smettere di far favori a Shinjiro.
    Se da una parte era lieto che il cuoco lo considerasse un amico degno di fiducia, colui a cui affidare i propri affari quando era troppo impegnato con il ristorante, dall'altra si rendeva conto che in qualche modo finiva sempre in situazioni scomode: una volta era finito a prendersi delle sonore legnate da Castiel e ora era costretto a svolgere quel compito all'apparenza tanto semplice in compagnia di Kalyani.
    L'unità della squadra era importante, i vari organi di Bloodpact dovevano lavorare in armonia per mettere in funzione il suo complesso organismo, ma se da una parte era stato relativamente semplice integrare Tachibana Masao tra i suoi tessuti, Kalya e Starrysky erano molto più vicini a un rigetto.
    Ma insomma, con una persona che critica costantemente ciò che fai e un'altra di cui non sai nemmeno il nome, diventa tutto indubbiamente complesso.

    Non avevano parlato molto durante il tragitto che li aveva condotti alla loro meta, cosa inusuale vista la tendenza dell'inglese a perdersi in chiacchiere, ma quella donna non gli andava molto a genio né sentiva di avere molto in comune con lei.
    Senza contare che si sentiva vagamente agitato, diciamo pure in ansia, come ogni volta che quel dannato quirk del cuoco turbava l'equilibrio che si era così difficilmente creato e la cosa non aiutava a migliorargli l'umore.
    Una volta di fronte alla loro destinazione ringraziò mentalmente di aver indossato il completo elegante che gli aveva regalato Masao, proprio quello per cui si era arrabbiato tanto – odiava che le persone spendessero così tanti soldi per lui – perché con i suoi soliti abiti logori e vissuti si sarebbe sentito decisamente a disagio, senza contare che avrebbe rischiato di far sfigurare Kalya e non era dell'umore giusto per stare a sentire le sue lamentele. Un atrio ancora più lussuoso, un pass che li autorizzava a raggiungere chi di dovere e poi un lungo, lunghissimo viaggio in ascensore con la donna.
    Ugh, perché non aveva continuato a tacere? E voleva fumare, aveva bisogno di uno dei suoi sigari, più si avvicinavano a chi avrebbe consegnato loro l'equipaggiamento per Shinjiro e più sentiva lo stomaco chiudersi in una morsa data dall'ansia, dalla paura di sentirsi dare cattive notizie.
    «Tende a non parlarne con gli sconosciuti.»
    Una risposta lapidaria, fin troppo scortese pure per i suoi standard, a cui seguì un lungo sospiro.
    «Scusa.»
    Un altro sospiro.
    Perché anche Masao era occupato, quel giorno? Perché Kalya aveva origliato i discorsi suoi e del cuoco decidendo in modo del tutto arbitrario che si sarebbe unita a lui in quell'occasione?
    «Tendo a essere un po'... apprensivo» Diciamo pure ansioso in modo irrazionale «Quando c'è di mezzo questo argomento.»
    Le diede le spalle per mettersi di fronte allo specchio e cominciò a sistemare la cravatta bordeaux, aggiustando il nodo e lisciando la stoffa, concentrato in modo tale da dirottare tutte le proprie attenzioni su quel semplice gesto.
    «Da circa sei mesi, Shinjiro ha scoperto che la sua temperatura corporea sta lentamente aumentando» Ora toccava al gilet sotto alla giacca, togliendo pieghe inesistenti «Hai presente come vengono cucinate le aragoste? Stesso principio, solo che lui è contemporaneamente la pentola e l'aragosta.»
    In una situazione differente sarebbe stato molto compiaciuto del paragone culinario, ma in quel momento non era dell'umore giusto.
    Bene, erano arrivati al piano, ora doveva solo bussare alla porta dell'unico uomo che era in grado di aiutarli e... sperare in buone notizie.
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    TSUKIYO KARDAMA
    E anche se spesso le persone si scordavano dei propri appuntamenti medici (o correlati) quel giorno non sembrava essere quello il caso. All'orario pattuito una chiamata dalla reception al telefono del suo ufficio lo informò che i suoi clienti erano in arrivo. L'informazione gli fece arricciare il naso dato che si aspettava un cliente, ma tutto sommato poteva sopportarlo: per quanto potesse essere ormai in disaccordo la compagnia è un bisogno umano e soprattutto è normale che una persona malata si faccia accompagnare da qualcuno per sicurezza. Come detto il caso in questione pur non eccessivamente grave era comunque pericoloso e difficilmente prevedibile, quindi la sicurezza non è mai troppa. Se fosse stato per lui avrebbe consigliato la manifattura di una seconda tuta raffreddante così da non rimanere senza neanche nel periodo di manutenzione ordinaria, ma si rendeva conto che i servizi della sua azienda non fossero certo per tutte le tasche (figuriamoci quelli su misura come in quel caso) e per quanto lo Stato fosse interessato alla salute dei suoi cittadini le convenzioni offerte non garantivano certo denaro illimitato. La via verso una società perfetta era ancora lunga e comunque difficilmente l'umanità sarebbe mai riuscita a percorrerla fino in fondo, specie visti i precedenti.
    In ogni caso, senza perdere tempo in inutili pensieri si alzò dalla sua scrivania e attraversò il breve corridoio per giungere fino all'ascensore ormai in arrivo. All'apertura delle porte in fronte a lui un fantasma dal passato parve tornare per perseguitarlo... e non si trattava di Desmond. La figura femminile dalla pelle olivastra che si mostrò ai suoi occhi era una giovane dalla rara bellezza che ricordava senza ombra di dubbio la sua ormai compianta moglie ai tempi in cui si erano incontrati in India. Fortunatamente Kardama non era un personaggio stregato protagonista di qualche poema epico cavalleresco europeo e gli fu immediatamente evidente che la donna in fronte a lui non era certamente sua moglie, ma l'illusione che i suoi occhi gli avevano mostrato prima di mettere a fuoco le cose fu decisamente crudele. Per un paio di secondi il suo volto rimase tinto di assoluto stupore, una delle emozioni più pure che avesse mai assunto negli ultimi anni, dal suo ritorno dal viaggio in India.
    Ahem. - chiarito il malinteso al suo stesso subconscio, mani tremanti lungo il busto, si esibì in un lungo inchino per salutare i due ospiti appena giunti - Il mio nome è Tsukiyo Kardama... benvenuti. - si presentò, per poi tirarsi su. A differenza degli altri dipendenti presenti sul piano, Kardama indossava un elegante completo nero, cravatta compresa, con la giacca chiusa su una camicia color bianco sporco. I suoi lunghi capelli neri erano lasciati liberi di muoversi, mentre sia i suoi piedi che le sue mani erano fasciati da scarpe e guanti in pelle. L'ufficio di Kardama era chiaramente identificabile una decina di metri più avanti, mentre il resto del piano era interamente aperto e dotato di numerosi banconi dove vari dipendenti lavoravano ai più disparati progetti. Ne deriva quindi che vi fosse un gran trambusto e proprio per questo l'uomo era solito ospitare i clienti nel suo ufficio, che era insonorizzato e quindi più adatto alle relazioni con la clientela.
    Io, umh... - inclinò leggermente la testa a lato, osservando ora meglio i due ospiti - Siete qui per il progetto di Aragaki Shinjiro? - chiese loro, non riconoscendo nell'uomo il cliente e per ovvie questioni neppure nella donna. In quel preciso momento il volto di Desmond non gli ricordava un granché: era passato molto tempo dal loro incontro e proprio a causa del suo lavoro era abituato ad incontrare un'infinità di persone. Ciononostante non si era certo dimenticato della gratitudine verso quell'uomo che aveva aiutato Rin in quella bizzarra notte in cui aveva misteriosamente perso l'unicità.
    Prego, andiamo nel mio ufficio. - li avrebbe quindi invitati a seguirli con un gesto del braccio, avviandosi poi verso la propria stanza. Una volta giunti in fondo al corridoio avrebbe aperto la porta dell'ufficio e avrebbe fatto entrare i due ospiti tenendo loro la porta per poi entrare solamente per ultimo.
    L'ufficio di Kardama era probabilmente proprio ciò che ci si aspettava dall'ufficio di un pezzo grosso di una qualche azienda multimilionaria come quella: sul fondo era presente un'enorme vetrata con una vista mozzafiato sull'intero quartiere. Per quanto Shinagawa fosse principalmente una zona industriale e lavorativa e non vi fossero quindi chissà quali paesaggi o luoghi d'attrazione una vista così dall'alto colpiva spesso e comunque il piccolo ego umano.
    Di fronte alla vetrata si trovava la sua scrivania, dotata di un computer ad ologrammi e su cui era presente proprio la tuta del signor Aragaki che stava finendo di controllare prima dell'effettiva consegna al cliente. Ad una comodissima poltroncina in pelle - la sua - facevano da contraltare due sedie di colore bianco dal design particolare e accattivante dedicate chiaramente come sedute per gli ospiti.
    Prego, accomodatevi. - li avrebbe invitati a prendere posto sulle sue sedie con un altro gesto del braccio - Forse non è l'orario più adatto, ma posso offrirvi un the o qualcosa da stuzzicare? - avrebbe comunque chiesto, pur con tono monotono, con la sua solita cortesia - Purtroppo prima di consegnarvi il progetto devo porvi delle domande. - avrebbe proseguito, intrecciando le dita delle mani di fronte al volto - E' una semplice routine, ma è una misura di sicurezza. - aggiunse per spiegare - Chiaramente questa non è tecnologia militare né un progetto top secret... ma non essendo il cliente presente, sapete, se qualcuno dovesse tentare per qualsivoglia motivo di rubare il progetto... Insomma, è una semplice assicurazione, immagino possiate capire. - avrebbe minimizzato, iniziando a battere qualcosa sull'incorporea tastiera del suo computer alla ricerca dei dati collegati al signor Aragaki così da compilare la delega per la consegna. Effettivamente era un'operazione da nulla e comune ad un sacco di operazioni, persino per un ritiro alla posta, tanto che era forse il modo in cui cercava di spiegarlo a renderla inutilmente arzigogolata ed ansiogena. Come ormai evidente a molti se non a tutti, Kardama aveva perso una parte della sua capacità di interagire con gli estranei. Il fatto che quella donna gli avesse ricordato sua moglie e ora quell'uomo iniziasse vagamente a ricordagli qualcuno di conosciuto (oltre all'ovvia immagine spiccicata di sé stesso) non faceva altro che impacciarlo maggiormente nel tentativo di comunicazione con i due inaspettati ospiti.

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    ende a non parlarne con gli sconosciuti.»
    C’erano molti modi possibili per ferire Kalyani Raji, anche se solo le persone che la conoscevano riuscivano a scovarli con tanta facilità. Desmond, nonostante questo, aveva pronunciato una frase che, più che essere scortese, assomigliava a una vera e propria coltellata in pieno petto. Perché se c’era una cosa che in quel periodo turbava Kalya, che le faceva passare le nottate a fissare il soffitto e la faceva distrarre dal lavoro… erano le sue preoccupazioni riguardo il rapporto che si era formato fra lei e Shinjiro.
    Normalmente avrebbe dato una risposta velenosa, si sarebbe fatta vedere orgogliosa e per nulla ferita dalle sue parole, ma in quel momento le fu quasi impossibile mantenere la sua solita compostezza, tanto era stata colta alla sprovvista da quella frase lapidaria. Rimase a guardarlo, occhi leggermente sgranati, con un’espressione a dir poco ferita.
    Quindi… lui la considerava alla stregua di una sconosciuta? Dopo tutto quello che avevano passato insieme a Natale? Dopo le lunghe chiacchierate che avevano fatto al Kagejikan, dopo essersi tenuti per mano, dopo essersi confessati a vicenda che erano felici di essersi incontrati? Non aveva senso, eppure l’insicurezza di Kalya aveva ingigantito quei dubbi, facendoli diventare più verosimili di quanto non lo fossero.
    Desmond si scusò. Kalyani abbassò prontamente lo sguardo, nascondendo quindi ai suoi occhi quella sua debolezza che era emersa tutta insieme e che teneva solitamente celata dietro una maschera di imperturbabilità. Sicuramente aveva detto così solo perché era nervoso, perché non la sopportava e perché voleva zittirla… Shinjiro non la considerava una sconosciuta. Provò a ripeterlo mentalmente un paio di volte, per convincersene.
    Inconsciamente, però, portò la mano a poggiarsi sul torace, all’altezza del pendente che lui le aveva regalato… nascosto sotto la camicia.
    “Anche io sono preoccupata per lui,” rispose, ringraziando che Desmond le stesse dando le spalle e non la stesse guardando in viso in quel momento, così da avere il giusto tempo per riprendersi. Intanto lo ascoltò in silenzio, sentendo la gola stringersi leggermente quando usò il paragone delle aragoste cotte in pentola per spiegare la situazione di Shinji.
    Un sospiro abbandonò le sue labbra. “Spero che la situazione non peggiori ulteriormente.” Disse solo. In realtà avrebbe voluto dire molto altro, come il fatto che fosse letteralmente spaventata all’idea che lui potesse stare sempre più male, che lei non potesse fare nulla per aiutarlo… e che questa situazione fosse più grave di quello che sembrava.
    Questi pensieri furono bruscamente interrotti quando le porte dell’ascensore si aprirono e, spostando lo sguardo verso l’uscita, Kalya vide un uomo ad attenderli. Ora, non c’era niente di strano in lui, niente che le ricordasse una persona conosciuta – a parte il fatto che aveva qualche caratteristica in comune con Desmond – ma una volta uscita dall’ascensore rimase interdetta a guardarlo, con un’espressione un po’ sorpresa. Lui la stava fissando in un modo… strano, quasi come se avesse appena visto di fronte a sé un fantasma, e la cosa la lasciò perplessa: non lo conosceva, giusto? Per caso la sua azienda aveva collaborato con lui, in passato? Però lei si ricordava di quasi tutti i suoi clienti e soci, quindi… le sembrava strano non avere memoria di lui.
    Ma quel momento durò solo qualche secondo. L’uomo si ricompose, presentandosi con il nome di Kardama Tsukiyo, nome che lei ovviamente aveva già sentito, dal momento che era uno degli ingegneri più famosi di Tokyo… però in quel momento le tornò in mente che aveva sentito quel nome pronunciare da una persona nello specifico, circa un anno prima. Ma da chi…? Mmmh, non ricordava molto bene…
    Cercò di accantonare quel pensiero, limitandosi a fare un inchino. “Kalyani Raji, piacere di conoscerla,” rispose, con un tono di voce piatto ed educato, il solito che usava a lavoro quando aveva a che fare con clienti e collaboratori. Alla sua domanda, lei annuì, dopo essersi tirata su con il busto. “Sì, facciamo le veci del signor Aragaki.” Rispose semplicemente, lasciando a Desmond il compito di spiegare perché il loro amico non era presente lì fisicamente per ritirare il suo equipaggiamento.
    Seguì l’uomo verso il suo ufficio, concedendosi qualche istante per osservarlo con attenzione una volta varcata la soglia: sebbene facessero entrambi lo stesso lavoro, si vedeva che lui era un pezzo grosso solo dalla posizione e dall’arredamento del suo ufficio, un posto lussuoso e da veri CEO. Kalya cercò di non impicciarsi troppo, sedendosi subito sulla sedia davanti alla sua scrivania, con movimenti veloci e un po’ impazienti, non curandosi di aspettare Desmond – non per fargli un dispetto di qualche tipo, semplicemente scalpitava un po’, soprattutto dopo quello che lui le aveva detto in ascensore.
    “Oh, non si preoccupi, sto bene così. La ringrazio.” Liquidò cordialmente la sua premura di offrire loro qualcosa, concentrandosi invece sull’ologramma che mostrava la suit di Shinjiro… suit che lei aveva analizzato, qualche tempo prima. Si era concentrata solo sull’aspetto di fonte energetica, però, e aveva completamente tralasciato la sua capacità di raffreddamento.
    Questa consapevolezza le fece stringere ancora di più un nodo alla bocca dello stomaco.
    “Purtroppo prima di consegnarvi il progetto devo porvi delle domande.”
    Kalya lo ascoltò in silenzio, mani giunte sul grembo e un’espressione attenta, mentre annuiva lentamente alle sue parole. “Comprendo benissimo, lavoro anche io in questo settore e so i rischi del mestiere.” Rispose, seria, lasciando intendere che era assolutamente disposta a rispondere alle sue domande… anche se non aveva la più pallida idea di cosa avrebbe chiesto.
    Si trattenne dal porre domande su quella suit e su come era in grado di risolvere il problema di Shinjiro, non era ancora il momento adatto per farlo. Doveva solo pazientare un altro po’.
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    DESMOND P. ARCHISORTE
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    Non si era reso conto di quanto le sue parole avessero colpito nel vivo Kalya, ma anche se ne fosse stato consapevole, probabilmente non avrebbe sprecato troppe parole per confortarla.
    Non la trovava davvero antipatica né davvero desiderava ferirla, in quel momento la sua priorità era qualcun altro e semplicemente non aveva la forza mentale per stare dietro ai problemi di cuore di una persona che non faceva alcuno sforzo per venirgli incontro. Desmond si poteva considerare un uomo buono e al di là del fragile guscio dietro al quale si nascondeva, ma anche lui aveva i suoi limiti.

    Oh.
    Conosceva quell'uomo!
    Erano passati secoli, ma ricordava benissimo la sera in cui aveva soccorso una ragazzina per strada e, suo malgrado, era rimasto coinvolto in una serie di racconti che avevano dell'incredibile... si poteva forse considerare l'inizio della sua carriera da Vigilantes? Aiutare persone indifese – anche se all'epoca e forse tuttora Rin era molto più esperta di lui – raccogliere informazioni, conoscere persone nuove, partire da quelle poche informazioni che si hanno e ficcarsi in guai sempre più grandi.
    Sì, decisamente si poteva definire l'inizio della sua carriera.
    «Lieto di rivederla, signor Kardama» Un inchino formale, anche se il mezzo sorriso sul suo volto faceva trasparire come si sentisse improvvisamente a proprio agio in quella situazione «Non so se si ricorda, è passato tanto tempo, ci siamo incontrati alla clinica della dottoressa Omori.»
    Lo seguì nell'ufficio e rimase per qualche attimo a guardare il panorama mozzafiato al di là della vetrata dell'ufficio che pareva uscito da qualche telefilm americano – una cosa alla Suits, quasi – e poi prese posto accanto a Kalya.
    Chissà come stava la piccola Rin, sperava tanto che non si fosse cacciata in guai troppo grossi, in tutto quel tempo.
    «Sono a posto così, grazie.»
    Un cenno del capo come ringraziamento e tornò a guardarsi attorno, incuriosito come un bambino nell'ufficio di beh, un milionario.
    «Serve un documento?»
    Poteva comprendere che l'uomo volesse sapere a chi stava affidando il suo preziosissimo prototipo e lui non aveva nulla da nascondere, soprattutto perché era lì per prelevare l'oggetto senza alcun doppio losco fine.
    Pazzesco.
    Il padre di Rin faceva... tutto quello e lei dava la caccia ai criminali di Aogiri per le strade.
    «Sono Desmond Archisorte, uomo di fiducia e coinquilino del destinatario della tuta» Tutte le rogne venivano sbolognate a lui, quando Shinji era impegnato, si poteva tranquillamente autodefinire tale «Tiene a farle arrivare il messaggio che gli spiace non poterla ritirare di persona, ma degli impegni improrogabili non gli hanno permesso di essere qui, oggi.»
    Quando voleva sapeva essere una persona dall'apparenza affidabile.
    «Lo conosco abbastanza bene da sapere che ha bisogno della sua tecnologia, la ringrazio per tutto quello che sta facendo per lui.»
    Quello invece era un massaggio personale, accompagnato da un rispettoso inchino.
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    Kalyani Raji: era certo di aver sentito già quel nome da qualche parte ed era anche abbastanza sicuro di sapere dove, ma quello non era il luogo più adatto per parlare di quel tipo di cose. Le parole dell'uomo dai lunghi capelli neri, però, lo fecero rabbrividire. Ora si ricordava il suo volto, sì: era l'uomo che aveva aiutato Rin e l'aveva accompagnata alla clinica della dottoressa Omori quando era stata attaccata da degli scagnozzi di Aogiri ed era stata temporaneamente incapacitata nell'utilizzo della propria unicità. Il suo volto si raggelò per un istante, tranquillizzandosi poi al pensiero che vi era troppo rumore su quel piano perché qualcuno degli ingegneri potesse sentire di cosa stavano parlando vicino all'ascensore.
    La clinica di Teruko Omori era chiaramente una clinica come un'altra ad uno sguardo esterno e solo chi aveva dimestichezza con l'altro volto di Tokyo ne conosceva gli affari segreti, ciononostante si trovava molto distante dal domicilio di Kardama e per ovvi motivi non era la clinica a cui la sua assicurazione per il lavoro e altre mille necessarie formalità facevano capo. Non si trattava ovviamente di documenti disponibili ai suoi sottoposti ma nonostante questo qualcuno avrebbe potuto comunque nutrire dei dubbi sulla questione. Senza alcun legame familiare né extra-lavorativo sarebbe stato difficile pensare che si fosse recato lì per accompagnare un parente o qualcosa di simile. In ogni caso aveva imparato che in situazioni simili l'importante era comportarsi in modo normale e semplicemente fare finta di nulla.
    Lieto di conoscervi... e di rivederla. - salutò quindi i suoi ospiti con un altro inchino, per poi dirigersi tutti insieme verso il suo ufficio dove questi si accomodarono rifiutando, come prevedibile, la sua offerta di qualcosa da bere. I due sembrarono comprendere la necessità di fornire i propri dati per la sicurezza del prodotto e la splendida donna affermò di lavorare anche lei nel settore. In quel momento Kardama si ricordò dove aveva sentito il suo nome: essendo molto interessato al mondo dell'ingegneria ed avendo lavorato per un po' in India conosceva ovviamente almeno per sentito dire l'azienda della famiglia Raji ma, più nel dettaglio, Rin aveva svolto il suo breve tirocinio annuale nella filiale appena aperta a Tokyo, andando lì dopo scuola per un paio di mesi. Era evidente che, ancora una volta, il suo collegamento con due sconosciuti qualsiasi veniva da Switchblade: a volte il pensiero che la giovane conoscesse così tante persone lo terrorizzava. Chissà in fondo come appariva quella ragazzina ad un occhio esterno e sconosciuto.
    Poggiò il gomito destro sulla scrivania e per un attimo il mento sulla mano dello stesso braccio, leggermente chiusa. I suoi occhi rossi rimbalzarono come una pallina in un flipper tra i due ospiti. Era evidente che, in un modo o nell'altro, prima o poi da quella discussione sarebbe potuto uscire qualcosa di dannoso ed imbarazzante. Abbandonando il comodo appoggio del mento si tirò su e, tramite un paio di click sullo schermo disattivò i microfoni che erano attivi nella stanza per questioni aziendali. Lo avrebbe giustificato poi grazie all'intimità necessaria a trattare un problema come quello del signor Aragaki.
    Ah, ma certo. - si espose quindi - Credo che Suzuki Rin abbia fatto qualche lavoretto per voi per un periodo. - aggiunse, per poi spostare lo sguardo su Desmond - E' così che vi siete conosciuti? Quella ragazzina ha una straordinaria capacità nell'avvicinare le persone. - proseguì accennando un sorriso: si trattava di un tentativo di essere ironico ma a dirla tutta non era proprio il suo forte.
    Il suo rapporto con Rin era chiaramente sconosciuto in ufficio e non avrebbe fatto altro che generare problemi. La stessa "Rin Suzuki" era un'identità che i membri di Thug Life avevano rubato chissà dove e se mai si fosse scoperto che Kardama ospitava e manteneva una ragazzina che era stata rapita da piccola e cresciuta da dei criminali probabilmente perdere il lavoro sarebbe stato l'ultimo dei suoi problemi. Non ne faceva praticamente mai menzione, ma aveva cessato le registrazioni ed era evidente che si trovasse di fronte a delle persone... diverse, per metterla così. Non poteva dire molto sull'inglese ma Rin gli aveva raccontato del suo incontro con l'indiana e non si trattava certo del classico cittadino modello rispettoso della legge.
    Sì signor Archisorte, mi servirebbero i vostri documenti. E... coinquilino, ha detto. - riprese quindi il discorso professionale, segnando l'informazione - Lei invece signorina Raji, è qui in via personale o professionale? - domandò alla donna voltandosi verso di lei. Per le classiche questioni di sicurezza aziendale e guerriglia industriale solitamente i rappresentanti di altre aziende non erano ben accetti se non tramite previa autorizzazione, ma in fondo in questo caso si trattava di un privato cittadino che aveva tutto il diritto di richiedere un controllo più o meno imparziale del proprio prodotto. Quell'informazione era essenziale per dettare il tono dell'incontro.
    Beh, facciamo quel che possiamo, signor Archisorte. - congiunse quindi le mani, adagiandosi sulla poltrona e rispondendo all'inglese - Per quanto mi piacerebbe prendermi i meriti, dovrebbe ringraziare Matsumoto Shinichi. - aggiunse, portando poi una mano a massaggiarsi il mento - Se non fosse stato per il suo... ardore nel tentativo di rendere questo progetto realtà voi non sareste qui quest'oggi. Purtroppo, nonostante la promessa di migliorare la vita alle persone, ogni azienda ragiona in termini di profitto e lavorare ad hoc su progetti come questo è... poco remunerativo. - disse, annuendo da solo un paio di volte - Fortunatamente però esistono ancora persone disposte ad aiutare il prossimo e a fare il possibile per rendere questo desiderio realtà. - concluse accennando un sorriso. Quello non era forse il miglior biglietto da visita da offrire ad una persona che aveva appena ringraziato per il servizio, ma era la verità e a Kardama non piaceva cercare di indorare la pillola. D'altronde era contento di lavorare su quei progetti, il suo era un semplice apprezzamento verso 30MINDUSTRIES che lo aveva reso possibile grazie ai propri sforzi.

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    Non mi ricordo come eravamo rimasti ma mi sono permesso di dire che alla fine il tirocinio di Rin è avvenuto. Spero di non aver contraddetto nulla di accaduto ma in caso contrario Kardama si è confuso, Rin gli aveva effettivamente detto dell'accaduto e della possibilità di tirocinio ma alla fine ha scelto un'altra azienda. :zizi:
     
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    imase alquanto sorpresa nell’apprendere che Desmond conoscesse di persona Kardama, tanto da non riuscire a trattenersi dal rivolgergli un’occhiata sbigottita. Per un attimo era rimasta confusa, visto che in teoria il suo collega non era un ingegnere, ma quando specificò che si erano incontrati nella clinica della dottoressa Omori si limitò semplicemente a scrollare le spalle. Il mondo era piccolo, era risaputo.
    Quello che la sorprese di più, però, fu sentire nominare Suzuki Rin dall’uomo… e ciò le riportò alla mente da chi aveva sentito pronunciare il suo nome quasi un anno prima: era il patrigno di quella ragazzina che aveva fatto da tirocinante presso la Raji Inc. e che, a quanto sembrava, era parte di PHANTOM. Kalya rimase a guardare l’uomo per qualche istante, in silenzio, nel tentativo di collegare i puntini nella sua testa e fare mente locale di tutti quei ricordi che pian piano le stavano tornando alla mente.
    Oh beh, il mondo era decisamente piccolo.
    “Sì, ha fatto tirocinio nella mia azienda,” gli confermò, continuando a sfoggiare quell’espressione sorpresa, che praticamente non aveva abbandonato il suo viso da quando aveva appreso quell’informazione. “Rin è una ragazza molto promettente, e… beh, considerando da chi ha preso queste capacità, non ne sono poi così stupita.” Raramente Kalyani faceva i complimenti a qualcuno, ma doveva riconoscere che l’ingegnere di fronte a sé era davvero uno dei migliori di Tokyo. Quasi si sentiva una principiante di fronte a lui e, beh, il pensiero la infastidiva un po’... considerando quanto era orgogliosa.
    Alla domanda se lei e Desmond si conoscessero per via di Rin, Kalya sollevò un sopracciglio, confusa. “Conosci anche tu Rin?” Chiese al suo collega, voltandosi a guardarlo. “Comunque no, io e il signor Archisorte siamo… amici. Ci siamo conosciuti tramite il signor Aragaki.” Gli disse, lanciando un’occhiata veloce a Desmond, cercando il suo appoggio in quella piccola bugia… che poi non era propriamente una bugia, ma loro due non si potevano definire di certo amici.
    In fondo non si sopportavano molto a vicenda, anche se erano costretti a collaborare per questioni di network.
    Mentre Kalya recuperava i documenti dalla sua borsa, la domanda di Kardama la colse totalmente impreparata, tanto che ci mise qualche istante a rispondergli. Era lì per questioni professionali? Avrebbe detto di sì, cercando di restare quanto più impersonale possibile e distaccata da quella vicenda, ma… anche quella era una bugia. Forse più grande di quella che aveva raccontato pochi secondi prima.
    Poggiò il documento sulla scrivania di Kardama, sollevando lo sguardo verso di lui. “Sono qui in via personale,” ammise infine, tirandosi indietro con il busto e assumendo una posa rigida, mentre si torturava nervosamente le mani. “Il signor Aragaki è un mio caro amico. Appena ho appreso la notizia che sta avendo così tante difficoltà nella gestione del suo quirk… mi sono preoccupata molto per lui.” Si vergognava molto ad ammettere qualcosa del genere di fronte a due persone con cui non aveva un minimo di confidenza, ma voleva far capire all’uomo che la sua presenza lì era dettata unicamente da un’angoscia personale, e non dalla volontà di rubare le sue idee.
    “Per questo ringrazio tantissimo anche io per quello che state facendo per lui, sia lei che il signor Matsumoto,” fece un inchino, facendo eco alle parole di Desmond – di cui stava volutamente fuggendo lo sguardo. Era davvero grata ad entrambi per l’impegno che si erano presi, anche se le sarebbe piaciuto poter collaborare attivamente per poter aiutare Shinjiro in qualche modo. Si sentiva esclusa da tutta quella storia, impotente di fronte a qualcosa che la spaventava, e ricordare le parole che Desmond le aveva rivolto qualche minuto prima non l’aiutavano a sentirsi meglio.
    Non sono una sconosciuta.
    Sollevò lo sguardo, portandolo a puntarsi all’ologramma della famosa suit, che rimase ad osservare per qualche istante con un’espressione pensierosa e vagamente preoccupata. Prese poi un respiro profondo. “So abbastanza bene poi quanto sia complesso ideare una suit in grado di… attenuare gli effetti che il quirk ha sul corpo del suo utilizzatore, anche se raramente ho avuto modo di lavorarci,” riprese il discorso, cercando di recuperare il contegno e la professionalità, che aveva abbandonato pochi istanti prima per lasciar emergere i suoi sentimenti. “Questo equipaggiamento è in grado di raffreddare il suo corpo e impedire che si surriscaldi troppo, giusto?” Forse non doveva fare lei le domande, ma stava letteralmente fremendo e si sentiva un po’ impaziente, anche se il suo atteggiamento non lo dava a vedere.
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    Ignaro delle preoccupazioni dell'uomo riguardo la propria copertura ed un eventuale collegamento con la dottoressa Omori – nulla di troppo difficile da giustificare, in ogni caso, anche lei poteva avere un paziente che necessitava di una suit particolare – si ritrovò ad alzare un sopracciglio, perplesso, sentendo che la piccola Rin aveva fatto tirocinio nell'azienda di Kalya.
    Quando parlava di comunicazione tra i membri del network si riferiva anche a simili dettagli non così ininfluenti! Pur non avendo alcuna prova del loro coinvolgimento diretto, Rin e Kardama erano quasi sicuramente invischiati in qualcosa di poco legale come loro e sapere che un membro di... quella bizzarra famiglia era stato a contatto prolungato con uno della squadra, poteva essere fondamentale.
    Anche se dall'espressione di Kalya, qualcosa gli diceva che lei non era minimamente a conoscenza del legame tra i due né dei trascorsi con Aogiri della giovane con le corna.
    E Rin era imbattibile a sembrare una ragazzina innocua come ce ne sono tante, lui stesso era stato ingannato dai suoi modi di fare.
    «Ci siamo conosciuti diverso tempo fa e sai che non so dire di no ai ragazzini in difficoltà» Un sorrisetto affabile che sosteneva le parole di Kalya: guardate com'erano grandi amici e come si conoscevano bene! «Nulla di grave, in ogni caso, si era solo presa un brutta storta.»
    Visto, signor Kardama? Non solo era amico della donna, ma sapeva pure mantenere i segreti! Dopotutto non era nemmeno una bugia, Rin si era effettivamente fatta male ad una caviglia cadendo... anche se da un muro verticale mentre rincorreva degli scagnozzi di Aogiri, incapace di utilizzare il proprio Quirk per l'effetto di una misteriosa sostanza in mano a quei criminali.
    «Spero stia bene.»
    Una frase non di circostanza, quanto dettata dalla sincerità: non era così scontato, per una che nel tempo libero rincorre i criminali con un coltello.
    «Non sarò di certo io a non riconoscere gli innumerevoli meriti del dottor Matsumoto, ma nemmeno bisogna dimenticare quelli di chi, come lei, si mette in gioco quotidianamente facendo ciò che è in proprio potere.»
    I medici dell'ospedale di 30MIN, gli infermieri, gli assistenti sociali e, forse, anche un semplice volontario senza arte né parte come lui.
    «Non è un generale a fare un esercito.»
    Si strinse nella spalle con semplicità, recuperando poi i documenti da una tasca interna della giacca e porgendoli all'uomo.
    Oh, quindi la suit mostrata nell'ologramma era una sorta di enorme frigorifero in cui mettere la pentola con l'aragosta...
    «Crede che sarà in grado di fargli sopportare anche il caldo estivo?»
    Quella che poteva sembrare una domanda da amico preoccupato era in realtà molto più egoistica di quanto si potesse immaginare perché, nel periodo del gran caldo giapponese, era stanco di tornare a casa e ritrovarsi l'appartamento con il condizionatore impostato ad una temperatura media in cui anche i pinguini si mettevano la sciarpa.
    Era molto bello averlo attorno d'inverno e non spendere nulla di riscaldamento perché l'atmosfera era scaldata dalla sola presenza del cuoco, ma il periodo estivo era letteralmente un inferno.
    Gelato.
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    Lei mi lusinga, signorina Raji, ma in realtà Rin è semplicemente un talento naturale. - i colleghi sapevano quanto Kardama non sciorinasse complimenti a destra e a manca ma fosse sempre un uomo pronto a sottolineare i meriti reali delle persone che lo circondavano. Forse i suoi insegnamenti e la sua presenza avevano avuto davvero un qualche impatto sulle capacità della giovane ragazzina dotata di corna ma lui era più sicuro che la maggior parte della sua abilità derivasse dal suo talento e dalla sua costanza nella pratica. Come tanti giovani, Rin era una fucina di idee ed era migliorata sempre più tra successi e fallimenti. Le parole dell'uomo erano di stima sincera nei confronti della ragazza che aveva allevato.
    Sta bene, signor Archisorte. La ringrazio per aver chiesto. - accennò un sorriso all'uomo che si era più o meno direttamente sincerato delle condizioni della giovane - Le dirò di averla incontrata, pur correndo il rischio che si accampi qui fuori. - aggiunse ironicamente. Per la situazione ben poco ortodossa in cui era cresciuta Rin non era proprio la classica ragazza giapponese delicata e riservata, anzi, spesso era ossessionata dalle persone che conosceva... ma probabilmente tutti i presenti nella stanza erano ben consci che non rappresentasse la ragazzina media. Per il resto non aveva mai avuto modo di ringraziare personalmente l'uomo che l'aveva aiutata dopo quella sera e anche se non ne parlava spesso Kardama era certo che avrebbe quantomeno voluto incontrarlo almeno una volta in più.
    Bene, questo semplifica le cose. - aggiunse poi con un cenno del capo alla donna indiana, segnando il motivo della sua visita sullo schermo olografico. Seppure rappresentasse in un certo senso la "concorrenza", se si trovava lì per questioni personali poteva se non altro chiudere un occhio sulla corretta procedura. Forse non avrebbe dovuto fidarsi così tanto, ma per quanto al mondo esistessero senza dubbio migliaia se non milioni di ingegneri indiani la donna gli ricordava davvero sua moglie e faceva forse in qualche modo breccia in una parte di lui che aveva dimenticato e sepolto per lungo tempo.
    Accettati i complimenti da parte dell'inglese, Kardama afferrò una penna stilografica dalla scrivania e iniziò a tenerla in equilibrio tra i polpastrelli degli indici, adagiandosi leggermente sulla poltrona. Quell'oggetto immerso in un ufficio così altamente tecnologico sembrava quasi un qualche tipo di manufatto sopravvissuto ad una antica civilizzazione ma in realtà, salvo le questioni burocratiche che venivano chiaramente svolte più velocemente tramite i sistemi telematici Kardama, specialmente per quanto riguardava le fasi di progettazione, era ancora un sostenitore della cara vecchia carta e penna. In un certo senso questo poteva anche essere visto in contrasto alla svolta ecologica che l'azienda aveva assunto negli ultimi anni ma nonostante tutto è difficile fare perdere il vizio ad un lupo, specie se quel lupo è la fonte di guadagno principale della baracca.
    Purtroppo non posso scendere nel dettaglio sia per questioni di privacy che di semplice ignoranza... - si apprestò a rispondere alle domande dei due ospiti. Per ovvi motivi non poteva parlare di questioni mediche con gli sconosciuti, indipendentemente dall'entità del loro rapporto col cliente - Detto questo, l'idea di base è corretta: la... suit... - bizzarro modo di definirla, ma non stupefacente considerato ciò che Rin gli aveva raccontato sulla donna - La suit, dicevo, è progettata per funzionare come il sistema di raffreddamento di un motore, o di un computer. - spiegò, afferrando poi la penna con la sola mano destra, sempre fasciata dai guanti in pelle come l'altra - Come ci tengo sempre a sottolineare, i nostri prodotti agiscono come semplice palliativo fino, si spera, al raggiungimento di una soluzione medica alternativa. Questi dettagli però ci sono chiaramente oscuri, il nostro lavoro si limita alla produzione e alla manutenzione degli equipaggiamenti. - insomma, quella era una soluzione momentanea che doveva stabilizzare la situazione fino ad un rimedio definitivo farmacologico o comunque medico. Rimedio che, i due non avrebbero faticato a dedurlo, sarebbe anche potuto non arrivare mai. Le unicità erano troppo differenti l'una dall'altra per trovare una soluzione univoca e lo stesso 30-Minutes-Man, ancora vittima della sua, ne era l'esemplificazione perfetta. Di questi dettagli però avrebbero dovuto chiedere direttamente al cuoco: salvo eventuali modifiche necessarie ai prodotti, i referti medici oltre a quello iniziale non erano condivisi con l'azienda.
    Lo scopo è quello, signor Archisorte. - rispose con un sospiro alla domanda dell'uomo. L'estate era ovviamente la stagione più calda e quindi quella in cui l'aumento di temperatura corporea era più rischioso - Quanto al successo o meno del processo, questo purtroppo è difficile a dirsi. - aggiunse con tono serio - Mentre posso assicurare il corretto funzionamento della tuta, i sistemi biologici sono imprevedibili. Considerate la questione come se fosse una sorta di... sauna norvegese, ecco. - annuì, imbarcandosi forse in un paragone che sembrava poco sensato - C'è un perfetto equilibrio tra il caldo della sauna, in questo caso il corpo, e il freddo dell'acqua o della neve all'esterno. Se la temperatura dell'acqua fosse troppo fredda e la sauna non fosse sufficientemente calda questo causerebbe dei problemi a lungo andare. Allo stesso modo, se la sauna fosse troppo calda il freddo potrebbe non essere abbastanza da garantire effetti benefici. Se la sauna fosse troppo calda e l'acqua troppo fredda questo causerebbe uno shock termico. - aggiunse guardando i due - Questo per dire che per ovvi motivi di sicurezza la temperatura della tuta è calibrata sulla temperatura media mostrata dal signor Aragaki negli ultimi mesi per scongiurare il rischio che per errore venga applicata una temperatura troppo bassa. Il problema che ne deriva è che proprio in virtù dell'essere una temperatura media non prende in considerazione eventuali picchi massimi o minimi. Questo però è chiaramente il rischio che si corre con qualsiasi apparecchiatura, indipendentemente dal suo tipo: un fornello casalingo non è fatto per funzionare come una fornace ed un frigorifero non agisce come un abbattitore. - si fermò per un paio di secondi per riprendere fiato, rendendosi conto di essere stato forse eccessivamente prolisso - Ciò che intendo dire è che in uno scenario perfetto dove il signor Aragaki segue le indicazioni fornite dai medici l'apparecchio funziona, ma non è possibile escludere eventuali complicazioni perché il corpo umano è una macchina estremamente complessa e a tratti a noi sconosciuta. - forse quella risposta aveva sortito un effetto totalmente contrario rispetto alle sicurezze che i due stavano chiedendo ma la sua onestà intellettuale ed ovvie questioni legali non gli permettevano di uscirsene con una semplificazione della questione quasi più simile ad una bugia.

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    apere che Desmond aveva aiutato Rin in un momento in cui lei si era trovata in difficoltà, beh… era un po’ strano, quasi come se avvertisse una sensazione di déjà vu: in un certo senso, anche lei l’aveva aiutata quando aveva dovuto affrontare gli uomini di gelatina del Deep Void – anche se, considerando il modo in cui sapeva perfettamente difendersi da sola, forse non aveva avuto poi così bisogno del suo aiuto. Si limitò dunque ad annuire, trattenendosi dal dire che quella ragazzina aveva una particolare tendenza a cacciarsi nei guai, da quel poco che aveva visto.
    “Il mondo è piccolo,” sorrise leggermente in direzione di Desmond, cercando di mostrarsi tranquilla e a suo agio. Rivolse la sua attenzione poi a Kardama, lasciandosi sfuggire una risata bassa. “Oh, ho avuto modo di constatare più volte che lei sia un talento naturale. Ha molto ingegno, il che è promettente, vista la sua giovane età.” Non le sarebbe dispiaciuto assumerla alla sua azienda, ma… considerato che Kardama era il suo patrigno, probabilmente avrebbe lavorato lì. Senza contare che avere una persona così tanto invischiata con Deep Void nella sua azienda non era di certo la migliore delle idee e poi hai assunto Fumio, the irony.
    Questo le riportò alla mente che Rin era parte di PHANTOM… e Kardama ne sapeva qualcosa, per caso? Gli rivolse una lunghissima occhiata, in silenzio, mentre lui stava spiegando il funzionamento della suit – lasciandola un attimo in imbarazzo quando lo vide tentennare sul quel termine, forse usarlo in quel contesto non era propriamente professionale – e cercò di ripensare a qualcosa che le aveva detto Rin riguardo il suo patrigno, qualcosa di sospetto magari, ma… non le tornava in mente assolutamente nulla.
    Forse avrebbe dovuto chiedere a Desmond, dopo, visto che sembrava già conoscerlo.
    Cercò di non distrarsi, continuando ad ascoltare il discorso dell’uomo con attenzione, per non perdersi nessun passaggio di quella lunga spiegazione costellata da paragoni, come quello della sauna norvegese o del frigorifero – ormai Kalyani aveva capito che per spiegare quella situazione serviva fare esempi di quel genere, come l’aragosta citata da Desmond prima. E, ovviamente, il discorso di Kardama filava assolutamente liscio: un macchinario era tendenzialmente calibrato per operare in determinate condizioni, cercando di evitare rischi di picchi di calore, che non erano tuttavia completamente esclusi. Questo non la rassicurava proprio al cento per cento, considerando che Shinjiro non era un normale civile e poteva capitare che la sua temperatura si alzasse troppo per svariati motivi.
    Si mordicchiò leggermente il labbro, con una punta di nervosismo evidente. Forse lei poteva mettere mano a quella suit, forse poteva aggiungere qualche dispositivo in grado di reagire nell’esatto istante in cui le temperature nel corpo di Shinji si fossero alzate troppo… no, non poteva mettere mano a un dispositivo che apparteneva a un’altra azienda e che, tra le altre cose, ci faceva controlli periodici. Sarebbe solo finita nei guai, e la consapevolezza di ciò la frustrava a morte.
    Strinse leggermente i pugni, senza farsi notare dall’uomo, prima di sospirare. “Come dice lei, appunto, il corpo umano è una macchina estremamente complessa e imprevedibile… ho notato che la unicità del signor Aragaki tende a rispondere anche ai suoi stati d’animo, come la rabbia o… l’imbarazzo.” E quello lei lo aveva potuto osservare molto bene. “Se dovesse succedere che le temperature salgano al punto in cui si perde l’equilibrio fra caldo e freddo… cosa succederebbe al dispositivo? E a Shinjiro?” Gli chiese, cercando di rimanere con un’espressione pressoché impassibile e fredda, anche se con una certa difficoltà. In quelle situazioni in cui c’erano in mezzo persone a lei care, era impossibile restare impassibili, soprattutto considerando che lei era quella che sapeva meno di quella storia lì dentro.
    “Mi scusi, forse è lei che dovrebbe fare le domande a noi, ma…” Si voltò a guardare Desmond. “Siamo piuttosto preoccupati per lui. Vorremmo… vorremmo essere di sostegno al nostro amico, nel caso in cui dovesse avvenire la peggiore delle ipotesi.” Si strinse leggermente le labbra, nella speranza che il suo collega potesse sostenerla in quello che stava dicendo. Non conosceva bene Desmond, ma sapeva che anche lui era preoccupato per il suo coinquilino.
    Almeno, in questo avevano qualcosa in comune.
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    Un sorriso sentendo le parole di Kardama, l'immagine di Rin che si accampava fuori dall'ufficio nella speranza di salutarlo lo divertiva genuinamente, chissà se qualche volta sarebbero riusciti a incontrarsi davvero.
    Il discorso virò poi verso argomenti decisamente più seri e pur comprendendo molto meno di Kalya, a riguardo, l'inglese riuscì a stare dietro al discorso di Kardama e a comprendere il funzionamento di base di quell'oggetto sofisticato che l'uomo stava offrendo loro.
    "I sistemi biologici sono imprevedibili."
    Lo sapeva fin troppo bene, all'ospedale aveva conosciute tanti, troppi bambini con unicità in apparenza innocue ma che poi si rivelano terribili.
    E no, non nutriva grandi speranze nei confronti del progresso scientifico, non nello stretto immediato perlomeno.
    «Sostanzialmente, in estate, la tuta rischia di non funzionare al massimo della performance, ma allo stesso tempo raffreddare troppo il corpo di Shinjiro sarebbe rischioso per la sua salute.»
    Decisamente una bella scocciatura, gli toccava sopportare ancora i pinguini in casa o, come fatto l'ultima volta, andare a vivere dai coniugi Nishimura per evitare la broncopolmonite.
    «Comprensibile, sì.»
    Annuì appena, rimuginando su quelle parole.
    «Giusto» Alzò lo sguardo prima su Kalya e poi sull'uomo «Se il dispositivo che fornite non dovesse essere abbastanza e Shinji si scaldasse troppo... come possiamo fare? Esiste un raffreddamento d'emergenza? O semplicemente dobbiamo buttargli addosso acqua sino al raffreddamento?»
    L'idea era divertente e spaventosa allo stesso tempo, faceva sembrare il cuoco una roccia magmatica o una pezzo di metallo incandescente.
    "Ho notato che la unicità del signor Aragaki tende a rispondere anche ai suoi stati d’animo, come la rabbia o… l’imbarazzo."
    Oh.
    Ohoh.
    Un'occhiata obliqua a Kalya, doveva farsi raccontare qualcosa? Conosceva la rabbia del cuoco – si era incazzato tantissimo quando aveva usato uno dei suoi preziosissimi coltelli da collezione per tagliare il pane – ma l'imbarazzo? Doveva decisamente farsi raccontare qualcosa.
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    Chiedo ancora scusa per il ritardo ed il post misero :sadbunny:
     
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    TSUKIYO KARDAMA
    Non si preoccupi. - rispose ai timori di Kalyani portando una mano avanti - Sono qui per questo, e in ogni caso non servono molti altri dati per la sicurezza. - lo scopo di un buon venditore e soprattutto di un buon ingegnere era quello di fugare tutti i possibili dubbi della propria clientela. L'azienda in cui lavorava andava molto fiera del rapporto con i clienti e senza alcun dubbio proprio la vicinanza tra i lavoratori e chi usufruiva del servizio poteva agire da discriminante nella scelta della loro azienda a scapito delle altre. La stessa possibilità di mettere in comunicazione un cittadino qualunque con un talento nazionale come Kardama certamente contribuiva al fascino aziendale. Detto questo, i due di fronte a lui non erano in senso stretto il cliente ma chissà se, in caso di necessità, in futuro non avrebbero scelto proprio loro grazie alla gentilezza e alla disponibilità che l'uomo aveva dimostrato in quell'occasione... o che se non altro stava provando a dimostrare, nel limite della sua misantropia.
    Sì, questo è senza dubbio il modo semplice per porre la questione. - rispose alla razionalizzazione messa in atto da Desmond, per poi cercare come possibile di rispondere ai loro quesiti. Come già detto, non era autorizzato né competente nell'esprimere pareri medici, ma perlomeno sulla tuta poteva rispondere in modo oggettivo e cosciente - In caso di... surriscaldamento non dovrebbe accadere nulla al dispositivo. - disse quindi abbassando lo sguardo sulla tuta stesa in fronte a lui - Il tessuto è resistente e i condotti di raffreddamento sono ben isolati. Molto semplicemente, in quel caso la tuta avrà un effetto ridotto o nullo. Qualora non dovesse funzionare... - ... significherebbe che la temperatura esterna è così alta che molto probabilmente il signor Aragaki sia già deceduto. Purtroppo, abituato al proprio cinismo, non riuscì a bloccare quella frase sul nascere, fortunatamente non portandola però a termine. Quello era un rischio naturale e uno a cui in fondo, bene o male, tutti gli esseri viventi erano costantemente sottoposti. Di per sé il suo pensiero era del tutto innocuo e il significato era che per danneggiare il materiale della tuta sarebbe servito un calore disumano e che probabilmente il corpo stesso del paziente non sarebbe stato in grado di sopportare. Si rendeva conto però, e non serviva certo qualcuno di troppo empatico per farlo, che porre la questione in quei termini a due persone visibilmente e comprensibilmente preoccupate per il proprio amico non sarebbe stato proprio il meglio - ... basterà portarcela indietro per un altro controllo. Ma non accadrà. - cercò quindi di salvare la discussione in quel modo - Per la cronaca... se durante i controlli programmati si dovesse trovare traccia di delle modifiche saremo costretti a fare pagare una mora e nel peggiore dei casi a sospendere la collaborazione. - aggiunse guardando Kalyani. Se rimaneva ancora qualcosa di umano in lui era il suo desiderio di sperimentare e a volte il suo orgoglio che lo spingeva a convincersi di essere in grado di migliorare qualsiasi cosa. Non vi era alcuna traccia di malizia nelle sue parole, solo un avvertimento qualora la donna avesse voluto metterci mano - Una volta un paziente a cui avevamo prodotto un particolare respiratore ce lo ha riportato con un interessante meccanismo per l'assunzione di sostance stupefacenti. Purtroppo il suo medico curante non ha approvato molto la manovra. - si abbandonò ad una breve risata.
    La seconda parte della domanda della donna, quella maggiormente relativa al paziente, così come quella dell'inglese esulavano invece dalle sue competenze. Preso atto di ciò, era anche vero che molto probabilmente aveva più esperienza lui con le unicità collegate al sangue rispetto a molti medici, sebbene si trattasse di un tipo di unicità molto diffuso. Già solo nelle sue ristrette conoscenze erano ben tre persone ad avere unicità di quel tipo.
    Purtroppo non penso di essere la persona più adatta a rispondere a questo quesito. - sospirò guardando Desmond, per poi cingere con le dita della mancina la punta dell'indice e del medio della mano destra, sfilando il guanto in pelle che la copriva. Quello che probabilmente sembrava ai due ospiti un gesto normalissimo era invece una rarità estrema, quasi quanto osservare il Bigfoot aggirarsi nel proprio giardino di casa. Kardama non rimuoveva mai, neppure una volta, i propri guanti sul posto di lavoro. L'unico motivo per cui ora lo stava facendo era perché aveva spento le videocamere e perché era sicuro che nessuno dei suoi colleghi sarebbe entrato da quella porta in quel momento. Portando il palmo rivolto verso il soffitto, il gomito poggiato sulla scrivania, i due avrebbero probabilmente potuto vedere un cerchio di metallo al centro del suo palmo. Nel giro di un secondo, da lì sarebbe uscito un piccolo cilindro solido lungo sette o otto centimetri che avrebbe prontamente afferrato con la stessa mano. Era composto dal suo stesso sangue.
    Da qui in poi parlo in via del tutto personale, quindi vi chiedo di non prendere le mie parole per oro colato. Qualora dovesse accadere qualcosa, la prima cosa da fare è ovviamente chiamare un medico. - disse con un sospiro, abbandonandosi poi sulla poltroncina e portando il cilindro di sangue verso l'alto, osservando la luce che entrava dall'enorme vetrata alle sue spalle filtrarvi attraverso - Le unicità come la nostra sono veramente insidiose, il nostro sangue non solo porta i nutrienti in tutto il corpo ma è anche la base del sistema immunitario. Da quest'ultimo punto di vista immagino che il signor Aragaki non abbia particolari problemi visto che la maggior parte dei batteri e dei virus non sono abituati alla vita alle temperature a cui si aggira il suo sangue, infatti la febbre è la nostra prima fonte di difesa, ma i nutrienti, l'ossigeno e l'anidride carbonica necessitano invece di una temperatura più normale per essere trasportati al meglio... che è, appunto, il motivo per cui la febbre è problematica. - da quel punto di vista difficilmente stava riferendo informazioni estranee a chiunque nella stanza - Mi è capitato, diciamo, un episodio simile quando sono andato a lavorare in India, chiaramente di entità minore non essendo la mia unicità strettamente legata al calore. Mi trovavo in un paese sconosciuto e avevo una grande responsabilità sulle spalle, ma se avessi fallito probabilmente la mia carriera sarebbe finita proprio in quel momento. - proseguì osservando l'aria con sguardo quasi sognante - Non sta a me dire che si tratti anche in questo caso di una questione psicosomatica, ma certamente tutte le nostre vite hanno ricevuto un bello scossone ultimamente. - gli eventi che avevano colpito la città di Tokyo non erano certo la normalità, neppure per un mondo dominato dalle unicità - State vicino al vostro amico e cercate di ridurre al minimo i fattori di stress nella sua quotidianità. Questo difficilmente curerà la sua condizione, a quello devono pensarci i medici o semplicemente il suo corpo deve adattarsi a questo cambiamento, ma senza dubbio dovrebbe limitare le oscillazioni più pericolose. - strabuzzando gli occhi, si raddrizzò sulla sedia e lasciò scivolare quel cilindro di sangue all'interno del proprio palmo, da cui era venuto - E... trattatelo come una persona normale. E' giusto prendersi cura degli altri, ma immagino che in questo momento l'ultima cosa che vorrebbe sia sentirsi diverso. - forse si sbagliava e probabilmente non avrebbe dovuto giudicare una persona dopo così pochi contatti ma in qualche modo sentiva che lui e il signor Aragaki Shinjiro fossero in una certa misura due personalità affini.
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    alya si accorse dell’occhiata obliqua di Desmond e gli rivolse a sua volta uno sguardo perplesso, cercando di capire cosa avesse attirato tanto la sua attenzione del discorso che stava facendo. Insomma lui conosceva Shinjiro molto meglio di lei, quindi sicuramente lo aveva visto arrabbiarsi e imbarazzarsi… no?
    Non poteva immaginare che, in realtà, quel secondo stato d’animo era qualcosa che solo lei aveva avuto l’onore di vedere. Almeno, in quel periodo.
    Probabilmente Desmond le avrebbe chiesto qualcosa a riguardo, una volta usciti di lì, visto che ora erano entrambi troppo presi ad aspettare le risposte ai loro quesiti da parte di Kardama. E Kalya si sentì sollevata nel vedere che anche Desmond era preoccupato sul come muoversi nel caso in cui le condizioni del loro amico diventassero critiche. In quel modo, davano l’impressione che andassero d’accordo e che, in realtà, lei non fosse lì solo perché si era praticamente imposta (?).
    Come poteva immaginare, il dispositivo non subiva grossi danni nel caso in cui si fosse trovato a contatto con una fonte di calore troppo elevata, quindi quella notizia non la lasciò così tanto sorpresa. Aveva fatto quella domanda perché le premeva di sapere, più di qualsiasi altra cosa, cosa sarebbe successo a Shinjiro stesso, non alla tuta.
    E si ritrovò a sollevare le sopracciglia, quando Kardama le disse che non erano concesse modifiche a quel dispositivo da parte di esterni. “Sono perfettamente consapevole di questo e non avrei mai il coraggio di modificare il lavoro altrui,” rispose, con tono serio e fermo. “La mia morale me lo impedisce, d’altronde.” Era un argomento a cui lei teneva tanto, forse addirittura troppo: per lei la sua integrità morale, il restare sempre fedele ai suoi valori, era la cosa più importante in assoluto. Era ciò che le aveva insegnato la mamma fin da quando era piccina.
    E sicuramente fra i suoi valori vi era anche quello di non mettere mano nelle opere altrui. Studiarle era un conto, modificarle… no, non lo avrebbe mai fatto.
    In ogni caso, si lasciò sfuggire uno sbuffetto divertito nel sentire la storia del cliente che aveva modificato un dispositivo per assumere sostanze stupefacenti. Quello non le era mai capitato e sperava che non le capitasse mai.
    “Purtroppo non penso di essere la persona più adatta a rispondere a questo quesito.”
    Kalya si ritrovò a sospirare leggermente, cercando di non lasciar vedere la sua delusione nel sapere che da lui non avrebbe ricevuto delle rassicurazioni a riguardo – ma, in fondo, Kardama non sembrava un uomo molto propenso a rassicurare, quanto piuttosto era uno che diceva la verità nuda e cruda. Ma, nonostante ciò, rimase a osservare i movimenti delle sue mani con un’espressione vagamente confusa, aggrottando appena le sopracciglia… che si sollevarono di colpo, poi, nel vederlo utilizzare il suo quirk.
    Sopra il suo palmo si formò quello che era un cilindro, di colore rosso scarlatto, e Kalya lo osservò incuriosita e quasi affascinata: non si aspettava minimamente che avrebbe messo in mostra davanti a loro la sua unicità – che, a detta sua, era legata a sua volta al sangue wow era circondata da gente che usava il sangue per combattere.
    Lo ascoltò in silenzio, assorbendo quelle informazioni e pensando a quanto fosse estremamente complesso gestire un quirk così invadente – per fortuna il suo non le aveva mai creato troppi problemi – fino a quando Kardama non disse qualcosa che la lasciò completamente di stucco, tanto da portarla a strabuzzare leggermente gli occhi.
    Aveva lavorato in India.
    Il che era una strana coincidenza, non si sentiva così spesso di giapponesi che si recavano nel suo paese natio per lavorare… Forse durante quegli anni aveva sentito parlare dell’azienda dei suoi genitori? Ora era estremamente incuriosita.
    Ma dovette trattenere questa impellente curiosità per lasciarlo finire di parlare, limitandosi a muovere leggermente la gamba, gesto che faceva quando era un po’ nervosa e impaziente. Si limitò ad annuire alle sue parole, prima di sorridere leggermente. “Ci impegneremo a non farlo arrabbiare troppo,” si voltò verso Desmond. “O… a non farlo imbarazzare. Insomma, cercheremo di stare attenti e non causargli troppo stress.” E invece.
    “E… ovviamente credo che siamo entrambi concordi nel dire che non lo tratteremo in modo assolutamente diverso dal solito, per quanto siamo preoccupati per la sua salute.” Si strinse leggermente le mani in grembo, spostando ora lo sguardo su Kardama. “Non sono esperta nel campo medico e l’unico supporto che posso dare al signor Aragaki è quello che ci ha consigliato lei. Vedremo di impegnarci affinché trascorri serenamente quest’estate.” Le parole di Kalya denotavano sicurezza, era lo stesso tono di voce che usava a lavoro e che sapeva mostrare il suo essere assolutamente determinata. La verità era, però, che temeva di sbagliarsi… ma non poteva lasciarlo vedere agli altri.
    E, tornando al discorso di prima… “Ah, ma quindi lei… ha lavorato in India?” Gli chiese, sporgendosi leggermente in avanti e, nonostante la sua espressione seria, guardandolo con occhietti curiosi. Voleva assolutamente i dettagli, era una coincidenza davvero particolare.
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    Uno sbuffo che voleva nascondere una risata sentendolo parlare del cliente che aveva modificato il proprio equipaggiamento in modo non propriamente legale.
    «Le mie capacità si limitano al saper cambiare le pile al telecomando.»
    Un modo ironico per rendere noto che non ci sarebbe stato alcun rischio da parte sua di azione criminose.
    La sua attenzione venne poi attirata dall'uomo che, come lui, portava dei guanti in un ambiente interno – era chiaro che nessuno dei due avesse le mani perennemente fredde – e poco a poco che il sangue fuoriusciva in maniera ordinata dalla mano di Kardama, quello di Desmond defluiva dal suo volto.
    «Quello è sangue.»
    Voce appena udibile e aria di uno che sta per vomitare, l'inglese non riusciva a distogliere lo sguardo dall'altro, anche se palesemente la cosa gli causava malessere.
    Kardama aveva un quirk molto simile al proprio, anche se, a differenza sua, sembrava riuscire a gestirlo in modo perfettamente controllato, tanto organizzato da essere in grado di far assumere delle forme al fluido stesso.
    Quella... cosa sulla mano, poi, a cosa poteva servire? Era molto probabilmente un metodo tecnologicamente avanzato per evitare di vivere con delle ferite sempre aperte da cui far defluire il sangue, anche se una soluzione del genere gli sembrava così... così incredibile.
    Beh, dopotutto Kardama non era un genio per niente, no?
    Un paio di profondi respiri prima di distogliere lo sguardo in modo da sfuggire a quello spettacolo raccapricciante, immobile per qualche istante.
    «Chiedo scusa per lo spettacolo penoso ma... la vista del sangue mi causa qualche problema e non mi aspettavo una cosa del genere.»
    Ora Kalya, che almeno sulla carta conosceva la natura della sua unicità, poteva ridere, sì.
    «Posso chiedere come funziona il... uhm, dispositivo? Sulla sua mano? L'aiuta a incanalare il sangue prima di utilizzarlo?»
    Un altro attimo di tentennamento, indeciso se stare zitto e comportarsi da cittadino normale o rischiare ed esporsi in modo da tornare a casa con una soluzione al vivere con delle bende sul braccio che non riusciva a guarire per colpa delle sue attività da Vigilantes.
    «Ho un quirk simile al suo.»
    Ora poteva ridere pure lui.
    Heroes don’t exist. And if they did, I wouldn’t be one of them.


    Di nuovo scusate per il ritardo, periodo impegnativo :sadbunny:
     
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