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Specializzazione Lab Quirk ; [Desmond Archisorte, Kalyani Raji]

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    TSUKIYO KARDAMA
    Esporsi in quel modo non era certo un comportamento da Kardama. Il composto e talentuoso ingegnere e uomo d'affari non avrebbe mai rischiato di mettere a repentaglio la sua posizione e quel poco di normalità che regnava ancora nella sua vita per dare una dimostrazione pratica della sua unicità, tanto che fondamentalmente nessuno dei suoi colleghi era a conoscenza di quale questa fosse o del fatto che ne possedesse effettivamente una. Qualcosa però stava cambiando nella sua vita e no, anzi, nella vita di tutti. L'attacco del Culto aveva dimostrato inequivocabilmente che gli eroi non bastavano a proteggere la città, non perché incapaci o inadeguati, ma semplicemente perché in numero troppo esiguo per poter fronteggiare al meglio pericoli di tale portata e nessuno assicurava che una simile situazione non si sarebbe riproposta in futuro.
    Ognuno cercava di fare del proprio meglio per trovare una soluzione a quella questione e mentre l'altrettanto talentuosa Mieko Sasaki aveva in sviluppo da anni il suo progetto di una milizia androide e aveva avuto modo di mostrarne al mondo l'efficacia con la ripresa di Shinjuku, Kardama non possedeva la stessa presa sull'opinione pubblica e i medesimi contatti sociali e politici, senza escludere che poi, per quanto entrambe le aziende si occupassero di ingegneria, era evidente che i loro campi di specializzazione erano ben diversi.
    Se quindi la direttrice di LIVE INC aveva scelto la strada istituzionale, col progetto di lì a qualche mese di ampliare in maniera enorme l'organico delle forze dell'ordine disposte a proteggere la città grazie all'introduzione delle sue intelligenze artificiali, peraltro in grado di operare anche negli ambienti contaminati e quindi di poter gestire una futura minaccia simile senza rischi, Kardama si stava rendendo conto, nella sua via un po' meno legale, che quei legami umani che aveva sempre riluttato iniziavano forse a farsi necessari, che non doveva necessariamente legarsi ad altre persone per riuscire effettivamente a creare un rapporto "lavorativo" che permettesse di proteggere la popolazione... anche se quella era sempre stata una conseguenza dell'eliminare i criminali e non il suo effettivo obiettivo primario. La semplicità e la leggerezza con cui Rin agiva impressionavano spesso le persone, come una sorta di candida prova di forza. Stava cercando, in quel momento, di emulare il menefreghismo con cui la giovane sembrava vivere la sua vita. Forse, giunti a quel punto, preoccuparsi di cose simili non era più così importante. Forse giungeva, nella vita di tutti, il momento in cui bisognava fare una scelta tra l'essere un ingegnere e l'essere la giustizia. Forse le due cose, per quanto ci sperasse, non potevano convivere.
    Oh. Vi chiedo scusa, signor Archisorte. - disse sollevando le sopracciglia in segno di stupore, sbrigandosi a far rientrare il sangue nelle proprie viene - Sono stato indelicato. In effetti l'emofobia è più diffusa di quanto si pensi. - chiaramente, Kardama era in realtà fisicamente incapace di dispiacersi per una cosa simile, era semplicemente il suo istinto degli anni passati e la sua educazione a produrre quella risposta di semplice riflesso. A quel punto la donna, inclinandosi leggermente sulla scrivania, decise di informarsi sul suo passato in India. Guardandola Kardama non riuscì a trattenere una leggera smorfia, simile ad una smorfia di dolore, che accartocciò il suo volto per un paio di secondi.
    La vostra India è un paese gravido di talenti. - iniziò a parlare mentre si rimetteva il guanto - E, purtroppo, anche di manodopera a basso costo. - proseguì alzando un sopracciglio - Quando ero più giovane e lavoravo in quest'azienda solo da qualche anno, gli investitori hanno deciso di aprire una succursale in India e sono stato mandato lì per occuparmi della formazione degli ingegneri e, per un breve periodo, della direzione della filiale. Non abbiamo avuto un grande impatto sul mercato interno del Paese ma tutt'oggi molti nostri prodotti sono sviluppati ed assemblati lì. - purtroppo neanche l'avvento delle unicità e il conseguente balzo tecnologico era riuscito a risolvere certe dinamiche post-coloniali che si trascinavano ormai da più di un secolo - Lì ho conosciuto mia moglie. E in tutta onestà, ci sono tornato di recente per un lungo soggiorno, è in quell'occasione che ho adottato il nome di Kardama. - riguardo al soggiorno mistico che aveva tramutato Hideaki Tsukiyo in Kardama si sarebbero potute recitare mille storie, ma la scelta di quel nome non era stata certo casuale. Kardama era stato generato dall'ombra di Brahma ed era devoto a Vishnu, che gli promise una moglie e che si sarebbe reincarnato in suo figlio. Tristemente, Kardama Tsukiyo aveva perso entrambe queste figure. - Al di là delle logiche economiche che spingono un'azienda a determinate scelte, io personalmente sono un grande ammiratore della vostra cultura. - ammise quindi annuendo. Non si trattava in quel caso di un gran mistero per chiunque frequentasse un minimo l'uomo, che era solito citare la religione e le leggende hindi molto spesso.
    La domanda di Desmond fu egualmente dolorosa, ma non gli impedì di alzare un sopracciglio, perplesso. L'uomo aveva paura del sangue ma la sua unicità era simile a quella di Kardama? Poteva essere una bugia per informarsi a riguardo, ma sarebbe stato troppo stupido e insensato come tentativo, quindi decise di prenderlo per vero. Doveva essere terribile vivere in quel modo, ma d'altronde era peggio avere un'innocua paura del proprio sangue o vivere col rischio che la sua temperatura aumentasse così tanto da bollirti dall'interno? Messa in quella prospettiva una semplice paura del sangue non sembrava poi in fondo così invasiva.
    E'... - balbettò, massaggiando il polso sinistro con la mano destra - Un progetto che io e mia moglie avevamo ideato per permettere a nostro figlio di iscriversi ad una scuola per eroi. - disse aggrottando le sopracciglia e, di conseguenza, lo sguardo - Entrambi non ci sono più, sono stati uccisi da Thug Life, una vecchia gang di sbandati. - proseguì, per poi abbandonarsi a qualche secondo di religioso silenzio - Quindi l'ho preso io, per portare avanti la loro eredità. E' tutto ciò che mi rimane di loro.
    Se le sue parole non erano abbastanza eloquenti, sarebbe bastato osservare la placida ira nel volto di Kardama per permettere a chiunque avesse un minimo di domestichezza dei fatti di cronaca a realizzare chi davvero fosse l'uomo, specialmente considerato che entrambi avevano conosciuto Switchblade. Ad esclusione di Saito e di Rin stessa, non era mai stato così chiaro sul suo passato con nessuno... il che era tutto un dire considerato quanto fossero comunque oscure quelle parole.
    Va bene, mi servirebbe una firma qui. - dopo un lungo sospiro prese finalmente i documenti che i due avevano poggiato sulla scrivania ed inserì i loro dati dove necessario. Sfiorando l'aria, come se stesse cercando di scacciare un moscone, girò lo schermo olografico del suo computer verso i due. Per quanto imbarazzante, ai due sarebbe toccato siglare la propria firma in aria con un dito, senza alcun effettivo responso tattile del loro operato.
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    K
    alya non aveva la più pallida idea che Desmond fosse così tanto suscettibile alla vista del sangue. Non che lei impazzisse all’idea di trovarsi a fissare quel liquido rosso, ma non aveva particolari reazioni… a differenza di quelle del suo collega, che era letteralmente sbiancato e sembrava sul punto di vomitare. Si voltò a guardarlo con un sopracciglio sollevato, mormorando un “Tutto ok?” con un tono di voce titubante e un po’ confuso.
    Ciò che la lasciava ancora più perplessa era il sapere che Desmond aveva di continuo a che fare con il sangue, visto che… beh, la sua unicità era legata a quello. Si domandò mentalmente come fosse in grado di utilizzarla senza trovarsi sul punto di svenire da un momento all’altro. Insomma… anche lei aveva le sue fobie, come quella del buio, ma sarebbe stato assurdo se fosse stata terrorizzata dai costrutti di luce (?). Questo aspetto di Desmond la incuriosiva e, al tempo stesso, gli faceva provare un po’ di pena per lui.
    Ma giusto un po’, eh.
    Sentir parlare dell’India da Kardama lasciò Kalya profondamente colpita. Si trattava pur sempre del suo paese natio, della cultura che faceva parte della sua infanzia, e per quanto ormai sentisse quel mondo lontano… lo portava sempre con sé, in un posto speciale del suo cuore apparentemente di pietra. Dunque vedere il rispetto che quell’uomo portava per quella parte di sé così importante le fece provare una sensazione non solo di gratitudine nei suoi confronti, ma anche di orgoglio per il suo paese.
    E fu per questo motivo che si lasciò sfuggire un sorriso spontaneo, meno impostato rispetto a prima. “Sono felice che lei ammiri tanto la nostra cultura,” confessò, facendo un piccolo e breve inchino con la testa, come a ringraziarlo di quelle parole. “Io ho fatto un percorso inverso rispetto al suo, l’azienda della mia famiglia ha aperto una succursale qui… e io mi sono trasferita a Tokyo per prenderla in gestione.” E, nonostante sentisse la mancanza dell’India, era ancora convinta di aver preso la decisione giusta. Ormai anche lì si sentiva, in un certo senso, a casa.
    “Comunque è interessante sapere che lei abbia lavorato nel mio paese. Quali progetti ha sviluppato? Magari le nostre aziende hanno anche collaborato, in passato.” Ipotizzò, sollevando entrambe le sopracciglia. “Purtroppo io non ne so molto a riguardo. Ho iniziato a entrare pienamente nel settore solo dopo la laurea.” Anche se la sua famiglia era totalmente incentrata sull’azienda, Kalya non era a conoscenza di qualsiasi dettaglio che riguardava il lavoro dei suoi genitori e dei fratelli. D’altro canto, per molto tempo era stata considerata la piccola di casa – appellativo che le aveva sempre dato fastidio.
    In realtà, Desmond aveva fatto emergere una curiosità che aveva colpito anche lei, ma che era stata totalmente soppiantata dalla notizia della permanenza in India di Kardama. La risposta dell’uomo, però, portò l’espressione di Kalya a diventare dapprima sbigottita, poi cupa.
    “Entrambi non ci sono più, sono stati uccisi da Thug Life, una vecchia gang di sbandati.”
    Kalya aveva sentito parlare di Thug Life, non solo dai notiziari, ma anche da Rin… e chiunque avesse un minimo di capacità nel collegare i puntini avrebbe compreso che l’uomo di fronte a loro non fosse solo un semplice ingegnere, ma fosse immischiato in qualcosa di molto più grande. Oltre alla passione per l'ingegneria, ben, sembravano accomunanti anche da qualcos’altro.
    Si voltò a guardare Desmond, cercando una sua reazione a quelle parole, per poi tornare a guardare l’uomo. “Mi… mi dispiace molto per sua moglie e suo figlio,” potevano sembrare semplici parole di circostanza, quelle, e sicuramente non avrebbero alleviato il dolore dell’uomo di fronte a sé. “Il fatto che lei abbia continuato questo progetto è nobile. Quello che noi possiamo fare, per impedire che eventi del genere accadano nuovamente, è continuare a lavorare affinché vi sia il modo di proteggere i nostri cari.” Kalya non aveva perso nessuno per mano di criminali, suo padre era stato portato via da una malattia, ma… lei era entrata nel mondo dei vigilanti per questo, per impedire che persone innocenti potessero soffrire per mano altrui. Un pensiero forse pilotato dalla morale che le aveva imposto sua madre, ma che lei sentiva comunque proprio e in cui credeva davvero.
    “Penso… che lei possa capire cosa intendo.” Mormorò stavolta, abbassando leggermente lo sguardo. “Creo equipaggiamenti con il pensiero che possano aiutare gli eroi ad affrontare il crimine. Questo è ciò che mi motiva.” Non voleva parlare di se stessa, in realtà, non quando lui aveva parlato di un argomento così delicato. Però… voleva mostrargli che lei capiva il suo punto di vista, che non era una spettatrice passiva del suo dramma.
    Chissà quanti altri segreti nascondeva quell’uomo… e la piccola Rin.
    Alla sua richiesta di firmare sull’ologramma, Kalya annuì e allungò il dito, apponendo la firma in quel modo. Il gesto, per quanto un po’ strano, non la imbarazzò più di tanto: aveva lavorato anche lei agli ologrammi in fondo.
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    DESMOND P. ARCHISORTE
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    No, non andava tutto bene, ma dopo un paio di profondi respiri riuscì ad acquistare una certa compostezza, soprattutto distratto dal racconto di Kardama.
    Ascoltò con attenzione le parole dell'uomo, sistemando qualche tassello mentale che componeva la misteriosa figura dell'uomo, solo che dopo l'ultima rivelazione decisamente personale rispose allo stesso modo alla rapida occhiata di Kalya, abbassando poi il capo.
    Non c'erano parole di conforto che fossero veramente tali, ma soprattutto in che modo Rin rientrava in quella equazione? L'aveva adottata per sopperire alla mancanza del figlio biologico? Allo stesso tempo ammirevole e vagamente triste come prospettiva, oppure..? La ragazzina aveva ammesso di dare la caccia a membri di Aogiri e Thug Life, se non ricordava male... non era quello il momento giusto per pensarci, decisamente.
    In ogni caso era abbastanza sicuro che Kardama fosse un loro collega.
    «Sembra essere un progetto interessante che potrà aiutare altre persone.»
    C'era un unico punto di quell'invenzione a lasciarlo perplesso, non si rischiava di perdere la percezione che l'elemento fondamentale mosso dal quirk fosse sangue? Se alcune persone utilizzavano elementi esterni al proprio corpo e quindi le controindicazioni dell'uso eccessivo della propria unicità fossero relativamente limitate, il sangue era fondamentale per la sopravvivenza dell'individuo ed usarlo senza una vera cognizione di causa poteva portare a condizioni ben peggiori. Da quella breve dimostrazione, sembrava che l'uomo fosse in grado di richiamare il sangue nuovamente all'interno del proprio corpo, una volta utilizzato – prospettiva vomitevole, senza considerare il rischio di malattie – quindi tecnicamente non rischiava di disperderlo nell'ambiente come succedeva a lui.
    La sua percezione del quirk era legata al dolore e alla consapevolezza delle ferite aperte – era indubbio che avesse una nimo vagamente masochista – quindi un dispositivo del genere... non ne era troppo convinto, ecco.
    Preso dagli eventi, un aspirante eroe molto giovane con un possibile quirk simile al suo rischiava di abusare delle proprie capacità, ritrovandosi poi non solo esausto ma anche a un passo dal dissanguamento.
    «Ha mai pensato di rendere disponibile al pubblico questo dispositivo?»
    Forse l'idea lo interessava.
    Forse.
    Giusto perché vivere con delle ferite spesso aperte non gli sembrava troppo salutare.
    «E... firmare qui?»
    Guardò Kalya firmare con tanta naturalezza, vagamente stranito dalla cosa, lui già non riusciva a firmare in modo decente sui tablet in banca o alle poste, figurarsi così nell'aria, nel nulla.
    Come previsto, la sua firma risultò alquanto storta.
    Heroes don’t exist. And if they did, I wouldn’t be one of them.


    Ho contattato in privato sia Den che Koh per avvertire del ritardo, ma chiedo ancora scusa.
     
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    TSUKIYO KARDAMA
    Nonostante la sua perdita, Kardama non era il tipo di persona da cercare di affogare i suoi bisogni e la sua nostalgia nella ricerca di qualcosa di simile a ciò che aveva perduto. Farlo sarebbe stato irrispettoso sia verso suo figlio e sua moglie che verso Rin. Il legame che lo legava alla giovane era controverso e assurdo e sebbene l'uomo potesse rappresentare in un certo senso una figura paterna per la ragazza, e lei potesse viceversa rappresentare una sorta di figlia per lui, erano due persone che avevano attraversato troppe cose bizzarre nella loro vita per poter anche solo pensare di configurare in quei termini il loro rapporto. Anche se molto lontanamente, Kardama la considerava in qualche modo una propria pari, una sorta di eredità su gambe che avrebbe lasciato al mondo al momento della sua inevitabile dipartita.
    Purtroppo no, signorina Raji. - rispose con calma alla domanda riguardo una possibile collaborazione - Beh, perlomeno per quanto riguarda il mio periodo in India. Conosco la vostra azienda, ma nei primi anni siamo stati più occupati a gestire gli uffici, stringere contratti e formare gli ingegneri piuttosto che a produrre effettivamente qualcosa di concreto. - Kardama, da buon nerd quale era, conosceva bene l'azienda della famiglia della donna indiana. Era altamente probabile che la ragazza avrebbe capito cosa intendeva, considerato che era lei, ora, direttamente coinvolta nell'atto di aprire una filiale per la sua famiglia. Le aziende più ricche possono permettersi rischi più elevati, per cui spendere qualche anno a formare il personale e stringere accordi per i materiali migliori risulta comunque essere un buon investimento se si è sicuri di avere un nome che permetterà di rientrare di quelle spese.
    Per il resto, Kardama non apprezzava molto l'idea di attirare le pene altrui e di essere compatito. Quel che era successo era successo e non c'era alcun modo di cambiare le cose ora. Se fosse stato più forte o più furbo in passato forse avrebbe avuto un modo di proteggere la sua famiglia, ma così non era stato. Per quanto capisse le parole della donna, la verità era che a lui non rimanevano più cari da proteggere, tutto ciò che aveva da perdere lo aveva perso. Ciò che lo faceva continuare era il suo ideale distorto di giustizia e il fatto che fosse un modo per sfogare la rabbia. Ma era davvero così? Poteva ammettere davvero, a cuor leggero, di non avere proprio nessuno a cui tenesse? E Rin e la dottoressa Omori, allora? Perché continuava a proteggere la prima e visitare la seconda? Saito e Arabella? Quel ragazzino tedesco che gli ricordava sin troppo suo figlio? Purtroppo i sentimenti di Kardama erano atrofizzati da anni e faceva ormai davvero molta fatica a riconoscerli e a distinguerli l'uno dall'altro.
    Vi ringrazio per le belle parole. - rispose con tono monotono ma senza alcuna vena di ironia - Continuiamo a fare del nostro meglio per proteggere la città. - aggiunse, riferendosi probabilmente a tutt'altro che al loro mestiere di ingegneri e al loro rifornire la polizia e gli eroi di equipaggiamenti super tecnologici. Non rimanendogli più delle persone care da proteggere, tutto ciò che poteva fare era avere la presunzione di poter difendere chiunque a Tokyo.
    La domanda di Desmond lo confuse: l'inglese sembrava una persona davvero contraddittoria, ma non poteva dire di non riuscire a capirlo. Questo, ovviamente, sottintendendo che nonostante la facciata stesse chiedendo per sé stesso. Nonostante avessero un'unicità simile dubitava fortemente che lo fosse quanto lo erano la sua e quella di suo figlio. Conosceva molte persone con unicità simili, come la dottoressa Omori e il ragazzo tedesco, o volendo persino lo stesso signor Aragaki, ma tutte avevano la propria piccola individualità, l'unicità, per l'appunto.
    Purtroppo questo è sempre stato un progetto personale, signor Archisorte. - rispose contrito - Nessuno sa della sua esistenza, per questo indosso sempre i guanti, e vorrei che rimanesse tale. - aggiunse guardandolo negli occhi - Ciò detto, non ho molto da fare nel mio tempo libero quindi se qualche cliente volesse qualcosa di simile a titolo personale ci si può sempre lavorare. Ma ogni equipaggiamento va cucito su misura per la persona che lo deve utilizzare. - ... perlomeno uno interno al corpo. Produrre qualcosa di estremamente simile era da escludersi, perché farlo avrebbe infangato la memoria di suo figlio, ma il mondo era pieno di possibili soluzioni alternative allo stesso problema ed era quella prospettiva che lo aveva affascinato sin da giovane e lo aveva portato su quella strada.
    Una volta raccolte entrambe le firme avrebbe riconsegnato i documenti ai legittimi proprietari e avrebbe consegnato loro anche la tuta del signor Aragaki, messa al sicuro in una valigetta nera con il logo dell'azienda stampato su uno dei lati in argento. Prima di salutarli definitivamente, avrebbe allungato ad entrambi un bigliettino da visita. Era lo stesso che Desmond aveva già ricevuto, un piccolo cartoncino bianco su cui erano incisi il suo nome e cognome e un suo recapito telefonico privato su un lato mentre dall'altro campeggiava il logo dell'azienda, lo stesso che si poteva vedere più in grande sulla valigetta.
    Se doveste avere bisogno di qualcosa, non esitate a chiamarmi. - forse ora, dopo quasi tre anni, Desmond sarebbe stato finalmente in grado di capire il vero significato dietro quelle parole, la vera essenza di quell'offerta. Anche se non avevano giocato a carte veramente scoperte era evidente che tra le righe e tra il non detto era trapelato qualcosa: c'era un enorme segreto, nell'aria di quella stanza, di cui tutti e tre erano alla fin fine al corrente. A quel punto, a Kardama non rimaneva che da chiedersi se anche il signor Aragaki era coinvolto in quella storia o se era ignaro di chi fossero davvero le persone di cui si era circondato. Chissà, forse avrebbe avuto modo di chiederglielo al prossimo controllo di routine.
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    Ok ragazze, direi che siamo giunti alla fine. Vi invito a fare il post finale: se ritengo che ci saranno delle questioni non chiarite che necessitano di risposta procederò poi con un mio post conclusivo altrimenti vi consegnerò semplicemente la licenza! Spero che vi siate divertite e che l'attività sia stata utile. :neko:
     
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    lla risposta negativa di Kardama, seguita dalla sua spiegazione, Kalya si ritrovò semplicemente ad annuire, lasciando intendere che capiva perfettamente cosa intendeva. Anche lei, prima di poter avviare realmente ogni tipo di collaborazione e progetto con la succursale della sua azienda, aveva dovuto occuparsi di questioni puramente burocratiche, tra ricerca di dipendenti che fossero all’altezza delle sue aspettative — e di quelle della sua famiglia — autorizzazioni varie rilasciate dallo Stato giapponese etc.
    Doveva comunque ammettere che era immensamente curiosa di sapere cosa sarebbe uscito fuori, mettendo insieme le loro teste. Kalya non si considerava al livello di quell’uomo, per quanto questo fosse inusuale per lei, ed era certa che avrebbe avuto molto da imparare osservandolo.
    Per questo motivo era particolarmente incuriosita dal suo progetto, quello che lei e Desmond avevano avuto l’onore di poter osservare — e, considerando quello che Kardama aveva appena confessato loro, doveva essere qualcosa di più unico che raro, dal momento che lo teneva nascosto indossando dei guanti. Kalya si domandò come mai l’uomo si fidasse così tanto di loro, ma era ormai ovvio che tutti e tre nascondessero un segreto che, a quanto sembrava, era diventato sempre più palese… in maniera del tutto implicita.
    Dopo la firma, l’uomo consegnò loro la tuta di Shinjiro. Kalya fece per prendere la valigetta, ma poi si tirò indietro, lasciando che invece fosse Desmond a farlo. Non aveva idea del perché ci avesse improvvisamente ripensato, ma… forse si sentiva ancora un po’ in colpa a essere lì, in quel momento, quando non avrebbe dovuto esserci. Forse non si sentiva in diritto di doversi occupare in quel modo di Shinjiro, che Desmond in realtà conosceva molto meglio di lei.
    Voleva solo tornare a casa in quel momento. Aveva molto a cui pensare.
    Prese il biglietto di Kardama, rigirandoselo fra le mani, prima di rivolgergli un sorriso cordiale e un piccolo inchino. ”Lo faremo senz’altro. La ringrazio tantissimo per quello che sta facendo per il nostro amico.” Parole di circostanza, ma che erano assolutamente sincere. Si tirò su con il busto, rivolgendogli un’occhiata eloquente. ”Spero di poter avere occasione di rivederla e di parlare di nuovo con lei.” Non sperava in una vera e propria collaborazione, anche perché lei possedeva un’azienda relativamente piccola rispetto alla 30MINDUSTRIES, ma… come accennato prima, lei era incuriosita da quell’uomo e da Rin. Sentiva che c’era molto altro da sapere sul loro conto.
    Se non ci fosse stato nient’altro da aggiungere, Kalya avrebbe girato i tacchi e sarebbe uscita dal suo ufficio, affiancando Desmond in completo silenzio. Una volta raggiunto di nuovo l’ascensore, non appena si sarebbero chiuse le porte gli avrebbe sussurrato ”Credo che dovremmo parlare di quello che è successo oggi. Anche a Shinjiro.” Gli rivolse una lunghissima occhiata, con le sopracciglia leggermente aggrottate, prima di appoggiarsi al muro dell’abitacolo e sospirare profondamente.
    Sentiva che c’erano ancora molte altre cose che lei doveva sapere. Chissà se, prima o poi, non avrebbe avuto più così tanti dubbi e pensieri nella sua testa.
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    Sono riuscita a rispondere da cellulare, yey! Anche se ho fatto un lieve ritardo, sorry.
    Grazie mille per la role! ✨
     
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    DESMOND P. ARCHISORTE
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    Un segreto di Pulcinella.
    Era oramai chiaro che tra progetti personali e curiosità non del tutto disinteressate, tutti e tre fossero meno innocenti, meno nello spettro del legale di quanto non fosse stato realmente annunciato ad alta voce.
    «Oh, comprendo.»
    Alzò le mani – anche le sue coperte da guanti – in segno di resa, esplicitando che non avrebbe parlato con nessuno della cosa.
    «La ringrazio per l'aiuto e le spiegazioni esaustive, nel caso qualche nostro conoscente» Come sempre chiedo per un amico, non si è mai coinvolti in prima persona «Dovesse aver bisogno del suo genio, non mi farò scrupoli a fargli il suo nome.»
    L'idea di un dispositivo come quello di Kardama lo affascinava e disgustava allo stesso tempo, un qualcosa di profondamente sbagliato perché contrario alla natura dei quirk legati al sangue che richiedevano un sacrificio dell'utilizzatore, però allo stesso tempo... era affascinante non dover più dipendere dal dolore.
    Il pensiero di un progetto similare, pensato solo per lui e non applicabile ad altri, gli avrebbe solleticato la fantasia a lungo, se lo sentiva.

    Un inchino di rimando e poi il proprio biglietto da visita – anch'esso alquanto minimale – in cambio di quello dell'uomo, com'era giusto che facessero i gentiluomini giapponesi.
    «La ringrazio per l'aiuto fornito e l'interessante chiacchierata, è stato un piacere.»
    Un lieve cenno del capo a Kalya e poi prese la valigetta, lieto che la donna avesse lasciato a lui il compito di portare a termine la sua missione, poi si fermò un attimo prima di varcare la soglia dell'ufficio di Kardama.
    «Porti i miei saluti a Rin.»

    Una volta in ascensore, come prima cosa allentò il nodo della cravatta.
    «Sì, lo credo anch'io, anche perché... è una storia lunga e c'è qualche tassello da sistemare, ma credo che Shinji sarà interessato alla faccenda.»
    Prima, però, dovevano consegnarli la suit, aveva il dubbio ne avrebbe avuto bisogno in fretta.
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    Grazie per la role, mi ha fatto piacere che si siano incontrati dopo tanto tempo :**:
     
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    Bene, direi che non c'è bisogno di aggiungere altro. Grazie mille per la role! :neko:

    Kalyani: Spec. Laboratorio Quirk D
    Desmond: Spec. Laboratorio Quirk D

    Passo e chiudo! :**:
     
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